giovedì 13 marzo 2025

Robert Sheckley: Stagione di pesca


Abitavano nel complesso residenziale da una settimana appena, e quello era il loro primo invito. Arrivarono alle otto e trenta precise. I Carmichael ovviamente li aspettavano, perché la luce della veranda era accesa, la porta d'ingresso socchiusa, e il soggiorno era completamente illuminato.
«Ti sembro a posto?» chiese Phyllis sulla soglia. «Calze dritte, capelli in ordine?»
«Sei davvero uno spettacolo, con quel cappellino rosso» la rassicurò il marito. «Ma non rovinare tutto giocando subito gli assi.» Lei gli fece una boccaccia e suonò il campanello. Dall'interno provenne un debole suono armonioso.
Mentre aspettavano, Mallen, si raddrizzò la cravatta. Si aggiustò il fazzoletto nel taschino, facendolo sporgere ancora di una frazione di millimetro.
«Saranno scesi in cantina a fare il gin» disse alla moglie. «Suono di nuovo?»
«No... aspetta un momento.» Rimasero in attesa, poi lui suonò di nuovo. Lo scampanellio si ripeté.
«È davvero strano» disse Phyllis dopo qualche minuto. «Eravamo d'accordo per stasera, no?» Il marito annuì. I Carmichael avevano lasciato le finestre aperte alla tiepida aria primaverile. Attraverso le veneziane si potevano scorgere il tavolo pronto per il bridge, le sedie ben sistemate, i piattini da dolce, tutto a portata di mano. Ma nessuno rispondeva alla porta.
«Non saranno usciti?» chiese Phyllis Mallen. Il marito attraversò in fretta il prato, dirigendosi verso il vialetto.
«La macchina è in garage» disse tornando indietro. Spinse la porta aprendola ancora un pochino.
«Jimmy... non entrare.»
«Non entro mica.» Sporse la testa all'interno. «Ehi! C'è nessuno?»
La casa era silenziosa.
«Ehi!» gridò Jim, e rimase attentamente in ascolto. Poteva udire i tipici rumori di un venerdì sera provenire dalla casa accanto... gente che parlava, che rideva. Passò un'automobile. Lui continuò a tendere l'orecchio. Dentro casa, da qualche parte, un'asse scricchiolò, poi tornò il silenzio.
«Non è possibile che siano usciti e abbiano lasciato tutto spalancato» disse a Phyllis. «Dev'essere successo qualcosa.» Entrò in casa. Lei lo seguì, ma rimase nel soggiorno con aria incerta mentre lui andava nella cucina. Phyllis lo udì aprire la porta della cantina e gridare: «C'è nessuno in casa?» e poi richiudere la porta. Jimmy tornò nel soggiorno, aggrottò le sopracciglia, e salì al piano di sopra.
Dopo qualche minuto ridiscese, con un'espressione perplessa. «Non c'è nessuno» disse.
«Usciamo di qui» disse Phyllis, improvvisamente nervosa nella casa vuota e illuminata. Discussero se lasciare un biglietto, decisero che non era il caso, e si avviarono verso il vialetto.
«Non dovremmo chiudere la porta?» chiese Jim Mallen, fermandosi.
«A che scopo? Le finestre sono tutte spalancate.»
«Comunque...» Andò a chiudere la porta. Ritornarono lentamente a piedi verso casa, lanciando solo un'occhiata alle spalle. Quasi quasi Mallen si aspettava che i Carmichael spuntassero di corsa gridando: "Sorpresa!"
Ma la casa rimase silenziosa.
I Mallen abitavano a un solo isolato di distanza, in un villino di mattoni uguale agli altri duecento che formavano il complesso residenziale. Dentro in casa, il signor Carter era seduto al tavolino da gioco, intento a fabbricare mosche artificiali per le trote. Lavorava lentamente, con sicurezza; le agili dita guidavano con cura amorevole i fili colorati. Era così assorto nel lavoro che non udì i Mallen entrare.
«Siamo tornati, papà» disse Phyllis.
«Ah» mormorò il signor Carter. «Guarda che bellezza.» Mostrò una mosca già terminata. Era la riproduzione quasi perfetta di un calabrone. L'amo era abilmente nascosto dai fili penzolanti, gialli e neri.
