mercoledì 24 gennaio 2024

Gary Alan Ruse: La ragazza nella valigetta, 1980


— Dimostra che sei una ragazza in gamba, Pam. Non ti farà male, davvero. Te lo promettiamo.
La loro compagna, una ragazza ben fatta dai capelli castani, li guardò in modo strano. — Siete matti tutt’e due protestò.
— Ricordati che ci avevi promesso che ci avresti aiutato a dare una dimostrazione del nostro progetto — disse Jerry Wescott guardando il fratello per avere la conferma.
— Ha ragione, Pam — disse infatti Larry. — L’hai promesso.
— Sì, ma prima di sapere di osa si trattava.
La studentessa arretrò di un passo verso la porta del garage trasformato in laboratorio. — Siete matti — ripeté. Jerry si aggiustò gli occhiali, unico particolare che lo distinguesse dal gemello. Indossavano tutt’e due dei jeans e una maglietta a righe. — Senti, Pamela — disse, — cerca di essere un po’ ragionevole. Te lo spiegherò di nuovo. É semplice.
— Pazzesco vorrai dire — Io corresse Pamela in tono bellicoso. — Volete disintegrare i miei atomi, trasportarli attraverso lo spazio e poi rimetterli insieme. Non so come la mettiate voi, ma per quanto mi riguarda preferisco lasciarli come stanno.
— Anche noi — la rassicurò Jerry. — Ti preoccupi a vuoto. Larry, prendile...
Stando a distanza di sicurezza, Pam guardò Larry mentre prendeva sotto il banco quelle che, all’aspetto. sembravano due valigette nere. Le depose di piatto sul tavolo davanti al fratello, dopo aver spostato un mucchio di carte e di materiale elettronico.
— Per cominciare — spiegò Jerry — non si tratta della solita solfa della trasmissione della materia. Non dobbiamo trasformare la tua massa in energia e poi ricostituirla. Sarebbe troppo rischioso.
Ma che pensiero gentile! — esclamò con pesante ironia Pam.
— Il nostro sistema consiste in un «vero» teletrasporto. Spostiamo l’oggetto desiderato da un posto a un altro eliminando la distanza intermedia. Come se fosse una porta dimensionale — disse con fierezza Jerry.
Pam si drizzò, con le mani sui fianchi e gli occhi che mandavano lampi.
— Il professor Freidkin dice che è impossibile.
— Il professor Freidkin ha le pigne al posto del cervello — disse convinto Larry. — Un vero scienziato non scarta mai una teoria dicendo che è impossibile. Improbabile, forse, ma mai impossibile.
— Giusto — disse Jerry togliendosi gli occhiali per pulirli con cura. — Ed è
proprio per questo che abbiamo bisogno di te. Freidkin non ci prenderà mai sul serio, noi due, ma con te, la miglior allieva del corso di fisica... per metterà almeno una dimostrazione.
La curiosità cominciava ad avere la meglio sulla paura e Pam si avvicinò al tavolo dove erano posate le due valigette.
— I vostri progetti di teletrasporto sono qui dentro?
— No — rispose Jerry con un’occhiata maliziosa. — Questi sono i nostri teletrasportatori.
— Tu scherzi.
Per tutta risposta Jerry fece scattare le serrature di una valigetta e ne alzò il coperchio. Larry fece lo stesso con l’altra. All’interno dei coperchi erano stipati microcircuiti elettronici ricavati da vecchi calcolatori tascabili. L’interno della valigia invece era interamente occupato da una solida lastra di metallo grigio opaco.
— Sembra teflon — disse Pam.
— Lo è — confermò Jerry.
— Così non ti si appiccica durante il trasporto. — Rise di gusto notando la sua smorfia allarmata. — Scusami, ho scherzato. Si tratta di una lega speciale che abbiamo creato per le piastre energetiche di trasmissione. Sono molecolarmente «intonate» fra loro, e... Larry gli diede una gomitata nelle costole. — Non devi svelare tutti i nostri segreti, fratello. Stai parlando con la ragazza che ha ottenuto il massimo dei voti all’esame di chimica, l’ultimo semestre.
— Mi fido di lei — ribatté cavallerescamente Jerry. — E poi una semplice dimostrazione servirà a fugare le sue paure. Attiva la tua unità, Larry...
I gemelli premettero contemporaneamente due pulsanti e si udì un leggero ronzio.
— Adesso — disse l’occhialuto Jerry prendendo una palla da tennis che stava in mezzo ad altri oggetti sul tavolo — guarda un po’ questa!
Tenne la palla a circa un metro dal teletrasportatore che aveva davanti, in perfetta verticale, poi la lasciò cadere sulla piastra metallica che nel frattempo era diventata indistinta e increspata. La palla cadde comportandosi in modo normale finché non ebbe toccato la piastra, ma poi, invece di rimbalzare, scomparve in una foschia grigia.
