mercoledì 31 gennaio 2024

Bob Shaw: Scegliete il mondo che fa per voi, 1981


Il negozio, che si trovava a un centinaio di metri dalla Quinta Strada, era così poco appariscente che si notava a stento. L’unica finestra che dava sul davanti era nascosta da pesanti tende, e in un angolo aveva incastonate delle piccole lettere di bronzo che dicevano: ALTRIMONDI S.p.A. La luce giallo-rosa che trapelava da dentro era così tenue che, nonostante il buio sempre più fitto di quel pomeriggio di dicembre, era difficile essere sicuri che il posto fosse aperto al pubblico.
Arthur Bryant esitò un attimo sul marciapiedi, cercando di dominare l’ansia, poi aprì la porta ed entrò.
— Buonasera, signore. Cosa posso fare per voi? — Chi aveva parlato era un giovane bruno, dal colorito scuro, che indossava un abito da lavoro nero e lucido, dall’aria costosa. Era seduto a una grande scrivania su cui c’era una targhetta con su scritto “T. D. Marzian, direttore di filiale”.
— Ehm... vorrei chiedervi alcune informazioni — disse Bryant, osservando l’ambiente con un certo interesse. Seduta lì vicino, davanti a una scrivania più piccola, c’era una ragazza grassottella, con i capelli neri tagliati corti. L’atmosfera era quella delle stanze piene di tappeti pelosi, di pareti rivestite di canapa, di caldi sussurri musicali. L’unica cosa che distingueva il posto da innumerevoli altri uffici chic era un disco argentato grande circa quanto un tombino, che occupava una parte di tappeto dietro le due scrivanie.
— Sarò felice di aiutarvi — disse Marzian. — Cosa vorreste sapere?
Bryant si schiarì la voce. — Potete davvero trasportare la gente in altri universi? Universi dove le cose sono differenti da qui?
— Lo facciamo continuamente: è il nostro lavoro. — Marzian dischiuse le mascelle in un bel sorriso rassicurante.
— Il cliente non deve fare altro che spiegare esattamente quali siano le condizioni ideali per lui, e, purché queste non siano tanto assurde da non trovarsi in nessuno dei vari mondi alternativi, noi lo collochiamo nell’universo dei suoi sogni. Il nostro Ridistributore di Probabilità opera istantaneamente, senza farvi provare alcun dolore, ed è degno della massima fiducia.
— A sentire voi sembrerebbe un congegno meraviglioso — mormorò Bryant.
Marzian annuì. — È meraviglioso. Vale fino all’ultimo centesimo i soldi che vi fa sborsare. Che parametri di realtà avevate in mente?
Bryant buttò un’occhiata in direzione della ragazza grassoccia, le voltò le spalle e abbassò la voce. — Credete che...? Sarebbe possibile...?
— Non dovete assolutamente sentirvi in imbarazzo, signore; abbiamo una lunga esperienza in fatto di andare incontro alle più svariate e personali richieste dei clienti, e garantiamo la massima riservatezza.
— Mi domandavo — mormorò Bryant — se poteste trasferirmi in una realtà in cui... ehm... avessi il fisico più perfetto del mondo... — Il complesso di inferiorità che aveva gli derivava dall’essere alto un metro e sessantatre e dal non avere altre misure di cui essere fiero. Rimase in attesa, sostenendo lo sguardo valutativo dell’altro, e benché si aspettasse un’occhiata di derisione vide che Marzian non appariva né divertito, né scandalizzato.
— Certamente che possiamo: non c’è alcun problema. — Marzian parlò con allegra sicurezza. — Sapete, per un attimo ho creduto che steste per chiedere qualcosa di difficile.
Bryant provò un terribile brivido di gioia. Fino a quel momento non si era azzardato a credere veramente che il suo sogno potesse essere esaudito in uno dei possibili universi alternativi, ma adesso poteva cominciare a fare piani per la sua futura vita di superuomo adulato da tutti. Avrò cinque diverse donne al giorno per un mese, pensò, giusto per abituarmi al mio nuovo corpo. Poi mi accontenterò di una vita più tranquilla, magari di sole due o tre donne al giorno...
— C’è solo la questione del pagamento — stava dicendo Marzian. — Centomila dollari possono sembrare molti, ma installare e far funzionare il Ridistributore di Probabilità comporta costi astronomici; e bisogna tener conto che la somma si riferisce al nostro impianto, veramente straordinario, di Tripla Possibilità. Significa che, se necessario, potete avere fino a tre trasferimenti.
