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venerdì 31 gennaio 2025
Nick Noble
giovedì 30 gennaio 2025
URANIA n.21 - Jimmy Guieu: Terrore Sul Mondo
A memoria d'uomo non s'era mai visto simile concentramento di folla. LoStadio Massimo di Central Park (Isola di Manhattan, New York), pur essendostato costruito apposta per l'occasione, era rigurgitante. Più di centomilapersone occupavano la gradinata ed una folla delirante premeva ancora perentrare, agli ingressi principali.A dispetto del loro lasciapassare, i telecronisti, impediti com'erano dallecassette di televisione, sormontati da un'antenna, che portavano a tracolla,stentavano ad aprirsi un varco in quell'assembramento, nonostante legomitate che distribuivano senza scrupoli.Gli elicotteri della World Stratovision sorvolavano lentamente CentralPark, trasmettendo senza intervalli i telefilm parlati che i cronisti prendevanoe che venivano istantaneamente proiettati sugli schermi televisivi disseminatiin ogni quartiere dell'immensa città. Tutte le città del mondo seguivano conuguale passione la cronaca televisiva, ma, per limitarsi alla città di NewYork, si poteva calcolare ad occhio e croce che parecchie centinaia dimigliaia di persone fissassero in quel momento gli schermi della televisioneesposti in pubblico, senza contare i milioni che li guardavano nelle loro case,dagli apparecchi di televisione a colori, tanto fra gli abitanti della "cittàsuperiore", quanto fra quelli della New York sotterranea, copia identica dellaNew York posta sul livello stradale.La festa che si stava svolgendo era molto importante, infatti: era la prima,grande cerimonia nazionale che si celebrasse dopo vent'anni di fatiche e disacrifici, poiché quel giorno, il 9 gennaio 1993, segnava la resurrezione dellecittà distrutte nel corso della terribile guerra interplanetaria del 1973.Poiché il 9 gennaio si celebrava da due decadi, in America, l'anniversariodel patto d'alleanza Terro-Betlioriana, i pianeti confederati della galassiaBetlior-Andromeda s'aggiungevano ai popoli della Terra per dare alla festa lamassima solennità.Fra gli invitati venuti dai lontani universi si notavano, sopra tutti, ilgenerale Xung e la bellissima Dyama, sua moglie. L'eroico generale portava,per la circostanza, la sua divisa azzurro vivo, sulla quale risaltavano i gradi dicapo della squadra intragalattica glamoriana, ma la gente appuntava dipreferenza i suoi sguardi curiosi ed entusiasti sulla bella Dyama, il cui corpoperfetto era come scolpito dal costume aderente di maglia color indaco ariflessi azzurri – tipico abbigliamento delle donne eleganti di Glamora – eavvolto in un magnifico mantello verde smeraldo.Al secondo piano del Blocco N.Y. 2, Jerry Barclay, il celebre biologo, eNicky Morton, sua moglie e nello stesso tempo la sua migliore collaboratrice(era assistente di laboratorio del marito), cercavano di controllare ilnervosismo che li agitava.Ad ogni istante Barclay consultava il proprio orologio da polso a triploquadrante.«È incredibile!» esplose alla fine «un guasto d'aerobus non può durare tuttoquesto tempo! Mi sto chiedendo che cosa ci nascondono i nostri amici Larrye Juanita. Avrebbero dovuto essere qui per lo meno da mezz'ora».Sua moglie Io guardò senza rispondere, ed egli continuò,nervoso: «Scegliere proprio questo giorno per un incidente d'aero-bus! Pareimpossibile, ti dico!».«Cerchiamo di ottenere la comunicazione col loro aerobus» gli suggerì lamoglie. «Anche se essi non sono a bordo, i tecnici che lo stanno riparando cidaranno notizie».«Sì, è una buona idea» disse Jerry. «Chiama tu, per favore».La donna si chinò sul globo trasmittente del televisore a onde corte echiamò Larry Ryan, il cronista del New York News.Larry e sua moglie erano in servizio nel Messico, ma avevano garantito ditornare a New York per assistere, in compagnia di Jerry, di Nicky, di Xung edi Dyama, alla festa che si stava celebrando.«Ma sono soltanto le tre» mormorò Xung. «I nostri amici potrebberoancora arrivare prima dell'inizio della cerimonia. Non comincia che allequattro...»Ci fu un silenzio.
mercoledì 29 gennaio 2025
Boris Kozhevnikov
- Il primo movimento è un mix di esecuzione militaristica, aggressiva e lirica da parte dell'ensemble, a tratti aggressivo e lirico, aprendosi con una forte declamazione in fa minore.
