lunedì 31 marzo 2025

Jan Carol Sabin: Il cacciatore di teste


Lei bisbigliò e lui l’ascoltò. La barbona li osservò con la coda dell’occhio: non la stavano assolutamente guardando. Solo una volta la ragazza le lanciò uno sguardo penetrante, ma poi ritornò a conversare con il suo compagno.
Un uomo elegante entrò nella sala d’aspetto della stazione ferroviaria, guardò le tre persone e si mise a sedere. Il piccolo locale era pieno di correnti d’aria e il vento della notte ululava tra le fessure. L’uomo si strinse nel cappotto. La coppia non lo degnò nemmeno di uno sguardo, invece la vecchia si sistemò i guanti strappati e lo scrutò. Lui sperò che non venisse a mendicare e distese il giornale che aveva sotto il braccio. «Mi tufferò nella lettura» pensò «così mi lasciano in pace».
Lesse la prima pagina ed aprì il giornale, completamente assorto nella lettura dell’articolo sotto il titolo di testa. Sentendo il rumore del giornale, la giovane donna lanciò un’occhiata e rimase catturata dal titolo. La vecchia barbona seguì il suo sguardo e lesse: TROVATO TERZO CADAVERE DECAPITATO.
L’uomo dietro il giornale era allibito: l’articolo parlava di un maniaco che nel giro di due mesi aveva fatto fuori tre persone e poi le aveva decapitate. Le vittime erano un uomo e due donne e le loro teste non erano mai state trovate. I loro corpi erano stati rinvenuti in diversi punti della linea ferroviaria di Long Island. L’uomo notò che ognuna delle vittime era uscita di casa per recarsi a New York in treno ed era ripartita a tarda notte da piccole stazioni di Long Island. Come... quella.
Terminò l’articolo, chiuse il giornale e lo appoggiò sulla panchina, accanto a sé. Poi guardò il volto cinereo della ragazza e notò che il suo sguardo era fisso sul giornale. Il giovanotto accanto a lei, invece, stava fissando proprio lui.
Fu a quel punto che si accorse della grossa borsa termica, per terra vicino alla coppia. La cosa lo incuriosì, perché non aveva mai visto nessuno portarsi in giro una borsa termica in un periodo dell’anno così gelido.
— Andate ad una festa? — domandò guardando la borsa e poi il giovane, che però continuava a fissarlo con aria impassibile. — Birra gelata in marzo? — aggiunse sorridendo e rabbrividendo al pensiero.
Il giovane non disse niente e non mostrò nemmeno di averlo sentito. La ragazza abbozzò un sorriso e si chinò verso di lui.
— Magari! — rispose. — Purtroppo è piena di roba da mangiare che mi ha dato mia madre. Ha sempre paura che muoia di fame in città, a fare la modella. Ogni settimana viene a casa mia e mi porta le cose che cucina lei.
L’uomo sorrise e si accorse solo in quel momento dei bei lineamenti e degli occhi profondi della ragazza. Era bellissima. Forse il giovanotto era il suo convivente. Si chiese se avrebbe mai accettato di uscire con un uomo più vecchio di lei, un agente di cambio. Come lui.
La barbona si tirò vicino le sue cose e si mise a frugare in una borsa strapiena di vestiti. L’uomo guardò la borsa: si vedeva della plastica che usciva e sembrava foderata con uno di quei sacchetti che si usano per la spazzatura. Sorrise, pensando alla pubblicità che ne aveva garantito la robustezza e immaginando la bella risata sdentata che si era fatta la vecchia stracciona. Non certo da paragonare al dolce sorriso dell’avvenente modella di fronte a lui...
— Posso dare un’occhiata al suo giornale? — chiese la ragazza. — Strano che con questo titolo la mamma non mi abbia messo mio padre alle calcagna — commentò tamburellando nervosamente sul suo viso con le lunghe dita affusolate.
L’uomo sorrise. Pensò di risponderle che forse sua madre sapeva che girava con una scorta, ma forse i suoi non erano al corrente del fatto che il giovane era con lei... Mentre si allungava per darle il giornale, ne approfittò per guardare l’uomo che era al suo fianco.
Era ben fatto. Indossava un paio di jeans scoloriti, una giacca consunta e un paio di scarpe pesanti. Aveva una barbetta corta e i capelli, biondi, avevano bisogno di un bel taglio. La modella, invece, era ben pettinata e vestita all’ultima moda: pantaloni neri da jogging con la zip alla caviglia, giacca pesante multicolore e costose scarpe da tennis di marca. Il giovanotto non era certo di classe come lei.
La ragazza lesse il giornale per alcuni minuti, poi alzò lo sguardo e lui vide che guardava nervosamente l’uomo accanto a sé. Quindi si alzò e andò a sedersi accanto all’uomo più vecchio e gli consegnò il giornale.