Pam teneva gli occhi fissi sul punto dov’era scomparsa la palla. Un attimo dopo quella ricomparve nell’altra valigetta rimbalzando con la stessa velocità con cui era caduta. La forza di gravità la fece cadere di nuovo, e quando toccò la piastra svanì per la seconda volta. «Pop», ed eccola ricomparire nell’altra valigetta, per rimbalzare e continuare così, passando da un apparecchio all’altro.
Pam seguiva impassibile la dimostrazione. — Emozionante — commentò con voce gelida. — Quanto dura?
— Oh, perderà lo slancio fra un momento — disse Jerry. — Ma questo ti dà un’idea del potenziale, no?
Vedendo che non era ancora convinta, Larry afferrò al volo la palla e la mise da parte. — Se è questo che ti preoccupa ti assicuro che non è assolutamente dannoso per i tessuti vivi. Guarda...
Così dicendo infilò mano e avambraccio nella valigetta. In un attimo mano e braccio scomparvero nella nebbia grigia per subito ricomparire, agitando le dita in segno di saluto, nella valigetta del fratello. Pam si lasciò sfuggire un gemito e impallidì. Poi, ripresasi, avanzò tendendo la mano.
— Aspettate un attimo... Mi state prendendo in giro, vero? C’è sotto un trucco e quello è un braccio finto.
Afferrò la mano che sporgeva dalla valigetta e la tirò. Larry emise un gridolino mentre dalla valigia del fratello il suo braccio sporgeva fino alla spalla. Pam fissò la mano che stringeva. Era tiepida, e vera. Stava per lasciarla andare quando Larry rafforzò la presa. — Hai voglia di giocare? — le chiese tirandola in senso contrario. Dopo un secondo liberò il braccio tirando con sé la ragazza che venne a trovarsi in parte trascinata nella valigetta di Jerry.
— Ehi! — protestò Pam guardando sbalordita la propria mano che Larry stringeva nell’altra valigetta. Raccogliendo tutto il suo coraggio agitò le dita della mano scomparsa e le dita della mano nell’altra valigetta si agitarono. — Oh povera me! Sono proprio io.
Larry lasciò la presa e non appena la mano di Pam fu libera questa tornò al suo posto naturale. Pam rimase a guardarla a lungo, pizzicandosi il braccio per rassicurarsi che non fosse successo niente. I due fratelli ridevano sotto i baffi, ma tornarono subito seri quando lei li fulminò con gli occhi. — D’accordo, la dimostrazione mi ha persuaso. Non la non vedo come vi aspettiate di poter trasportare un corpo intero. Questi non sono che dei prototipi su scala ridotta.
Jerry si assestò gli occhiali e disse: — Su questo siamo d’accordo. Un apparecchio di dimensioni più grandi faciliterebbe l’operazione. Ma, secondo i nostri calcoli, puoi entrare anche in questo, di testa o di piedi, come preferisci, senza mai scordare che contemporaneamente riapparirai dall’altra parte.
— Ma sicuro! — esclamò lei sarcastica. — Voi ve ne state davanti alle vostre valigette e intanto io striscio sulla pancia dall’una all’altra.
— Sì, potrebbe funzionare anche a questo modo — disse Jerry con la massima serietà, — ma sarebbe un po’ ridicolo.
— E poi quale sarebbe la portata? Quale la distanza fra i due apparecchi?
— Oh, questi sono modelli a basso potenziale — rispose Larry. — Un paio di chilometri al massimo.
Pam ci rimuginò sopra a lungo, concentrandosi, e infine disse: — Tutto considerato, anche se funzionasse a tre metri di distanza sarebbe una cosa straordinaria.
— Allora ci stai?
— Credo di sì, anche se così dimostro di essere più matta di voi. — Guardò i propri abiti: una maglietta e un paio di calzoncini. — Ma dovrò mettermi addosso qualcosa di meglio.
— Bene, ma mettiti qualcosa di aderente, altrimenti non ce la farai a passare.
— Per quand’è la prova?
— Oggi pomeriggio, se riesci a persuadere Freidkin — rispose Larry. Chiuse la sua valigetta e diede una manata al coperchio. — Non vedo l’ora di vedere la faccia di Freidkin. Cominceremo alle due...
— Le due meno un quarto — disse l’agente dell’FBI Matt Nesbit dopo aver dato un’occhiata all’orologio. — Credi che gli uomini di Zeppelli si faranno vivi?
Seduto accanto a lui nella Chevy Nova grigia a quattro porte, l’agente scelto Dan Gimbel teneva d’occhio con il binocolo l’autobus vuoto fermo davanti al complesso dell’ università. — Verranno. Non è questo che mi preoccupa.
Nesbit si assestò nervosamente sul sedile sistemando meglio sulle ginocchia la valigetta nera. — Credi che l’abbia bevuta?
— Chi lo sa! Comunque gli abbiamo fornito abbastanza informazioni false per indurlo a credere che tu sia un rivale che vale la pena di prendere in considerazione. Lui è convinto che lo smercio della droga sia confinato in questa zona, che considera sua. —Gimbel s’interruppe abbassando il binocolo. — Secondo me, o ti invita a entrare nella sua organizzazione o ti consiglia di cambiar aria per il tuo bene. Questo se hai fortuna.