— Eh? — disse Bryant, sentendo riaffiorare gli antichi dubbi. — Perché mai dovrei... Vuol dire che qualcosa può andar male?
Marzian sorrise con condiscendenza. — Il Ridistributore di Probabilità non sbaglia mai, signore, ma noi mettiamo a disposizione l’impianto di Tripla Possibilità perché il cliente possa scegliere una realtà che soddisfi perfettamente le sue richieste. Le rare volte che sorge qualche problema, sorge sempre perché la descrizione del mondo ideale era incompleta o troppo vaga.
— Capisco. — Bryant piegò la testa, aggrottando la fronte. — Anzi, forse non capisco affatto.
Marzian tese le mani. — Be’, immaginate di essere un fanatico del poker, e di avere chiesto di essere trasferito in un mondo dove tutto, compreso lo “status” sociale, dipendesse dall’abilità a giocare a poker. Immaginate di arrivare in quel mondo, e di scoprire che i suoi abitanti giocano il poker scoperto con sole cinque carte, mentre il vostro punto forte è quando vi passano per mano almeno sette carte. Dal vostro punto di vista la cosa non sarebbe molto soddisfacente, ma per rimediare alla faccenda non dovreste fare altro che premere il bottone del vostro Normalizzatore di Probabilità tascabile, che vi riporterebbe immediatamente in questa realtà. Secondo le clausole del nostro contratto di Tripla Possibilità, avreste il diritto di trasferirvi gratis in un particolare universo dove si praticasse il gioco a sette carte; così potreste vivere da allora in poi felice e contento, e la Altrimondi S.p.A. conterebbe un ennesimo cliente soddisfatto.
Le rughe sulla fronte di Bryant scomparvero. — Niente di più giusto di una clausola del genere! Quando posso trasferirmi?
— Praticamente subito, signore. Appena... — Marzian tossicchiò in modo educato ma significativo.
— Non dovete preoccuparvi del denaro — disse allegramente Bryant. — Ho più di centomila dollari nel mio conto in banca. Intendiamoci, ho dovuto vendere tutto quello che avevo, ma, cavoli, dico io, se non tornerò in questo mondo, tanto vale che... — S’interruppe vedendo un’espressione di fastidio comparire sul viso di Marzian.
— Volete, se non vi spiace, parlare con la signorina Cruft, che sbrigherà tutte le formalità necessarie? — disse Marzian, indicando con un gesto la ragazza grassa seduta alla scrivania più piccola. — Nel frattempo io attiverò e calibrerò il Ridistributore di Probabilità. — Si sedette al proprio tavolo, che adesso agli occhi di Bryant apparve somigliante a una consolle, e cominciò a premere bottoni.
— Certo — disse Bryant con tono di scusa, capendo che il direttore di filiale, in quanto professionista che gestiva la ridistribuzione delle probabilità, non si occupava dei volgari dettagli commerciali della faccenda. Quando si avvicinò alla signorina Cruft, Bryant si accorse che aveva un sorriso cordiale e inaspettatamente gradevole, ma non ci badò molto. I suoi pensieri andavano già alle belle donne snelle e dalle cosce lunghe che avrebbero invocato i suoi favori quando fosse stato l’uomo più aitante del mondo. Diede le sue generalità, fornì il numero di conto corrente, fece un trasferimento computerizzato del suo denaro, e firmò il contratto con animo pieno di gioiosa aspettazione.
— Ecco qui il vostro Normalizzatore di Probabilità — disse Marzian, allungandogli un oggetto simile a un portasigarette, che su un lato aveva un bottone. — Ora se non vi spiace mettetevi in piedi sulla piastra di focalizzazione delle probabilità...
Bryant obbedì e salì sul disco argentato inserito nel pavimento, mentre Marzian girava manopole e premeva tasti sui pannelli incorporati nella sua scrivania. Quando tutto quel rituale fu finalmente terminato, Marzian allungò la mano verso un bottone rosso più grande degli altri. Bryant ebbe appena il tempo di provare un senso di meraviglia e di apprensione al pensiero di essere sospinto in un altro universo, prima di veder scomparire Marzian, la signorina Cruft e l’ufficio della Altrimondi S.p.A.