«I Carmichael erano usciti... credo» disse Mallen, togliendosi la giacca.
«Domattina voglio provare l'Old Creek» disse il signor Carter. «Qualcosa mi dice che lì dev'esserci la trota elusiva.» Mallen sorrise fra sé. Era difficile fare conversazione con il padre di Phyllis. Ormai parlava solo di pesca. L'anziano signore si era ritirato da un lavoro di successo appena compiuto il settantesimo compleanno, e si era dedicato anima e corpo al suo sport preferito.
Adesso, quasi ottantenne, il signor Carter aveva un aspetto magnifico. Era straordinario, pensò Mallen. Aveva il colorito roseo, gli occhi limpidi e acuti, i capelli candidi pettinati con cura all'indietro. Ed era anche nel pieno possesso delle sue facoltà mentali... almeno finché si parlava di pesca.
«Facciamo uno spuntino» disse Phyllis. Con un pizzico di rimpianto, si tolse il cappellino rosso, lisciò la veletta, e lo posò sul tavolino da caffè. Il signor Carter aggiunse ancora un filo alla mosca, osservò attentamente l'effetto, ripose l'esca e li seguì in cucina.
Mentre Phyllis preparava il caffè, Mallen raccontò al suocero cos'era successo. La risposta del signor Carter fu tipica.
«Vai un po' a pesca domattina e non pensarci più. La pesca, Jim, è più di uno sport. È un sistema di vita, e nello stesso tempo una filosofia. A me piace scoprire un posticino tranquillo e sedermi sulla riva. Se c'è pesce dappertutto, ci sarà anche lì.»
Phyllis sorrise, guardando Jim che si agitava a disagio sulla sedia. Non c'era modo di fermare suo padre, una volta lanciato. E bastava una cosa qualsiasi per dargli il via.
«Prendiamo» disse il signor Carter «un giovane funzionario. Uno come te, Jim... che si affanna per gli uffici. Abbastanza comune? Ma alla fine dell'ultimo lungo corridoio, c'è un corso d'acqua pieno di trote. Prendiamo un politicante. Ne vedi certamente un mucchio, ad Albany. Cartella in mano, aria preoccupata...»
«Che strano!» disse Phyllis, interrompendo il padre a metà dissertazione. Reggeva una bottiglia di latte ancora chiusa.
«Guarda.» Loro compravano il latte delle Latterie Stannerton. Sull'etichetta verde di quella bottiglia c'era scritto: "Lettene Stanneron".
«Anche qui.» Indicò con il dito. Più sotto si leggeva: "Approvato dall'Ufficio Igenie di neW yoRk". Sembrava un'imitazione malfatta dell'etichetta originale.
«Dove l'hai presa?» chiese Mallen.
«Be', nel negozio del signor Elger, credo. Non sarà una trovata pubblicitaria?»
«Io disprezzo un uomo che adopera i vermi» cominciò il signor Carter con voce seria. «Una mosca... una mosca è un'opera d'arte. Ma l'uomo che usa il verme sarebbe capace di rubare le caramelle ai bambini e di dar fuoco alle chiese.»
«Non berlo» disse Mallen. «Controlliamo anche il resto della spesa.»
C'erano altri tre oggetti contraffatti. Una stecca di torrone, in teoria marca MelloBite, aveva l'etichetta arancione, anziché il solito rosso carminio. C'era un barattolo di FoRRmaggio Americano, più grosso di almeno un terzo rispetto alla confezione normale, e una bottiglia di Aqua MINerale.
«È davvero curioso» disse Mallen, strofinandosi il mento.
«Io ributto sempre in acqua quelle piccole» disse il signor Carter. «Non mi diverto a catturarle, e poi fa parte del codice dei pescatori. Che crescano, che maturino, che acquisiscano esperienza. Io voglio quelle vecchie, quelle astute, che si acquattano sotto i tronchi e schizzano via appena scorgono il pescatore. Quelle sì che danno soddisfazione!»
«Riporterò a Elger questa roba» disse Mallen, riempiendo un sacchetto di carta. «Se ne trovi altra, tienila da parte.»
«Il posto è l'Old Creek» disse il signor Carter. «È lì che si nascondono.»
