venerdì 31 gennaio 2025

Nick Noble

 

Stati Uniti, 1945 / Anthony Boucher

Nick Noble ha lavorato a lungo nella polizia di Los Angeles, sino a raggiungere il grado di tenente. Era onesto ed efficiente, ma poi qualcuno
l'ha incastrato ed è stato costretto a dimettersi. Sua moglie è morta per il dolore, i suoi ex colleghi fingono di non conoscerlo e lui, trasferitosi in uno dei quartieri più squallidi della città, trascorre la maggior parte del tempo a bere, solo e disperato. Anche se di tanto in tanto dà una mano a qualcuno che si trova nei guai o al giovane tenente MacDonald, del dipartimento di polizia di Los Angeles, che va a consultarlo quando è alle prese con un caso particolarmente complesso, non si può proprio dire che faccia l'investigatore privato. 



Escono gli assassini: le migliori storie misteriose di Anthony Boucher.: qui sono incluse tutte e nove le storie di Nick Noble. Quando non è ottenebrato dall'alcol se la cava ancora piuttosto bene grazie alla sua intelligenza e al suo intuito. Peccato che non trovi la forza di cambiare vita e di lasciare i tavolini del Chula Negra Cafe, dove trascorre la maggior parte del proprio tempo a bere vino e liquori di pessima qualità scacciando un'immaginaria mosca dal proprio naso.

giovedì 30 gennaio 2025

URANIA n.21 - Jimmy Guieu: Terrore Sul Mondo



A memoria d'uomo non s'era mai visto simile concentramento di folla. Lo
Stadio Massimo di Central Park (Isola di Manhattan, New York), pur essendo
stato costruito apposta per l'occasione, era rigurgitante. Più di centomila
persone occupavano la gradinata ed una folla delirante premeva ancora per
entrare, agli ingressi principali.
A dispetto del loro lasciapassare, i telecronisti, impediti com'erano dalle
cassette di televisione, sormontati da un'antenna, che portavano a tracolla,
stentavano ad aprirsi un varco in quell'assembramento, nonostante le
gomitate che distribuivano senza scrupoli.
Gli elicotteri della World Stratovision sorvolavano lentamente Central
Park, trasmettendo senza intervalli i telefilm parlati che i cronisti prendevano
e che venivano istantaneamente proiettati sugli schermi televisivi disseminati
in ogni quartiere dell'immensa città. Tutte le città del mondo seguivano con
uguale passione la cronaca televisiva, ma, per limitarsi alla città di New
York, si poteva calcolare ad occhio e croce che parecchie centinaia di
migliaia di persone fissassero in quel momento gli schermi della televisione
esposti in pubblico, senza contare i milioni che li guardavano nelle loro case,
dagli apparecchi di televisione a colori, tanto fra gli abitanti della "città
superiore", quanto fra quelli della New York sotterranea, copia identica della
New York posta sul livello stradale.
La festa che si stava svolgendo era molto importante, infatti: era la prima,
grande cerimonia nazionale che si celebrasse dopo vent'anni di fatiche e di
sacrifici, poiché quel giorno, il 9 gennaio 1993, segnava la resurrezione delle
città distrutte nel corso della terribile guerra interplanetaria del 1973.
Poiché il 9 gennaio si celebrava da due decadi, in America, l'anniversario
del patto d'alleanza Terro-Betlioriana, i pianeti confederati della galassia
Betlior-Andromeda s'aggiungevano ai popoli della Terra per dare alla festa la
massima solennità.
Fra gli invitati venuti dai lontani universi si notavano, sopra tutti, il
generale Xung e la bellissima Dyama, sua moglie. L'eroico generale portava,
per la circostanza, la sua divisa azzurro vivo, sulla quale risaltavano i gradi di
capo della squadra intragalattica glamoriana, ma la gente appuntava di
preferenza i suoi sguardi curiosi ed entusiasti sulla bella Dyama, il cui corpo
perfetto era come scolpito dal costume aderente di maglia color indaco a
riflessi azzurri – tipico abbigliamento delle donne eleganti di Glamora – e
avvolto in un magnifico mantello verde smeraldo.
Al secondo piano del Blocco N.Y. 2, Jerry Barclay, il celebre biologo, e
Nicky Morton, sua moglie e nello stesso tempo la sua migliore collaboratrice
(era assistente di laboratorio del marito), cercavano di controllare il
nervosismo che li agitava.
Ad ogni istante Barclay consultava il proprio orologio da polso a triplo
quadrante.
«È incredibile!» esplose alla fine «un guasto d'aerobus non può durare tutto
questo tempo! Mi sto chiedendo che cosa ci nascondono i nostri amici Larry
e Juanita. Avrebbero dovuto essere qui per lo meno da mezz'ora».
Sua moglie Io guardò senza rispondere, ed egli continuò,
nervoso: «Scegliere proprio questo giorno per un incidente d'aero-bus! Pare
impossibile, ti dico!».
«Cerchiamo di ottenere la comunicazione col loro aerobus» gli suggerì la
moglie. «Anche se essi non sono a bordo, i tecnici che lo stanno riparando ci
daranno notizie».
«Sì, è una buona idea» disse Jerry. «Chiama tu, per favore».
La donna si chinò sul globo trasmittente del televisore a onde corte e
chiamò Larry Ryan, il cronista del New York News.
Larry e sua moglie erano in servizio nel Messico, ma avevano garantito di
tornare a New York per assistere, in compagnia di Jerry, di Nicky, di Xung e
di Dyama, alla festa che si stava celebrando.
«Ma sono soltanto le tre» mormorò Xung. «I nostri amici potrebbero
ancora arrivare prima dell'inizio della cerimonia. Non comincia che alle
quattro...»
Ci fu un silenzio.

