lunedì 30 agosto 2021

Auguste Dupin

Auguste Dupin, Stati Uniti, 1841/ Edgar Allan Poe

Protagonista soltanto di tre racconti. l delitti della via Morgue (The murders in the rue Morgue, 1841), Il mistero di Maria Roget (The mystery of Marie Roget, 1842) e La lettera rubata (The purloined letter, 1844) -, il gelido, razionale e quasi onnisciente cavaliere Auguste Dupin è il primo detective nella storia della letteratura poliziesca. Edgar Allan Poe non ne dà una precisa
descrizione fisica e si limita a dire che era di illustre famiglia. «Ma, per una serie di disgrazie, s'era trovato ridotto in tale povertà da perdere tutta l'energia del suo carattere, e da abbandonare ogni cura e faccenda mondana che pure avrebbero potuto condurlo a ricostituire la sua fortuna. Per bontà dei suoi creditori rimase in possesso di un piccolo resto del patrimonio con la rendita del quale riusciva, mediante una rigorosa economia, a provvedere alle necessità essenziali del vivere. Il suo solo lusso erano i libri».


Prototipo dell'investigatore dilettante, critico verso la polizia («Tanto decantata per il suo acume, la polizia parigina è astuta e nulla più») e verso i metodi di François Eugène Vidocq (il quale, «non avendo educato il proprio pensiero, sbagliava continuamente per l'ardore stesso delle sue ricerche»), Auguste Dupin è il primo personaggio della letteratura poliziesca a basare
le proprie indagini sul principio di non contraddizione. Vale a dire che, se si eliminano tutte le soluzioni impossibili, basta formulare la sola ipotesi possibile e poi confermarla grazie all'osservazione.


Secondo il critico Julian Symons, Poe ha creato Dupin a propria immagine, o piuttosto secondo l'immagine di quello che egli desiderava essere. Dupin era povero, ma al pari di un eroe romantico (e a differenza dello stesso Poe) non dava molto peso a questo fatto. Credeva, come lo stesso Poe, nella suprema importanza dell'intelligenza, tuttavia aveva un'inclinazione e una sensibilità selvaggiamente romantiche, che lo portavano a chiudere all'alba le persiane del suo appartamento e a uscire per le strade solo quando l'orologio lo avvisava del sopraggiungere dell'oscurità.


Continuamente ristampati, questi racconti sono certo troppo noti perché si debba qui in qualche modo riassumerli. Non possiamo però non ricordare che nel secondo, Il mistero di Maria Roget, Poe ha raccontato, trasferendolo a Parigi, il misterioso assassinio di una giovane cameriera di Broadway, Maria Cecilia Rogers, che appassionò a lungo la stampa statunitense e che non venne mai risolto. Poe analizzò da par suo ogni particolare di quella vera tragedia e propose una soluzione più che plausibile. Il racconto è così minuzioso e preciso nei particolari che c'è anche chi ha sostenuto, una ventina d'anni fa e senza peraltro offrire alcuna prova
alla propria ardita tesi, che proprio lo stesso Poe avesse commesso quel delitto!

Come è stato ripetutamente sottolineato, nei tre racconti sopra citati e in altri due racconti polizieschi senza Auguste Dupin (Lo scarabeo d'oro e Tu sei il colpevole!), Poe ha virtualmente anticipato molti temi della narrativa poliziesca. Tra i molti archetipi ricordiamo almeno l'introduzione di una nuova figura di eroe letterario, l'investigatore dilettante; il procedimento razionale e deduttivo impiegato per risolvere l'enigma, un crimine commesso in un ambiente chiuso e apparentemente impenetrabile; il confronto tra l'investigatore dilettante e la polizia ufficiale, tutto a favore del primo; la presenza di un narratore totalmente estraneo agli eventi, con gli occhi del quale seguiamo via via la vicenda.


Dal 1932 a oggi, il cavaliere Auguste Dupin è stato portato alcune volte sullo schermo, ma con risultati per Io più mediocri. l delitti della via Morgue è il racconto che ha avuto il maggior numero di versioni cinematografiche, la migliore delle quali resta quella del 1954, Il mostro della rue Morgue (Phantom of the rue Morgue), diretta da Roy Del Ruth e con Steve Forrest nel ruolo del celebre investigatore dilettante.