- Il secondo è un valzer lento con un episodio esuberante nella coda.
- Il terzo movimento viene aperto da un vivace assolo di ottavino, un rondò che sfreccia alla velocità della luce.
- Il quarto movimento è un finale esilarante, che richiama i temi e lo stile militaristico degli altri movimenti.
Roberto Roganti: Morte al Villaggio Giardino
martedì 28 gennaio 2025
MONDADORI n.21 - Alessandro Varaldo: Il sette bello
Io non sono stato il protagonista di questa storia. Magari! Non nefui che l'umile spettatore. E forse per questo posso raccontarlaserenamente, più serenamente certo che non i lettori che laleggeranno. Perché io so che è vera, e gli altri non lo crederannomai. Non li condanno, ed anzi li scuso. lo per il primo, se nonl 'avessi vissuta, non ci crederei.Potrò scriverne con pazienza, con meticolosa memoria tutto losvolgimento, districarne tutte le fila, notare tutte le minuzie,che hanno avuto una sì grande importanza nella inverosimilestoria che voglio narrare? Mi proverò.Per intanto mi presento. il mio nome è Giovanni; mio padre,Sante Révere, fu antiquario assai stimato, ma dopo la morte dimia madre liquidò ogni cosa e si ridusse a Spoleto con una certaagiatezza, che poteva somigliare alla ricchezza prima dellaguerra. Ma nel 1919, quando fui libero, e mi trovai padrone dellamia sostanza per la morte del babbo, non ebbi tanto da scialaredavvero. Millecinquecento lire al mese, l'anno di grazia 1920,non erano troppe, ma adottai una risoluzione energica. Mi dissi:come libero cittadino puoi appena vivacchiare, come studenteinvece sei ricco. E ripresi l'università interrotta dalla guerra.Oggi, a meno di trentacinque anni, ho già due lauree, legge elettere, e mi avvio tranquillamente alla terza, medicina. Sedurante la strada troverò una fruttuosa occupazione mi fermerò,altrimenti farò lo studente vita natural durante. Poiché per unostudente cinquanta lire al giorno sono più che sufficienti.Giudicatene: stanza otto lire, pasti quindici lire, lavatura estiratura due lire, accantonamento per il guardaroba e labiancheria quindici: mi restano dieci lire al giorno per i piccolibisogni, che non ho. Comprendo nel guardaroba le tasse, neipasti il caffè, nella lavatura il bagno: sono assestato, non fumo,non bevo molto, la tessera universitaria mi procura uno scontonotevole per i rari spettacoli e quindi ho modo ancora di faredelle economie. Posso cioè vantare un discreto conto corrente eun libretto d'assegni che rni fa rispettare dalla padrona di casa edal trattore. Abito nei pressi del Palazzo di Giustizia e prendo imiei pasti in una piccola pulita familiare trattoria dietro piazzaCola di Rienzo: sono anzi il decano dei pensionanti. Ho trecompagni di tavola, due dei quali vecchi amici ritrovati: GiacomoSerra, che fa il pittore e che incomincia ad avere qualchefortuna, e Biondo Biondi (naturalmente con un simile nome ètoscano e nero come un creolo) maggiore dei bersaglieri, tutti edue press'a poco della mia età.Il terzo compagno è ... una compagna: una donna, una bellafigliola, studentessa in medicina.Fu così che diventò la nostra commensale. Finivamo una seradi pranzare, quando entrò una ragazza che si rivolse allacassiera. Parlarono per qua lche minuto ed evidentementes'accordarono.La ragazza alta, slanciata, bruna, avviluppata in un rossoimpermeabile, girò lo sguardo sulle tavole della sala e lo posòinfine su di me, con un leggero cenno di saluto che restituii unpo' interdetto. Venne il cameriere a chiederci se permettevamoche la signorina sedesse alla nostra tavola. Figuriamoci! Serra