giovedì 29 agosto 2024

URANIA n.4 - Jack Williamson: Il Figlio Della Notte



La ragazza si avvicinò a Will Barbee mentre lui, ritto davanti al terminal di
vetro e cemento di Trojan Field, il nuovo aeroporto municipale di Clarendon,
osservava il cielo di piombo cercando di scorgere gli aerei in arrivo. Non
c'era alcun motivo perché Will dovesse sentirsi percorrere da un brivido tale
da fargli battere i denti: ma forse era stata soltanto una folata dell'umido
vento di levante.
Snella ed elegante nella bianca pelliccia, la ragazza gli trasmetteva un'oscura
sensazione di gelo. Tuttavia, aveva una incredibile massa di capelli rossi; e
bianca e flessuosa com'era, il volto serio e dolce, confermò la prima
impressione ricevuta da Will: che fosse qualcosa di straordinariamente
prezioso e bello. Lo fissò, e la bocca di lei parve incurvarsi in un accenno di
sorriso.
Barbee, col fiato mozzo, esaminò più attentamente quegli occhi che lo
guardavano sorridendo gravi: erano proprio verdi, verdissimi. La scrutò,
cercando di spiegarsi quel freddo brivido di allarme istintivo, e si rese conto
di provare un'attrazione altrettanto istintiva. Gli parve illogico: la vita lo
aveva reso cinico in fatto di donne, e si considerava ormai immune al loro
fascino.
Il tailleur di gabardine verde che la ragazza portava sotto la pelliccia,
semplice e severo, era di certo molto costoso, e la tinta si intonava al colore
degli occhi. Contro le raffiche gelide di quel grigio pomeriggio d'ottobre, la
ragazza era difesa da una specie di cappotto di pelo candido e folto, che a
Will parve di lupo artico: albino, probabilmente. Il gatto però era davvero
strano.
Dall'apertura della borsa di coccodrillo che le pendeva dal braccio, e
sembrava che intorno a esso fosse avvolto un rettile vivo, un gattino spuntava
fuori con aria soddisfatta; un piccolo micio nato da poco, tutto nero, con un
bel nastro di seta rossa annodato intorno al collo. Insieme, erano una perfetta
immagine di serena innocenza. Ma quel micino che sbatteva gli occhi alle
luci che si rincorrevano nel crepuscolo, portava una nota discorde. La ragazza
non sembrava il tipo che gioisse della compagnia di una bestiola così tenera.
E la sua apparenza di giovane e determinata donna d'affari non sembrava
proprio conciliabile con l'inclusione di un gattino nero, sia pur piccolo e
grazioso, fra gli accessori d'abbigliamento. Barbee si chiese dove e quando
l'avesse conosciuta. Clarendon non era certo una grande città, e un cronista
come lui, che va dappertutto, dei capelli rossi come quelli li avrebbe visti e
ricordati anche se fosse stato cieco. La guardò ancora, dubbioso che quegli
occhi verdi si dedicassero proprio a lui.
La ragazza continuava a fissarlo.
«Barbee?», chiese con voce morbida e piena, una voce che rivelava una
vitalità così intensa da possedere quasi una sfumatura gutturale.
«Will Barbee», rispose lui. «Cronista del Clarendon Star. »
Si era illuso che un così modesto particolare potesse sembrare interessante
alla ragazza.
«Il direttore stasera vuole che prenda due piccioni con una sola fava», riprese,
a corto di argomenti. «Il primo piccione sarebbe il colonnello Walraven, che
ha piantato Washington e la burocrazia per tornarsene a Clarendon, dove
spera di essere eletto senatore. Ma avrà ben poco da dire alla stampa, prima di
aver parlato con Preston Troy.»
Il gattino sbadigliò mentre le luci si accendevano, e la piccola folla di parenti
e amici in attesa si accalcò lungo la rete metallica che divideva il pubblico dal
campo. Intanto, gli intensi occhi verdi della ragazza non s'erano staccati per
un attimo dalla sua faccia, e la sua voce magica domandò dolcemente:
«E il secondo piccione?». 

 

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