Ricordiamo anche The mystery of Marie Roget, diretto nel 1942 da Phil Rosen, che dovrebbe essere inedito in Italia. Può essere infine curioso ricordare che lo stesso autore è apparso in numerosi film, a partire da un Edgar Allan Poe diretto nel 1909 da David Wark Griffith.


l racconti con Auguste Dupin sono stati pubblicati in Italia da varie case editrici. Un'edizione di The murders in the rue Morgue, minuziosamente annotata da Stephen Peithman, è reperibile nel volume 150 anni in giallo, curato da Giuseppe Lippi e pubblicato da Mondadori nel1989.

 

giovedì 26 agosto 2021

Come il re di un paese piovoso di Nicolas Freeling



L'ispettore olandese che fa il suo esordio in questo volume non ha una lunga vita alle sue spalle, ovvero non è una creatura che conti molte avventure, eppure è già straordinariamente celebre tra i lettori anglosassoni. Il suo autore Nicolas Freeling è un vero scrittore, e scommette ogni risorsa sulla costruzione di un personaggio capace di gareggiare con il Maigret di Simenon, ma dotato di un'altra sensibilità. Maigret è un personaggio ancora ottocentesco, anche se sa camminare sicuro, con i suoi passi pesanti, nel labirinto della vita contemporanea, ma quest'ispettore olandese è un uomo d'oggi, con una fragilità e una comprensione del disordine allarmanti. Eppure la sua nervosa tenacia gli permette di sfidare continuamente i risultati della logica e del compromesso per l'affermazione di una giustizia malata, certo, ma data come unica alternativa del male. Sempre disposto a pagar di persona, il commovente eroe di Freeling, questa volta, ha a che fare con la scomparsa di un miliardario, e s'inoltra su una lunga, scabrosa pista insanguinata su cui ammiccano emblematicamente i nomi dei marescialli napoleonici, rischiando tutto, la carriera, la dignità e persino la pelle, per risolvere un enigma traboccante di sensualità e avidità, la corruzione umana in tutta la sua gamma.


Nicolas Davidson (1927 2003) è noto soprattutto per la creazione con lo pseudonimo di Nicolas Freeling del detective olandese Piet Van der Valk ("lolandese pensante"): un personaggio dignitoso ma non particolarmente originale dato che riprende caratteristiche di altri celebri investigatori.
Dai suoi lavori due serie tv britanniche (1972-1992; 2020 ) e un modesto film: Perché i gatti? di Fons Rademakers (1974).
Un'altra serie (mai tradotta in Italia) ha come protagonista il poliziotto belga Henri Castang.

Serie Van der Valk:

Solo lei (Love in Amsterdam o Death in Amsterdam, 1962), Longanesi, 1966
Una tranquilla festa di morte (Because of the Cats, 1963), Longanesi, 1988
Ti prego (Gun before butter o Question of Loyalty, 1963), Longanesi, 1966; o Il cadavere senza nome, Longanesi, 1987
La prima volta (Double-Barrel, 1964), Longanesi, 1965
Conversazioni illecite (Criminal Conversation, 1965), Rizzoli, 1976
Come il re d'un paese piovoso (The King of the Rainy Country, 1966), Garzanti, 1966, 1976
Un tipo odioso (Strike out where not applicable, 1967), Rizzoli, 1975
Tsing-Boum, 1969
The Lovely Ladies, 1971, o Over the High Side
A Long Silence, 1972, o Auprès de ma Blonde
La vedova dal cuore d'oro (The Widow, 1979), Mondadori, 1981
Sand Castles, 1989


lunedì 23 agosto 2021

Attenti a quei due

 Attenti a quei due, Gran Bretagna, 1971 / Robert S. Baker

Il flemmatico lord Brett Sinclair (Roger Moore, che negli anni Sessanta era stato Simon Templar alias il Santo e in seguito avrebbe interpretato sul grande schermo James Bond, l'Agente segreto 007) e l'esuberante new-yorkese Danny Wilde (Tony Curtis), ricchi e apparentemente sfaccendati playboy, combattono in realtà il crimine e l'ingiustizia in giro per l'Europa. Caratteri diametralmente opposti, i due formano una coppia bene affiatata e sono il "braccio" del giudice Fulton (Laurence Naismith), che da quando è andato in pensione ha l'hobby di far catturare uomini apparentemente al di sopra di ogni sospetto, ma in realtà con non pochi scheletri nell'armadio.