 

mercoledì 29 gennaio 2025

Boris Kozhevnikov

 

Boris Kozhevnikov (30 novembre 1906, Novgorod, Russia - 8 aprile 1985, Mosca) è stato un prolifico compositore di musica per band sovietiche.
Frequentò l'Istituto musicale-drammatico di Kharkov, dove studiò composizione e direzione d'orchestra, diplomandosi nel 1933. Successivamente frequentò la Scuola militare di musica di Mosca. È stato direttore d'orchestra in diversi teatri e membro della facoltà del Conservatorio di Mosca. Ha scritto una manciata di opere orchestrali e oltre 70 pezzi per bande militari sovietiche, comprese cinque sinfonie numerate per banda. La sua musica è stata scoperta dall'Occidente solo dopo il crollo dell'Unione Sovietica e della cortina di ferro negli anni '90. È ancora molto più conosciuto in Russia che altrove, anche se la sua Sinfonia n. 3, "Slavyanskaya" gode di popolarità negli Stati Uniti grazie a un'edizione che l'ex comandante della banda dei marine John R. Bourgeois ha creato per le band americane nel 1995. Sebbene Kozhevnikov abbia scritto Slavyanskaya nel 1950, ha avuto la sua prima rappresentazione negli Stati Uniti solo alla fine degli anni '90.

Slavyanskaya è una sinfonia dal suono russo abbastanza convenzionale in quattro movimenti. 
  • Il primo movimento è un mix di esecuzione militaristica, aggressiva e lirica da parte dell'ensemble, a tratti aggressivo e lirico, aprendosi con una forte declamazione in fa minore. 
  • Il secondo è un valzer lento con un episodio esuberante nella coda. 
  • Il terzo movimento viene aperto da un vivace assolo di ottavino, un rondò che sfreccia alla velocità della luce. 
  • Il quarto movimento è un finale esilarante, che richiama i temi e lo stile militaristico degli altri movimenti.

In tutta la sinfonia, Kozhevnikov utilizza brani popolari della sua città natale di Novgorod come fonti del suo materiale melodico. 

La parola “Slavyanskaya” sembra non essere altro che un nome proprio. Si applica anche a una piazza pubblica di Mosca, a un lussuoso hotel Radisson sempre a Mosca e a una marca russa di vodka.

- Nota di programma di Andy Pease
La leggenda ci racconta che la Banda della Marina degli Stati Uniti (“The President's Own”) compì un'impresa di grande spionaggio al loro ritorno a casa dall'Unione Sovietica nel 1990. Come ci dicono i militari, “Combinando la musica di Sousa con le immagini di Lenin, la Banda dei Marines visitò cinque città dell’ex Unione Sovietica, diventando l’unica banda militare americana a fare tournée nell’URSS prima della sua trasformazione in stati indipendenti”. Il tour generò un'abbondante propaganda durante gli ultimi mesi della Guerra Fredda.
Ciò che venimmo a sapere solo anni dopo fu la ricchezza della musica bandistica russa scoperta dai musicisti della Marine Band durante il tour e, come alcuni direbbero, introdotta di nascosto negli Stati Uniti al ritorno della band in patria. La Sinfonia Slavyanskaya di Boris Kozhevnikov è una delle poche opere di contrabbando mai ascoltate nel mondo occidentale fino alla caduta della cortina di ferro. Sebbene composta alla fine degli anni Cinquanta, lo stile compositivo di questa sinfonia è puro classicismo colorato di sentimentalismo romantico; la sinfonia riflette gli ideali del realismo socialista. Il linguaggio compositivo conservatore (per gli anni '50) fornisce la prova che Boris Kozhevnikov, un direttore di banda dell'era sovietica e professore di conservatorio, era altrettanto esperto nel suonare la politica comunista: componeva musica che era abbastanza conservatrice per la censura, ma allo stesso tempo appassionatamente slava e (forse sovversivamente) nazionalista.

L'edizione contemporanea di questa straordinaria sinfonia è il prodotto dell'acclamato direttore della US Marine Band, il colonnello John Bourgeois.

- Nota di programma di Lawrence Stoffel per il programma del concerto del California State Northridge Wind Ensemble, 16 marzo 2012
Ho conosciuto la sinfonia per la prima volta tramite il mio amico norvegese e appassionato di band, Jan Ericksen, della Radio norvegese a Olso. A quel tempo, la nostra conoscenza della musica per fiati in URSS era molto scarsa e le informazioni sui materiali esecutivi erano praticamente nulle. Tuttavia, Jan era e continua a essere un maestro del protocollo musicale e mi ha procurato in modo tortuoso una partitura e una serie di parti. Successivamente, Jan fu l'unico responsabile del raggiungimento di uno stato di "distensione musicale" tra gli Stati Uniti e l'URSS attraverso le sue trasmissioni radiofoniche norvegesi della Marine Band.

Roberto Roganti: Morte al Villaggio Giardino



La trama gialla è semplice: un uomo cade dal terrazzo di casa a muore, una ringhiera poco sicura sembra la causa della tragica fatalità ma a Stefano Soranna e ai suoi amici la cosa puzza parecchio, ci sono indizi, stranezze sulla dinamica del presunto incidente ed emergono notizie sulla situazione familiare dell’uomo che fanno pensare a tutto fuorché a un incidente: suicidio?

Omicidio da parte della moglie? (peraltro con problemi di salute). L’originalità del romanzo sta nel come l’autore porta avanti l’indagine, scandita dagli incontri del gruppo ‘cinqueperunosei’ in cui ogni componente, ognuno nel proprio ambito lavorativo, riesce a carpire informazioni preziose dalla gente per poi, di volta in volta, sottoporle al gruppo con cui si confronta e tirare quindi le somme; il risultato di questi incontri non sono altro che gli articoli che Soranna scrive e che il lettore ha la possibilità di leggere in prima persona. Idea veramente interessante!

