L’esistenza rocambolesca di Alessandro Stradella, uno dei massimi compositori italiani della sua generazione, ha ispirato fin dall’Ottocento – e ispira tuttora – romanzi, film e opere in musica, che ripropongono l’ideale romantico del genio maledetto, tanto più genio quanto più maledetto e spregiudicato.
Stradella nacque a Bologna nel 1643 dal nepesino Marc’Antonio e dall’orvietana Vittoria Bartoli, pochi mesi prima che i genitori rientrassero a Nepi dopo breve soggiorno a Vignola, dove il padre durante la guerra di Castro era stato nominato vice-marchese. Le prime testimonianze sulla vita del compositore risalgono solo agli anni cinquanta, quando, morto il padre, Alessandro si trasferì da Nepi a Roma col fratello Stefano e la madre per vivere a palazzo Lante come paggio del duca Ippolito. E’ probabilmente a Roma che avvenne la sua formazione musicale.
Attorno ai vent’anni godeva già, come compositore, di una certa notorietà, dato che fu incaricato dall’arciconfraternita romana del Santissimo Crocifisso di scrivere uno dei cinque oratori in latino per la Quaresima del 1667, ma dell’effettiva composizione ed esecuzione di questo oratorio, che sarebbe il suo primo lavoro datato, non si hanno prove certe. Nonostante importanti committenze private, a Roma non riuscì mai ad assicurarsi un impiego fisso e poté contare solo su ingaggi occasionali, che evidentemente non lo fecero desistere da altre possibilità di guadagno, non sempre lecite.
All’inizio degli anni settanta, con l’apertura del primo teatro pubblico romano, il Tordinona, Stradella fu coinvolto nelle sue produzioni dall’impresario Filippo Acciaioli. Agli stessi anni dovrebbe risalire anche la prima opera da lui interamente musicata e solo recentemente ritrovata, la Doriclea su versi del poeta romano Flavio Orsini.
Nell’ottobre 1676 chiese protezione e ospitalità nella Serenissima al nobile veneziano Polo Michiel, in stretto contatto con l’ambiente artistico e aristocratico romano, dovendo lasciare Roma per «una certa disgrazia» occorsa – così disse. Pare avesse tentato di combinare un matrimonio, facendo sposare un nipote del cardinale Cybo niente meno che con una cortigiana e suscitando così le ire della potente famiglia del primo. Di fatto, all’inizio dell’anno successivo, il 1677, era già a Venezia, dove – non pago dei precedenti – combinò l’ennesimo guaio, che poi diventerà leggendario. Fuggì a Torino con una pupilla del nobile Alvise Contarini, Agnese van Uffel, a cui dava lezioni di canto, e nella città sabauda i due amanti trovarono rifugio in conventi diversi. Contarini, giunto a Torino per vendicare il sopruso e capire le intenzioni della sua pupilla, apprese che la donna voleva sposare Stradella e cercò di rassegnarsi, ma quando la tensione diplomatica si attenuò, nell’ottobre 1677 il musicista fu barbaramente aggredito in piazza San Carlo da due sicari, probabilmente al soldo dello stesso Contarini.
Definitivamente compromessa la sua credibilità a Torino, all’inizio dell’anno successivo, il compositore decise di trasferirsi a Genova, dove fu ben accolto e probabilmente ospitato da uno degli esponenti più in vista dell’aristocrazia locale, Franco Imperiale Lercari. Qui scrisse musica sacra, da camera e impartì lezioni private e infine scrisse una nuova opera, di carattere comico, Il trespolo tutore.
Purtroppo non poté esprimere il suo talento ancora per molto, perché all’inizio dell’anno successivo, il 25 febbraio 1682, fu assassinato in Piazza dei Banchi, senza che siano mai stati individuati i colpevoli e appurato il movente del delitto. Ora riposa nella chiesa genovese di Santa Maria delle Vigne.
Vi faccio ascoltare La Forza delle Stelle ovvero il Damone - Serenata a sette voci, 2 concertini e concerto grosso.
La Serenata “La forza della stelle” vide la luce sicuramente in ambiente romano e probabilmente negli anni precedenti alla fuga, anche se non si ha alcuna certezza sulla data. Fu commissionata da Cristina di Svezia e nacque probabilmente dal desiderio della regina di mettere in musica una di quelle conversazioni, o accademie come venivano chiamate, che si dovevano svolgere a palazzo e che avevano come soggetto l’Amore e le sue conseguenze sugli umani. Scritta su libretto di Sebastiano Baldini, su incarico di Cristina, che si preoccupò di scrivere uno scenario per il poeta. Carolyn Gianturco ha rintracciato diverse lettere della regina a Baldini che provano la stretta collaborazione nella scrittura ed anche delle indicazioni musicali, là dove si voleva ci fosse un’aria, una sinfonia, un madrigale, un recitativo. Tutto questo rimarca la grandissima attenzione che Cristina volle porre a questa composizione che, in musica, gli doveva rammentare le Erotomachie in pittura, come quella di sua proprietà di Paolo Veronese. E, anche se non si ha alcun documento a tal proposito, collocare a Palazzo Riario, residenza della regina, la sua esecuzione.
La Serenata “La forza della stelle” vide la luce sicuramente in ambiente romano e probabilmente negli anni precedenti alla fuga, anche se non si ha alcuna certezza sulla data. Fu commissionata da Cristina di Svezia e nacque probabilmente dal desiderio della regina di mettere in musica una di quelle conversazioni, o accademie come venivano chiamate, che si dovevano svolgere a palazzo e che avevano come soggetto l’Amore e le sue conseguenze sugli umani. Scritta su libretto di Sebastiano Baldini, su incarico di Cristina, che si preoccupò di scrivere uno scenario per il poeta. Carolyn Gianturco ha rintracciato diverse lettere della regina a Baldini che provano la stretta collaborazione nella scrittura ed anche delle indicazioni musicali, là dove si voleva ci fosse un’aria, una sinfonia, un madrigale, un recitativo. Tutto questo rimarca la grandissima attenzione che Cristina volle porre a questa composizione che, in musica, gli doveva rammentare le Erotomachie in pittura, come quella di sua proprietà di Paolo Veronese. E, anche se non si ha alcun documento a tal proposito, collocare a Palazzo Riario, residenza della regina, la sua esecuzione.
La serenata consta di diverse arie precedute da recitativi che da quello semplice già si proiettano verso un recitativo arioso, e due duetti, per la prima parte, con i due amanti, più centrata sul dialogo d’amorosi sensi fra Damone e Clori. La seconda parte aperta da una sinfonia - balletto è molto più vivace, con strepitosi terzetti e duetti fra i passanti. Ancora una sinfonia introduce una breve terza parte con il ritorno dei due amanti e un meraviglioso madrigale a cinque terminale, dove tutta la scienza contrappuntistica di Stradella si dispiega in maniera eclatante. Una bella sinfonia apre naturalmente anche la serenata. E’ quindi la ricchezza e la varietà nell’uso delle voci quello che colpisce maggiormente all’ascolto de La forza delle stelle. Che dimostra anche da parte di Stradella una assoluta comprensione del rapporto fra testo, e quindi parola, e musica. L’uso poi della modulazione nell’ambito della tonalità rende la scrittura musicale di Stradella di incredibile modernità rispetto alle composizioni coeve, e spesso si trova ad anticipare, come fa con l’uso di concerto grosso e concertino quello che grandi compositori più tardi come Corelli e Alessandro Scarlatti renderanno di grande attualità nei decenni successivi alla sua precoce scomparsa.
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