Si ritrovò in una grande piazza pavimentata di mattonelle verdi e circondata da palazzi a forma di uovo. Qui e là c’erano palme che ondeggiavano senza posa nonostante l’assenza del minimo alito di vento, e il sole pareva avere diramazioni a spirale come una girandola di fuochi d’artificio bloccata sul più bello; ma Bryant non aveva tempo di pensare alle meraviglie del nuovo ambiente. La prima cosa da fare era controllare il suo supercorpo nuovo fiammante; poi avrebbe passato qualche settimana di ozio dorato, e solo alla fine (forse) avrebbe rivolto l’attenzione alla natura intorno.
Si guardò... ed emise un gemito angosciato.
Il suo fisico non era assolutamente cambiato!
Frignando per la delusione, si tolse la giacca e la camicia e trovò conferma all’orribile scoperta appena fatta: il suo corpo era il solito miserevole ammasso di ossa fragili e rotoli di ciccia che conosceva da sempre. Quando provò a contrarre il bicipite destro, quello come sempre continuò a ciondolare lungo il braccio come mezz’etto di trippa. Bryant guardò torvo quello spettacolo, e la sua delusione stava per trasformarsi in odio contro T.D. Marzian e l’organizzazione criminale per la quale lavorava, quando qualcuno alle sue spalle emise un lieve fischio.
— Guarda che fisico — disse una voce di uomo con tono reverenziale. — Cavoli, scommetto che è Mister Galassia.
— No — disse un’altra voce maschile. — Mister Galassia non vanta, simili deltoidi. Dev’essere Mister Cosmo.
Bryant si girò di scatto, e vide due ometti vestiti in modo strano che guardavano a bocca aperta il suo torso, e la rabbia che gli stava montando dentro trovò espressione nelle parole. — Ehi, cosa fate, gli spiritosi? — disse. — Perché se è così...
I due ometti si fecero piccoli piccoli per la paura.
— No, signore, non stiamo facendo gli spiritosi — balbettò uno dei due. — Perdonateci per i nostri commenti, ma siamo culturisti da tanto tempo, e non avevamo mai visto finora un fisico possente come il vostro.
— È vero — intervenne con zelo il suo compagno. — Darei un milione di zlinkot per avere un fisico come il vostro. Anzi, due milioni.
Bryant guardò torvo prima l’uno, poi l’altro, ancora convinto che lo prendessero in giro; dopo un attimo, però, rifletté su un particolare curioso. Il destino maligno gli aveva assegnato un fisico debole e miserabile, ma era stato ancora più maligno con quei due sconosciuti. Gli arrivavano appena alla spalla, e i loro vestiti aderenti rivelavano toraci concavi e gambe che sembravano più zampe di millepiedi che arti inferiori di uomini. Bryant si guardò intorno e vide che tutti gli altri uomini che giravano per la piazza avevano lo stesso fisico gracile, e facilmente cominciò a capire.
Se quello che vedeva era un campione rappresentativo, se tutti gli uomini di quel mondo avevano un fisico simile, allora era molto probabile che lui fosse veramente l'esemplare più aitante della compagnia. Dopotutto, la Altrimondi S.p.A. gli aveva dato ciò che aveva promesso, ma non nel senso che si aspettava lui.
— Che pettorali eccezionali — commentò il primo ometto, fissando ammirato il torace di Bryant.
— E quella circonferenza? — aggiunse il secondo. — Farà esercizi per ore e ore al giorno.
— Oh, mi piace tenermi in forma — disse Bryant pavoneggiandosi. Poi gli venne in mente una cosa. — Credete che le ragazze apprezzeranno un fisico come il mio?
— Apprezzarlo?! — disse il primo uomo strabuzzando gli occhi. — Dovrete faticare per liberarvi di loro!
Come a confermare le sue parole, in quella arrivò alle loro orecchie un brusio femminile fatto di gridolini, di risatine e di altri commenti ammirati. Bryant si girò e vide un gruppo di sei o sette donne avvicinarglisi in gran fretta. Le donne avevano gli occhi sgranati e le guance soffuse di rossore, e parevano in preda a un incontenibile desiderio. Dopo essersi fermate un attimo a contemplare da vicino il suo corpo con grande ammirazione, cominciarono a toccano con mani avide. Altre fecero ressa per ottenere di toccarlo a loro volta, e in pochi secondi Bryant fu al centro di un vero e proprio parapiglia. Mentre lottava nella confusione per mantenersi in equilibrio, sentì mani che gli stringevano varie parti del corpo con sconcertante mancanza di ritegno, corpi che si strusciavano contro il suo, labbra che cercavano ansiosamente le sue, voci che lo bombardavano di proposte, la più timida delle quali lo invitava a scegliere in quale appartamento andare.