 

martedì 28 gennaio 2025

MONDADORI n.21 - Alessandro Varaldo: Il sette bello



Io non sono stato il protagonista di questa storia. Magari! Non ne
fui che l'umile spettatore. E forse per questo posso raccontarla
serenamente, più serenamente certo che non i lettori che la
leggeranno. Perché io so che è vera, e gli altri non lo crederanno
mai. Non li condanno, ed anzi li scuso. lo per il primo, se non
l 'avessi vissuta, non ci crederei.
Potrò scriverne con pazienza, con meticolosa memoria tutto lo
svolgimento, districarne tutte le fila, notare tutte le minuzie,
che hanno avuto una sì grande importanza nella inverosimile
storia che voglio narrare? Mi proverò.
Per intanto mi presento. il mio nome è Giovanni; mio padre,
Sante Révere, fu antiquario assai stimato, ma dopo la morte di
mia madre liquidò ogni cosa e si ridusse a Spoleto con una certa
agiatezza, che poteva somigliare alla ricchezza prima della
guerra. Ma nel 1919, quando fui libero, e mi trovai padrone della
mia sostanza per la morte del babbo, non ebbi tanto da scialare
davvero. Millecinquecento lire al mese, l'anno di grazia 1920,
non erano troppe, ma adottai una risoluzione energica. Mi dissi:
come libero cittadino puoi appena vivacchiare, come studente
invece sei ricco. E ripresi l'università interrotta dalla guerra.
Oggi, a meno di trentacinque anni, ho già due lauree, legge e
lettere, e mi avvio tranquillamente alla terza, medicina. Se
durante la strada troverò una fruttuosa occupazione mi fermerò,
altrimenti farò lo studente vita natural durante. Poiché per uno
studente cinquanta lire al giorno sono più che sufficienti.
Giudicatene: stanza otto lire, pasti quindici lire, lavatura e
stiratura due lire, accantonamento per il guardaroba e la
biancheria quindici: mi restano dieci lire al giorno per i piccoli
bisogni, che non ho. Comprendo nel guardaroba le tasse, nei
pasti il caffè, nella lavatura il bagno: sono assestato, non fumo,
non bevo molto, la tessera universitaria mi procura uno sconto
notevole per i rari spettacoli e quindi ho modo ancora di fare
delle economie. Posso cioè vantare un discreto conto corrente e
un libretto d'assegni che rni fa rispettare dalla padrona di casa e
dal trattore. Abito nei pressi del Palazzo di Giustizia e prendo i
miei pasti in una piccola pulita familiare trattoria dietro piazza
Cola di Rienzo: sono anzi il decano dei pensionanti. Ho tre
compagni di tavola, due dei quali vecchi amici ritrovati: Giacomo
Serra, che fa il pittore e che incomincia ad avere qualche
fortuna, e Biondo Biondi (naturalmente con un simile nome è
toscano e nero come un creolo) maggiore dei bersaglieri, tutti e
due press'a poco della mia età.
Il terzo compagno è ... una compagna: una donna, una bella
figliola, studentessa in medicina.
Fu così che diventò la nostra commensale. Finivamo una sera
di pranzare, quando entrò una ragazza che si rivolse alla
cassiera. Parlarono per qua lche minuto ed evidentemente
s'accordarono.
La ragazza alta, slanciata, bruna, avviluppata in un rosso
impermeabile, girò lo sguardo sulle tavole della sala e lo posò
infine su di me, con un leggero cenno di saluto che restituii un
po' interdetto. Venne il cameriere a chiederci se permettevamo
che la signorina sedesse alla nostra tavola. Figuriamoci! Serra e
Biondi, bollenti don Giovanni, si alzarono entusiasti, e l'ospite si
presentò. Si chiamava Maddalena Terzi, perugina, studentessa in
medicina. Mi conosceva. Chi non conosceva, all'università,
Giovanni Révere che s'avviava alla terza laurea? Conosceva
anche il pittore: si dichiarò felice di essere nostra compagna, e
confessò che invece di signorina preferiva d'esser chiamata
Maud, ~:ome in famiglia. Ma tutto fìnì lì. Ho buone ragioni per
credere che il bersaglie re si sia buscato uno schiaffo in piena
regola sotto un plausibile pretesto, e che il pittore abbia
avanzato inutilmente degli specchietti per allodole, come inviti
nel suo studio, pose per la mano, ritratti ed altri simili mezzi da
Matusalemme. Il fatto si è che dopo una settimana Maud era per
noi una compagna, anzi un compagno, e la sua presenza fu come
la quarta dimensione: quasi non esisteva, sotto specie femminili.
[eco dunque come stavano le cose il 2 marzo 1930 e
precisamenle alle nove di sera, quando, intorno alla tavola
nostra, nella trattoria del Gambero Verde, si prolungava una
discussione, incominciata prima di pranzo. Raccontiamo per
ordine. Verso le cinque sedevamo da Latour, il maggiore ed io,
dinanzi a due malinconici rabarbari, quando entrò Serra con
un'aria da sbadigli più che coscienziosa.
-Non vi vergognate? Andiamo piuttosto al cinema.
Avevamo da attraversare appena la strada: un locale invitante ci prometteva Douglas Fairbanks nella Maschera di ferro.
Ci trovammo in un ambiente familiare e sentimentale. Buone
piccole mogli borghesi e piccole commesse in procinto se non di
bruciarsi di spiegazzarsi a lmeno le ali. Ciò che contemplammo
passa ogni immaginazione.
Con le mie due lauree e mezzo m'indignavo dinanzi al
Richelieu e all'Anna d'Austria che sforna gemelli sotto la tutela
del padre Giuseppe; ma pittore e bersagliere, di bocca buona,
prendevano tutto per moneta corrente. Anzi ad un tratto, a luce
intervenuta, iJ maggiore esclamò: -Almeno si impara un po' di
storia!
Numi, pietà! Mi tennero i numi la santa mano sul capo, e col
mio carattere placido potei godere di una santa sopportazione
finché non uscimmo e ci avviammo verso il fiume con
accompagnamento di ricordi alla moschettiera da parte degli
amici miei.
A udirli - e specialmente il bersagliere - d'Artagnan
diventava un provinciale; in quanto al pittore, poi, ondeggiava
fra i tre moschettieri di Dumas e la Bohème di Puccini.
Rassegnato, li lasciavo sfogare, quando ad un tratto ecco il Biondi
che urla sotto il cielo tenero, dinanzi alle acque lente,
minacciando col pugno l'Augusteo che nulla ne poteva.
-Dite quel che volete: nella vita non c'è che l'avventura!
Lo guardai celando un sorriso da schiaffi. Me la figuravo
l'awenrura di Biondi col battaglione, la bicicletta, il circolo
ufficia li, la preparazione per gli esami, l'annuario militare
compulsato disperatamente. Sì, l'avventura! L'amico mio fissava
il cielo tenero verso Monte Mario e i cipressi celebri e un volo
d'aeroplani che pareva un triangolo di gru. C'era tanta nostalgia
nei buoni occhi castani che il sorriso da schiaffi s'attenuò fra le
mie labbra, sparì, fu surrogato da un complice guizzo
d'approvazione.