La mattina del sabato era bella e luminosa. Il signor Carter fece colazione di buon'ora e uscì per recarsi all'Old Creek; aveva il passo sciolto di un giovanotto, e in testa il logoro berretto da pescatore con le mosche appuntate sopra, inclinato da una parte. Jim Mallen finì il caffè e andò a casa dei Carmichael.
La loro macchina era ancora in garage. Le finestre erano sempre aperte, il tavolino da bridge apparecchiato, e le luci accese, proprio come la sera prima. A Mallen venne in mente la storia del vascello con tutte le vele spiegate e ogni cosa in ordine... ma senza un'anima a bordo.
«A chi possiamo telefonare?» chiese Phyllis, quando Jim tornò a casa. «Sono sicura che c'è qualcosa che non va.»
«Anch'io. Ma a chi?» Erano ancora degli estranei, nel complesso residenziale. Si salutavano appena con altre tre o quattro famiglie, ma non avevano la minima idea di chi conoscesse i Carmichael.
Il problema fu risolto dal trillo del telefono. «Se è uno del vicinato» disse Jim, mentre Phyllis andava a rispondere «prova a domandarglielo.»
«Pronto?»
«Pronto. Non penso che mi conosciate. Sono Marian Carpenter, dell'isolato più avanti. Mi chiedevo... per caso mio marito è lì da voi?» Nonostante il tono metallico dovuto al telefono, la voce rivelava preoccupazione, paura.
«Be', no. Non è venuto nessuno, stamattina.»
«Capisco.» La voce turbata esitò.
«Posso fare qualcosa per voi?» chiede Phyllis.
«Non riesco a capacitarmi» disse la signora Carpenter. «George... mio marito... ha fatto colazione con me stamattina, poi è salito di sopra a prendere la giacca. Da allora non l'ho più visto.»
«Oh...»
«Sono sicura che non è tornato di sotto. Sono salita a vedere perché non scendeva... dovevamo uscire in macchina... ma lui non c'era. Ho cercato dappertutto. Pensavo che volesse divertirsi alle mie spalle, anche se George non ha mai fatto uno scherzo in vita sua... ho guardato anche sotto i letti e dentro gli armadi. Poi ho cercato in cantina, e ho chiesto ai nostri vicini, ma nessuno l'ha visto. Pensavo che fosse venuto a farvi visita... diceva che lo avrebbe fatto...»
Phyllis le raccontò la scomparsa dei Carmichael. Parlarono ancora per qualche minuto, poi riappesero.
«Jim» disse Phyllis. «Non mi piace. Faresti meglio a parlare dei Carmichael alla polizia.»
«Pensa alla figura, quando salterà fuori che sono andati a trovare degli amici ad Albany.»
«Dobbiamo correre il rischio.»
Jim cercò il numero e telefonò, ma la linea era occupata.
«Faccio un salto io.»
«Allora prendi anche questa roba.» Phyllis gli porse il sacchetto di carta.
Il capitano di polizia Lesner era un uomo rubicondo e paziente, che per tutta la notte e buona parte della mattinata aveva dovuto ascoltare un torrente continuo di lamentele. I suoi agenti erano stanchi, il sergente era stanco, e lui era il più stanco di tutti. Tuttavia precedette nel suo ufficio il signor Mallen e ascoltò la storia.
«Voglio che mettiate per iscritto quello che mi avete raccontato» disse Lesner alla fine. «Ieri notte abbiamo avuto una segnalazione a proposito dei Carmichael, da un loro vicino. Li stiamo già cercando. Contando anche il marito della signora Carpenter, sono dieci in due giorni.»
«Dieci cosa?»
«Dieci persone scomparse.»
«Oddio» esclamò Mallen a voce bassa. Cambiò di mano il sacchetto di carta. «Tutti della città?»
«Tutti quanti» disse con asprezza il capitano Lesner «abitavano nel complesso residenziale di Vainsville, in città. Per l'esattezza, in quattro isolati del complesso.» Elencò le strade.
«Io abito lì.»
«Anch'io.»
«Avete qualche idea su chi possa essere... il rapitore?» chiese Mallen.
