mercoledì 3 gennaio 2024

Grania Davis: In coda, 1979


Si sentì un rumore quasi impercettibile provenire da molto avanti nella fila. Bi si svegliò di scatto, nonostante il sonno duro. Perché aveva dormito, no? Sì, era ancora notte fonda, e il suo sonno era stato pieno di sogni. Sogni senza significato. Curioso, negli ultimi tempi sognava moltissimo, ma i sogni erano sempre senza significato.
Anche altri avevano avvertito il rumore e si stavano svegliando. Per un po’ non sarebbe successo niente, probabilmente si sarebbe dovuto aspettare almeno fino all’alba. Ma tutti volevano tenersi pronti. I bambini piccoli piangevano. Alcune persone accendevano i fuochi per mettere su il tè. Altre se ne stavano, tutte tese, sdraiate nei loro sacchi a pelo, restie ad affrontare una lunga attesa nel freddo delle ore notturne, e tuttavia timorose di potersi riaddormentare.
Bi si tirò su a sedere. Non aveva voglia di uscire dal suo caldo e confortevole sacco a pelo, ma doveva fare i suoi bisogni. — Tenetemi il posto — borbottò, rivolto a nessuno in particolare.
Era più che altro una frase pro forma. Nessuno saltava le file di notte. Si allontanò un po’, ma non di molto. Non voleva inoltrarsi nei cespugli di notte: aveva paura di incontrare qualche brutto animale.
Bi tornò al suo posto e si infilò nel sacco a pelo. Era troppo insonnolito per accendere il fuoco, e non aveva né fame né sete. Magari la famiglia davanti a lui gli avrebbe offerto qualcosa. Ma non l’aveva mai fatto, e allora perché mai avrebbe dovuto farlo adesso? Il motto era “pensa per te”.
Era ormai da un po’ che Bi era solo. Aveva abbandonato la sua cerchia familiare perché non sopportava i litigi continui per le razioni di cibo. In ogni modo, la famiglia era troppo grande e a nessuno importava se qualcuno dei giovani se la squagliava. Così Bi se n’era andato per conto suo, aveva apprezzato il silenzio e la solitudine, ma non aveva apprezzato la fame e gli animali che lo avevano tormentato prima che riuscisse ad avere la possibilità di saltare la fila. E adesso era lì, fra estranei, ad aspettare sempre lo stesso rumore lontano, davanti a sé.
Adesso verso est il cielo era rosato, e la gente si preparava. Bi accese un fuoco molto piccolo e si scaldò il tè e un po’ di cibo. Aveva una lieve nausea, e non si sentiva completamente sveglio. Mangiò, fece un fagotto delle sue cose, arrotolò il sacco a pelo e ci si sedette sopra. Adesso si aveva la netta sensazione del movimento, là avanti, ma si sarebbe dovuto lo stesso aspettare ancora un po’.
Il sole si era alzato tra le nebbie del mattino e adesso illuminava le colline basse e le distese di erba grigioverde. Si sentiva ancora il continuo, sommesso mugolio degli animali.
Bi mise la testa fra le mani e guardò davanti a sé. Rivide la Bella che faceva parte del grosso gruppo familiare vicino. Sembrava che ridesse sempre, con le sue guance rosa e i capelli neri arruffati. Se nella sua famiglia ci fosse stata una ragazza così carina, forse sarebbe rimasto. Ma nella sua cerchia le donne erano tutte orrende. La Bella si accorse che Bi la guardava e si chiuse meglio la vestaglia imbottita tutta scolorita. Era occupata a badare a un bambino, e giocava e rideva con lui mentre la madre faceva un fagotto delle varie cose e dei sacchi a pelo.
Ma Bi ormai non aveva più tempo di stare a guardare le belle ragazze. Nel sole nebbioso del mattino, il rumore cresceva. Era un rumore distinto, ormai, il rumore di tante persone che chiudevano con cinghie i fagotti delle loro cose. Bi si preparò ad andare, e subito, come una massa compatta, come un enorme millepiedi, la lunga coda cominciò muoversi in avanti, con regolarità.
Quanta strada avrebbero fatto questa volta? Nessuno poteva dirlo. A volte si movevano di qualche metro, a volte di meno di un metro, e poi si fermavano. Tutta l’eccitazione e i preparativi per niente. A volte invece camminavano per mezza giornata fra i prati e le colline, finché le loro gambe non abituate al moto si stancavano, e le loro fronti si coprivano di sudore.
Ma non aveva importanza se la fila si muoveva di poco o di molto. L’importante era tenersi pronti a muoversi con gli altri, per non perdere il posto.
La nebbia del pomeriggio si alzò, spessa, tra le grandi distese erbose, avviluppando anche gli animali con i loro mugolii. Quando finalmente si fermarono, Bi tremava dalla fame e dalla sete. Era stato uno degli spostamenti più lunghi che ricordasse, era durato dall’alba al pomeriggio inoltrato. Un lento, continuo camminare che aveva preso tutta la giornata. Nessuna possibilità di fermarsi a riposare, a farsi un tè e a mangiare qualcosa. Solo un po’ di gomma da masticare, qualche boccone di cibo crudo, e un sorso di acqua fredda in scatola per riuscire a tirare avanti. E bisognava invece cuocere le razioni di cibo, se si voleva che prendessero un aspetto commestibile. E l’acqua in scatola aveva un sapore disgustoso, se non la si mescolava alle erbe fortemente aromatiche che servivano a fare il tè. Ma adesso, finalmente, erano fermi. Con sospiri di sollievo che insieme suonarono come un boato, tutti si sedettero sul terreno piatto e umido, srotolarono i sacchi a pelo, e si misero ad accendere i fuochi.