La situazione sarebbe potuta essere assai gratificante per un tipo frustrato come Bryant, se non fosse stato per un particolare disgraziato: le donne di quel mondo erano semmai meno dotate ancora dei loro uomini, dal punto di vista fisico. Bryant sentiva gomiti e ginocchia appuntiti premerlo da tutte le parti, e dita ossute minacciare di strappargli pezzi di carne. Nell’insieme aveva come l’impressione di essere stato attaccato da scheletri rapaci. Gemette per la paura e, ansioso di tornare libero, cercò nella tasca della giacca il Normalizzatore di Probabilità.
Lo trovò, premette il bottone e si ritrovò immediatamente, con giacca e camicia ancora in mano, sopra il disco argenteo dell’ufficio dell’Altrimondi S.p.A., a New York. T.D. Marzian e la signorina Cruft lo fissarono, il primo con freddo stupore, la seconda con una certa costernazione.
— Le cose non sono state di vostra completa soddisfazione, signore? — chiese Marzian con diplomatica cortesia.
— Soddisfazione? — disse Bryant con voce tremula, dirigendosi con passo incerto verso la sedia più vicina. — Dio, amico, per poco non mi hanno fatto a pezzi!
Si mise a raccontare cos’era successo, ma aveva appena cominciato a parlare che si rese conto di essere seminudo in una stanza dov’era presente una donna. Imbarazzato, s’infilò camicia e giacca e terminò il suo racconto.
— Che sfortuna — osservò tranquillo Marzian. — Ma ora potrete apprezzare i vantaggi del nostro impianto di Tripla Possibilità: avete ancora a disposizione due trasferimenti gratis.
— Due? Non vorrete mica contare quel... macello? — Bryant era scioccato e indignato. — Mi avete spedito in un universo completamente sbagliato.
— Era l’universo che avevate descritto voi. Le vostre istruzioni sono qui, scritte di vostro pugno.
— Sì, ma quando ho detto che volevo essere l’uomo più aitante del mondo, intendevo dire che volevo un altro corpo. Un corpo come quello di Mister America.
Marzian scosse la testa in modo quasi impercettibile.
— Il Ridistributore di Probabilità non funziona in quel modo. Voi siete voi, signore. Siete un punto invariabile in un oceano di probabilità, e non si può alterare in alcun modo questo dato di fatto. Le uniche realtà in cui potete esistere sono quelle in cui siete basso di statura e... ehm... un po’ debolino.
Bryant, avendo investito nella faccenda praticamente tutto quello che aveva fino all’ultimo penny, si rifiutava di essere messo a tacere così facilmente. — Non c’è un mondo in cui tutti gli uomini siano nanerottoli scheletrici come quei due di cui vi ho detto, e tutte le donne delle persone... ehm... normali? — Assicurandosi prima che la signorina Cruft non stesse guardando, Bryant con le mani descrisse la forma sferica dei seni femminili, in modo da far capire bene a Marzian cosa intendesse per “normali”.
— Sarebbe illogico, vi pare? — disse Marzian, con una nota d’impazienza nella voce. — Maschi e femmine di qualsiasi specie devono essere fisicamente affini, condividere caratteristiche simili, altrimenti la specie stessa non potrebbe esistere.
Bryant incurvò le spalle.
— Cosa vuol dire questo, che ho buttato via tutto il mio denaro? Desideravo solo vivere in un mondo dove le belle donne smaniassero per avermi: chiedevo forse troppo?
Marzian si accarezzò il mento con l’aria di chi si sentisse stimolato da una sorta di sfida professionale. — Non è il caso che vi disperiate, signor Bryant. Perché non vi guardate intorno, qui nel nostro mondo? Ci sono moltissimi uomini per nulla affascinanti che hanno tante donne da non sapere cosa farsene. Tutti questi uomini hanno un tratto in comune: sanno fare qualcosa meglio della maggior parte degli altri. Vedete, le donne amano chi ha successo. Non parlo del successo in cose straordinarie, ma del successo in cose abbastanza normali, come cantare, ballare, giocare a pallone, guidare una macchina... C’è niente che voi sappiate fare particolarmente bene?