L’agente più giovane indicò la valigetta e disse: — Mi ha chiesto di portare un campione della merce. Questo vorrebbe dire che ha intenzione di trattare.
— O di darti un falso senso di sicurezza — replicò Gimbel. — Hai il giubbetto antiproiettile?
— Certo — rispose Nesbit dando una manata alla maglietta a righe per dimostrare che sotto c’era il leggero giubbetto antiproiettile. — E tiene un caldo boia.
— Levatelo e potresti trovarti in un comodo frigorifero — disse Gimbel con macabro senso dell’umorismo.
— Spero solo di riuscire a scoprire qualcosa di concreto sui contatti che Zeppelli ha nel New Jersey — disse Nesbit con un pallido sorriso. — Non vedo l’ora che questo caso sia chiuso. — Guardò nuovamente l’ora e allungò la mano verso la maniglia dello sportello. — Sarà bene che mi muova.
Stava già scendendo quando Gimbel lo fermò. — Aspetta! C’è qualcuno.
Nesbit si rimise a sedere guardando verso la fermata dell’autobus. — Riesci a vedere chi è?
— Qualcuno che non ho mai visto prima. Sembra uno studente.
— Ma cosa fa qui, adesso? — dissero in tono irritato Nesbit.
— Ho scelto apposta quest’ora perché l’autobus parte solo fra tre quarti d’ora.
— Si sta allacciando le scarpe — disse Gimbel. — E ha una valigetta identica alla tua.
— Va’ via, stupido — imprecò fra i denti Nesbit. — Vattene prima che cominci lo spettacolo.
Larry Wescott, sulla panchina alla fermata dell’autobus, finì di allacciarsi la scarpa, e poi alzò gli occhi per far mente locale. Sorrise fra sé guardando l’edificio della facoltà di scienze. Stava per scoccare l’ora zero e lui gongolava all’idea della faccia che avrebbe fatto il vecchio Freidkin. Si avviò verso il fabbricato, ma non aveva fatto tre passi che si voltò di scatto, fermandosi allarmato a uno stridore di pneumatici dietro di lui. La grossa Cadillac nera sembrava un carro armato deciso a schiacciarlo. Gli passò vicino sfiorandolo e si fermò di colpo. Lo sportello si aprì e due omaccioni vestiti di scuro scesero.
— Ehi, cosa... — riuscì a dire Larry prima che una manaccia gli tappasse la bocca e fosse trascinato a bordo dell’auto. Un attimo dopo lo sportello sbatté e la Cadillac partì in quarta.
Nella macchina dell’FBI, Gimbel depose il binocolo e avviò il motore. — Avverti
le altre auto — ordinò brusco.
Nesbit afferrò il microfono mentre l’auto si metteva in moto con un sobbalzo. — Cosa vuoi fare?
— Tu cosa dici? Li seguiamo e liberiamo quell’imb... quel ragazzo prima che succeda qualcosa di peggio. — Scrollò la testa. — Merda! Non era di un rapimento che dovevo occuparmi.
— Mi sento stupida.
— Non dire sciocchezze — disse Jerry. — Ricorda che Io facciamo per la scienza.
Pam aspirò a fondo, roteò gli occhi e si tolse l’impermeabile che le aveva consentito di arrivare inosservata alla biblioteca della scuola. Anche nello spogliatoio deserto si sentiva imbarazzata. Se fosse arrossita sarebbe stata in tinta con l’abbigliamento. Stivali rossi, calzamaglia rossa. Maglioncino rosso. L’unica cosa non rossa era il grosso fulmine bianco che zigzagava diagonalmente sul maglione.
— Ti sembrava proprio necessario? — chiese additando il fulmine che aveva frettolosamente ricamato.
— Ma certo! Sarà un evento straordinario, Pam. Volevi scrivere una pagina di storia in jeans?
— No, ma qualcosa di un po’ meno vistoso...
— Tanto per il colpo d’occhio... Bisogna colpire la gente per farsi notare. E i massmedia non ti degnerebbero di uno sguardo se...
— I mass media! — lo interruppe Pam. — Vuoi dire che hai invitato i giornali?
Jerry arretrò davanti al suo tono aggressivo. — Non tanti — si affrettò a precisare. —Solo un paio di cronisti delle Tv locali.
— La televisione! E vuoi che compaia alla Tv vestita così?
— Mi sembrava una bella idea — protestò debolmente Jerry. — Senti, non potevo spiegare di cosa si trattava, così ho promesso che si sarebbe trattato di un pezzo di colore. Capisci, vero? Non vorrai tirarti indietro proprio adesso.
— Puoi giurarci che sì.
Si voltò per andare a prendere l’impermeabile.— Ti prego, Pam! — la supplicò Jerry seguendola. — É importante.
— Può darsi — ribatté lei voltandosi — ma dovevi giocare pulito con me, Jerry. Dovevi dirmi subito cos’avevi in mente.
— Se l’avessi fatto avresti accettato lo stesso?
— Non lo so, ma dovevi dirmelo.
— Sì, — ammise Jerry avvilito. — Hai ragione. Ma avevamo tanto bisogno di te. Non volevamo ricorrere a nessun altro.