Le scaramucce fra i due protagonisti sono uno degli aspetti caratteristici della serie. In sostanza, essi rappresentano due modi di vivere completamente diversi e stridenti fra loro: quello britannico della Vecchia Europa e quello statunitense. Questa contrapposizione di stili è il pretesto per sottolineare il legame di eterni amici/nemici tra il raffinato nobile inglese e lo spigliato e arricchito statunitense. Entrambi conoscono e amano il lusso ma lo interpretano in modi molto diversi: basta osservare l'abbigliamento sportivo ma chiassoso di Danny Wilde, contrapposto alla ricercata eleganza di lord Sinclair, i cui abiti di scena furono disegnati dallo stesso Roger Moore.
Una tale complementarità, tuttavia, come sottolineato dallo stesso giudice Fulton, risulta indispensabile ai fini delle indagini in cui i due si ritroveranno invischiati; Daniel, infatti, pur essendo bravo anche a far finta di essere altre persone, tende ad essere più un uomo d'azione - ad esempio, è molto abile con la spada, al punto da riscuotere lo stupore e l'ammirazione di un ramo della famiglia reale russa - mentre Brett risulta bravo nell'uscire da situazioni spiacevoli attraverso la diplomazia e la cortesia formale.

Vi sono state molte dicerie circa la relazione professionale tra Roger Moore e Tony Curtis dentro e fuori dal set. Nella sua autobiografia Second Act, Joan Collins ha descritto con precisione come non andassero d'accordo quando lei era stata guest star nell'episodio Cinque miglia a mezzanotte, in particolare fa riferimento al brutto carattere di Curtis quale ragione per la quale sul set c'era un clima teso. Il regista dell'episodio Val Guest, in una intervista del 2005 al British Film Institute, ha confermato il giudizio della Collins:
«Sì, fu molto divertente girare Attenti a quei due, nonostante Tony Curtis. Vi racconterò una storiella divertente in merito: Tony faceva uso di marijuana, e io ero solito dirgli "Va' e fumatene un po'", perché si lamentava sempre di qualcosa. Un giorno, stavamo girando sulla Croisette, a Cannes, e avevamo delimitato il set, e c'era della folla tutta intorno a noi a guardarci, e Tony Curtis venne per girare la sua scena e continuava a rivolgersi al personale dei costumi dicendo: “Non fate questo, e avreste dovuto fare quello… e a Hollywood sareste stati licenziati….” così il caro Roger Moore andò da lui, lo prese per i baveri della giacca, lo guardò diretto negli occhi e disse: “E pensare che queste labbra una volta hanno baciato Piper Laurie”. Bene, tutta la Croisette e il personale di scena si piegò dalle risate e, devo dire, anche Tony dovette ridere. Ma ci chiesero di fare un'altra stagione… prendemmo il premio quell'anno per la migliore serie TV, penso che la fosse e volevano continuare, ma mi ricordo Roger Moore che disse: “Con Tony Curtis, mai più in vita mia…” così diventò James Bond e fece bene.» (Val Guest, regista)

Nella sua autobiografia, Still Dancing, Lew Grade nota che i due attori "non andavano così tanto d'accordo" a causa di differenti etiche sul lavoro. Secondo l'autobiografia di Roger Moore, l'uso di cannabis da parte di Curtis era così intenso che la fumò persino davanti a un poliziotto mentre stavano girando al 10 di Downing Street.
Nonostante questa serie di affermazioni di terze persone, Curtis e Moore hanno però sempre affermato che ebbero un amichevole rapporto di lavoro. Moore disse: "Tony e io avemmo un buon rapporto dentro e fuori dal set, siamo due persone molto differenti, ma condividiamo un certo senso dell'umorismo". In un'intervista del 2005, Curtis si riferì a Moore con affetto e affermò che non avrebbe partecipato a un remake di Attenti a quei due senza Moore.

Della serie sono rimaste famose anche le automobili sportive guidate dai due protagonisti. Entrambe le vetture sono state fornite per gentile concessione dei rispettivi produttori.

Danny Wilde guida una Ferrari Dino 246 GT rossa con guida a sinistra (numero di telaio 00810) targata MO 221400 (MO è la sigla di Modena, la provincia in cui si trova la Ferrari, quando le targhe italiane avevano questa caratteristica). Sulla sorte della Ferrari invece non si sa molto e alcuni ritengono che possa appartenere a qualche collezionista italiano.