«Non pensiamo che si tratti di rapimento» disse Lesner, accendendo la ventesima sigaretta della giornata. «Niente richieste di riscatto. Niente scelta logica. Buona parte delle persone scomparse non varrebbe un centesimo, per un rapitore. E poi, rapimenti all'ingrosso... non ha senso!»
«Un maniaco, allora?»
«Già. Ma come è riuscito a far sparire intere famiglie? O uomini adulti, grossi come voi? E dove ha nascosto le vittime, o i cadaveri?» Lesner masticò con cattiveria la sigaretta. «Ho fatto frugare ogni centimetro della città. Ogni agente nel raggio di trenta chilometri è all'erta. La polizia dello stato ha istituito posti di blocco. E non abbiamo trovato un bel niente.»
«Oh. E c'è dell'altro.» Mallen mostrò al capitano i prodotti contraffatti.
«Non so niente, nemmeno di questo» confessò stizzito il capitano Lesner. «Non gli ho potuto dedicare molto tempo. C'erano ben altre lamentele...» Il telefono squillò, ma Lesner lo ignorò.
«Sembra un progetto di mercato nero» continuò. «Ho mandato della roba simile ad Albany per gli esami di laboratorio. Cerchiamo di rintracciarne la provenienza. Potrebbe essere roba straniera. In realtà, l'FBI potrebbe... maledetto telefono!»
Sollevò la cornetta.
«Qui Lesner. Sì... sì. Sei sicura? Certo, Mary. Arrivo subito.» Riappese. Il viso rubicondo aveva perso completamente colore.
«Era mia cognata» disse. «Mia moglie è sparita!»
Mallen tornò a casa guidando a velocità folle. Frenò di colpo, andando quasi a sbattere la testa contro il parabrezza, ed entrò in casa di corsa.
«Phyllis!» gridò. Dove si era cacciata? Oh Dio mio, pensò. Se è sparita...
«Che ti succede?» chiese Phyllis, uscendo dalla cucina.
«Pensavo...» Afferrò la moglie e l'abbracciò stretta stretta finché lei non si mise a strillare.
«A dire il vero» disse Phyllis con un sorriso «non siamo più sposini. Siamo sposati da un anno e mezzo...»
Lui le raccontò quello che aveva scoperto alla stazione di polizia.
Phyllis si guardò attorno. Una settimana fa il soggiorno sembrava così allegro e confortevole. Adesso, un'ombra sotto il divano la spaventava; l'anta spalancata di un armadio la faceva rabbrividire. Il soggiorno non sarebbe stato mai più lo stesso.
Bussarono alla porta.
«Non aprire» disse Phyllis.
«Chi è?» chiese Mallen.
«John Dutton, dell'isolato accanto. Avete già sentito la notizia?»
«Sì» rispose Mallen, da dietro la porta chiusa.
«Abbiamo cominciato a barricare le strade» disse Dutton. «Controlleremo chi va e chi viene. Faremo finire questa storia, visto che la polizia non ci riesce. Siete con noi?»
«Ma certo» disse Mallen, e aprì la porta. L'uomo basso e scuro fermo sulla soglia indossava una vecchia giacca militare. Impugnava un randello di cinquanta centimetri.
«Copriremo questi isolati come con una coperta» disse Dutton. «Se rapiscono qualcun altro, dovranno farlo sotto terra.» Mallen diede un bacio alla moglie e si unì a lui.
Quel pomeriggio ci fu una riunione nell'aula magna della scuola. Tutti gli abitanti degli isolati interessati erano presenti; ma c'era anche gente di altre zone, e la sala era affollatissima. Si scoprì per prima cosa che, nonostante lo stato d'assedio, altre tre persone erano scomparse dal complesso residenziale di Vainsville.
Il capitano Lesner prese la parola e annunciò che aveva chiesto aiuti ad Albany. Erano in arrivo agenti straordinari, e se ne sarebbe occupato anche l'FBI. Dichiarò con sincerità che non sapeva chi incolpare, e di cosa, e perché. Non riusciva nemmeno a immaginare come mai tutte le persone scomparse appartenessero solo a una parte del complesso residenziale.