— Mi commuovi. — Dopo una pausa aggiunse: D’accordo, ci sto, anche con questa roba indosso. Ma voglio entrarci anch’io.
— Come sarebbe a dire?
— Mi hai sentito. Voi avete fatto un’invenzione, che probabilmente rivoluzionerà il mondo. E avete bisogno di aiuto per realizzarla. Del mio aiuto. Non negherai che parte del merito spetta anche a me.
— D’accordo. Sono queste le tue condizioni?
— Prendere o lasciare.
— Non ho scelta. — Jerry guardò l’ora. — Ci siamo. D’accordo, da questo istante
tu sei la nostra socia, ma adesso muoviamoci.
— Secondo me — obiettò Pam assestandosi la maglietta — avremmo fatto meglio ad andare con Larry e istallare il ricevitore nella facoltà di scienze.
— Sarebbe stato troppo vicino. Un salto da qui all’esterno farà invece molto più impressione. — Aprì la valigetta e la sistemò per terra. Girò un interruttore, poi montò su una cassa e fece cenno a Pam. Avanti.., quando si accenderanno le luci vorrà dire che Larry è pronto.
Non ancora del tutto convinta, Pam salì accanto a lui sulla cassetta. — Guarda che devi aiutarmi a stare in una posizione corretta, non voglio arrivare storpia.
— Non preoccuparti, andrà tutto bene. — La sorvegliò mentre si chinava con le braccia tese in avanti sulla piastra attivata del teletrasportatore. - Ricorda che ti troverai davanti a una telecamera, all’arrivo, quindi fa un po’ di scena.
- Farò del mio meglio. - A un tratto le venne un’idea e si voltò per chiedere: - Cosa succederebbe se dovessi passare prima che Larry attivi il suo apparecchio?
- Niente - la rassicurò Jerry. - Dovresti solo rimanere un po’ di tempo in spazio-tempo zero.
- Terribile...
— Eccolo — disse Louie-il-Pollice mentre insieme al compare trascinava Larry Wescott nell’ufficio lussuoso di Alfredo Zeppelli.
Zeppelli se ne stava seduto a guardare dalla finestra l’orizzonte lontano, poi si voltò e disse: — Ah, quell’intraprendente giovanotto che cerca di sconfinare.
— Non so di cosa stiate parlando — protestò Larry. — Me ne stavo andando per i fatti miei quando di punto in bianco...
Louie-il-Pollice lo afferrò per il davanti della camicia sollevandolo da terra. — Parlerai quando il boss ti farà una domanda. Finora non mi è sembrato che il boss ti abbia fatto una domanda, pivello.
Zeppelli sorrise con la cordialità di un pitone. - Non ti pare un po’ tardi per far marcia indietro? Non avevi accettato l’appuntamento?
- Dovete avermi scambiato per un altro - si affrettò a ribattere Larry scoccando un’occhiata apprensiva a Louie. - Io sono Larry Wescott. Studio all’università.
- Ma andiamo! - lo rimproverò Zeppelli. - Ti trovavi all’ora giusta nel posto giusto, portavi la valigetta come d’accordo e quindi avrai un campione della merce. Non fare il finto tonto.
- Ma... - cominciò Larry. Poi, sottovoce, a Louie: - Era una domanda? - E poiché Louie fece segno di no, richiuse la bocca.
- E adesso - riprese Zeppelli guardando la valigetta - prima di decidere cosa dobbiamo farne di te, potremmo anche dare un’occhiata a quello che ci hai portato.
Larry strinse a sé la valigetta. - No, un momento! Non è quello che pensate... qualunque cosa crediate che sia.
— Il boss chiede una cosa gentilmente solo una volta, pivello. — Sollevandolo da terra Louie lo portò davanti alla scrivania di Zeppelli. —Avanti, dagliela.
Larry pensò un attimo all’ alternativa, e poi, con riluttanza, depose la valigetta sulla scrivania e rimase a guardare con angoscia Zeppelli che l’apriva.
Dopo aver sollevato il, coperchio, Zeppelli rimase a osservare per un po’ il
contenuto con aria perplessa. — Cos’è questa roba? Volevi fregarci?
— Ve l’ho detto, sono uno studente, e questo è un... un apparecchio scientifico. — E poiché Zeppelli si era messo a toccare i comandi, aggiunse con ansia:,— Per favore, non toccate niente.
— Perché? Hai paura che scopra cos’hai nascosto sotto?
Zeppelli aveva concentrato l’attenzione sul pulsante che metteva in funzione l’apparecchio, e, con gesto casuale, lo premette. Si sentì subito un sommesso ronzio e tutti si avvicinarono per guardare da dove veniva il rumore.
Sprang!
Ci fu un’improvvisa esplosione rossa e Pam balzò fuori dalla valigetta atterrando leggera sulla scrivania, con le braccia tese come una ballerina da circo.
— Oplà! — disse con un inchino, ma subito il suo sorriso svanì. Non era quello il posto dove sarebbe dovuta ricomparire.