— Temo di no — disse Bryant afflitto.
— Be’, c’è niente che sappiate fare abbastanza bene?
— Eh, no, purtroppo. — Bryant tirò fuori di tasca il contratto appena firmato e cominciò a leggere le scritte in caratteri piccoli. — Come vi regolate con i rimborsi?
— Sapete recitare? O fare il tiro al piattello? — Marzian cominciava ad apparire nervoso. — Non sapete nemmeno scrivere racconti?
— No. — Bryant sfogliò le pagine del contratto, poi si fermò e assunse un’espressione imbarazzata. — C’era una cosa che sapevo fare, a scuola, e la sapevo fare meglio di chiunque altro... Ma è talmente stupida che non vale nemmeno la pena parlarne.
— Ma no, provate a dirmi di che si tratta — lo incalzò Marzian.
— Be’... — Bryant lo guardò con un sorriso tremulo. — Sapevo fare le bolle con la lingua.
Marzian si passò una mano sulla nuca e si lisciò i capelli sopra il colletto. — Sapevate fare le bolle con la lingua?
— Esatto — disse Bryant, animandosi un pochino. — Non è così facile come
potreste pensare. Bisogna produrre la saliva giusta, né troppo densa, né troppo diluita per fabbricare una bolla che duri. Poi bisogna dirigere il fiato contro di essa secondo l’angolatura atta a farla staccare dalla punta della lingua: un’angolatura né troppo alta, né troppo bassa. E bisogna anche arrotolare la lingua nel modo giusto. Sono stato l’unico ragazzo della mia classe che sia mai riuscito a soffiare in aria quattro bolle contemporaneamente.
— Davvero? Be’, penso che sia il caso di provare. — Marzian premette alcuni tasti sulla sua scrivania, studiò un attimo una consolle video, poi guardò Bryant con gli occhi sgranati per lo stupore. — Questo lavoro non cessa mai di riservarmi sorprese: ci sono veramente altri mondi in cui lo sport più alla moda è fare bolle con la lingua e soffiarle in aria!
— E le donne sono... normali?
Marzian annuì. — Si tratta dei mondi alternativi del Settore Uno, il che significa che là tutto il resto è praticamente lo stesso che qui.
— Potete trasferirmi in uno di questi mondi? — disse Bryant, sentendosi di colpo euforico. — In uno in cui il campione indiscusso non sia mai riuscito a soffiare in aria più di tre bolle contemporaneamente?
— È al limite delle possibilità delle nostre apparecchiature, ma ce la farò. — Marzian indicò con un gesto la signorina Cruft. — Dovrete compilare un altro modulo.
— Certo. — Quando si chinò sopra la scrivania della signorina Cruft per espletare le formalità necessarie, Bryant si accorse che la ragazza usava un tipo di profumo inebriante, ma non ci badò molto perché stava già pensando alle sirene dalla vita di vespa che avrebbe trovato nel suo mondo ideale. Fece la propria firma con uno svolazzo e si diresse a grandi passi verso la piastra di focalizzazione delle probabilità.
— Buona fortuna — disse la signorina Cruft.
Bryant la sentì appena. Si mise in posizione sul disco argentato, incrociò le braccia e guardò le mani di Marzian armeggiare con i pannelli di comando, che interferivano nella struttura stessa della realtà. Marzian terminò l’operazione premendo il bottone rosso e, com’era avvenuto prima, il trasferimento fu istantaneo.
Bryant si ritrovò in una strada affollata che avrebbe potuto essere una via di Manhattan, se i palazzi fossero stati più alti e se il rumore del traffico fosse stato qualche decibel in più. Gli uomini e le donne che gremivano i marciapiedi sembravano normali, e il loro modo di vestire differiva di poco da quello del mondo che Bryant si era lasciato alle spalle. Bryant osservò attentamente i passanti e vide che molti di essi tentavano di fare bolle con la lingua, mentre andavano in giro per i loro affari. Ci provavano sia gli uomini, sia le donne, e Bryant fu contento di vedere che nessuno di loro aveva il minimo stile e la minima tecnica. Nei dieci minuti in cui lui rimase a guardare, nessuno riuscì a soffiare in aria una sola bolla.