 

lunedì 27 gennaio 2025

VideoMax





Videomax è un personaggio immaginario del fumetti creato nel 1992 da Graziano Origa; può considerarsi l'estensione estrema di un altro eroe di Origa - Rick Zero - disegnato da Corrado Roi e pubblicato nel 1981 sul settimanale Adamo e il mensile Eureka, entrambe testate della Editoriale Corno. Delle storie del personaggio esistono versioni a puntate in tavole a colori, edizioni in comic book, in formato striscia e in volume.

Videomax, alias Andy Max, è un hacker che vive a Berlino nel 1999; qui viene contaminato dal Videovirus Virtuale grazie al quale acquisisce poteri da supereroe.
Ha 29 anni, magro, alto due metri, introverso quasi snob, rinuncia a integrarsi nella società per rifugiarsi in un mondo parallelo e per dedicarsi alla sua grande passione, quella di collezionare videocassette. Col tempo riesce a organizzarsi un piccolo network, Cable 12, dal quale trasmette frames artistici, documentari clandestini e film inquietanti catturati nell'universo dei satelliti. Lui somiglia ai suoi cult-movies preferiti, Trash di Warhol, Faster Pussycat Kill Kill di Meyer, Videodrome di Cronenberg, Taxi Driver di Scorsese, Il cielo sopra Berlino di Wenders, Santa Sangre di Jodorowsky e anche Brasil e Il Tagliaerbe. Andy ha letto solo cento libri, fra cui Burroughs, Maler, Verne, Stevenson, Pinocchio e la Bibbia. La sua auto, è una vecchia Morris Minor del 1995. Ama le T-shirt (ne ha 1800), il piercing, i fumetti di Silver Surfer, la tequila Cuervo Negro, le salsicce bianche tedesche e i fagioli Black Beans. Ascolta musica cyberjazz, punk, rap ma anche Maria Callas, Velvet Underground, Chet Baker, Roberto Murolo, Jane Birkin, Jeff Buckley, Chavela Vargas e altri artisti decadenti e sentimentali.

 

sabato 25 gennaio 2025

Lucia Ballerini: In quel niente che credi


In quel niente che credi

di essere, fammi posto

potremmo diventare

chiese sconsacrate

isole sognanti terreferme.

Inventarci

sinonimi della gioia,

un tango sgangherato.

Defilarci dalla porta

di servizio, sentire

cicatrici nella carne.

Nello sbadiglio lunare

si sbriciola il dolore,

tieni il tempo, che ancora

ti vorrei salvare.


venerdì 24 gennaio 2025

Nick Knatterton

Germania, 1950 / Manfred Schmidt

Nato come parodia di Sherlock Holmes, di Dick Tracy e di altri eroi dei fumetti, Nick Knatterton è uno strampalato investigatore privato che, nonostante tutta la sua buona volontà, raramente riesce a combinare qualcosa di buono. 


Nonostante il successo ottenuto (era diventato ben presto assai popolare in Germania, tanto da ispirare un film, carte da gioco, maschere, albi da colorare e così via), questo personaggio non era amato dal suo autore che, pur realizzandolo per una quindicina d'anni, cercò più volte di "eliminarlo", per esempio facendolo sposare o trasformando la serie in un fumetto di satira politica. 


Interrotte a metà degli anni Sessanta, le avventure di Knatterton sono state più volte ristampate, tanto in Germania quanto in altri paesi europei, ma sono ancora inedite in Italia.



Una serie televisiva di cartoni animati fu prodotta nel 1978 dallo studio del creatore. Tutti i 15 episodi dello spettacolo sono stati creati dall'artista sloveno Miki Muster e sono disponibili su DVD non solo in Germania, ma anche doppiati in Finlandia dove ha guadagnato un disco d'oro in tre mesi. 


Lo spettacolo è narrato, con il narratore che è infatti l'unico doppiatore. I personaggi si limitano a strillare quando vengono mostrati mentre parlano e il narratore poi spiega cosa è stato detto. 



Knatterton stesso spesso esprime le conclusioni delle sue deduzioni dicendo "Conclusione" ( tedesco : "(Ich) kombiniere!", letteralmente: "Sto concludendo!", finlandese : "Johtopäätös!"), seguito dalla conclusione stessa. Questo è  diventato per lui una sorta di tormentone.



