giovedì 20 marzo 2025

URANIA n.28 - Gordon Bennet: Sconfitta dei semidei



Stacey respinse leggermente il cappello all'indietro. Il suo sguardo assorto si
posò sulla moglie. Probabilmente non aveva udito nemmeno una parola di ciò
che ella gli stava dicendo. Il suo viso asciutto aveva il colorito pallido, ma
ricco e intenso di coloro che hanno vissuto a lungo sotto il sole dei tropici.
Dietro gli occhiali di tartaruga, i suoi occhi erano d'un azzurro chiaro,
penetranti.
«Ah!» disse gentilmente. «I giornali? Bene, grazie».
«Sì, Horace, eccoli! Torno adesso dal villaggio» disse Kathleen, una
ragazza tanto bella, nel suo tipo, quanto il tramonto estivo che pennellava di
vecchio oro quell'angolo di campagna inglese. I suoi capelli neri erano densi
e cupi come l'ombra che si stendeva sul prato rasato e i suoi occhi riflettevano
gli ultimi raggi del sole morente. Era una ragazza moderna e aveva
l'abitudine, che molti giudicavano piuttosto sfrontata, di chiamare i propri
genitori col loro nome di battesimo.
«C'è qualcosa, sui giornali, che t'interessa, Horace» soggiunse.
«Parlano di formiche?» egli chiese, con un lieve sussulto.
«Sì. In quarta pagina».
«Oh» continuò la signora Stacey.
«Sarà sempre la solita storia... Conosco la sinfonia! Qualcosa del genere:
"In questa stagione dell'anno la Grande Termite Bianca Africana – forse il
più feroce degli insetti noti – si prepara ad effettuare un attacco massiccio ai
raccolti dei contadini del veld africano..."».
«No, non è così semplice» disse il marito che aveva aperto il giornale e
cercato la notizia che lo interessava. «Si tratta di ben altro. Pare che si sia
scoperta nel Sud Africa una specie di formica amazzone. Uno degli esemplari
catturati misura parecchi decine di centimetri di lunghezza... Singolare
davvero, e molto interessante!»
«Oh, Horace» disse sua moglie.
«Io credevo che tu avessi abbandonato le formiche per dedicarti ai ragni e
alle tignole. E ne ero davvero felice, caro. Da che siamo sposati, finalmente
incominciavo a respirare! Dammi retta, non pensare più a quelle sinistre
bestiole: hanno qualcosa di lugubre, lo sai che ho sempre dei presentimenti e
delle intuizioni...»
«Non tormentarti, cara» le rispose il marito dolcemente. «Non ci penso
più, infatti. I miei lavori sulle formiche sono terminati... sempre che non ci sia
qualche cosa di veramente nuovo».
«Speriamo di no» disse Kathleen, decisa. «Mi hai fatto talmente paura,
con quelle bestioline, quando ero piccola, che sognavo tutte le notti d'essere
rapita e tenuta prigioniera in un formicaio. Non ricordo più i particolari, ma
mi è rimasta una sensazione spiacevole d'incubo. Per fortuna hai una figlia
piena di equilibrio, Horace, altrimenti avrei potuto crescere piena di
complessi... Horace, angelo mio, non credere che sia molto comodo e
piacevole essere la figlia del più noto entomologo del mondo!»
«Santo Iddio!» disse suo padre. «Starò più attento, in avvenire!»
Kathleen gli prese una mano.
«Ascolta, Horace. E se i sogni che avevo da bambina e gli altri incubi si
dovessero realizzare, se davvero io fossi fatta prigioniera da una formica
gigante o da una termite, come credi che mi tratterebbero? Pensa, caro, che
mi si considera, in genere, una personcina piuttosto graziosa e attraente,
dotata d'un certo fascino».
«Ebbene, signorina» disse solennemente Horace Stacey «tutta la vostra
bellezza, tutto il vostro leggendario sex appeal, a cui sembrate tener tanto, voi
e i vostri giovani amici, sarebbero lettera morta, per le formiche. Con la loro
percezione acuta s'accorgerebbero fin dal primo momento che non siete
adatta ad essere la loro regina! E dopo avervi nutrita e ingrassata, signorina,
proprio come un pidocchietto delle piante, farebbero di voi una specie di
Cenerentola da mensa aziendale. E se voi, cara signorina, vi mostraste
incapace di resistenza fisica, non starebbero a pensarci su tanto e vi
destinerebbero a servire da pranzo alle centomila operaie asessuate della loro
classe inferiore. Ho detto!»
Sorrise.
«Benissimo» disse Kathleen sullo stesso tono. «Sarei a posto, in
qualunque modo mi trattassero, sembra...» Cambiò tono: «Spicciati a venire a
mangiare, Horace, se vuoi che ti perdoni simili lugubri predizioni! Ho una
fame infernale».
Mentre le due donne rientravano in casa, lo scienziato rimase assorto nella
contemplazione del giornale che gli era scivolato ai piedi.
«Lunghe parecchie decine di centimetri...» mormorò fra sé. «Singolare,
davvero singolare. E nella regione del fiume Hex, per giunta! Atta cephalotes,
suppongo. Oppure, se sono sprovviste di pungiglione, Formica sanguinea...
Bisogna proprio che m'informi un po' meglio, su questo punto!»


 

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