eBiondi, bollenti don Giovanni, si alzarono entusiasti, e l'ospite sipresentò. Si chiamava Maddalena Terzi, perugina, studentessa inmedicina. Mi conosceva. Chi non conosceva, all'università,Giovanni Révere che s'avviava alla terza laurea? Conoscevaanche il pittore: si dichiarò felice di essere nostra compagna, econfessò che invece di signorina preferiva d'esser chiamataMaud, ~:ome in famiglia. Ma tutto fìnì lì. Ho buone ragioni percredere che il bersaglie re si sia buscato uno schiaffo in pienaregola sotto un plausibile pretesto, e che il pittore abbiaavanzato inutilmente degli specchietti per allodole, come invitinel suo studio, pose per la mano, ritratti ed altri simili mezzi daMatusalemme. Il fatto si è che dopo una settimana Maud era pernoi una compagna, anzi un compagno, e la sua presenza fu comela quarta dimensione: quasi non esisteva, sotto specie femminili.[eco dunque come stavano le cose il 2 marzo 1930 eprecisamenle alle nove di sera, quando, intorno alla tavolanostra, nella trattoria del Gambero Verde, si prolungava unadiscussione, incominciata prima di pranzo. Raccontiamo perordine. Verso le cinque sedevamo da Latour, il maggiore ed io,dinanzi a due malinconici rabarbari, quando entrò Serra conun'aria da sbadigli più che coscienziosa.-Non vi vergognate? Andiamo piuttosto al cinema.Avevamo da attraversare appena la strada: un locale invitante ci prometteva Douglas Fairbanks nella Maschera di ferro.Ci trovammo in un ambiente familiare e sentimentale. Buonepiccole mogli borghesi e piccole commesse in procinto se non dibruciarsi di spiegazzarsi a lmeno le ali. Ciò che contemplammopassa ogni immaginazione.Con le mie due lauree e mezzo m'indignavo dinanzi alRichelieu e all'Anna d'Austria che sforna gemelli sotto la tuteladel padre Giuseppe; ma pittore e bersagliere, di bocca buona,prendevano tutto per moneta corrente. Anzi ad un tratto, a luceintervenuta, iJ maggiore esclamò: -Almeno si impara un po' distoria!Numi, pietà! Mi tennero i numi la santa mano sul capo, e colmio carattere placido potei godere di una santa sopportazionefinché non uscimmo e ci avviammo verso il fiume conaccompagnamento di ricordi alla moschettiera da parte degliamici miei.A udirli - e specialmente il bersagliere - d'Artagnandiventava un provinciale; in quanto al pittore, poi, ondeggiavafra i tre moschettieri di Dumas e la Bohème di Puccini.Rassegnato, li lasciavo sfogare, quando ad un tratto ecco il Biondiche urla sotto il cielo tenero, dinanzi alle acque lente,minacciando col pugno l'Augusteo che nulla ne poteva.-Dite quel che volete: nella vita non c'è che l'avventura!Lo guardai celando un sorriso da schiaffi. Me la figuravol'awenrura di Biondi col battaglione, la bicicletta, il circoloufficia li, la preparazione per gli esami, l'annuario militarecompulsato disperatamente. Sì, l'avventura! L'amico mio fissavail cielo tenero verso Monte Mario e i cipressi celebri e un volod'aeroplani che pareva un triangolo di gru. C'era tanta nostalgianei buoni occhi castani che il sorriso da schiaffi s'attenuò fra lemie labbra, sparì, fu surrogato da un complice guizzod'approvazione.
lunedì 27 gennaio 2025
VideoMax
domenica 26 gennaio 2025
sabato 25 gennaio 2025
Lucia Ballerini: In quel niente che credi
In quel niente che credi
di essere, fammi posto
potremmo diventare
chiese sconsacrate
isole sognanti terreferme.
Inventarci
sinonimi della gioia,
un tango sgangherato.
Defilarci dalla porta
di servizio, sentire
cicatrici nella carne.
Nello sbadiglio lunare
si sbriciola il dolore,
tieni il tempo, che ancora
ti vorrei salvare.