Brett Sinclair guida una Aston Martin DBS gialla con guida a destra (numero di telaio DBS / 5636 / R) con ruote V8 e contrassegni. Come nella serie Il Santo il personaggio di Roger Moore ha targhe personalizzate delle sue iniziali: per Simon Templar erano "ST 1", quelle di Brett Sinclair sono "BS 1". Il vero proprietario della targa della macchina di Sinclair, Billy Smart, Jr., ne ha permesso l'utilizzo nella serie. L'Aston Martin è stata venduta dalla casa di produzione inglese al termine delle riprese ed è passata a vari proprietari nel tempo, partecipando anche a dei concorsi per le auto più esclusive: è attualmente di proprietà di un avvocato divorzista e noto collezionista d'arte Jeremy Levison.

Prodotta in Europa dalla Associated Television Corporation, questa serie di telefilm da 50 minuti, intitolata The Persuaders, andò in onda soltanto per 24 settimane, dal 18 settembre 1971 al 14 giugno 1972, nonostante le sceneggiature brillanti, le ambientazioni curate e la simpatia dei due protagonisti, che non si risparmiavano. Probabilmente il programma non riuscì a interessare il grande pubblico a causa della sua collocazione (il sabato notte) e venne interrotto dopo una sola stagione.
La versione a fumetti di alcuni episodi di questa serie, periodicamente riproposta da qualche rete televisiva, è stata pubblicata anche in Italia a metà degli anni Settanta.


lunedì 16 agosto 2021

Asso di Picche

 Asso di Picche, Italia, 1945 / Mario Faustinelli e Hugo Pratt

Asso di Picche è un personaggio immaginario protagonista di una omonima serie a fumetti ideata da Mario Faustinelli e Hugo Pratt e pubblicata in Italia dalla Uragano Comics Inc. dal 1945 al 1949. Il protagonista è stato il primo eroe mascherato del fumetto italiano. Rappresenta l'esordio come disegnatore di Hugo Pratt. Ha segnato la nascita della scuola veneziana cui parteciparono futuri grandi autori del fumetto italiano.

Pubblicato nell'immediato dopo guerra sulle pagine dell'omonima rivista, Asso di Picche è un misterioso giustiziere in calzamaglia, un po' alla Batman, che combatte inizialmente contro la terribile banda delle Pantere, guidata da un crudele orientale alla Fu Manchu, il popolare personaggio creato da Sax Rohmer.

Irrompe nel loro covo, dove stanno preparando un colpo ai danni della giovane Deanna Farrel, figlia di un famoso archeologo, e li avverte che la ragazza è sotto la sua protezione. Poi riesce a dileguarsi, grazie a un salto acrobatico, e poco dopo lo ritroviamo nei panni del giornalista Gary Peters, che giunge in ritardo a un appuntamento con la ragazza. Si amano, ma Deanna non sa che lui e l'eroe mascherato sono in realtà la stessa persona. Anche se talvolta arriva a sospettarlo.


In seguito Asso di Picche affronterà il Club dei 5, una specie di Spectre ante litteram (la potente organizzazione che Ian Fleming contrapporrà al suo James Bond), il cui comitato direttivo è formato da cinque criminali che verranno via via eliminati dal nostro eroe. Soltanto alla fine si apprenderà, non senza sorpresa, che la guida suprema era addirittura il capo della polizia federale di San Francisco.


Il personaggio è stato parodiato in una storia di Procopio di Torrecupa, fumetto di Lino Landolfi pubblicato sul settimanale Il Vittorioso, reinterpretato come "Asso di Poker".

lunedì 9 agosto 2021

Arthur Jelling

 Arthur Jelling

Italia, 1940 / Giorgio Scerbanenco

Arthur Jelling, geniale come Poirot, implacabile come Maigret. Il primo grande detective del giallo italiano in sei avventure mozzafiato firmate Giorgio Scerbanenco.

Modesto archivista della direzione generale di polizia di Boston, Arthur Jelling è un timido e un pavido, sempre pronto a ringraziare e a scusarsi per un nonnulla, che finisce per essere la vittima ideale delle prepotenze degli altri. Ha pochissimi amici fidati capaci di comprenderlo e ama soprattutto la solitudine della sua casa e il chiuso del suo ufficio, dove vive "come il più oscuro degli impiegati".
Scartabella incessantemente fascicoli vecchi e nuovi alla ricerca di un filo conduttore, di un particolare insignificante sfuggito a coloro che avevano a suo tempo condotto le indagini. Con una pazienza certosina, come un ragno che tesse giorno dopo giorno la sua tela, Arthur Jelling riesce sempre a mettere le mani sui veri colpevoli dei casi di cui di volta in volta si occupa. E quasi sempre si tratta di persone qualsiasi - "Tutti i miei personaggi" ha scritto una volta Scerbanenco "erano gente modesta, spesso anche umile, che pensava solo a vivere, oscuramente, e oscuramente soffriva o era felice" - tanto che Jelling ha ormai da tempo capito che non sono i veri criminali a essere davvero pericolosi, ma i vinti e gli amareggiati.