Aveva ricevuto da Albany un rapporto riguardante i prodotti contraffatti, che sembravano invece diffusi in tutta la zona. Le analisi chimiche non avevano rivelato tracce di prodotti tossici. Così andava a pallino la recente teoria secondo la quale il cibo era stato usato per drogare la gente, costringendola ad abbandonare la propria casa per raggiungere l'ignoto rapitore. Però Lesner invitò tutti a non mangiare quei prodotti: non si poteva mai sapere.
Le ditte produttrici delle confezioni di cui era stata contraffatta l'etichetta negarono di essere al corrente della cosa. Erano pronte a querelare chiunque imitasse i loro marchi depositati.
Intervenne anche il sindaco, con una sfilza di luoghi comuni pieni di buone intenzioni, consigliando di non demoralizzarsi; le autorità civiche si sarebbero occupate di tutta la faccenda.
Naturalmente, il sindaco non abitava nel complesso residenziale.
La riunione si sciolse, e gli uomini tornarono alle barricate. Cominciavano già a cercare legna da ardere per i falò notturni, ma questa precauzione non fu necessaria. Da Albany arrivò una compagnia di agenti con relative attrezzature. I quattro isolati furono circondati da guardie armate. Furono sistemati riflettori portatili, e nell'intera zona fu dichiarato il coprifuoco a partire dalle otto di sera.
Il signor Carter si era perso lo spettacolo. Era stato a pesca tutto il giorno. Ritornò al tramonto, con il cestello vuoto, ma felice. Le guardie lo lasciarono passare e lui entrò in casa.
«Una magnifica giornata di pesca» dichiarò.
I Mallen passarono una notte bruttissima, vestiti di tutto punto, dormendo a spizzichi, guardando i riflettori giocare contro le finestre della casa, e ascoltando i passi pesanti delle guardie armate.
Le otto di domenica mattina... altre due persone erano scomparse. Svanite da quattro isolati sorvegliati meglio di un campo di concentramento.
Alle dieci il signor Carter, respingendo con un gesto le obiezioni dei Mallen, si mise in spalla l'attrezzatura da pesca e uscì. Non aveva perso nemmeno un giorno a partire dal tredici di aprile, giornata d'apertura, e aveva intenzione di continuare così per tutta la stagione.
Mezzogiorno di domenica... ancora una persona scomparsa, e il totale saliva a sedici.
L'una di domenica... tutti i bambini scomparsi erano stati ritrovati!
Una macchina della polizia li trovò in una strada alla periferia della città. Erano otto in tutto, compreso il figlio dei Carmichael, e si dirigevano confusi verso casa. Furono portati di corsa all'ospedale.
Tuttavia non c'era traccia degli adulti scomparsi.
La notizia si diffuse più rapidamente a voce che tramite la stampa o la radio. I bambini erano assolutamente incolumi. Gli esami psichiatrici rivelarono che non ricordavano dov'erano stati, né come c'erano arrivati. Tutto
ciò che i medici riuscirono a mettere insieme si limitava a una sensazione che somigliava a quella di volare, accompagnata da un malessere allo stomaco. Per sicurezza, i bambini furono trattenuti all'ospedale, sotto sorveglianza.
Ma prima di sera un altro bambino era scomparso da Vainsville.
Appena prima del tramonto il signor Carter tornò a casa. Nel cestello aveva due grosse trote arcobaleno. Salutò allegramente i Mallen e andò nel garage a pulire i pesci.
Jim Mallen uscì nel cortile posteriore. Fissò il garage in cui era entrato il signor Carter, e aggrottò le sopracciglia. Voleva farsi ripetere qualcosa che gli aveva sentito dire due o tre giorni prima, ma non riusciva a ricordare esattamente l'argomento. Però gli sembrava importante.
L inquilino della casa accanto, di cui non riusciva a ricordare il nome, lo salutò.
«Mallen» disse l'uomo. «Credo di saperlo.»
«Cosa?» chiese Mallen.
«Avete studiato le teorie?»
«Certo.» Il vicino era un tipo tutto pelle e ossa, in maniche di camicia e panciotto. La testa calva era arrossata dalla luce del tramonto.
«Allora state a sentire. Non può trattarsi di sequestri. Il metodo non ha senso. Giusto?»
«Sì, penso di sì.»
«Non può trattarsi nemmeno di un maniaco. Come farebbe a rapire quindici o sedici persone? E restituire i bambini? Non ci riuscirebbe neanche una banda di maniaci, con tutti quei poliziotti di guardia. Giusto?»