Poi, lontano davanti a sé, Bi sentì un altro rumore atteso, quello dei carrelli. Si mise ad aspettare, guardando distratto il nulla che la nebbia gli offriva. Il sole stava tramontando dietro a una piccola altura. Lo si vedeva illuminare a tratti le folate di nebbia in movimento. Per un attimo la nebbia si diradò lasciando filtrare un raggio di sole. Bi si sentì inumidire gli occhi. Se li stropicciò e guardò davanti a sé. Gli parve quasi di distinguerla, in lontananza. A volte, quando la nebbia diradava, la si vedeva, anche se molti sostenevano che si trattasse di un miraggio. Sì, la si vedeva, l’Altra Coda, stagliata in lontananza contro l’orizzonte. Un’altra coda proprio come la loro. A volte si muoveva, ma per lo più era ferma. Un’altra lunga fila di persone la cui immagine si coglieva nei rari momenti in cui la nebbia non c’era. Alcuni pensavano che fosse un proseguimento, un’appendice della loro stessa fila, altri ritenevano che non fosse reale, che fosse solo un’illusione ottica dovuta al riverbero della nebbia. Ma Bi pensava che fosse semplicemente un’altra coda. Se ce n’era una, potevano essercene due. Perché no?
Quando Bi aveva lasciato la famiglia, aveva pensato di attraversare la pianura per andare a controllare l’altra fila. Ma controllarla per che cosa, e perché, si era chiesto. E c’erano anche quegli animali che facevano paura... Aveva sentito dire che erano molto grandi, fra i cespugli più interni. Così non l’aveva fatto. Aveva vagato, affamato e solo, finché non aveva trovato un posto libero nella fila. Ma a volte si chiedeva perché ci fossero due file. E perché mai ci fossero, in generale, sempre code da fare.
Adesso il rumore dei carrelli si sentiva bene. A Bi la pancia brontolò dalla fame. Ora li vedeva, davanti a sé. Grandi carrelli gialli di metallo luccicante, che si fermavano per servire ogni famiglia e ogni persona singola. Adesso erano all’altezza della famiglia davanti a lui. La Bella dai capelli arruffati teneva un grande barattolo sotto il lungo tubo che forniva acqua, mentre una donna orrenda teneva un altro barattolo sotto il beccuccio che distribuiva le razioni di cibo. I carrelli erano spinti da gente che aveva abbandonato il suo gruppo e che non era riuscita a occupare un posto nella fila, e da vari piantagrane, svitati e attaccabrighe che non avevano trovato il modo di andare d’accordo con le loro famiglie. Così erano stati spinti fuori dalla fila, e quando si erano sentiti troppo soli e affamati, si erano accodati ai carrelli e avevano aiutato a spingerli, in cambio delle razioni di cibo. Ma avevano perso per sempre il loro posto nella fila.
La lunga coda degli individui sporchi e trasandati che tiravano i carrelli raggiunse finalmente Bi. Parecchi di loro erano davvero mostruosi, avevano arti deformi e sorrisi vacui stampati perennemente sulla faccia. Alcuni borbottavano e farfugliavano cose incomprensibili, e ridevano fra sé. Una donna enorme, terribilmente brutta, dai capelli scuri, cantava a bassa voce una nenia complicata, che inventava man mano, mentre camminava. Un tipo orrendo e tutto curvo diede un colpo a Bi con la sua mano deforme, e Bi gli mostrò immediatamente la sua carta annonaria. Il mostro esaminò quel documento consunto e spiegazzato e indicò con un gesto i barattoli di
Bi. Non c’era nessuno ad aiutare Bi con i barattoli, e bisognava essere svelti, se non si voleva che il carrello ripartisse. D’altra parte, la razione di viveri e acqua destinata alle persone sole come Bi non era grande. Bi tenne i due barattoli sotto i beccucci, mentre l’uomo abbassava la leva. Il carrello emise un brontolio metallico e vomitò una sostanza viscida e biancastra in un recipiente e un liquido marroncino, lievemente oleoso, nell’altro. Il mostro fece un timbro sulla carta di Bi, e i grossi carrelli proseguirono.
Per fortuna, Bi era riuscito a sottrarre dalla borsa speciale della mamma la carta annonaria, mentre lei dormiva. Alcuni erano così sciocchi da tagliare la corda senza prendere prima la carta (o alcuni avevano mamme dal sonno troppo leggero) e così non riuscivano più a tornare nella fila. Erano costretti allora a spingere i carrelli. La mamma di Bi dormiva sempre pesantemente, a bocca aperta e russando. Non era stato troppo difficile allungare la mano dentro la sua borsa e trovare la carta annonaria, la carta della famiglia che tante volte aveva mostrato a quelli che tiravano i carrelli. Bi si chiese come se la passasse la mamma. Che si fosse mai chiesta cosa ne era stato di lui, che l’avesse mai ricordato? Era un gruppo familiare così grande.