Il fumetto è stato adattato in due film: Le avventure di Nick Knatterton (1959) e Nick Knatterton – Der Film (2002).
 

giovedì 23 gennaio 2025

URANIA n.20 - Isaac Asimov: Paria Dei Cieli



Due minuti prima di scomparire dal mondo che conosceva, Joseph
Schwartz passeggiava per le piacevoli strade dei sobborghi di Chicago
recitando dei versi di Browning.
In un certo senso era strano, perché Schwartz sarebbe difficilmente
passato, agli occhi della gente, per il tipo che recita i classici a memoria.
Sembrava esattamente quello che era: un sarto in pensione privo di ciò che
oggi si definisce, con linguaggio sofisticato, una “educazione formale”, ma
che aveva soddisfatto la naturale curiosità del suo carattere con abbondanti
letture a caso. Grazie a un’indiscriminata voracità si era dato una verniciata in
tutti i settori dello scibile, e aiutato da una memoria fuori del comune era
riuscito a tenere in testa tutto quanto.
Tanto per fare un esempio, da giovane aveva letto due volte Il rabbino Ben
Ezra di Browning e come risultato lo sapeva a memoria. Gran parte del testo
gli era oscura, ma negli ultimi anni i tre versi iniziali si erano impressi così
profondamente nel suo animo che gli venivano spontanei come i battiti del
cuore. In quel luminoso e assolato giorno d’inizio estate 1949, li ripeté ancora
una volta nella fortezza silenziosa della sua mente: 
 
Invecchia con me!
Il meglio deve ancora venire,
quell’ultima parte della vita
di cui la giovinezza è solo il preludio... 
 
Schwartz la pensava esattamente così. Dopo aver lottato in Europa da
ragazzo e negli Stati Uniti quando era diventato uomo, la prospettiva di una
serena vecchiaia gli sembrava particolarmente piacevole. Con una casa
propria e un gruzzoletto di risparmi poteva tranquillamente mettersi in
pensione, cosa che aveva fatto. Con una moglie in buona salute, due figlie
sposate e un nipotino che gli avrebbe rallegrato gli ultimi anni felici, di cosa
mai poteva preoccuparsi?
C’era la bomba atomica, certo, ma Schwartz credeva nella bontà della
natura umana: non pensava che ci sarebbero state altre guerre e che la Terra
avrebbe assistito al sorgere del sole nucleare, all’esplosione della sua furia.
Quindi sorrise con tolleranza ai bambini che gli passavano davanti e augurò
loro un rapido e non troppo difficile percorso fino alla pace degli ultimi anni,
i migliori.
Alzò un piede per non schiacciare una bamboletta di pezza che qualcuno
aveva dimenticato e non ancora ritrovato. Non l’aveva riabbassato del tutto,
che...
In un’altra zona di Chicago sorgeva l’Istituto per le Ricerche Nucleari.
Probabilmente i suoi dipendenti avevano una teoria sul valore della natura
umana, ma in segreto se ne vergognavano perché nessuno aveva inventato lo
strumento che la misurasse quantitativamente. Quando ci pensavano, era più
che altro per augurarsi che un fulmine calato dal cielo impedisse a detta
natura (e alla dannata ingegnosità della nostra specie) di trasformare qualsiasi
innocente scoperta in un’arma micidiale.
Eppure, il ricercatore che non sapeva frenare il proprio entusiasmo davanti
alle scienze nucleari - grazie alle quali, ormai, si era in grado di distruggere
metà della Terra - era lo stesso uomo che avrebbe rischiato la vita per salvare
quella di qualsiasi concittadino.
Fu il bagliore azzurro alle spalle del chimico ad attrarre l’attenzione del
dottor Smith.
Lo vide mentre passava davanti alla porta socchiusa. Il chimico, un
giovanotto allegro, fischiava e armeggiava con una fiasca volumetrica la cui
soluzione era già a buon punto. Una polverina bianca scese in fondo al
liquido e si sciolse in poco tempo. Per un attimo fu tutto, poi l’istinto del
dottor Smith - che l’aveva indotto a bloccarsi davanti alla porta - lo spinse a
passare all’azione.

 

mercoledì 22 gennaio 2025

Allan Pettersson



Gustaf Allan Pettersson è un compositore e violista svedese , nato il 19 settembre 1911 a Västra Ryd e morto il 20 giugno 1980 a Stoccolma.  

Nato da un padre fabbro alcolizzato e violento che ha avuto quattro figli, Allan Pettersson è cresciuto in povertà a Stoccolma, dove ha vissuto la maggior parte della sua vita. Diceva di sé: "Non sono caduto dalla culla su un pianoforte, non ho passato la mia infanzia con un padre compositore... no, ho imparato a maneggiare il ferro caldo con un martello. Fabbro nero. Mio padre era un fabbro che doveva dire di no a Dio, ma non all'alcol. Mia madre era una donna pia che cantava e giocava con i suoi quattro figli."

Nel 1930 iniziò a studiare violino e viola, nonché armonia e contrappunto al Royal Conservatory of Music di Stoccolma. Divenne un illustre violista e iniziò a comporre canzoni e pezzi per piccole orchestre da camera. All'inizio della seconda guerra mondiale studiava viola a Parigi. Negli anni '40 è stato violinista nella Stockholm Concert Society Orchestra, prendendo lezioni private di composizione con Karl-Birger Blomdahl e Otto Olsson . Le sue composizioni durante questo decennio possono essere riassunte in 24 Chansons Pieds-nus (1943-45) e un concerto per violino e quartetto d'archi (1949).
Nel 1951 Pettersson compose la prima delle sue diciassette sinfonie, che lasciò incompiuta. Le altre seguiranno rapidamente. Sempre nel 1951 studia composizione a Parigi, con René Leibowitz e Arthur Honegger .
Tornò in Svezia nel 1953. Nello stesso anno gli fu diagnosticata la poliartrite e, al completamento della sua Quinta Sinfonia nel 1962, sia la sua salute che la sua capacità di muoversi furono seriamente compromesse. Il suo più grande successo arrivò pochi anni dopo con la sua Settima Sinfonia (1966-1967), che è ad oggi la sua opera più registrata.

