giovedì 16 gennaio 2025

URANIA n.19 - Arthur C. Clarke: Preludio Allo Spazio



Dirk Alexson gettò via il libro e salì la breve rampa di scale che lo portava al
ponte di osservazione. Era ancora troppo presto per vedere la terra, ma
l'avvicinarsi della fine del viaggio lo aveva reso irrequieto e incapace di
concentrarsi. Si avvicinò agli stretti oblò posti nel bordo di attacco della
grande ala e guardò in basso verso la macchia confusa dell'oceano
sottostante. Non c'era niente da vedere: da quell'altitudine anche le più
violente tempeste dall'Atlantico erano invisibili. Osservò per un momento il
vuoto grigiore sotto di lui e poi si mosse verso l'indicatore radar. La linea
luminosa sullo schermo aveva cominciato a disegnare le prime eco indistinte
ai limiti della sua portata. La terra era davanti a lui, 16 chilometri sotto e a
320 chilometri di distanza: la terra che Dirk non aveva mai visto sebbene
fosse per lui molto più reale del paese che lo aveva visto nascere. Da quelle
rive, durante gli ultimi quattro secoli, i suoi antenati erano partiti per il Nuovo
Mondo in cerca di libertà e fortuna. Ora lui ritornava, sorvolando in meno di
tre ore i mari su cui essi avevano faticato per lunghe settimane. Arrivava per
una missione che essi non avrebbero mai potuto sognare.
L'immagine luminosa di Land's End si era mossa sullo schermo radar prima
che Dirk potesse intravedere la linea costiera che si avvicinava: una macchia
scura quasi perduta nelle brume dell'orizzonte. Sebbene non avesse sentito
nessun cambiamento di direzione, sapeva che l'apparecchio stava
abbassandosi sulla lunga spirale che lo avrebbe portato all'aeroporto di
Londra, 640 chilometri più lontano. Fra pochi minuti avrebbe udito di nuovo,
debole ma infinitamente rassicurante, il brontolio cupo dei grandi reattori,
come se l'aria aumentasse di densità e gli portasse ancora una volta la loro
musica.
La Cornovaglia era una macchia grigia che sprofondava a poppa troppo
rapidamente perché lui potesse identificare qualcosa dei suoi contorni. Per
quanto ne sapeva, il re Marco poteva ancora attendere sulle rocce crudeli la
nave che portava Isotta, mentre sulle colline Merlino poteva parlare ai venti e
pensare al suo destino. Da quell'altezza la terra poteva apparire uguale a
quella dei tempi in cui i muratori posero l'ultima pietra delle mura di
Tintagel.
Ora l'apparecchio scendeva verso un tappeto di nuvole così bianco e
abbagliante che feriva gli occhi. Dapprima sembrava rotto soltanto da leggere
ondulazioni, ma adesso che si innalzava verso di lui, si accorse che le
sottostanti montagne di nuvole erano costruite in misura gigantesca. Un
momento più tardi i picchi erano sopra di lui, e l'apparecchio sembrò
attraversare un enorme passo fiancheggiato da ogni parte da sporgenti pareti
di neve. Si ritrasse involontariamente quando le bianche scogliere
sembrarono precipitare su di lui, poi si rilassò non appena l'impalpabile
bruma lo avvolse e non poté vedere più niente.
Lo strato di nuvole doveva essere molto spesso perché riuscì appena a
intravedere Londra, e quasi inaspettatamente fu sorpreso dal lieve urto
dell'atterraggio. Poi i suoni del mondo di fuori affluirono a lui: le voci
metalliche degli altoparlanti, lo sbattere dei portelli e, al di sopra di questo,
l'affievolirsi del sibilo delle grandi turbine che rallentavano fino a fermarsi.
La pista bagnata, gli autocarri in attesa e le grigie nuvole sopra la testa
dispersero le ultime impressioni di romanzo o di avventura. Piovigginava
leggermente e quando il trattore, ridicolmente minuscolo, trascinò il grande
veicolo verso la rimessa, i suoi fianchi luccicanti lo facevano assomigliare
piuttosto ad una creatura degli abissi marini, anziché del cielo aperto. Sopra
le capotte dei turbogetti salivano piccole spirali di vapore quando l'acqua vi
scorreva dalle ali.
Con sua grande soddisfazione, Dirk vide che qualcuno lo aspettava alla
barriera doganale. Non appena il suo nome fu spuntato dalla lista passeggeri,
un uomo robusto di mezz'età gli venne incontro con la mano tesa.
«Dottor Alexson? Lieto di conoscerla. Mi chiamo Matthews. Sono venuto per
accompagnarla ai quartieri generali di Southbank e mettermi a sua
disposizione per il tempo che starà a Londra.»

 

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