Due paroline sul “perché”.
Il primo volume è nato praticamente per caso, volevo fare un regalo a mio padre, ma volevo farne uno unico. Così ho fatto lavorare le meningi ed è nato, piano piano, “Attimi...”.
Dentro ognuno di noi c’è, innata, la capacità di scrivere poesie, in versi o in prosa, ma quello che ci impedisce di riversare su carta il vortice di pensieri che pervade la nostra mente è la difficoltà a “cogliere l’attimo”, a fermare l’immagine dietro ai nostri occhi, a delineare un profilo descrittivo, trovare il tempo e il coraggio di farlo.
Coraggio perché, per scrivere certe cose, bisogna spogliarsi di tutte le remore, di tutti i timori, perché bisogna “aprire” la propria anima agli altri, perché bisogna metterci la faccia e non è semplice.
La cosa mi è nata così, un giorno dentro la mia auto, in una giornata piovosa, parlavo con me stesso sul tempo che buttavo via durante il mio lavoro, tempo che dovevo trascorrere dentro “una scatola di lamiera”, ho guardato fuori dal finestrino bagnato attraverso le gocce di pioggia e ho rimuginato sul tempo perso così.
Poi mi sono detto che ci sarebbe voluto un “aggeggio” che potesse fermare i nostri pensieri e registrarli, dandoci poi la possibilità di metterli “nero su bianco”, in modo da rendere questo tempo perso… utile, produttivo. Ho pensato che questo forse è il dono che hanno coloro che scrivono versi, poesie, racconti e quant’altro, hanno cioè la capacità di “fermare il tempo” e trasdurre quel nugolo di parole che ronza di continuo nelle loro teste “nero su bianco”. Così, senza accorgermene, questo pensiero sul tempo perso mi ha assillato per tutta la giornata e una volta a casa, ho preso una penna ed è nata “Futuro”.
Dopo questa, ne sono nate altre, e altre ancora. Ho incominciato così a guardarmi attorno, diversamente, ho spalancato gli occhi sul mondo, e dai e dai ne ho scritte un centinaio in tre mesi.
Tutto quello che mi colpiva rimaneva impresso nella mia mente e dovevo scriverlo per “togliermi il tarlo”, sono arrivato perfino a scriverle “al volo” sul cellulare, anche al capezzale dei pazienti.
Tornando al primo volume, ne ho scelte poco più di una trentina e ho pensato che sarebbe stato carino abbinarle a fotografie scattate da me, recenti e passate, e siccome, in fin dei conti, era un regalo per mio padre, doveva contenere qualcosa di mio, e nostro, familiare insomma. E poi non sapevo come combinarle. Ma spulciando il sito internet dove ho successivamente stampato i volumetti, mi è venuto un lampo di genio: un album fotografico con le poesie dentro le fotografie!
Qualche immagine ammetto non è mia, l’ho brutalmente copiata da internet non avendo soggetti “freschi”, altre sono andato in giro apposta a scattarle, le rimanenti le ho ripescate dall’archivio della mia vita. Risultato? Direi ottimo, a me è piaciuto tanto e spero sia piaciuto anche agli altri, una cosettina così, carina, senza pretese.
Direi un bel regalo per il compleanno di mio padre, unico, decisamente.
Poi, non potendo buttare via tutte quelle rimaste, sul mio computer ne avevo già assemblato uno per mia madre che, come supponevo, mi avrebbe chiesto: “E a tua madre?” Lei non lo sapeva, ma “Illusionista” era già pronto….
Questo, “Famiglia", però è nato diverso, meno ricco sia in poesie che in fotografie. D’altra parte il primo doveva essere “unico” e unico è rimasto. Dal secondo in poi ho adottato un sistema di
composizione differente, non più album fotografico, ma semplicemente impaginatura tipo romanzo, rilegato e impaginato “stile bestseller”, con gli scritti alternati ad alcune fotografie, peccato solamente che la qualità fotografica venga
a mancare.
Adesso ecco qui il terzo, e poi ne seguiranno altri, sono già pronti, in attesa di essere “montati”, oramai sono incontenibile.
Un grande grazie comunque spetta a mia moglie, per la sopportazione di un marito spesso evanescente e perso nei suoi più reconditi pensieri, un marito che a volte non vuole essere disturbato, un marito che all’improvviso si sveglia di notte per
scarabocchiare geroglifici su qualsiasi foglio gli capiti a tiro, un marito che sa benissimo come sia difficile sopportarlo.
Roberto Roganti
(29 Maggio 2010)
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