«Continuate.» Con la coda dell'occhio Mallen scorse una grassona, la moglie del vicino, che scendeva i gradini posteriori. La donna si avvicinò ad ascoltare.
«Lo stesso vale per una banda di criminali, o anche di Marziani. Impossibile riuscirci, e anche ammesso che ci riescano, manca il motivo. Quindi dobbiamo cercare qualcosa di assurdo... e c'è una sola risposta logica.»
Mallen aspettò, e lanciò un'occhiata alla donna. Lei lo guardava, tenendo le braccia conserte sul petto. A dire il vero, lo fissava con occhi malevoli. "Che sia arrabbiata con me?" pensò Mallen. "Chissà cosa le ho fatto."
«Da qualche parte qui attorno» disse lentamente il vicino «c'è un buco. Un buco nel continuum spaziotemporale.»
«Che diamine!» esclamò Mallen. «Adesso non vi seguo proprio.»
«Un buco nel tempo» spiegò il pelato «o un buco nello spazio. O in tutt'e due. Non chiedetemi come sia capitato qui, ma dev'esserci. Ecco cosa succede: una persona cade nel buco e, tombola!, si trova in un altro posto. O in un altro tempo. O tutt'e due le cose. Il buco non è visibile, naturalmente, perché appartiene alla quarta dimensione, ma esiste. Come la vedo io, se si ricostruissero i movimenti di tutte le persone scomparse, si scoprirebbe che tutte hanno attraversato un luogo ben preciso... e sono svanite.»
«Uhm...» Mallen ci pensò sopra. «Sembra una teoria interessante... ma sappiamo che parecchie persone sono svanite da dentro casa loro.»
«Già» ammise il vicino. «Devo rifletterci... trovato! Il buco spaziotemporale non è fisso. Fluttua, si muove. Prima è nella casa dei Carpenter, poi si sposta senza direzione precisa...»
«Come mai non esce da questi quattro isolati?» replicò Mallen, chiedendosi perché la moglie del vicino continuava a fissarlo con le labbra contratte.
«Be'» disse l'uomo «deve pur avere qualche limitazione.»
«E come mai i bambini sono stati restituiti?»
«Oh, per l'amore del cielo, Mallen, non potete pretendere che vi spieghi ogni particolare, no? È una teoria valida. Ci occorre solo un maggior numero di fatti, per poterla sviluppare completamente.»
«Salve!» disse il signor Carter, uscendo dal garage. Reggeva due magnifiche trote, perfettamente pulite e lavate.
«La trota» commentò «è un lottatore coraggioso, e costituisce anche un'ottima pietanza. Lo sport migliore, e il cibo migliore!» si diresse senza fretta verso la casa.
«Io ho una teoria migliore» disse la moglie del vicino, mettendosi le mani sui fianchi giunonici.
I due uomini si voltarono a guardarla.
«Chi è l'unica persona qui attorno che non si preoccupa minimamente di cosa succede? Chi va in giro con un sacco nel quale dice di avere dei pesci? Chi sostiene di passare il tempo pescando?»
«Oh, no» disse Mallen. «Non Babbo Carter. Lui ha tutta una filosofia della pesca...»
«Non me ne importa niente della filosofia!» strillò la donna. «Quello vi frega tutti quanti, ma non fregherà me! Io so bene che è l'unico in tutto il vicinato a non preoccuparsi minimamente e che va girando chissà dove tutti i giorni e che linciarlo sarebbe persino poco!» Detto questo, voltò le spalle e rientrò dondolando in casa.
«Sentite, Mallen» disse il pelato. «Mi spiace. Sapete come sono le donne. È sconvolta, anche se Danny è al sicuro, all'ospedale.»
«Certo» disse Mallen.
«Mia moglie non capisce il continuum spaziotemporale» continuò l'uomo, tutto serio. «Ma glielo spiegherò stanotte. Domani mattina verrà a scusarsi, vedrete.»
I due si strinsero la mano e tornarono alle rispettive case.
L'oscurità scese in fretta. In tutto il sobborgo si accesero i riflettori. Raggi di luce tagliavano le strade e i cortili posteriori, riflessi dalle finestre chiuse. Gli abitanti di Vainsville si prepararono a nuove sparizioni.