Un gruppo familiare, già. Bi guardò davanti a sé. La Bella stava versando cucchiaiate di cibo in una grossa pentola. Bi si chiese se non fosse il caso di rubare la ragazza così come aveva rubato la carta annonaria. Doveva essere possibile, di notte. Negli ultimi tempi si sentiva particolarmente pieno di vitalità, e non aveva ragazze con cui spassarsela. Sentiva il bisogno di fare “qualcosa”. Immaginò che un mucchio di uomini della famiglia della ragazza si infilassero nel suo sacco a pelo, la notte. Chi avrebbe potuto distinguerlo dagli altri? Se avesse guardato attentamente quando si preparavano a dormire, e avesse visto dove dormiva lei, bastava trovare il momento in cui fosse sola. Quando fosse stato buio, allora, sarebbe scivolato accanto a lei, come uno della famiglia. Non avrebbe detto niente, non le avrebbe fatto sapere chi era, ma si sarebbe solo divertito con lei, notte dopo notte, finché finalmente le avrebbe svelato chi era, e magari si sarebbe unito a lei e al suo gruppo. Se non altro, lui non era affatto brutto.
No, in fondo non desiderava unirsi a quella gente: erano litigiosi e attaccabrighe proprio come quelli della sua famiglia. No, doveva cercare di accalappiare lei e di persuaderla poi a unirsi a lui. Sì, quello era il modo, prendersi la sua Bella, e metter su famiglia con lei. Così sarebbe diventato un papà, e tutti lo avrebbero rispettato. Perché no? Si sentiva dentro una vitalità terribile.
Si accese il suo piccolo fuoco e si cucinò un po’ di cibo, che prese col tè. Anche la famiglia davanti a lui stava mangiando. La Bella dai capelli arruffati aveva un ottimo appetito, era evidente. Bisognava che Bi avesse preso anche la sua carta annonaria, quando fosse andato a prendersi lei! Adesso avevano cominciato a stendersi nei sacchi a pelo. Bene, lei era dalla parte esterna, non troppo lontano da Bi. Sarebbe stato facile!
Ma ecco, adesso un bruttissimo vecchio del suo gruppo le si era avvicinato, e cominciava a sorriderle, a parlarle, a darle occhiate libidinose, a accarezzarle il corpo sotto la vestaglia. Chiaro che sarebbe rimasto lì per un po’. E la Bella non sembrava dispiaciuta, nonostante lui fosse così brutto! Sorrideva anche lei, e gli restituiva occhiate maliziose. Tutte così, le donne. Be’, che facesse pure, quel vecchio e brutto nonno, che provasse pure a “cercare” di scaldarla, se ce la faceva: doveva avere più di trent’anni, quel vecchiaccio. Prima o poi avrebbe finito e sarebbe tornato al suo sacco a pelo, e allora Bi sarebbe sgattaiolato fin da lei e l’avrebbe scaldata bene! Magari, se necessario, sarebbe stato sveglio tutta la notte. Perché no? Aveva la vista acuta come gli animali notturni.
Si infilò nel suo caldo sacco a pelo, e si preparò a vegliare.
Ma doveva essersi stancato, per la lunga camminata fatta durante il giorno, perché quando si svegliò era poco prima dell’alba. Lo capiva da come l’oscurità gravava, fitta sopra la pianura. Entrambe le lune erano già tramontate. Ma non importava, c’era ancora tempo, tutti dormivano ancora. Sgusciò fuori dal suo sacco a pelo e si mosse lentamente verso il sacco a pelo della Bella. Si ricordava bene dove era, e aveva occhi abbastanza buoni da capire che era da sola, adesso. Bene. Bi allungò le mani e si mise a palpare e accarezzare il corpo di lei. La sua pelle era calda, liscia e leggermente sudata. Bi si sentì quasi stordito dal desiderio.
La Bella si svegliò sussultando. Ma, proprio come Bi aveva immaginato, era abituata a queste cose. — Di nuovo tu? — mormorò. Bi fece un grugnito e s’infilò dentro il sacco a pelo. Il corpo di lei, sotto la camicia, era piacevole al tatto. Caldo e tenero, con parti ossute e parti carnose, e con luoghi umidi e pelosi dove finalmente Bi si insinuò, dando a sé stesso e a lei il massimo piacere. Più e più volte, senza pensare a nient’altro, come fosse un sogno, uno dei sogni di Bi, senza significato.
La Bella era abituata, sì, ma non era abituata a Bi, garantito. Gemeva e sospirava come un carrello che distribuisse razioni. Finché, all’improvviso, Bi sentì un’acuta fissa di dolore nella schiena. Guardò in su, allarmato, e vide che era già l’alba, e che il vecchio orrendo di prima era in piedi alle sue spalle, pieno di odio e pronto a sferrargli un altro calcio nella schiena! Perdio, il vecchio continuava a dargli calci su calci, nella schiena, nelle gambe, nella testa. Ormai Bi era tutto dolorante!
Sgusciò fuori dal sacco a pelo proteggendosi con una mano mentre con l’altra cercava di afferrare il coltello. Il coltello era un regalo di papà. Un regalo segreto e proibito che papà teneva nascosto nella borsa. Il vecchio lanciò un urlo, quando lo vide, e smise di calciare. Bi gli si avvicinò col coltello in mano, ma ormai gli altri uomini della famiglia si erano svegliati e stavano avanzando verso di lui. Ce n’erano tanti, ed erano grossi, e con facce dure e cattive. Bi si mise a correre. Non poteva affrontarli tutti, garantito, nemmeno col suo pugnale. Ma mentre correva si voltò a guardare la Bella. Lei lo stava guardando, e quando i loro occhi s’incontrarono, gli fece uno dei suoi sorrisi aperti.