Zeppelli fece uno scarto all’indietro rovesciando la sedia, si districò, si alzò in ginocchio e sbirciò oltre il bordo della scrivania. — Per la miseria! — mormorò. — Una pupa istantanea.
Pam si era subito ripresa. — Larry, dove sono le telecamere? — chiese guardando da Zeppelli a Louie che teneva sempre Larry per la camicia. — Dov’è il professor Freidkin?
— Per cause indipendenti dalla mia volontà non ho potuto arrivare nella sua classe — spiegò Larry scusandosi.
Pam notò le pistole puntate contro di lei. — Oh, be’, non importa, Larry. — Alzò le spalle con finta noncuranza e sorridendo nervosamente si voltò verso la valigetta. — Sarà meglio che torni ad avvertire Jerry che sei impegnato...
Zeppelli si alzò e la prese per un braccio. — Calma, piccola. É meglio che tu resti mentre ci date una spiegazione. — La scrutò da capo a piedi. — Cosa volevi rappresentare, vestita così? La Donna Fulmine?
— Magari...
Mentre l’altro gorilla si faceva avanti per prendere Pam in custodia, Zeppelli si rimise a osservare con rinnovato interesse la valigetta. Non senza cautela allungò la mano per spegnere e riaccendere l’apparecchio, e rimase piuttosto deluso quando non accadde niente.
— Sei davvero uno studente? — chiese.
— É quello che ho cercato di spiegarvi.
— Già... Be’, noi aspettavamo qualcun altro. — Tornò a guardare la valigetta. — Che roba è?
— In parole povere è un teletrasportatore — spiegò Larry, — ma preferiamo chiamarlo modulo portatile per trasferimento interspaziale.
Zeppelli rimase un po’ in silenzio mentre digeriva la spiegazione. — Ah, già, ho Capito. E come funziona?
— Per dirla in parole povere se ci si mette dentro un oggetto quello esce istantaneamente da un altro apparecchio uguale a questo.
— Senza nessun mezzo di collegamento?
— Esatto.
— Fino a che distanza?
— Circa un miglio — rispose Larry. — Ma la distanza potrebbe aumentare. Questo esemplare funziona solo a batterie.
— Ah, funziona a batterie? — ripeté Zeppelli fissando il vuoto mentre contemplava le possibilità che gli si offrivano. Non era uno scienziato, ma se una cosa gli poteva essere utile lo capiva al volo. — Se ne avessi uno più potente e lo sistemassi in un posto lontano, poniamo in Colombia, e ne sistemassimo un altro qui in città, se uno dei miei soci di laggiù mettesse un pacchetto nell’apparecchio quello salterebbe subito fuori qui?
— Ma certo! — esclamò con orgoglio Larry. — Sono possibili un’infinità di applicazioni.
— Pensateci, ragazzi — disse Zoppelli con crescente entusiasmo. — Niente costi di trasporto... niente più problemi con le dogane o gli agenti di confine... e consegna immediata! - Fece segno a Louie di lasciar andare Larry. - Sì, penso che dovremmo parlare un po’ di affari...
Jerry Wescott rallentò il passo avvicinandosi all’aula 330 della facoltà di Scienze. Sostò davanti alla porta per darsi un contegno e si preparò all’ovazione che, non ne dubitava, avrebbe salutato il suo ingresso. Con un sorriso di modesta condiscendenza aprì la porta ed entrò in classe.
Fu salutato da un silenzio gravido di noia.
I suoi compagni se ne stavano stravaccati nei banchi. Qualcuno si era appisolato sui libri. I telecronisti se ne stavano appartati in un angolo e continuavano a consultare gli orologi. Solo il professor Freidkin si mosse andandogli incontro con fare seccato.
- Sei in ritardo. Mi sarei aspettato di tutto dai gemelli Wescott, ma dal momento che è stata Pamela a pregarmi di lasciarvi eseguire il vostro esperimento, pensavo che al minimo saresti stato puntuale.
— Dov’è Larry? — chiese preoccupato Jerry.
— E come vuoi che lo sappia — ribattè Freidkin. — A proposito, dov’è Pamela? Non è mai arrivata in ritardo. Devo proprio ammettere che voi due esercitate un’influenza negativa su di lei...
- Ma io l’ho mandata — Jerry si precipitò al tavolo dove si facevano gli esperimenti di fisica e vi depose la valigetta. — Se non è qui, dev’essere finita da un’altra parte.
— Giovanotto — disse Freidkin guardandolo storto, — cosa stai dicendo?
Jerry non gli badò e si affrettò invece ad aprire il teletrasportatore e a metterlo in funzione. Chinandosi sulla piastra di trasmissione gridò: - Pam, dove sei?
Freidkin inarcò un sopracciglio. Metà classe si mise a ridere. I telecronisti si prepararono ad andarsene.
— Jerry... sei tu? — disse dal teletrasportatore la voce lontana di Pam, che venne subito soffocata.
— Sarà meglio che vada a dare un’occhiata — dichiarò Jerry. Si chinò cacciando la testa nella valigetta, e un mormorio di sorpresa si levò alle sue spalle. Freidkin spalancò la bocca e il cameraman si preparò a riprendere la scena.