A Jim Mallen veniva voglia di mettere le mani addosso al responsabile. Solo per un secondo... era già abbastanza. E invece doveva starsene seduto ad aspettare. Si sentiva davvero impotente. Phyllis aveva le labbra pallide e screpolate, e gli occhi stanchi. Ma il signor Carter era di buon umore, come al solito. Cucinò le trote sul fornello a gas, e le portò in tavola.
«Oggi ho trovato un magnifico posticino tranquillo» annunciò il signor Carter. «Si trova vicino alla foce dell'Old Creek, a monte di un piccolo affluente. Sono stato lì a pescare tutto il giorno, sdraiato contro la sponda erbosa, guardando le nuvole. Fantastiche, le nuvole! Domani ci torno e ci pesco ancora tutto il giorno. Poi mi sposterò. Un pescatore saggio non spopola la zona. La moderazione è il codice del pescatore. Prendi qualcosa, lascia qualcosa. Ho pensato spesso...»
«Papà, per favore!» gridò Phyllis, scoppiando in lacrime. Il signor Carter scosse la testa con aria triste, sorrise con comprensione e terminò di mangiare la trota. Poi andò in soggiorno a lavorare su una nuova mosca.
I Mallen, esausti, andarono a letto...
Mallen si svegliò e si drizzò a sedere. Si guardò attorno e vide la moglie addormentata al suo fianco. La lancetta luminosa dell'orologio segnava le quattro e cinquantotto. Quasi l'alba, pensò.
Scese dal letto, indossò la vestaglia e scese in pantofole al pianterreno. I riflettori illuminavano la finestra del soggiorno, e fuori si scorgeva una guardia.
Era una vista rassicurante, pensò, entrando in cucina. Muovendosi senza far rumore, si versò un bicchiere di latte. Nel frigorifero c'era una focaccia fresca; ne tagliò una fetta.
Rapitori, pensò. Maniaci. Uomini venuti da Marte. Buchi nello spazio. O
una qualsiasi combinazione di queste possibilità. No, era tutto sbagliato. Gli fosse almeno venuto in mente cosa voleva domandare al signor Carter... Era importante.
Sciacquò il bicchiere, rimise la focaccia nel frigo e tornò nel soggiorno. All'improvviso fu spinto con violenza da una parte.
Qualcosa l'aveva afferrato! Agitò le braccia, ma non c'era niente da colpire. Qualcosa lo stringeva come una morsa d'acciaio, sollevandolo da terra. Si buttò di lato, agitando le gambe in cerca di un appiglio. I piedi abbandonarono il pavimento; rimase qualche istante sospeso, e nel frattempo scalciava e si contorceva. La presa attorno al torace era così stretta da impedirgli di respirare, di emettere un suono qualsiasi. Qualcosa lo stava sollevando inesorabilmente.
Un buco nello spazio, pensò, e tentò di urlare. Agitando selvaggiamente le braccia urtò lo spigolo del divano e lo afferrò. Il divano fu sollevato con lui. Diede uno strattone, e per un attimo la stretta si allentò, facendolo precipitare sul pavimento.
Si mise a strisciare verso la porta. Fu di nuovo afferrato in una morsa, ma era vicino al termosifone. Lo circondò con le braccia, cercando di resistere alla trazione. Diede ancora uno strattone, e riuscì a uncinare una gamba attorno al radiatore, poi anche l'altra.
Il termosifone scricchiolò paurosamente, mentre la trazione aumentava. Mallen si sentì quasi strappato in due, ma continuò a resistere, tendendo ogni muscolo quasi fino a lacerarlo. Improvvisamente la stretta sparì del tutto.
Mallen crollò svenuto sul pavimento.
Quando rinvenne, era giorno fatto. Phyllis gli spruzzava acqua sul viso, stringendosi fra i denti il labbro inferiore. Jim sbatté le palpebre, chiedendosi per un istante dove si trovava.
«Sono ancora qui?» chiese.
«Stai bene?» domandò Phyllis. «Cos'è successo? Oh, caro, andiamo via da questo posto...»
«Dov'è tuo padre?» chiese Mallen, stordito, tirandosi in piedi.