Bi corse in mezzo ai cespugli abbastanza lontano dalla fila da non farsi seguire. La gente che non aveva mai abbandonato il suo posto aveva una paura dannata di andare fra gli arbusti, ma Bi aveva affrontato già prima gli animali e la solitudine. Si sedette, mentre il sole del mattino si alzava fra la nebbia, e si allacciò più stretta la vestaglia intorno al corpo muscoloso. Be’, si era divertito, era innegabile. Ma aveva anche perso il suo posto nella fila.
Ma non importava, sarebbe andato di notte a prendere le sue cose, e poi sarebbe tornato fuori, e avrebbe saltato la fila ancora una volta. E magari avrebbe potuto convincere la Bella a saltarla con lui.
Bi vagò nei dintorni della fila fino alla notte seguente, che fu nebbiosa e cupa. Aspettò che tutti dormissero, poi carponi andò fino al suo posto.
Ma trovò una sorpresa. C’era qualcuno che lo aspettava, in un sacco a pelo vicino al suo. In un primo momento Bi si spaventò, pensando che fosse il vecchio orrendo che voleva fargli la festa. Ma poi vide che gli occhi che lo guardavano avevano un’espressione amichevole. E quei capelli arruffati erano inconfondibili. Era lei.
— Vuoi lasciare tutti e saltare la coda con me? — sussurrò Bi.
— Sì.
— Hai la carta annonaria?
— Sì.
— Su allora, vieni.
In silenzio arrotolarono i sacchi a pelo e le varie cose di lui e sgattaiolarono via, fino ai cespugli. Era ancora buio, e se Bi fosse stato solo non avrebbe potuto fare altro che sonnecchiare tenendo d’occhio gli animali. Ma c’era lei, e con lei si potevano fare altre cose. Srotolarono il sacco a pelo di lei in una radura, e vi s’infilarono dentro. Questa volta fu ancora più piacevole dell’altra.
L’alba. Il momento di girare e di vedere di trovare un posto. Fortuna che i carrelli erano appena passati, e che Bi aveva così i barattoli quasi pieni. Abbastanza acqua e cibo per una settimana, se ci stavano attenti. Naturalmente era abbastanza dura, con le razioni crude e niente tè, ma non si poteva rischiare di fare un fuoco lì. Il fumo li avrebbe messi alla mercé di quelli della fila, che una volta catturatili si sarebbero divertiti a farli fuori.
Era brutto, doversi muovere accanto alla fila, sbirciando, e andare avanti, sempre avanti. Tornare indietro sarebbe stato da pazzi. Ma stando fra i cespugli si poteva andare in fretta, molto in fretta, più di quanto non andasse la fila anche quando era in movimento. Bisognava stare sempre attenti a non fare rumore. E stare a una distanza tale da poter vedere la fila ma da non poter essere visti da quelli che la formavano. E rannicchiarsi dietro il fitto dei cespugli per mangiare, dormire, o fare l’amore. E correre veloci nelle zone erbose senza cespugli, con la speranza di essere nascosti dalla foschia e dalla nebbia. Tutto questo, senza mai perdere d’occhio gli eventuali posti vuoti nella fila.
I posti vuoti si potevano formare quando la fila si muoveva, e bisognava tenersi pronti, pronti a precipitarsi a occuparli. Capitavano ad esempio quando qualche vecchio inciampava, e quelli della sua famiglia si dovevano fermare ad aiutarlo. Era questione di un minuto o giù di lì, ma bastava per buttarsi nello spazio libero che si veniva così a formare. Una volta occupato il posto, nessuno poteva dire niente, perché tutti sapevano che la fila doveva sempre muoversi con regolarità e senza interruzioni. Le interruzioni provocavano confusione, e rendevano la fila disordinata. Non erano permesse interruzioni, e così chi vagava tra i cespugli aveva il diritto di occupare gli spazi vuoti.
Ma le interruzioni non c’erano spesso. La fila stessa non si muoveva spesso, forse una o due volte la settimana. E Bi e la Bella avevano viveri al massimo per una settimana. Quando poi la fila si decideva a muoversi, tutti stavano attenti a mantenere il passo, in modo da non provocare interruzioni. I vecchi venivano aiutati, i bambini venivano portati in braccio. Nessuno voleva che si formassero posti liberi. Nessuno voleva che uno sporco estraneo vagabondo piombasse nella fila, mettendosi in mezzo a persone che ormai si conoscevano e magari avevano diviso insieme le loro cose.
Quando uno occupava un posto, le famiglie che gli stavano di dietro e quelle che gli stavano davanti si arrabbiavano molto, in cuor loro. Ma non potevano fare niente, anche se non gradivano l’arrivo di un estraneo. Ecco perché quel brutto vecchio era stato felice di avere avuto una scusa per dare calci a Bi. Ma adesso Bi doveva trovare in fretta un posto, prima che le loro razioni finissero. Altrimenti avrebbero dovuto ridursi a spingere i carrelli. Così, dovevano aspettare e stare all’erta.
Il quarto giorno, avendo sentito il rumore lontano capirono che la fila stava per muoversi, e si avvicinarono di più. Ma la fila cominciò a muoversi in fretta e con molta regolarità, senza nessuna interruzione. Bi e la Bella si misero a correre per andare più in fretta della fila, e nello stesso tempo cercarono disperatamente di vedere se si formava qualche posto.
— Bi, guarda là! — disse a un certo punto la Bella, ansimando. — Pare che una vecchia sia caduta.