Un attimo dopo il corpo di Jerry sussultò e gli si piegarono le gambe. Uscì dalla valigetta e cadde sul pavimento con un bernoccolo grosso come un uovo sulla nuca.
Freidkin e parecchi studenti si precipitarono a soccorrerlo. Nello sfondo il cameraman cercava di farsi strada per riprendere la scena da vicino. Ma tutti s’immobilizzarono quando dalla valigetta scaturì improvvisamente un urlo...
Nell’ufficio di Zeppelli, il secondo gorilla teneva tappata con una mano la bocca di Pam e con l’altra impugnava uno sfollagente. — Ehi, boss, forse dovremmo chiudere quel coso prima che ci salti addosso qualcun altro.
Larry Wescott cercava di divincolarsi dalla stretta di Louie. — Era mio fratello! Non dovevate colpirlo.
— Tuo fratello? — ripeté Zeppelli. — Siete in due?
In quello stesso momento la porta dell’ufficio si spalancò improvvisamente e una voce autoritaria dichiarò: — Siamo dell’FBI. Non muovetevi. Vi dichiaro in arresto.
Immediatamente, Louie e l’altro lasciarono andare i due ragazzi ed estrassero le pistole. Sparando all’impazzata verso la porta andarono a piazzarsi dietro la scrivania.
Gli agenti Nesbit e Gimbel si tuffarono a terra per mettersi al coperto. Tenendosi sempre accovacciati si sporsero da dietro lo stipite della porta rispondendo al fuoco.
Nella confusione nessuno badava a Pam e Larry. Pam tirò giù la valigetta dalla scrivania e la posò sul pavimento, poi ci saltò dentro e sparì. Senza perder tempo, Larry si affrettò a seguirla.
Zeppelli si accorse che Larry stava sparendo e bisbigliò ai suoi uomini: — Ehi, dobbiamo svignarcela. Teneteli a bada ancora un momento. Io me ne vado per primo, poi mi seguirete.
Si avvicinò con circospezione al teletrasportatore e ci guardò dentro cercando di scoprire cosa c’era in mezzo alla nebbia grigia. Dopo aver esitato un attimo, entrò nella valigetta, anche se ci stava a fatica.
Nella stanza cadde il silenzio. Visto che era finita la sparatoria, Nesbit e Gimbel fecero capolino.
— Ehi — sussurrò Nesbit a Gimbel. — Non li vedo.
— Diamo un’occhiata — rispose Gimbel. Girò cautamente intorno allo stipite e avanzò carponi nella stanza badando a tenere la scrivania fra sé e il punto dove aveva visto per l’ultima volta Zeppelli e i suoi scagnozzi.
Mentre girava l’angolo della scrivania vide la valigetta nello stesso momento in cui ci scompariva dentro un piede.
— Qua... svelto! — gridò a Nesbit. — C’è una specie di botola.
Nesbit arrivò in tempo per vedere Gimbel che sollevava la valigetta e ci guardava sotto. Aveva un’aria sconcertata. Il pavimento era intatto.
Eppure dev’esserci un buco, da qualche parte —mormorò Gimbel. Vide che Nesbjt lo fissava incredulo. —Non dire niente! — esclamò minaccioso. — Io ho visto sparire un tizio qui... da qualche parte.
— Dentro quella valigetta? — chiese Nesbit con faccia impassibile.
— Sissignore, proprio qui — e puntò l’indice nell’interno della valigetta. La sua mano sparì nella nebbia grigia. Lui fissò attonito il proprio braccio. — Misericordia...!
Nell’aula 330 della facoltà di Scienze, intanto, Jerry Wescott stava riprendendo i sensi. Il professor Freidkin, riavutosi dalla sorpresa, stava esaminando quel curioso apparecchio che lui aveva pensato fosse una semplice valigetta, quando Pàm e Larry sbucarono improvvisamente sotto il suo naso, seguiti a breve intervallo da Zeppelli e dai suoi uomini.
Zeppelli si faceva largo a spintoni fra gli studenti sbigottiti, coprendosi la faccia per non essere ripreso alla telecamera. — No comment! — urlava a pieni polmoni.
I due gorilla cercavano ancora di riacciuffare Larry Wescott e Pam. Louie li aveva raggiunti quando arrivò Jerry, a cui erano caduti gli occhiali.
— Arrenditi, mani in alto... — intimò agitando minacciosamente la pistola in faccia a Larry, per poi puntarla anche contro Jerry, un po’ confuso. — Ah... ci siete tutt’e due. Ci penserà poi il boss a distinguere.
— Buttate le pistole!
La voce proveniva dalla valigetta rimasta aperta. Uno stupefatto agente Gimbel sbirciava dall’interno, con la pistola appoggiata al bordo.
Dopo un momento d’incertezza Louie e il compare si buttarono a tuffo uno a destra e uno a sinistra, nascondendosi nella confusione. Gimbel non perse tempo. Si voltò a chiamar rinforzi da dentro alla valigetta e poi corse a mettersi al riparo dietro la cattedra di Freidkin.