— Non posso credere che non ci siano indizi — esordì.
— Viaggiavano tutti in treno... Secondo me qui, di notte, dovrebbe esserci un poliziotto di guardia. Lei cosa ne dice?
— Anch’io la penso così. — Non voleva contraddirla. La sua ex moglie aveva sempre sostenuto che lui diceva sempre il contrario di quello che affermavano gli altri. Asseriva che lui era fatto così...
— Tutte le vittime sono state trovate vicino a una stazione ferroviaria, sulle rotaie — continuò la giovane donna. — Bisognerebbe che qui ci fosse un poliziotto, giusto?
— Esatto — rispose lui sorridendole.
— Sono preoccupata per mio padre — aggiunse lei. — Soffre di cuore. Ho pensato che magari non si sentiva bene ed è per questo che non è rimasto qui ad aspettare il treno con me. Fuori c’è una cabina telefonica... penso che chiamerò a casa. Ho... ho una strana sensazione. — Guardò la barbona e poi aggiunse avvicinandosi a lui: — Ho infilato il borsellino nella borsa termica, quando lei è entrata. Le dispiace dare un occhio? — Fece un sorriso e continuò: — E ogni tanto guardi fuori per assicurarsi che va tutto bene, per favore.
L’uomo annuì e la guardò uscire. Un attimo dopo lei aprì la porta dicendo: — Mi sono dimenticata che non ho spiccioli. Lei ne ha? Abito così vicino che forse farei meglio ad andare a casa!
L’uomo frugò nella tasca del cappotto e trovò degli spiccioli. Allora si alzò e glieli portò, allungando il palmo della mano. La ragazza prese le monetine e lui avvertì un fremito nella mano al suo tocco.
— Io non lo conosco quell’uomo seduto accanto a me — disse chinandosi verso di lui e parlando a bassa voce. — È arrivato insieme a me e ha aiutato mio padre a portare dentro la borsa termica della mamma. Adesso, però, mi rende nervosa — concluse con un breve sorriso e uscendo di nuovo.
Quando l’uomo si voltò per tornare indietro, la vecchia stracciona incominciò a frugare nella borsa e lui si rese conto che aveva continuato a guardarli. La osservò mentre passava davanti a lei e qualcosa attirò la sua attenzione in quella borsa: era la punta arrotondata di un bastone che spuntava dai vestiti. Fece finta di non averla vista.
Si sedette in un punto dal quale poteva tenere d’occhio la ragazza che era uscita. Intanto, il giovanotto lo stava fissando con aria di disprezzo. Non c’erano dubbi: gli stava battendo forte il cuore. Si domandò cos’avrebbe fatto se quel tipo avesse deciso di andare fuori, ma si rese conto che non poteva pensare di tenergli testa. A quel punto il biondo si alzò e guardò fuori. Dal vetro della porta, videro tutti e due che la ragazza usciva dalla cabina.
Il giovanotto si mosse rapidamente: in un attimo era fuori dalla porta e aveva quasi raggiunto la giovane donna, ma lei ritornò subito dentro e chiuse la porta. La luce all’interno la illuminava in pieno mentre spingeva disperatamente la porta con le mani, cercando di tenere lontano l’intruso. La ragazza guardò con aria angosciata verso la stazione ferroviaria e l’agente di cambio sudò freddo. La vecchia barbona continuava a rimanere seduta, fissandoli.
Approfittò del fatto che la stracciona stava guardando fuori e, muovendosi piano, infilò la mano nella sua borsa ed estrasse il bastone. Poi lo nascose dietro le spalle mentre correva fuori.
— Cos’è, ti stai eccitando, amico? — disse il giovane, guardandolo. — Vuoi divertirti anche tu o preferisci guardare? — Scoppiò in una risata sarcastica e si voltò per spingere di nuovo la porta.
Si sentì un rumore sordo mentre il bastone lo colpiva sulla testa. Il giovane emise un gemito e cadde per terra. L’uomo lasciò cadere il bastone ed esclamò: — Dio mio, fa’ che non l’abbia ucciso!
Un attimo dopo la ragazza era già di fianco a lui, aggrappata al suo braccio. — Ho avuto tanta paura! — disse con voce tremante. — È morto?
— No, grazie al Cielo. Si è appena mosso.
Lei incominciò a tremare. — La prego, andiamocene di qui e telefoniamo alla polizia!
— Telefoni lei. Io sto qui a tenerlo d’occhio.
— Non posso, il telefono non funziona bene. Non sono neanche riuscita a ottenere il segnale di libero. Dobbiamo andarcene di qui!
L’agente di cambio guardò la porta della sala d’aspetto e, attraverso il vetro, vide la barbona che stava osservando. Si sentì percorrere da un brivido. Il giovane per terra incominciò a mugugnare.
— A che distanza abita da qui? — chiese alla ragazza.