Bi aguzzò lo sguardo, nel sole velato. Sì, perfetto. Una vecchia mamma stava esalando gli ultimi respiri, e teneva stretta a sé la borsa, mentre i suoi familiari attorno cercavano di strappargliela. Già, la vecchia mamma teneva stretta la borsa con dentro tutte le carte. E i familiari non potevano muoversi finché non avevano la borsa, e la vecchia se la teneva stretta perché non voleva essere lasciata indietro e morire da sola.
Bi e la Bella si avvicinarono. Il gruppo che precedeva la famiglia della vecchia si voltò indietro a guardare, a disagio, poi si decise a proseguire. Ed eccola, finalmente, la magnifica, deliziosa interruzione! Mentre i familiari continuavano ad affannarsi dietro alla loro vecchia, si formò uno spazio libero abbastanza grande per due persone e anche più. Con un mugolio di gioia, Bi e la Bella piombarono nella fila e presero il posto.
— Abbiamo saltato la fila guadagnando quattro giorni! — gridò Bi, abbracciando la Bella.
La Bella rideva e batteva le mani, tutta eccitata. La famiglia davanti a loro si voltò a guardarli male. Odiavano i saltafile, ma non potevano dire niente: c’era un’interruzione, e quindi non potevano fare niente. La famiglia di dietro finalmente riuscì a strappare la borsa alla vecchia mamma che ansimava e singhiozzava, e si precipitò avanti, per riprendere il suo posto.
Poi vennero tempi belli, nella fila. Tempi per fare l’amore, per divertirsi. Bi usava le dita per sciogliere i nodi nei capelli arruffati della Bella. La fila non si muoveva molto. E Bi si accorse che, di settimana in settimana, la pancia della Bella si faceva più grossa. Bi sarebbe diventato papà, garantito. Si sentiva un po’ a disagio. Non era più solo, adesso. Con la Bella ci si divertiva un sacco, ma presto ci sarebbe stato un bambino strillante da accudire. E i sogni di Bi cominciarono a essere un po’ più agitati.
Ma la fortuna è come la nebbia del mattino, viene e va, era solita dire la mamma.
Un giorno, Bi vide la Bella sdraiata sul sacco a pelo, con le gambe divaricate, la pancia grossa come una montagna, i capelli più arruffati del solito, che si lamentava, urlava e sudava, cercando di partorire. E lontano, si sentiva il rumore della fila che stava per muoversi.
— La fila sta per muoversi! — disse Bi, eccitato. Era da settimane che non si muoveva molto, e questa volta probabilmente la marcia sarebbe stata lunga. Forse questo fatto avrebbe indotto la Bella a rimandare il parto. Ci stava mettendo troppo, a partorire.
— Su, alzati e preparati — disse Bi, dando un colpetto con un piede alla Bella. — Pare che si voglia muovere molto presto, e dobbiamo arrotolare il tuo sacco a pelo.
La Bella lo fissò con occhi vitrei, mentre il sudore le scivolava a rivoli lungo la faccia, nonostante la giornata fredda e nebbiosa.
— Cosa c’è — disse Bi, — non senti che la fila si sta muovendo? Puoi partorire dopo. Alzati, che ti aiuto io ad arrotolare il sacco a pelo.
— Non posso — sussurrò lei.
— Cosa vuoi dire, non puoi? Hai le gambe, no?
— Ho troppo male.
— Ma devi! Non troveremo mai più un posto come questo, così avanti nella fila, e con l’acqua e il cibo così freschi, e tutto il resto. Non possiamo restare fermi e perderlo!
— Non posso — ripeté lei.
— Tu segui la fila. Non lasciare interruzioni. Tienimi il posto, e io ti raggiungerò quando avrò partorito.
— Sì, va be’, forse hai ragione — disse Bi, a disagio. — Ma ho sentito dire che quando si ha un parto si ha bisogno di aiuto. Non hai bisogno di aiuto?
— Che tipo d’aiuto?
— Non lo so, non l’ho mai fatto. Perdio, vorrei che fosse qui la mia vecchia mamma! Su, prova ad alzarti. Forse la fila non andrà tanto avanti. Adesso puoi smettere di partorire, e farlo dopo. Non posso portarti in braccio, perché sei troppo pesante, ma porterò io tutti i bagagli. Se resti qui da sola, potrebbero arrivare gli animali!
— Allora resta qui con me! — gridò la Bella.
— No, non posso, perderemmo il posto. Farò come hai detto, se davvero non riesci ad alzarti, ma sai, dovresti provare almeno. Io terrò il posto per tutti e due, e tu mi raggiungerai dopo. Forse la fila non andrà molto avanti. Forse il parto è quasi finito. Forse... Comunque sia, ti lascerò un po’ di viveri. Quando hai finito, corri lungo la fila finché mi trovi. Ti terrò il posto. Ma resta nascosta, in modo che non pensino che sei una vagabonda. Quando mi trovi, grida forte, e io dirò a tutti che ti ho tenuto il posto mentre partorivi. — Bi guardò ansioso la Bella. — Mi pare che possa andare così, no?
— Sì, va bene — sussurrò la Bella, tutta triste e sudata.
Adesso la fila era quasi pronta per muoversi. Bi raccolse in fretta il suo sacco a pelo e i suoi barattoli, lasciando alla Bella la pentola piena di cibo e di acqua.
— Vedi, ti lascio la pentola. Non dimenticarla, e cerca di sbrigarti, perché senza pentola sarò affamato. E non dimenticare nemmeno il tuo sacco a pelo.
— No — disse lei, storcendo la bocca dal dolore e premendosi la pancia.
— Sei sicura di non poterti alzare? — chiese Bi.