Piuttosto imbarazzato, Bryant si allontanò dalla porta al riparo della quale era rimasto fino allora, e cominciò a fare bolle e soffiarle in aria. Non ritrovò subito l’abilità che aveva avuto da adolescente, ma in breve tempo migliorò e soffiò in cielo una bolla dopo l’altra. E inevitabilmente, nonostante che le condizioni fossero tutt’altro che ideali, riuscì a un certo punto a lanciare in aria due bolle contemporaneamente. Ormai attorno a lui si era già radunata una folla di spettatori, e l’evento fu salutato da un gran coro di evviva.
Bryant fece con modestia un cenno di assenso, ringraziando la folla per gli evviva, e in quella si accorse con piacere che tra il suo pubblico c’erano parecchie donne desiderabili che lo guardavano con profonda ammirazione.
Qua sì che va meglio, pensò.
Una limousine luccicante, guidata da un autista, si fermò accanto al gruppo di spettatori. L’uomo grasso che ne uscì era vestito riccamente e trasudava potere da tutti i pori. Conscio di essere osservato da lui, Bryant ce la mise tutta e riuscì quasi subito a soffiare in aria tre bolle contemporaneamente. La folla impazzì. Si sentirono suonare i clacson, e il traffico in strada s’intasò.
— Sentite, siete un professionista? — Il grassone era riuscito in un modo o nell’altro ad arrivare al fianco di Bryant. — Come vi chiamate?
Bryant gli sorrise, intuendo come sarebbe finita la faccenda. — Mi chiamo Arthur Bryant, e non sono un professionista.
— Lo siete da adesso, allora. Avrete un milione di sbiller a gara. — Indicò la sua limousine. — Venite.
— Con piacere. — Bryant si fece strada tra la folla fino alla macchina, seguendo il suo benefattore. Vi salì e nel sedile di dietro si ritrovò tra due delle più belle donne che avesse mai visto in vita sua.
— Ragazze, vi presento Arthur — disse il grassone. — È il prossimo campione del mondo di bolle, e voglio che siate carine con lui. Veramente carine. Capito? — Le ragazze annuirono all’unisono e si girarono verso Bryant con un sorriso caldo che fece vibrare come corde tutti i nervi del corpo di Arthur.
Bryant si tirò su a sedere nell’enorme letto circolare, sistemò i cuscini di seta nera in modo che gli sostenessero la schiena, e fissò imbronciato la bella ragazza giovane sdraiata al suo fianco.
Erano passate tre settimane da quando aveva cambiato realtà, e in quelle tre settimane era diventato campione del mondo di bolle, aveva fatto un mucchio di soldi col suo sport e ancora più soldi vendendo la sua immagine a una serie di prodotti commerciali, si era comprato un’isola e uno yacht, e aveva appena firmato un contratto per girare tre film. Aveva anche frequentato una serie di donne incredibilmente belle e appassionate, e molte, molte altre facevano la fila solo per il privilegio di farsi vedere in sua compagnia.
Date le premesse da cui era partito, avrebbe dovuto essere terribilmente felice; ma qualcosa era andato storto, rispetto ai suoi sogni. C’era qualcosa che non aveva previsto.
La giovane donna accanto a lui aprì gli occhi, si mosse languidamente e disse: —Fallo ancora, Arthur.
Bryant scosse la testa. — Non ne ho voglia.
— Dài, Arthur, tesoro — supplicò lei. — Solo una volta ancora.
Lui strinse le labbra, deciso. Lo sforzo di soffiare in aria migliaia di bolle al giorno gli aveva procurato una dolorosa vescica al frenulo linguale. Di conseguenza aveva dovuto correggere la sua tecnica e soffiare molto più in fretta, col risultato che l’iperventilazione gli aveva provocato senso di nausea e di vertigine. Per giunta, era scocciato.
La ragazza, tutta sensuale, fece le fusa e gli si strinse vicino. — Solo una volta ancora. Solo una piccola bollicina...
Bryant tirò fuori la sua malconcia lingua e la indicò con rabbia. — Io non ho solo questa, sai — disse, con perdonabile oscurità di linguaggio. — Non sono solo una lingua: ho una testa. Non viene mai in mente a nessuno che potrei avere voglia di discutere di filosofia?
La ragazza aggrottò la fronte. — Filo che?