Dalla valigetta cominciarono a sbucare agenti dell’FBI vestiti di grigio, che sembravano dei ginnasti in parata. Uno commise lo sbaglio di uscire di piedi e cadde a testa in giù. Si era appena rigirato che quello uscito dopo di lui gli atterrò sullo stomaco.
Mentre gli uomini dell’FBI si sparpagliavano nella parte anteriore della stanza, gli scagnozzi di Zeppelli si appostarono sul fondo aprendo il fuoco. Gli studenti si buttarono a terra strillando mentre le pallottole fischiavano sulle loro teste nelle due direzioni.
In un angolo, il cameraman faceva capolino sopra un banco, cercando di riprendere la scena. Il telecronista annaspava come un coccodrillo davanti alla telecamera col microfono stretto fra i denti.
— C’è l’audio? — sussurrò mettendosi in posizione e raddrizzando la cravatta. Quando il regista gli diede il segnale, si mise davanti alla telecamera e cominciò: — Ehm... oggi, inaspettatamente, in un’aula di fisica dell’università, è scoppiato un conflitto fra i tutori della legge e...
Un proiettile, rimbalzando, tranciò il cavo pochi centimetri sotto il microfono. Il cronista guardò il cavo tagliato, impallidì e svenne, in fondo all’aula, Zeppelli stava confabulando coi suoi uomini, dietro una barricata di banchi. I due scagnozzi facevano capolino a tratti per sparare contro gli agenti.
— Dobbiamo filarcela, capo — disse Louie.
— Non dir fesserie! — Zeppelli stava al coperto. — Se mai riusciremo a uscire di qui ci vorranno soldi per lasciare la città, e i soldi sono nella cassaforte in ufficio.
Poi tacque, per valutare la situazione. Un’accusa di sequestro di persona non poteva reggere perché in fin dei conti lui non aveva detto ai suoi uomini di rapire uno studente. Quindi, se mai c’era stato sequestro, lui aveva le mani pulite. Però non era sicuro che gli uomini dell’FBI la pensassero allo stesso modo, da come avevano fatto irruzione nel suo ufficio.
Una cosa comunque era certa, Se restava in quell’aula lo avrebbero arrestato, e probabilmente accusato di aver partecipato alla sparatoria. Se fosse riuscito a tornare in ufficio e a mettersi in contatto con il suo avvocato, avrebbe potuto trovare una scappatoia, o, più semplicemente, prendere i soldi e filarsela.
— Teneteli impegnati — disse alla fine, cercando di mascherare il sorriso che gli si era dipinto in faccia all’idea della fuga. — Io... intanto penserò al modo di andarcene di qui...
Kerry, Larry e Pam, rintanati in fondo alla stanza, rimasero sbigottiti vedendo Zeppelli che strisciava verso di loro brandendo una piccola automatica.
— Ehi, tu, cervellone —disse piano indicando Jerry, per poi voltarsi inesplicabilmente verso Larry: — No, tu... devi fare un lavoretto per me.
Larry Wescott guardò la canna della pistola e deglutì a fatica: — Che specie di lavoro? -
— Una cosetta facile facile. Devi rientrare nella tua valigetta possibilmente senza farti scorgere dagli uomini dell’ FBI e andare nel mio ufficio a vedere se non c’è nessuno... Il collegamento funziona ancora?
— Sì. Gli apparecchi sono ancora in funzione.
Va’, allora. — Zeppelli rafforzò l’ordine agitando la pistola in direzione di Pam e Jerry. — E non dimenticare che io qui tengo sotto tiro i tuoi amici.
Larry annuì e si allontanò strisciando verso il tavolo dov’ era sistemata la valigetta. Tenendosi basso, aspettò che gli agenti non guardassero da quella parte, poi allungò cautamente il braccio e tirò giù la valigetta.
Si chinò e la sua testa scomparve nella nebbia grigia. Pochi attimi dopo ricomparve e tornò all’angolo dove lo aspettava Zeppelli.
- Be’, via libera? C’erano piedipiatti nel mio ufficio?
- Non ho visto nessuno nel vostro ufficio - rispose Larry.
- Sicuro? - Zeppelli lo guardava sospettoso.
- Ho detto la verità.
- Bene. Allora non mi resta che aspettare il momento giusto.
L’attesa non fu lunga. In meno di dieci minuti, i suoi uomini avevano esaurito le munizioni. Da un punto sicuro, Zeppelli guardò i suoi due scagnozzi alzare le mani e arrendersi. Gli agenti federali avanzarono con cautela verso di loro per arrestarli. Quando ebbero superato il centro della stanza, Zeppelli ripose la pistola e si preparò ad agire. Approfittando che gli voltavano la schiena, si alzò di scatto e si precipitò verso la valigetta con la velocità di un centometrista olimpionico.
Non degnò di un’occhiata i suoi scagnozzi. Avevano fatto il loro dovere e adesso era perfettamente inutile che lui seguisse la loro sorte.