Scerbanenco così descrive il personaggio di Jelling, nel secondo dei romanzi, La bambola cieca: «Arthur Jelling era un uomo che aveva quarant'anni, aveva studiato medicina fino a venticinque anni, s'era sposato a ventiquattro, e altro non aveva fatto di più importante, se non scoprire la trama segreta di alcuni delitti famosi. Ma nella sua vita non era mai entrato il romanzo, se non di scorcio. Scoperto l'autore del celebre delitto, o archiviata la pratica dell'ultimo processo, egli tornava a casa, tra sua moglie e suo figlio, leggeva il giornale mangiando, leggeva un libro a letto, e la mattina era in ufficio, all'Archivio Criminale, come un qualunque impiegato, come il più oscuro degli impiegati, a catalogare interrogatori ed elenchi di referti, o stesure di alibi.»

I romanzi con Arthur Jelling sono stati pubblicati da Mondadori.

domenica 1 agosto 2021

CSS 38: Roberto Bigarelli, Ti parlo d'Amore


Ho conosciuto Roberto Bigarelli nel lontano 1982. Era già un professore, ma soprattutto un compagno fedele e leale nello sport e nella vita, ex atleta della Fratellanza Modena tra i più bravi in Italia sui 400 ostacoli. Abbiamo condiviso insieme quel magico momento che ha portato la polisportiva Virtus, alla fine degli anni ottanta, a primeggiare in Italia nel settore della pallamano. Sono stati anni mitici per l’entusiasmo, la passione, il calore umano che ci ha unito in una esperienza che ci ha “segnato dentro” e che ancora oggi ricordiamo con affetto e nostalgia. Negli ultimi anni Roberto ha regalato e deliziato i soci della polisportiva con i corsi di pilates e ginnastica adulti, esempio di competenza e serietà professionale.
Per questo non ho nutrito alcun dubbio quando mi ha chiesto cosa ne pensassi di questo nuovo progetto, un libro di poesie che spero sia solo un punto di partenza per una serie di volumi che seguiranno questa prima esperienza.
Tutto è nato per gioco durante la prima pandemia. Ho pubblicato per sessanta giorni sessanta novelle scritte da me sulla mia pagina facebook. L’idea gli è tanto piaciuta che mi ha chiesto il permesso di imitare l’iniziativa ed è andato ben oltre, continuando ininterrottamente ormai da un anno e mezzo senza sosta, senza soste il sabato o la domenica. Il pubblico lo adora, lo apprezza e lo invita a non cedere, a non togliere loro quei cinque minuti di pura felicità che solo una poesia scritta con il cuore sa dare.

Roberto cavalca sull’onda di un entusiasmo senza soste, spero solo che questo sia il primo libro di una lunga serie sulle perle d’amore che ha saputo decantare. 

                                                                                                            Mauro Sighicelli


Ho letto con cura le poesie di Roberto Bigarelli e devo dire che nonostante si tratti di un neofita, sono decisamente interessanti. Ammetto che dopo le prime mi è venuto in mente il Fanciullino del Pascoli, ma proseguendo nella lettura ho capito che l'autore è stato letteralmente investito da un colpo di fulmine. Queste righe sono dettate da un amore profondo, verso una donna e verso la vita. Sono il frutto del sentimento più vecchio del mondo e della paura di morire. Nate nel periodo del Covid, sono servite a chi le concepiva "per tirare avanti", per sopperire a quella mancanza del nuovo amore che lo attanagliava e che non poteva soffisfarlo a causa delle restrizioni. Nasce così Ti parlo d'Amore, con la A maiuscola, una A che la dice lunga sui pensieri che hanno fatto compagnia a Roberto durante la pandemia del 2020. La poesia che incontriamo qui non è figlia della metrica, non è figlia di nessun altro registro poetico, è semplicemente il frutto di una mente ispirata che buttato giù i pensieri come gli venivano. Una poesia acerba, giovanile nonostante l'età dell'autore, a volte fin fanciullesca, ma che viene direttamente dal profondo del suo animo, da quel cuore che di colpo ha inizaito a battere per un'altra persona. 
 

                                                                              Roberto Roganti