Lei non rispose nemmeno.
— Quella Bella saltafile partorirà molto presto, garantito. Le sta bene — gracchiò una vecchia mamma della famiglia davanti a loro.
— Vedi, farai presto, — disse Bi, — così dopo potrai raggiungermi.
Sulla faccia della Bella scorrevano rivoli di sudore e di lacrime. Lei non rispose nemmeno questa volta.
Ora la fila si stava muovendo davvero. Bi raccolse i suoi fagotti e accarezzò la pancia della Bella. — Ti aspetterò — disse.
La Bella si teneva le mani sulla pancia, e non gli badò. Bi si strinse nelle spalle, un po’ seccato che lei fosse così indifferente verso di lui e verso il fatto che la fila si stava muovendo. Poi cominciò a camminare, con passo lento e regolare, in modo da non creare interruzioni. Si voltò indietro due o tre volte a guardare la Bella, ma presto vide il suo corpo perdersi nella nebbia. Dopo un po’ smise di preoccuparsi per lei, e si disse che tutto sarebbe andato bene, e che poi alla fine lei lo avrebbe raggiunto. Fu una giornata dura, perché la fila si muoveva leggermente in salita e il sole era caldo, e si continuò a camminare fino a notte inoltrata.
— È stata davvero una lunga camminata disse Bi alla fine, srotolando il sacco a pelo e buttandocisi sopra, esausto. Soltanto dopo si rese conto che non c’era più nessuno con cui parlare. Sentiva la mancanza della compagnia, e sentiva soprattutto la mancanza della pentola, perché era molto affamato e il cibo freddo e l’acqua senza tè avevano un sapore disgustoso.
Diventò sempre più affamato, perché c’era qualcosa che non andava coi carrelli. Tutti avevano ormai esaurito i viveri e l’acqua. Ogni giorno la gente scrutava l’orizzonte in attesa dei carrelli, ma questi non venivano mai. Bi era ormai disperato. Niente pentola, niente Bella, e adesso niente carrelli!
— Perdio, ho una fame tremenda — disse, a voce alta. Si era messo a parlare da solo, adesso che la Bella non c’era più. Perché lei non si sbrigava col suo parto e non lo raggiungeva? Così Bi avrebbe avuto di nuovo la pentola e il divertimento. E dov’erano quei maledetti carrelli? Bi srotolò il sacco a pelo e si preparò per la notte. Era freddo, e non aveva modo di farsi un tè.
Le lune erano alte nel cielo, adesso, e quasi piene. Splendevano attraverso la nebbia fine, e illuminavano la pianura intorno. La nebbia era così tenue e le lune così luminose, che a Bi parve di vedere realmente l’Altra Fila, in lontananza. Che avessero i carrelli, là? Nessuno poteva saperlo.
Immerso in questi pensieri, Bi si stava rilassando e stava per addormentarsi, quando sentì un rumore leggero. Che fosse lei? Si tirò su a guardare, in apprensione. No, era un bambino bruttissimo della famiglia davanti a lui, che stava trafficando col barattolo dei viveri di Bi!
Bi prese il coltello dalla borsa, scattò in piedi e afferrò il bambino per i capelli. Lo scosse tutto e lo minacciò col coltello. — Maledetto ladro! — urlò.
Il bambino strillò, e quelli della sua famiglia si svegliarono e si misero a protestare e a minacciare, ma Bi aveva il coltello puntato contro il bambino, sicché loro non si arrischiavano ad avvicinarsi.
— Questo bambino ha cercato di rubare le mie razioni — urlò Bi. — Ho il diritto di ucciderlo, garantito. Di ucciderlo e di mangiargli le palle degli occhi, se ne ho voglia, e voi non mi potete toccare, perché l’ho sorpreso mente rubava. Però — aggiunse con un sorriso molto furbo, — io non sono cattivo. Capisco che il bambino ha fame, come tutti. Non voglio che i miei vicini abbiano del risentimento verso di me. Lascerò andare il bambino se prometterà di non rubare più, e se voi mi darete una piccola pentola piena di cibo e di acqua. Ho perso già da un po’ la mia pentola, quando la mia Bella stava partorendo. Lascerà andare questo piccolo ladro in cambio di un pentolino pieno di cibo e di acqua. Che ne dite? Altrimenti ucciderò il bambino e gli mangerò le palle degli occhi, garantito.
La famiglia si lamentò e protestò un po’, ma finalmente si decise ad allungare a Bi il pentolino pieno. Il bambino si beccò un mucchio di botte dalla mamma per aver tentato di rubare, e Bi si fece un bel pasto caldo, e bevve il tè. Quella notte dormi senza sentire freddo, a pancia piena, e senza sogni.
Per un pezzo quello rimase il suo ultimo pasto buono. I carrelli erano scomparsi come la nebbia al sole. Molte persone stavano sdraiate lungo la fila, troppo deboli per potersi muovere, e avevano le labbra secche e screpolate, la faccia ossuta e scheletrica, gli occhi persi nel vuoto. Moltissimi, soprattutto i bambini piccoli, non ce la fecero. Semplicemente, non si alzarono più.