Incurante di ogni cautela, Zeppelli si tuffò nella valigetta e scomparve, e istantaneamente uscì dall’altra per atterrare, con una certa goffaggine, tanto che per poco non si slogò una caviglia, su qualcosa di morbido. Morbido? C’era qualcosa di sbagliato. Oltre al pavimento morbido, il suo ufficio era completamente buio. Ma era proprio il suo ufficio? Zeppelli cercò di sbirciare nell’oscurità cercando di capire dov’era finito. Sentiva un vago odore di polvere da sparo. Un odore di stantio. E quando allungò una mano scoprì che in tutte le direzioni c’erano muri imbottiti con un materiale spesso, sforacchiato da buchi, alcuni dei quali pieni di materiale sbriciolato. Quando i suoi occhi si furono abituati alla semioscurità, alzò lo sguardo e notò una piccola apertura poco al di sopra della sua testa. Attraverso l’apertura si vedeva una fetta di cielo grigio, nuvoloso.
E si vedeva anche qualcos’altro. C’era uno sconosciuto con tuta imbottita e un elmetto col visore che gli proteggeva la faccia, che lo stava guardando...
Intanto, nell’aula 330, Gimbel e Nesbit si erano avvicinati ai gemelli Wescott con espressione perplessa.
— Bene — stava dicendo Gimbel, — non sono ancora riuscito a capire cosa sta succedendo, ma credo che voi due abbiate favorito la fuga di uno dei sospetti. Adesso, siete disposti a lasciarci usare il vostro apparecchio per inseguirlo, o no?
— Non preoccupatevi — rispose Larry Wescott. — Non è proprio scappato. Anzi, credo che uno dei vostri colleghi gli abbia già infilato le manette.
— Ma non gli avevi detto che non c’era la polizia nel suo ufficio? — obiettò perplesso suo fratello.
— No. Io gli ho detto che non avevo visto nessuno nel suo ufficio — rispose sogghignando Larry. — Il che è la verità, in quanto l’altra valigetta non è più nel suo ufficio.
— Nesbit non si raccapezzava. — Come sarebbe a dire?
Intanto Gimbel aveva tirato fuori un walkie-talkie. — Qui Gimbel.
— Agente Whittaker — rispose una voce. — Mi sono subito recato nell’ufficio indicato, e... be’, non so come spiegare.
— Vieni al sodo, Whittaker disse Gimbed con un’occhiata a Larry. — Cos’è successo?
— Be’, è andata così — continuò la voce. — Almeno questa è la versione della polizia locale, che ci aveva preceduto di poco. — Fece una breve pausa, probabilmente per dare un’occhiata ai suoi appunti. — A quanto mi hanno riferito, quando voi avete fatto irruzione nell’ufficio di Zeppelli, qualcuno ha perso la testa e ha chiamato la telefonista, che era una nuova, e che ha perso la testa anche lei. Insomma, ora che il messaggio è stato riferito alla polizia, nessuno è riuscito a capire cosa stava succedendo, però erano tutti convinti che si trattasse di qualcosa di grosso. Così partirono in forze, chiamando di rincalzo la SWAT e gli artificieri...
Tacque un momento, e Gimbel lo incitò: — Va’ avanti.
— Be’, a quanto risulta, quando la polizia è arrivata nell’ufficio di Zeppelli non c’era nessuno. Sulle prime pensarono che si fosse trattato di uno scherzo, ma poi l’hanno trovata.
— Trovato cosa?
— Una valigetta piena di roba strana che ronzava come una matta. Pensando che fosse inutile rischiare hanno deciso di lasciare fare agli artificieri. Così uno (li loro, in tuta corazzata, ha preso la valigetta e l’ha buttata nel cassone imbottito del furgone. Ma non è successo niente. Ma dopo circa dieci minuti - e qui viene il bello.., una cosa veramente difficile da digerire - dopo circa dieci minuti un artificiere sbircia nell’interno per vedere cosa stava succedendo, e ha visto Zeppelli accovacciato in fondo al cassone che balbettava parole senza senso. Voi ci capite qualcosa?
— Sì — rispose Gimbel. — Per quanto si possa capire qualcosa in questa specie di incubo. Comunque grazie, Whittaker, Tienimi in caldo Zeppelli fino al mio arrivo.
— Non dubitate. Chiudo.
Gimbel ripose la radio e guardò l’angolo dove i suoi agenti aspettavano con gli scagnozzi ammanettati, Poi tornò a guardare Larry e Jerry e anche Pam nel suo bizzarro abbigliamento, e scosse la testa aspirando a fondo.
— Voi tre dovrete darmi delle spiegazioni, e sono sicuro che il governo vorrà saperne qualcosa di più su quel vostro apparecchio.
— Naturalmente — rispose Jerry preso da subitanea ispirazione. — Finora avevamo preso in considerazione solo le applicazioni commerciali. Ma se penso alle possibilità in materia di sicurezza nazionale...
Non corriamo troppo, Jerry — disse Larry Wescott. — e contentiamoci che questa volta ci sia andata bene. Per il momento — aggiunse con un ghigno sbattendo giù il coperchio della valigetta — la faccenda è chiusa.
 

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