— Oh, insomma, basta! — D’impulso, Bryant prese dal comodino il Normalizzatore di Probabilità e premette il bottone. Immediatamente si ritrovò steso sul pavimento dell’ufficio dell’Altrimondi S.p.A., sotto gli occhi stupefatti di T.D. Marzian e della signorina Cruft. Quest’ultima diventò anche lei lievemente rossa. Maledicendosi per avere dimenticato di togliersi la camicia da notte di seta e di indossare qualcosa di più consono, Bryant si alzò e si nascose dietro una sedia, sistemandosi alla bell’e meglio la succinta camicia.
— Sono passate tre settimane, signor Bryant — disse Marzian con tono neutro, aprendo un armadio e tirando fuori una vestaglia. — Abbiamo ancora problemi?
— Problemi?! — Bryant prese la vestaglia e mentre se la infilava notò un particolare che gli era sfuggito. — Mi pare che ne abbiate moltissime di queste, là dentro.
Con un’espressione indecifrabile dipinta in viso, Marzian prese il Normalizzatore di Probabilità dalle mani di Bryant e se lo mise in tasca.
— Altri clienti sono tornati così su due piedi — disse. — Vi stavate forse annoiando?
— Annoiando non è la parola giusta — disse Bryant, lieto che l’altro si mostrasse comprensivo. — Non avete idea di cosa voglia dire essere trattati come oggetti privi di sentimenti, di cosa voglia dire essere usati giorno e notte dalla gente.
— Però siete andato nel mondo scelto da voi.
— Sì, ma non avevo capito cosa andasse bene per me. In realtà, io avevo bisogno di un mondo in cui fossi apprezzato per me stesso, per come sono veramente. Apprezzato non come un oggetto, ma come un essere pensante.
— E lo siete?
— Lo sono cosa?
— Un essere pensante?
Bryant si grattò la testa. — Credo di sì. Voglio dire, non penso forse tutto il giorno, mentre vivo e cammino?
— Avete già scelto per due volte la realtà sbagliata.
— Ah, ma quello è stato perché non ci avevo pensato bene. — Bryant strinse gli occhi; d’un tratto ebbe il sospetto che l’altro stesse cercando di farlo passare per stupido. — Ho riflettuto bene su tutta la faccenda; desidero che mi trasferiate in una realtà in cui io venga considerato l’uomo più saggio del mondo.
— Temo che il Ridistributore di Probabilità non possa venire incontro a una simile richiesta — disse Marzian. — Il vostro obiettivo è troppo vago, capite? Le persone non sono mai d’accordo sul concetto di saggezza. Se cercassimo di fare un trasferimento sulla base di indicazioni così vaghe, finirebbe che verreste proiettato in migliaia di realtà diverse. Diventereste una specie di gas statistico, e certo non vorrete che questo succeda, vero?
Bryant rifletté un attimo sulla cosa. — Avete ragione. Allora cosa si può fare?
— Il segreto sta nello specificare — disse Marzian con annoiata competenza. —Pensate qualcosa di realmente profondo, e io lo incorporerò nelle istruzioni, trasferendovi in un mondo dove ciò che avete pensato sia considerato la cosa più saggia che sia mai stata detta. Capite cosa voglio dire?
— Certo che capisco cosa volete dire.
— Allora pensate pure.
— É quello che sto per fare. Solo che... — Bryant s’interruppe, rendendosi conto d’un tratto che era molto più facile proclamarsi pensatori che dimostrare di esserlo. — Solo che...
— Chiudiamo fra dieci minuti — disse Marzian, guardandosi bene dall’aiutarlo. — Non riuscite a pensare a niente?
— Non fatemi fretta. — Bryant si mise una mano sulla fronte e provò a concentrarsi. — Vediamo... ecco, adesso mi sta venendo in mente qualcosa...
— Dite, allora. Io devo prendere il treno.
— Va bene, ecco. — Bryant chiuse gli occhi e declamò con voce cupa: — Non ha senso cercare di pescare la verità se non si usa l’amo giusto.
Marzian scoppiò in un’inaspettata risata, che soffocò il commento a bassa voce della signorina Cruft.
— Cosa c’è? — fece Bryant, scoraggiato e profondamente offeso. — Vi pare ridicolo?