Il peggio per Bi era la mancanza d’acqua. Lui aveva un fisico giovane e forte, e poteva resistere a lungo senza mangiare. Ma con l’acqua era un altro discorso. Si sentiva la lingua secca come un pezzo di stoffa. Dentro il barattolo aveva solo un po’ di acqua schiumosa. Ne prendeva un sorso ogni tanto, ma non serviva. Si sentiva debole e intontito, e tremava perfino durante il caldo delle ore diurne. Cominciò a cacciare, di notte, gli animali piccoli. A volte, col suo coltello, riusciva a prenderne qualcuno. Riusciva a mangiarli, anche se avevano sempre un sapore disgustoso, ma non servivano però ad alleviargli la sete. Se l’acqua non fosse arrivata presto, sarebbe stato fra quelli che non erano più capaci di alzarsi.
Pensò che era tempo di andarsene e di saltare la fila. Più si andava avanti nella fila, meglio si stava coi viveri. Era sempre così. Forse i carrelli erano incagliati da qualche parte, avanti. Lui poteva magari risalire la fila fino a trovare i carrelli, o qualcuno che ne sapesse qualcosa. Non poteva più stare lì, garantito.
Per fortuna, proprio mentre faceva questi piani, si mise a piovere, e piovve per mezza giornata. Succedeva molto di rado. La nebbia si faceva sempre più spessa e scura, e l’acqua cadeva dal cielo a grosse gocce. Buona, dolce acqua.
La pioggia sollevò il morale a tutti, per un po’, e Bi riuscì a riempire mezzo barattolo d’acqua e a bere a sazietà per la prima volta dopo settimane. Ma poi la nebbia piovosa e scura se ne andò, e tornarono la nebbia chiara e il sole. E ancora nemmeno l’ombra d’un carrello. Bi adesso si sentiva più forte ed era pronto a lasciare il suo posto per risalire la fila.
Era una triste vista quella della fila, adesso. Non c’erano più grossi gruppi familiari pieni di vitalità, pronti a catturare e uccidere i vagabondi. A nessuno importava nemmeno più dei vagabondi, o del posto nella fila, o di qualunque cosa. C’erano mucchi di corpi stesi nei sacchi a pelo, che fissavano la nebbia con occhi spenti. Bi si mise in marcia, tirando avanti con qualche sorso della sua preziosa acqua e con i piccoli animali che ogni tanto catturava. Si sentiva debole e stava male, e avrebbe voluto sdraiarsi anche lui come gli altri nel sacco a pelo, ma sapeva che se l’avesse fatto sarebbe stata la fine.
La fila continuava e continuava. Era difficile immaginare quanto fosse lunga! Il paesaggio cambiò un po’. Invece dei cespugli bassi c’erano alberelli scarni, e i mugolii degli animali sembravano un po’ diversi. Poi, tutto d’un tratto, ecco che Bi li vide, i benedetti carrelli! Ma qualcosa non andava, non andava proprio, perché anche i tipi che tiravano i carrelli giacevano a terra, incapaci di alzarsi. E i carrelli non emettevano il solito rumore metallico. Erano come morti, anche loro. Bi, speranzoso, premette una delle leve del cibo. Non successe niente. Nessuno tentò di fermarlo, tutti erano troppo deboli, e comunque i carrelli non davano segno di vita.
Con un urlo di rabbia, Bi cominciò a tempestare di pugni e di calci il carrello. Da qualche parte, lì dentro, dovevano esserci le razioni di cibo e di acqua; dovevano! Gemendo e ansimando, Bi diede uno scossone al vecchio fianco arrugginito del carrello e, d’un tratto, sentì che qualcosa cedeva. Gli rimase in mano un grande pezzo di metallo, e lui si accorse di essersi ferito il palmo. Ma non ci badò. Si mise a frugare all’interno del carrello, tirando, spingendo, dando calci e pugni. Diede uno strattone a un grosso tubo, che cedette, e all’improvviso gli si riversò in faccia del cibo puzzolente e disgustoso, andato a male e immangiabile. Diede uno strattone a un altro tubo e trovò quello che cercava. Acqua. Acqua calda, schiumosa, dal sapore metallico, pessima, ma ancora bevibile. Bi bevve a più non posso, riempì il suo barattolo e poi bevve ancora. Gli uomini addetti ai carrelli, e altri che erano lì vicino, si scossero dal loro torpore e bevvero dal tubo rotto, finché alla fine dal carrello non uscì più acqua. Altre persone, imitando Bi, cominciarono a fracassare gli altri carrelli, finché alla fine ne trovarono uno con viveri che non erano andati a male.
Bi si fece strada a spintoni tra la folla per bere ancora e riempire il barattolo, finché non fu respinto da quell’orda di gente disperata. Allora, ormai ristorato, si scostò un po’ dalla fila e tenendo ben stretti i suoi barattoli, piombò in un sonno quasi comatoso.
Quando si svegliò, capì che doveva continuare a risalire la fila perché non aveva senso cercare un posto, adesso che i carrelli non funzionavano e tutto andava così male. Ma questa volta il viaggio non durò molto. Dosando con cura le razioni di cibo e di acqua, Bi camminò per circa tre giorni, e poi, all’improvviso, gli si presentò una vista fantastica.
C’era un grande muro che attraversava tutta la pianura, fino all’orizzonte. Era dipinto a colori vivaci, con disegni bellissimi di fiori, di persone, di soli, di lune e di stelle. Dietro il muro si vedevano spuntare degli alberi, alberi molto grandi, non cespugli sparuti. E dagli alberi pendevano frutti polposi e grossi, rossi, arancione e gialli. E sotto gli alberi si vedevano delle tende, tende belle, ornate di strisce colorate. E si sentiva una musica stupenda, più bella del suono che facevano gli animali del cielo. L’aria era piena dell’odore di cibi che stavano cuocendo, e a Bi la fame fece venire l’acquolina in bocca.