— La nostra casa è dall’altra parte delle rotaie — rispose lei, — Però devo andare a prendere la borsa termica della mamma. Ho infilato il borsellino sotto i pacchetti. Oh, no, si sta muovendo!
L’agente di cambio guardò in basso. Il biondo si era messo su un fianco, stava gemendo e aveva la giacca aperta. Sulla cintura aveva un fodero di cuoio. — Ha un coltello! Lei vada verso casa Io cerco di prendere la borsa termica e la raggiungo. Su, corra!
La ragazza ansimò agitata e si mise a correre. L’uomo vide che era scesa dal marciapiede e stava attraversando le rotaie, allora si precipitò nella sala d’aspetto della stazione, sollevò la pesante borsa termica e passò davanti alla barbona. Arrivato alla porta, si voltò e la guardò: all’improvviso era diventata alta, non stava più curva e sembrò addirittura trasformarsi davanti a lui. E i suoi occhi... non erano gli occhi di una vecchia. Anzi, il suo sguardo era luminoso, vigile e anche un po’ freddo. A quel punto si rese conto di come stavano le cose.
Corse nella direzione che aveva preso la ragazza, ma anche senza voltarsi sapeva di essere inseguito. Attraversò le rotaie. La giovane donna lo stava aspettando ansiosamente.
— Ero così preoccupata... Grazie al Cielo è salvo!
— Non possiamo fermarci — disse lui. — Dobbiamo continuare a correre.
— Lasci che l’aiuti a portare la borsa termica — ribatté lei, prendendo una maniglia. L’uomo non fece nemmeno in tempo a protestare: cadde il coperchio e lei si chinò.. Quando si rialzò, si sentì il rumore di uno sparo e la ragazza cadde a terra. Lui si voltò e si sentì gelare vedendo quel corpo in mezzo alle rotaie. Alla luce della luna, vide chiaramente la vecchia barbona in piedi, con una pistola in mano. Era puntata contro di lui.
— Fermo, amico — disse la stracciona con voce profonda. — Stai fermo. E ora guarda la ragazza.
Mezzo intontito, l’agente di cambio seguì le istruzioni. La modella era immobile. Sapeva che era morta. Il davanti della giacca era zuppo di sangue e lui si sentì nauseato. Poi vide il grosso coltello che aveva in mano e lo fissò inebetito.
— N...non capisco... — balbettò.
— Quello che ha in mano è un machete e lei ha appena rischiato di essere decapitato. L’ha tirato fuori dalla borsa termica prima che sparassi ed era talmente decisa ad ucciderla che non mi ha neanche visto.
L’uomo rimase lì immobile, nel vento gelido, a guardare la vecchia barbona che si toglieva di dosso i vestiti cenciosi, rivelandosi invece un uomo con indosso un paio di jeans e un maglione. Era come aveva sospettato nella stazione: in realtà, la barbona era un uomo! Solo che adesso quell’uomo gli stava mostrando un distintivo...
— Sono il detective Zimbrosky, della Squadra investigativa speciale del Suffolk. Abbiamo tenuto d’occhio cinque stazioni ferroviarie, aspettando che questa feroce
assassina entrasse nuovamente in azione. Il mio collega sta telefonando al comando di polizia... era nascosto dietro la cabina.
— Non... non capisco... e suo padre?
— Non esisteva alcun padre. È arrivata con la borsa termica da sola e il giovane biondo, un poco di buono, è giunto in seguito. Ho sentito che bisbigliavano. La ragazza gli ha fatto un bel filo prima che arrivasse lei, ed è per questo che poi lui l’ha inseguita. Quella donna sapeva che lei sarebbe corso a salvarla e che il giovane e la barbona, cioè io, saremmo scappati subito se fosse arrivata la polizia. Quindi, non ci sarebbe stato nessun testimone.
— Perché l’ha fatto? Perché io e quelle altre persone?
— Quello che il giornale non ha scritto è che l’assassino derubava le sue vittime dei costosi gioielli che indossavano, come l’anello e l’orologio che aveva lei, nonché dei portafogli con le carte di credito. Come il suo.
— Ma, perché... le teste? — Doveva assolutamente chiederglielo.
— Niente testa, niente portafoglio... così il cadavere è più difficile da identificare. Ma ho l’impressione che dietro il gesto della ragazza ci fosse qualcos’altro...
— Secondo lei cosa ne è stato delle... teste?
Il detective si chinò ad esaminare il contenuto della borsa termica. — L’ho sentita sussurrare all’orecchio del giovanotto che doveva vedere le sue sculture... In effetti, dentro questa pesante borsa termica ci sono un barattolo di gesso in polvere e un contenitore pieno d’acqua. Basta mischiarli e si indurisce subito... Immagino che abbia fatto dei bei lavori con quelle lunghe dita affusolate!


 

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