Allan Pettersson è stato ricoverato per nove mesi nel 1970, poco dopo aver composto la sua Nona Sinfonia e ha iniziato a comporre la decima dal suo letto d'ospedale nel 1972. Ci sono alcune somiglianze in circostanze compositive con la composizione di Dmitry Shostakovich, la XV, che è abbastanza contemporaneo a lui. La trasmissione della registrazione della sua Settima Sinfonia (con Antal Dorati alla direzione della Filarmonica di Stoccolma) è stato un vero e proprio evento che ha portato Pettersson alla fama internazionale. Nell'ultimo anno della sua vita ha composto la cantata Vox Humana (1974), su testi di poeti latinoamericani. Un concerto per violino e orchestra (1977-78) e per viola e orchestra (1979), una dodicesima sinfonia per coro misto e orchestra (1973) su poesie di Pablo Neruda , e una Sedicesima Sinfonia (1979) che produsse una parte solista di sassofono contralto particolarmente virtuosa. Iniziò anche una Diciassettesima Sinfonia, ma morì prima di poterla completare.

La Sinfonia n. 7 ha la forma di un lungo movimento, un flusso coeso di ombre scure provenienti dagli strumenti a fiato e dagli archi adorabili e rilassanti. Diversi accordi ripetuti tranquillamente ricorrono dalla sezione degli ottoni durante tutta la sinfonia, a volte sembrando minacciosi – e come una carezza in altri. 
Sicuramente la più conosciuta ed eseguita tra tutte le sue sinfonie, la Settima di Pettersson fu dedicata ad Antál Doráti, la cui registrazione attirò l'attenzione del mondo sul compositore solitario. Se la Sesta è un grido oscuro e disperato che sfocia nella rassegnazione, la Settima è il "canto cantato dall'anima" che Pettersson cercava con tanto desiderio di rivelare.

Le origini della sinfonia non sono chiare. L'opera fu presentata in anteprima il 13 ottobre 1968 in un concerto per la serie Music for Youth fondata da Antál Doráti in collaborazione con la Filarmonica di Stoccolma. Pettersson, in pessime condizioni di salute, è stato chiamato sul podio con standing ovation per quattro volte dopo la conclusione dei lavori. È stata l'ultima volta che ha potuto assistere personalmente alla prima di una delle sue sinfonie. Alcuni lo interpretano come una "riconsiderazione" della desolazione della Sesta; altri ne hanno paragonato la struttura all'arco formato dal profilo di una catena montuosa. Molti membri del pubblico della prima erano in lacrime al termine di questo straordinario lavoro. Ancora una volta Pettersson utilizza un singolo movimento di circa 40 minuti. A differenza delle sinfonie precedenti, questa non è così chiaramente divisa in sezioni, ma utilizza temi ricorrenti ovunque.