Dietro il muro, nel centro, c’era una grande tenda rossa, sotto la quale Bi vide
animali di diversi tipi, dai coloni bellissimi, che si muovevano in su e giù e in tondo, seguendo il ritmo della musica. E a cavallo di questi animali magnifici c’erano persone sorridenti, vestite con abiti nuovi e sgargianti, che mangiavano grandi bocconi di cibo caldo e croccante, mentre la musica suonava, dolcissima.
La coda arrivava fino a un’apertura del muro, e lì davanti sedeva un uomo dalla lunga barba bianca, che indossava una tunica rosso vivo. Bi non aveva mai visto in vita sua una cosa così! Non trovava nemmeno le parole per descrivere le meraviglie che s’intravvedevano di là dal muro.
La gente che faceva la fila guardava sbalordita quello spettacolo. Nessuno aveva mai visto tanta bellezza. Le vecchie mamme pescavano nella loro borsa e tiravano fuori piccoli pezzi di metallo, che consegnavano all’uomo dalla tunica rossa. Lui guardava con cura i pezzi di metallo, li contava, poi contava i membri della famiglia e li guardava con molta attenzione. Infine scriveva qualcosa in un enorme libro, diceva qualcosa alle mamme e al loro gruppo familiare, e finalmente, quando aveva fatto tutto questo, apriva il muro e loro entravano, stupefatti e sorridenti per essere così fortunati da poter gustare tutta quella meraviglia.
Bi saltò la fila di un po’. Ormai era tranquillamente abituato a farlo, e la gente a quel punto era troppo eccitata per prendersela con un saltafile solitario. Dopo qualche ora, Bi si ritrovò davanti all’uomo dalla tunica rossa, che aveva occhi azzurri che sprizzavano cordialità.
— Benvenuto! — sorrise l’uomo. — Basta che paghiate il pedaggio, e potrete entrare subito.
— Il cosa?
— Il pedaggio per l’ingresso.
— Non so con cosa pagarlo. Nessuno me ne ha parlato.
— Dov’è la vostra mamma?
— Laggiù in coda da qualche parte. Sono solo, adesso.
— La vostra mamma non vi ha dato la carta annonaria quando ve ne siete andato per conto vostro?
— Be’, sì.
— E non vi ha dato il gettone del pedaggio? La vostra mamma dovrebbe avere nella borsa i gettoni per tutta la famiglia.
— Caspita, no, deve essersene dimenticata!
— Ahi ahi, è proprio un peccato. Avete fatto tutta la coda e non avete il gettone per entrare. Non posso fare entrare nessuno, se non ha il gettone del pedaggio. Dovrete procurarvene uno.
— Dove?
— Nell’Altra Coda. Avete mai visto quell’Altra Coda, laggiù, in quella direzione? È la fila per prendere i gettoni.
Dovete andare in fila all’Altra Coda e aspettare il vostro turno. Vi lasceranno usare la carta annonaria che avete, e quella fila lì si muove abbastanza in fretta. Dopo potrete tornare in questa fila e aspettare il vostro turno per entrare.
— Ma ci vorrà un sacco di tempo, e poi è pericoloso!
— Sì, fortuna che siete così giovane.
— E lungo la fila non ci sono più carrelli coi viveri.
— Sì, l’ho sentito dire. È proprio un peccato, la gente arriva qui affamata e debole, e si butta subito sulla roba da mangiare, senza nemmeno curarsi dei divertimenti. Ma ho sentito dire che l’Altra Coda ha ancora i carrelli in funzione. Perciò non dovete preoccuparvi. Quando sarete tornato in questa fila, i carrelli saranno stati riparati.
— Spero che sia così disse Bi.
— Certo che è così. Andate adesso, e procuratevi il gettone.
Bi si allontanò dall’apertura nel muro e meditò sul da farsi. Il muro era troppo alto e liscio perché si potesse tentare di scavalcarlo. E non c’era modo di passare di straforo, perché l’uomo dalla tunica rossa stava molto attento. Bi non aveva nessuna voglia di attraversare la pianura piena di cespugli per andare a prendere il gettone nell’Altra Coda. Ci sarebbe voluto troppo tempo, e lui non aveva abbastanza da mangiare.
In un modo o nell’altro doveva riuscire a entrare, e al più presto. Sembrava così bello, là dietro il muro; a parte la sua Bella, non aveva mai visto niente di così piacevole.
Quel posto e la sua ragazza dai capelli arruffati lo riempivano dello stesso senso di desiderio. Curioso, era da tanto che non pensava a lei, era stato così preso dal fatto di saltare la fila. Le cose belle gli piacevano un sacco, garantito.
Così, Bi pensò che la cosa migliore da fare fosse di tornare indietro a prendere la sua Bella. Dopo, lui e lei avrebbero dovuto tornare ancora più indietro per ritrovare le loro vecchie mamme e rubare loro i gettoni. Poi avrebbero saltato la coda fino ad arrivare al muro, e là dentro sarebbero rimasti a mangiare tutti i giorni cose buone e croccanti, e a cavalcare quegli animali colorati, sotto la tenda. E tutto al suono della musica, ogni giorno! Se la Bella avesse visto quelle cose, garantito che le sarebbero brillati gli occhi!
Sì, ecco cosa doveva fare Bi. Doveva ritrovare la sua Bella, prendere il gettone, ed entrare in quel magnifico posto. E ormai, a quest’ora, la Bella doveva averlo finito, il parto. Garantito.
 

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