— No, no. È molto... profondo. — Marzian si tolse un bruscolino da un occhio. — Perdonatemi; gli ultimi tempi sono stati molto stressanti per me, e i miei nervi non sono troppo... — Si schiarì la voce e si girò verso i pannelli di comando, sulla sua scrivania. — Mettetevi per favore sulla piastra di focalizzazione delle probabilità, che procediamo.
Bryant esitò. — Non devo firmare le carte?
— Non questa volta — disse Marzian distratto, cominciando a premere i tasti. —Ci teniamo a mettere tutto nero su bianco per i primi due trasferimenti, in caso possano sorgere controversie dopo ma questo è il vostro terzo viaggio, e stavolta non tornerete. Qualunque sia la realtà in cui vi fermerete, resterete là sempre.
— Capisco. — Bryant, che si era fatto più saggio e avveduto riguardo ai rischi delle nuove realtà, per un attimo non si sentì più così sicuro di voler fare ciò che intendeva fare. I primi due viaggi nei mondi alternativi erano stati disastrosi, e questa volta non era prevista l’uscita d’emergenza. Esitò un secondo, poi notò che la signorina Cruft lo osservava con espressione cupa, studiando le sue reazioni. Allora drizzò le spalle, salì sul disco argentato e rivolse un cenno d’assenso a Marzian, indicandogli di procedere.
— Siamo pronti — disse Marzian, appena ebbe finito di premere i tasti del nuovo programma. — Addio e buona fortuna!
Con uno svolazzo da istrione posò la mano sul bottone rosso e premette forte.
Non successe niente.
Bryant, che inconsciamente s’era fatto piccolo per la paura, drizzò le spalle e osservò intento Marzian, che continuava a premere e premere il bottone. L’ufficio dell’Altrimondi S.p.A. non accennava nemmeno a tremolare: era solido, immutabile, reale.
— Non ci posso credere! — esclamò Marzian, con un lieve accenno di pallore sul viso olivastro. — È la prima volta che il Ridistributore di Probabilità non funziona... a meno che... Un attimo! — Premette alcuni tasti, esaminò quadranti e strumenti, e si appoggiò allo schienale della poltrona con espressione attonita.
— È partito un fusibile? — buttò là Bryant, cui sarebbe piaciuto saperne qualcosa di più sul lato tecnico.
— I condensatori sono completamente scarichi — disse Marzian. — La macchina ha fatto tutto quello che doveva fare!
Bryant si guardò intorno un’altra volta, per vedere se nell’ambiente ci fossero piccoli segni di mutamento. — Cosa significa questo, che siamo tutti quanti in una realtà diversa?
Marzian scosse la testa, seccato. — No, quello non può succedere. Significa invece che c’è qualcuno in questa realtà che pensa davvero che quella vostra stupidissima frase sul cercare di pescare la verità sia la cosa più saggia che sia mai stata detta.
— Ma è impossibile! L’ho pensata solo un minuto fa, e nessuno può avere... —Bryant s’interruppe; d’un tratto gli era venuta in mente una cosa. Si girò a guardare la signorina Cruft.
Lei abbassò lo sguardo e arrossì.
— Cos’avete fatto? — disse Bryant, avvicinandosi a lei infuriato. — Avete distrutto la mia ultima possibilità! O almeno, così pare... — Ancora una volta s’interruppe, perché mentre parlava gli venne fatto di pensare che la signorina Cruft, benché fosse innegabilmente grassa, aveva parti più abbondanti di altre, e quelle più abbondanti erano distribuite nei posti giusti. Inoltre, la signorina Cruft aveva un sorriso affascinante e usava un profumo sexy. Ma la cosa più bella che aveva era l’intelligenza: non erano molte le ragazze in grado di apprezzare e riconoscere la vera saggezza. Guardandola, Bryant capì di essersi profondamente e fatalmente innamorato di lei.
— Non so come scusarmi — disse Marzian, continuando a esaminare i pannelli di comando. — Date le circostanze, credo che abbiate diritto a un quarto trasferimento gratis.
— Scordatevene. — Bryant era così euforico che non resistette alla tentazione di inventare un altro aforisma. — I pascoli lontani sono verdi dell’oro degli sciocchi.
Da come suonò alle sue stesse orecchie, il detto doveva avere una qualche magagna, ma il sorriso estatico che si dipinse sul viso della signorina Cruft fece capire a Bryant che lei ne aveva afferrato il senso e che tutt’e due avrebbero condiviso un meraviglioso futuro nel migliore degli universi possibili.
 

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