martedì 21 gennaio 2025

MONDADORI n.20 - Edgar Wallace: Il briccone galantuomo



C’era una volta un allenatore di cavalli da corsa e un fantino che non andavano d’accordo. Il terzo, tra i due litiganti, era un allibratore di dubbia fama, e i guai sorsero per il cavallo Ectis, che era dato favorito nella Royal Hunt Cup. Fantino e allenatore erano visti con diffidenza; vivevano sull’orlo del licenziamento, e non potevano permettersi di rischiare.
Nocciolo della discussione era se il cavallo dovesse essere lasciato accuratamente al palo o, come il fantino proponeva, se si dovessero eliminare tutti i rischi dandogli una piccola dose di una certa droga prima della corsa. I due uomini prevedevano delle spiacevoli eventualità; perché se il cavallo veniva esonerato, il fantino si sarebbe preso la colpa, e se i giudici di gara pensavano che l’animale fosse stato drogato e ne fosse sorta un’inchiesta, l’allenatore sarebbe stato sbattuto fuori. Alla fine l’allenatore l’ebbe vinta. Si sarebbe scoperto alla barriera che Ectis era in cattiva forma. L’allibratore, che agiva per entrambi, prendeva continue scommesse sul cavallo, che da primo favorito divenne secondo favorito, e poi da secondo favorito a terzo: da lì scivolò nella categoria 100 a G.
— Non capisco — disse l’allenatore al proprietario, alla vigilia della corsa. — Il cavallo non è mai stato meglio, signor Braid.
Il signor Braid tirò boccate pensose dal lungo sigaro e i suoi occhi scuri si puntarono sul piccolo allenatore rugoso. Era inesperto dell’ambiente, in Inghilterra, almeno; era un facilone, molto ricco, molto disponibile. Non aveva amici nelle corse, e gli esperti d’ippica guardavano con curiosità la snella figura dai capelli scuri un po’ brizzolati, la lunga faccia olivastra e, senza compatirlo, esprimevano rammarico su come quel gonzo danaroso fosse caduto nelle mani di Lingford, l’allenatore, e del suo spregiudicato compare, Joe Brille, il fantino. Il signor Anthony Braid, invece, non si compativa. Aveva una bella casetta ad Ascot dove abitava da solo anche durante la settimana di corse, ed era soddisfatto della propria solitudine. Lo si vedeva in vari circoli, appartato a fumare il suo lungo sigaro, con l’aria un po’ assente. Scommetteva di rado, ma quando lo faceva le sue puntate erano misere, non contrastava mai i suggerimenti dell’allenatore, non chiedeva notizie del fantino. Si aveva l’impressione che le corse lo annoiassero.
— È possibile — cantilenò quando l’allenatore s’interruppe — che gli allibratori pensino a qualcos’altro?
— Esatto... pensano che Denford Boy sia un colpo sicuro.
Lingford si rammaricava spesso di non poter portare Ectis alla vittoria: avrebbe potuto guadagnarci una fortuna. Invece doveva una cospicua somma all’allibratore che prendeva scommesse sul cavallo, e ciò significava che una grossa fetta delle duemila sterline era persa. Un’ora prima della Royal Hunt Cup, Anthony Braid prese da parte l’allenatore.
— Il mio cavallo adesso è quotato un po’ meno — disse.
— Sì, signore... qualcuno ci scommette su, in tutto il paese.
Era un po’ sulle spine, perché quella mattina l’allibratore più interessato 
lo aveva accusato di condotta disonesta.
— Sì — disse Tony Braid con la sua bella voce profonda. — Io scommetto su Ectis in tutto il paese! Ho la possibilità di vincere trentamila sterline.
— Oh, davvero? — L’allenatore fu sollevato. Lui pensava di poter essere considerato un complice di Brille, ma nello stesso tempo temeva che il fantino lo ingannasse. — Bene, avrete una buona corsa per il vostro denaro, dice Brille...
— Quel che dice Brille non m’interessa — rispose il padrone, gentilmente. — Lui non guida il cavallo... ho portato qui un fantino dalla Francia. E, signor Lingford, ho cambiato allenatore. Ho consegnato personalmente il cavallo al signor Sandford mezz’ora fa, e se voi vi avvicinate a Ectis vi spedirò davanti ai giudici di gara. Posso darvi un consiglio? L’esterrefatto allenatore non spiccicò parola.
— Il mio consiglio — disse Anthony Braid — è duplice. Uno: andate nel recinto degli allibratori e scommettete su Ectis tanto da vincere una somma che vi sistemi per il resto della vita, perché penso che non allenerete più cavalli; due: non tentate mai di imbrogliare uno che si è laureato alla Borsa di Johannesburg. Arrivederci!
Ectis vinse di tre lunghezze, e nel settore malfamato del pubblico delle corse il signor Anthony Braid si guadagnò un nuovo appellativo. Dopo essere stato “l’eccentrico” e “il gonzo”, ora divenne “il Raffa”, diminutivo di arraffone. E il nome gli rimase. Gli fu rinfacciato un giorno nel suo ufficio londinese, quando intrappolò Aaron Trosky della Trosky Limited per molto più di cinquantamila sterline. È vero che il signor Trosky, nella sua purezza di cuore, aveva tentato di intrappolare il signor Anthony Braid per una cifra superiore su una questione relativa ai diritti di estrazione mineraria, ma questo non contava.
— Non sei migliore di un truffatore — gemette l’agitato Aaron. — Per questo ti chiamano il Raffa, e questo sei!
— Chiudi la porta, uscendo — rispose Anthony.
Niente affatto scoraggiato dall’esperienza del signor Trosky, un certo Felix Fenervy gli propose un affare di platino. Avrebbe dovuto essere più furbo. Anthony esaminò le mappe, lesse i vaghi rapporti degli ingegneri e invitò il signor Fenervy a pranzo. Anche Anthony aveva da proporre un affare di platino: una striscia di territorio nella Rhodesia settentrionale.
Perché, propose il gentile Tony, non uniamo le due proprietà sotto il nome di Consolidated Platinum Trust, e prendiamo tutti gli utili dell’attività?
L’idea esaltò Fenervy. L’indomani mattina pagò alla sua vittima ventitremila sterline come deposito, ed ebbe l’impressione di arricchirsi.
Questo era Anthony Braid, la cui ricchezza era nota solo al suo banchiere, fino a quella mattina in cui andò a far visita a un uomo che gli chiuse la porta in faccia, perché era irritato con lui, nonostante lo trovasse simpatico. Se Tony Braid trovasse a sua volta simpatico lord Frensham è irrilevante: i suoi affetti erano tanto concentrati su un altro membro della famiglia che la diffidenza di lord Frensham e l’odio di Julian Reef non erano tenuti in nessun conto da lui. — Il signor Anthony Braid, milord —
disse il maggiordomo.
Lord Frensham si accomodò nella poltrona davanti alla scrivania, si passò nervosamente le dita tra i folti capelli grigi e corrugò la fronte.
— Oh! — borbottò. Guardò l’uomo, e poi con gesto impaziente della mano: — Va bene, fallo passare, Charles!
Spalle quadrate, trascurato nel vestire, in quel momento non sbarbato, lineamenti marcati, manone, voce rude, modi bruschi: quello era l’ottavo conte di Frensham. Per ostinazione e lealtà, era entrato nel mondo della City con lo scopo di ricostituire un patrimonio familiare ormai irrecuperabile, e il suo carattere semplice e simpatico lottava di continuo con la spietatezza che le circostanze richiedevano.
Quando Charles se ne fu andato, aprì un cassetto della scrivania e tirò fuori un fascicolo gonfio di documenti, lo aprì e girò un foglio dopo l’altro.
Ma la sua mente non pensava agli affari del Lulanga Oil Syndicate: stava rimuginando il tipo di risposta definitiva e sferzante che avrebbe dato tra pochi minuti.
— Il signor Anthony Braid, milord.
L’uomo che entrò nella biblioteca era la dimostrazione che un buon sarto e un attento maggiordomo servivano molto a dare un ottimo aspetto. La sua struttura sparuta dava l’illusione dell’altezza. La giacca nera era di ottimo taglio; il panciotto grigio aveva bottoni di onice; i pantaloni a righe avevano una piega perfetta. Il quarantenne Braid era dritto come un fuso. I capelli quasi neri accentuavano il colorito olivastro di un volto lungo ma non sgradevole. Gli occhi erano scuri e impenetrabili. Si fermò, fissando il suo ospite, e non parlò finché non furono soli.
— Ebbene? — lo provocò Frensham. — Siediti, siediti, Braid. O non vuoi sciuparti l’abito?
Il signor Braid posò cappello, guanti e bastone con cura meticolosa, e prima di sedersi si aggiustò i pantaloni alle ginocchia. — Una bella mattina
— disse. Aveva la voce armoniosamente profonda e un sorriso disarmante.
— Mi auguro che tu stia bene, Frensham... e Ursula?
Lord Frensham non era in vena di parlare né del tempo né della figlia. —
Ho avuto la tua lettera — disse burbero — e a dirti la verità mi è parsa piuttosto una... una...
— Impertinenza — disse il signor Braid, con occhi lievemente ridenti.
— Esattamente — confermò l’altro irritato. — Se non peggio. In sostanza mi dici che Julian Reef, mio nipote, ma anche condirettore,
“manovra” le azioni Lulanga Oil, cioè che sta facendo del suo meglio per rovinarmi. Francamente, Braid, mi ha sorpreso che tu abbia messo per iscritto un’accusa così mostruosa. Non mostrerò la tua lettera a Reef, altrimenti...

