giovedì 9 gennaio 2025

URANIA 18 - Clifford D. Simak: Anni Senza Fine



Pa' Stevens era seduto sullo sdraio, e mentre seguiva con lo sguardo la
falciatrice al lavoro sentiva i raggi dolci del sole affondare gentili nel suo
corpo, scaldargli le ossa. La falciatrice giunse al margine del prato, chiocciò
come una gallina soddisfatta, eseguì una curva perfetta e ricominciò a falciare
un'altra striscia di prato. La sacca che conteneva l'erba tagliata continuava a
gonfiarsi.
D'un tratto la falciatrice si fermò e cominciò a ticchettare, irritata. Un
pannello, sul suo fianco, si aprì di scatto, e un braccio simile a una piccola
gru uscì dall'apertura, e scese verso il basso. Dita prensili d'acciaio pescarono
tra l'erba, e risalirono, trionfanti, stringendo un sasso; lo calarono in una
piccola cassetta, e sparirono nuovamente all'interno del pannello. La
falciatrice gorgogliò, e ricominciò a fare le fusa come un grosso gatto satollo,
seguendo la striscia di prato.
Pa' grugnì, guardando con aria sospettosa la macchina.
«Un giorno o l'altro,» bofonchiò, «Quella miseria di un aggeggio si farà
scappare uno stuzzicadenti, e si prenderà l'esaurimento nervoso.»
Abbassò lo sdraio e guardò in alto il cielo bagnato dal sole. Un elicottero
scintillava altissimo. Da un punto imprecisato della casa giunse un
insopportabile miagolio musicale. Qualcuno aveva acceso la radio. Pa',
ascoltando la musica, rabbrividì e sprofondò ancor più nello sdraio.
Era Charlie, che si preparava a una di quelle prove di contorsionismo che
chiamava ballo. Miseria d'un ragazzo.
La falciatrice gli passò accanto, chiocciando allegramente, e Pa' le lanciò
un'occhiata maliziosa.
«Automatica» disse, guardando il cielo. «Adesso tutti i maledetti
congegni sono automatici. Adesso ti basta guardare una macchina e dirle
qualcosa all'orecchio e lei si ammazza per fare tutto il lavoro.»
La voce di sua figlia che gridava per sovrastare l'infernale frastuono della
radio, lo chiamò dalla finestra.
«Babbo!»
Pa' si agitò, inquieto.
«Babbo, per favore, spostati quando la falciatrice ti passa vicino. Non
cercare di dimostrarti più cocciuto di lei. Dopotutto è soltanto una macchina.
L'ultima volta sei rimasto seduto, e l'hai costretta a girarti intorno. Non
capisco che gusto ci provi.»
Non rispose, mosse soltanto leggermente il capo, sperando che sua figlia
pensasse che lui era addormentato, e lo lasciasse in pace.
«Papà.» gridò lei, «Mi hai sentito?»
Capì che non serviva a niente.
«Sicuro, sicuro, ti ho sentita,» brontolò. «Mi stavo proprio per alzare.»
Si alzò in piedi, lentamente, appoggiandosi pesantemente al bastone.
Così si sarebbe pentita del modo in cui lo trattava, vedendo come era
diventato vecchio e debole; però doveva fare attenzione. Se lei si fosse accorta
che avrebbe potuto fare benissimo a meno del bastone, gli avrebbe
subito trovato un'infinità di lavori da fare e, d'altro canto, se si appoggiava
troppo al bastone Betty avrebbe mandato di nuovo ad affliggerlo quello
stupido dottore.
Brontolando, spostò lo sdraio nella parte del prato sulla quale la
falciatrice era già passata. La falciatrice, che stava ripassando, lo gratificò di
un borbottio maligno.
«Un giorno o l'altro,» le disse Pa', «Ci penserò io a spaccarti una molla.»
La falciatrice gli rispose con un ululato di scherno, e si allontanò
serenamente per il prato.
Dalla strada erbosa giunse uno stridio metallico, giunse il rumore
scoppiettante di un motore.
Pa', che stava per sdraiarsi tranquillamente, si alzò e si mise in ascolto.
Il rumore si ripeté, più vicino e più chiaro; era il rumore ansante di un
motore difettoso, era il rumore di pezzi metallici male in arnese.
«Un'automobile!» esclamò Pa.' «Un'automobile, miseria ladra!»
Si mosse, fece per correre verso il cancello, ricordò appena in tempo di
essere vecchio e debole — e che, probabilmente, sua figlia era ancora alla
finestra — e avanzò a lunghi passi.
«Dev'essere quel pazzo di Ole Johnson,» si disse Pa'. «È l'unico che abbia
ancora un'automobile. Miseria di un vecchio, è troppo cocciuto per rinunciarvi.»
Era proprio Ole.

 

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