«A pesca. Adesso per favore resta seduto. Vado a chiamare un medico.»
«No, aspetta.» Mallen andò in cucina. Prese dal frigo la scatola della focaccia. Sopra c'era scritto: "Pasticceria Johnson. Vainsville, New YorK". Una "k" maiuscola nella parola York. Un errore proprio insignificante.
E il signor Carter? Era lui la risposta? Mallen salì di corsa al piano supe
riore e si vestì. Accartocciò la scatola di cartone, se la ficcò in tasca e si avviò rapidamente verso la porta.
«Non toccare niente finché non torno!» gridò a Phyllis. Lei lo guardò salire in macchina e allontanarsi velocemente. Sforzandosi di non scoppiare in lacrime, tornò in cucina.
Mallen raggiunse l'Old Creek in un quarto d'ora. Parcheggiò la macchina e cominciò a risalire il torrente.
«Signor Carter!» gridò, continuando a camminare. «Signor Carter!»
Risalì il torrente per mezz'ora, senza smettere di gridare, inoltrandosi sempre più nei boschi. Adesso gli alberi sovrastavano l'acqua, e gli toccò avanzare a guado per fare in fretta. Aumentò l'andatura, sguazzando, scivolando sulle pietre, cercando di andare di corsa.
«Signor Carter!»
«Ehilà!» Udì la voce del vecchio. Seguì la direzione del suono, e risalì un affluente. Trovò il signor Carter seduto sulla riva ripida di un'ansa tranquilla; reggeva una lunga canna di bambù. Mallen si arrampicò e lo raggiunse.
«Vacci piano, figliolo» disse il signor Carter. «Vedo con piacere che hai seguito il mio consiglio di andare a pesca.»
«No» disse Mallen, ansimando. «Vorrei che mi diceste una cosa.»
«Volentieri. Di che si tratta?»
«Un pescatore non spopola mai del tutto una zona, vero?»
«Io no. Ma qualcuno potrebbe farlo.»
«E le esche. Ogni buon pescatore usa esche artificiali?»
«Io sono orgoglioso delle mie mosche» disse il signor Carter. «Cerco di imitare al massimo gli insetti veri. Questa, per esempio, è una magnifica imitazione di un calabrone.» Tolse dalla tesa del berretto un amo giallo. «E questa è una bellissima zanzara.»
D'un tratto la lenza si agitò. Con abilità e sicurezza il vecchio portò a riva la preda. Prese in mano la trota boccheggiante e la mostrò a Mallen.
«Un esemplare piccolino... non lo tengo.» Estrasse con cautela l'amo, dando sollievo alle branchie palpitanti, e rimise il pesce in acqua.
«Quando lo ributtate in acqua... credete che se ne accorga? Che lo dica agli altri?»
«Oh, no» rispose il signor Carter. «L'esperienza non gli insegna niente. Mi è già successo che la medesima giovane trota abboccasse due o tre volte. Devono crescere un pochino, per imparare.»
«Come pensavo.» Mallen guardò il vecchio. Il signor Carter era inconsapevole del mondo circostante, non era toccato dal terrore che aveva colpito Vainsville.
I pescatori vivono in un mondo tutto loro, pensò Mallen.
«Avresti dovuto essere qui un'ora fa» disse il signor Carter. «Avevo agganciato una vera meraviglia. Una preda magnifica, di quelle che ti portano via anche la canna. Che battaglia, per una vecchia lenza come me! E mi è sfuggita. Ma ce ne sarà un'altra... ehi, dove vai?»
«Torno indietro!» esclamò Mallen, sguazzando nella corrente. Adesso sapeva cosa voleva dal signor Carter. Un'analogia. Ormai era tutto chiaro.
L'inoffensivo signor Carter, che tirava a riva una trota, proprio come quell'altro pescatore più grosso, che tirava a riva...
«Vado ad avvisare gli altri pesci!» gridò Mallen da sopra la spalla, incespicando lungo il letto del torrente. Se almeno Phyllis non avesse toccato cibo! Tirò fuori dalla tasca la scatola accartocciata a la lanciò il più lontano possibile. L'odiosa esca!
Intanto i due pescatori, ciascuno nella propria sfera, sorridevano e ancora una volta gettavano in acqua la lenza.

 

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