 

lunedì 20 gennaio 2025

Ramarro





Nel 1986 un giovane disegnatore di nome Giuseppe Palumbo si presenta nella redazione della Primo Carnera Editore, mitica casa editrice che dall’inizio del decennio con la carica iconoclasta del suo Frigidaire entusiasma i lettori italiani grazie alla genialità dei suoi autori, Pazienza, Scòzzari, Liberatore e tanti altri. Il ventiduenne autore di Matera reca con sé alcune splendide tavole di un nuovo personaggio, un nerboruto e verdissimo supereroe dal nome di Ramarro che di lì a poco, dopo l’esordio sul n. 12 di Tempi Supplementari, avrebbe invaso le pagine di Frigidaire con le sue folli gesta.
Ramarro è infatti un eroe sui generis, come il rettile da cui prende il nome ha la possibilità di far ricrescere le parti del corpo che nel corso delle sue avventure gli vengono asportate. Anzi, a maggior ragione, Ramarro gode della situazione e questo fa di lui il primo e forse unico eroe masochista della storia del Fumetto. Le autolesionistiche imprese di Ramarro si propagano all’interno di un mondo dalle atmosfere livide e sature di colori cangianti e iridescenti. L’epicità dell’ambientazione diventa una perfetta cornice per Ramarro, eroe nero, perverso e decadente, che non rifugge l’abisso ma vi si specchia bramoso lasciandosi cadere.
Geni del Male, donzelle in pericolo, mondi da salvare, Ramarro ci si butta a capofitto, ogni avventura un pretesto per soddisfare il suo masochistico bisogno di mutilazione e dolore, sempre alla ricerca di un avversario feroce e sanguinario, pronto ad infliggergli le pene più atroci. Obiettivo finale: la sua totale e straziante autodistruzione. Nel corso degli anni Ramarro affronterà numerose avventure e numerose amputazioni e accompagnerà il suo creatore in diverse esperienze editoriali. Ogni impresa una nuova agonia, nuovi violentissimi scontri e soprattutto nuove meravigliose tavole nelle quali Palumbo si evolve come artista e matura come autore.


 

sabato 18 gennaio 2025

Lucia Brandoli: A un poeta



Una donna cerca
qualcuno che venga a portarsi via tutti
i libri di una casa.

Un solo
            possibile
                          giorno.
                                      Una sola
                                                         ora.

Così univoco da destare sospetti.
Ma a te solo so pensare.
Ai soldi mancanti. Desiderata.

Ai libri
di cui ti privavi
per restare

a galla,
nella città del mondo.
Fintanto che ti batteva il cuore.

venerdì 17 gennaio 2025

Nick Charles

 

Stati Uniti, 1934 / Dashiell Hammett

Ex investigatore della Trans-American Detective Agency (così come lo stesso Dashiell Hammett aveva per molti anni fatto parte della famosa agenzia Pinkerton come investigatore), Nick Charles è un duro nella migliore tradizione dell'hardboiled novel: beve smodatamente (sostiene di non poter pensare se non ha in mano un cocktail) e quando è colpito dice che si tratta
di un semplice graffio. Ma in fondo è un duro dal cuore tenero.


Di origine greca (il suo vero nome è Charalambides), alto e magro, Nick Charles è molto attraente e ha un discreto successo con il gentil sesso anche se è legatissimo alla moglie Nora, milionaria e donna estremamente attraente, che talvolta lo aiuta nelle sue indagini. Molto dotato di humour, lui sembra tollerare il suo aiuto e considerare la sua collaborazione con un po' di sufficienza, ma spesso è proprio lei a cavarlo dai pasticci suggerendogli una possibile soluzione.


Anche se Hammett ha dedicato alla coppia un solo romanzo, L 'uomo ombra (The thin man, 1934), Nick e Nora Charles hanno goduto di notevole fortuna al cinema, alla radio e alla televisione. 




Grazie alla riuscitissima interpretazione di William Powell e Mirna Loy e alla brillante sceneggiatura di Albert Hackett e Frances Goodrich, marito e moglie, L'uomo ombra, diretto nel 1934 da Woodbridge Strong Van Dyke, ottiene infatti un tale successo che la stessa équipe realizzerà altri tre film: Dopo l'uomo ombra (After the Thin Man, 1936), Si riparla dell'uomo ombra (Another Thin Man, 1939), L'ombra dell'uomo ombra (Shadow of the Thin Man, 1941).



In seguito, cambiando sceneggiatori e regista e allontanando i sempre più dal canovaccio iniziale di Hammett, la serie continua con altri due film di un certo successo: L'uomo ombra torna a casa (The Thin Man Goes Home, 1945) di Richard Thorpe e Il canto dell'uomo ombra (Song of the Thin Man, 1947) per la regia di Edward Buzzell.




William Powell e Mirna Loy interpretarono Nick e Nora Charles anche alla radio, nel 1936, diretti da Cecil B. De Mille, e alla televisione in una serie dal 1957 al 1959 per 67 puntate, con Peter Lawford as Nick Charles e Phyllis Kirk as Nora Charles.


Russell Mulcahy nel 1994 dirige al cinema un film ispirato all'Uomo Ombra, con Alec Baldwin nell'Uomo Ombra, poi John Lone, Penelope Ann Miller, Peter Boyle, Ian McKellen e Tim Curry.