venerdì 24 gennaio 2025
Nick Knatterton
giovedì 23 gennaio 2025
URANIA n.20 - Isaac Asimov: Paria Dei Cieli
Due minuti prima di scomparire dal mondo che conosceva, JosephSchwartz passeggiava per le piacevoli strade dei sobborghi di Chicagorecitando dei versi di Browning.In un certo senso era strano, perché Schwartz sarebbe difficilmentepassato, agli occhi della gente, per il tipo che recita i classici a memoria.Sembrava esattamente quello che era: un sarto in pensione privo di ciò cheoggi si definisce, con linguaggio sofisticato, una “educazione formale”, mache aveva soddisfatto la naturale curiosità del suo carattere con abbondantiletture a caso. Grazie a un’indiscriminata voracità si era dato una verniciata intutti i settori dello scibile, e aiutato da una memoria fuori del comune erariuscito a tenere in testa tutto quanto.Tanto per fare un esempio, da giovane aveva letto due volte Il rabbino BenEzra di Browning e come risultato lo sapeva a memoria. Gran parte del testogli era oscura, ma negli ultimi anni i tre versi iniziali si erano impressi cosìprofondamente nel suo animo che gli venivano spontanei come i battiti delcuore. In quel luminoso e assolato giorno d’inizio estate 1949, li ripeté ancorauna volta nella fortezza silenziosa della sua mente:
Invecchia con me!Il meglio deve ancora venire,quell’ultima parte della vitadi cui la giovinezza è solo il preludio...
Schwartz la pensava esattamente così. Dopo aver lottato in Europa daragazzo e negli Stati Uniti quando era diventato uomo, la prospettiva di unaserena vecchiaia gli sembrava particolarmente piacevole. Con una casapropria e un gruzzoletto di risparmi poteva tranquillamente mettersi inpensione, cosa che aveva fatto. Con una moglie in buona salute, due figliesposate e un nipotino che gli avrebbe rallegrato gli ultimi anni felici, di cosamai poteva preoccuparsi?C’era la bomba atomica, certo, ma Schwartz credeva nella bontà dellanatura umana: non pensava che ci sarebbero state altre guerre e che la Terraavrebbe assistito al sorgere del sole nucleare, all’esplosione della sua furia.Quindi sorrise con tolleranza ai bambini che gli passavano davanti e auguròloro un rapido e non troppo difficile percorso fino alla pace degli ultimi anni,i migliori.Alzò un piede per non schiacciare una bamboletta di pezza che qualcunoaveva dimenticato e non ancora ritrovato. Non l’aveva riabbassato del tutto,che...In un’altra zona di Chicago sorgeva l’Istituto per le Ricerche Nucleari.Probabilmente i suoi dipendenti avevano una teoria sul valore della naturaumana, ma in segreto se ne vergognavano perché nessuno aveva inventato lostrumento che la misurasse quantitativamente. Quando ci pensavano, era piùche altro per augurarsi che un fulmine calato dal cielo impedisse a dettanatura (e alla dannata ingegnosità della nostra specie) di trasformare qualsiasiinnocente scoperta in un’arma micidiale.Eppure, il ricercatore che non sapeva frenare il proprio entusiasmo davantialle scienze nucleari - grazie alle quali, ormai, si era in grado di distruggeremetà della Terra - era lo stesso uomo che avrebbe rischiato la vita per salvarequella di qualsiasi concittadino.Fu il bagliore azzurro alle spalle del chimico ad attrarre l’attenzione deldottor Smith.Lo vide mentre passava davanti alla porta socchiusa. Il chimico, ungiovanotto allegro, fischiava e armeggiava con una fiasca volumetrica la cuisoluzione era già a buon punto. Una polverina bianca scese in fondo alliquido e si sciolse in poco tempo. Per un attimo fu tutto, poi l’istinto deldottor Smith - che l’aveva indotto a bloccarsi davanti alla porta - lo spinse apassare all’azione.
mercoledì 22 gennaio 2025
Allan Pettersson
martedì 21 gennaio 2025
MONDADORI n.20 - Edgar Wallace: Il briccone galantuomo
C’era una volta un allenatore di cavalli da corsa e un fantino che non andavano d’accordo. Il terzo, tra i due litiganti, era un allibratore di dubbia fama, e i guai sorsero per il cavallo Ectis, che era dato favorito nella Royal Hunt Cup. Fantino e allenatore erano visti con diffidenza; vivevano sull’orlo del licenziamento, e non potevano permettersi di rischiare.
Nocciolo della discussione era se il cavallo dovesse essere lasciato accuratamente al palo o, come il fantino proponeva, se si dovessero eliminare tutti i rischi dandogli una piccola dose di una certa droga prima della corsa. I due uomini prevedevano delle spiacevoli eventualità; perché se il cavallo veniva esonerato, il fantino si sarebbe preso la colpa, e se i giudici di gara pensavano che l’animale fosse stato drogato e ne fosse sorta un’inchiesta, l’allenatore sarebbe stato sbattuto fuori. Alla fine l’allenatore l’ebbe vinta. Si sarebbe scoperto alla barriera che Ectis era in cattiva forma. L’allibratore, che agiva per entrambi, prendeva continue scommesse sul cavallo, che da primo favorito divenne secondo favorito, e poi da secondo favorito a terzo: da lì scivolò nella categoria 100 a G.
— Non capisco — disse l’allenatore al proprietario, alla vigilia della corsa. — Il cavallo non è mai stato meglio, signor Braid.
Il signor Braid tirò boccate pensose dal lungo sigaro e i suoi occhi scuri si puntarono sul piccolo allenatore rugoso. Era inesperto dell’ambiente, in Inghilterra, almeno; era un facilone, molto ricco, molto disponibile. Non aveva amici nelle corse, e gli esperti d’ippica guardavano con curiosità la snella figura dai capelli scuri un po’ brizzolati, la lunga faccia olivastra e, senza compatirlo, esprimevano rammarico su come quel gonzo danaroso fosse caduto nelle mani di Lingford, l’allenatore, e del suo spregiudicato compare, Joe Brille, il fantino. Il signor Anthony Braid, invece, non si compativa. Aveva una bella casetta ad Ascot dove abitava da solo anche durante la settimana di corse, ed era soddisfatto della propria solitudine. Lo si vedeva in vari circoli, appartato a fumare il suo lungo sigaro, con l’aria un po’ assente. Scommetteva di rado, ma quando lo faceva le sue puntate erano misere, non contrastava mai i suggerimenti dell’allenatore, non chiedeva notizie del fantino. Si aveva l’impressione che le corse lo annoiassero.
— È possibile — cantilenò quando l’allenatore s’interruppe — che gli allibratori pensino a qualcos’altro?
— Esatto... pensano che Denford Boy sia un colpo sicuro.
Lingford si rammaricava spesso di non poter portare Ectis alla vittoria: avrebbe potuto guadagnarci una fortuna. Invece doveva una cospicua somma all’allibratore che prendeva scommesse sul cavallo, e ciò significava che una grossa fetta delle duemila sterline era persa. Un’ora prima della Royal Hunt Cup, Anthony Braid prese da parte l’allenatore.
— Il mio cavallo adesso è quotato un po’ meno — disse.
— Sì, signore... qualcuno ci scommette su, in tutto il paese.
Era un po’ sulle spine, perché quella mattina l’allibratore più interessato
lo aveva accusato di condotta disonesta.
— Sì — disse Tony Braid con la sua bella voce profonda. — Io scommetto su Ectis in tutto il paese! Ho la possibilità di vincere trentamila sterline.
— Oh, davvero? — L’allenatore fu sollevato. Lui pensava di poter essere considerato un complice di Brille, ma nello stesso tempo temeva che il fantino lo ingannasse. — Bene, avrete una buona corsa per il vostro denaro, dice Brille...
— Quel che dice Brille non m’interessa — rispose il padrone, gentilmente. — Lui non guida il cavallo... ho portato qui un fantino dalla Francia. E, signor Lingford, ho cambiato allenatore. Ho consegnato personalmente il cavallo al signor Sandford mezz’ora fa, e se voi vi avvicinate a Ectis vi spedirò davanti ai giudici di gara. Posso darvi un consiglio? L’esterrefatto allenatore non spiccicò parola.
— Il mio consiglio — disse Anthony Braid — è duplice. Uno: andate nel recinto degli allibratori e scommettete su Ectis tanto da vincere una somma che vi sistemi per il resto della vita, perché penso che non allenerete più cavalli; due: non tentate mai di imbrogliare uno che si è laureato alla Borsa di Johannesburg. Arrivederci!
Ectis vinse di tre lunghezze, e nel settore malfamato del pubblico delle corse il signor Anthony Braid si guadagnò un nuovo appellativo. Dopo essere stato “l’eccentrico” e “il gonzo”, ora divenne “il Raffa”, diminutivo di arraffone. E il nome gli rimase. Gli fu rinfacciato un giorno nel suo ufficio londinese, quando intrappolò Aaron Trosky della Trosky Limited per molto più di cinquantamila sterline. È vero che il signor Trosky, nella sua purezza di cuore, aveva tentato di intrappolare il signor Anthony Braid per una cifra superiore su una questione relativa ai diritti di estrazione mineraria, ma questo non contava.
— Non sei migliore di un truffatore — gemette l’agitato Aaron. — Per questo ti chiamano il Raffa, e questo sei!
— Chiudi la porta, uscendo — rispose Anthony.
Niente affatto scoraggiato dall’esperienza del signor Trosky, un certo Felix Fenervy gli propose un affare di platino. Avrebbe dovuto essere più furbo. Anthony esaminò le mappe, lesse i vaghi rapporti degli ingegneri e invitò il signor Fenervy a pranzo. Anche Anthony aveva da proporre un affare di platino: una striscia di territorio nella Rhodesia settentrionale.
Perché, propose il gentile Tony, non uniamo le due proprietà sotto il nome di Consolidated Platinum Trust, e prendiamo tutti gli utili dell’attività?
L’idea esaltò Fenervy. L’indomani mattina pagò alla sua vittima ventitremila sterline come deposito, ed ebbe l’impressione di arricchirsi.
Questo era Anthony Braid, la cui ricchezza era nota solo al suo banchiere, fino a quella mattina in cui andò a far visita a un uomo che gli chiuse la porta in faccia, perché era irritato con lui, nonostante lo trovasse simpatico. Se Tony Braid trovasse a sua volta simpatico lord Frensham è irrilevante: i suoi affetti erano tanto concentrati su un altro membro della famiglia che la diffidenza di lord Frensham e l’odio di Julian Reef non erano tenuti in nessun conto da lui. — Il signor Anthony Braid, milord —
disse il maggiordomo.
Lord Frensham si accomodò nella poltrona davanti alla scrivania, si passò nervosamente le dita tra i folti capelli grigi e corrugò la fronte.
— Oh! — borbottò. Guardò l’uomo, e poi con gesto impaziente della mano: — Va bene, fallo passare, Charles!
Spalle quadrate, trascurato nel vestire, in quel momento non sbarbato, lineamenti marcati, manone, voce rude, modi bruschi: quello era l’ottavo conte di Frensham. Per ostinazione e lealtà, era entrato nel mondo della City con lo scopo di ricostituire un patrimonio familiare ormai irrecuperabile, e il suo carattere semplice e simpatico lottava di continuo con la spietatezza che le circostanze richiedevano.
Quando Charles se ne fu andato, aprì un cassetto della scrivania e tirò fuori un fascicolo gonfio di documenti, lo aprì e girò un foglio dopo l’altro.
Ma la sua mente non pensava agli affari del Lulanga Oil Syndicate: stava rimuginando il tipo di risposta definitiva e sferzante che avrebbe dato tra pochi minuti.
— Il signor Anthony Braid, milord.
L’uomo che entrò nella biblioteca era la dimostrazione che un buon sarto e un attento maggiordomo servivano molto a dare un ottimo aspetto. La sua struttura sparuta dava l’illusione dell’altezza. La giacca nera era di ottimo taglio; il panciotto grigio aveva bottoni di onice; i pantaloni a righe avevano una piega perfetta. Il quarantenne Braid era dritto come un fuso. I capelli quasi neri accentuavano il colorito olivastro di un volto lungo ma non sgradevole. Gli occhi erano scuri e impenetrabili. Si fermò, fissando il suo ospite, e non parlò finché non furono soli.
— Ebbene? — lo provocò Frensham. — Siediti, siediti, Braid. O non vuoi sciuparti l’abito?
Il signor Braid posò cappello, guanti e bastone con cura meticolosa, e prima di sedersi si aggiustò i pantaloni alle ginocchia. — Una bella mattina
— disse. Aveva la voce armoniosamente profonda e un sorriso disarmante.
— Mi auguro che tu stia bene, Frensham... e Ursula?
Lord Frensham non era in vena di parlare né del tempo né della figlia. —
Ho avuto la tua lettera — disse burbero — e a dirti la verità mi è parsa piuttosto una... una...
— Impertinenza — disse il signor Braid, con occhi lievemente ridenti.
— Esattamente — confermò l’altro irritato. — Se non peggio. In sostanza mi dici che Julian Reef, mio nipote, ma anche condirettore,
“manovra” le azioni Lulanga Oil, cioè che sta facendo del suo meglio per rovinarmi. Francamente, Braid, mi ha sorpreso che tu abbia messo per iscritto un’accusa così mostruosa. Non mostrerò la tua lettera a Reef, altrimenti...
lunedì 20 gennaio 2025
Ramarro