Si può affermare con un certo fondamento di verità che le avventurecapitano agli avventurosi; ma avvenimenti strani possono accadere achiunque.Nessuno, per esempio, possedeva un carattere più tranquillo del tenentecolonnello in pensione Johnny Stirland. Sbarcato a Thabeikyin, inBirmania, aveva abbandonato il fiume proseguendo oltre le montagneattraverso la giungla, fino alle miniere di rubini di Mogok, per il semplicee romantico desiderio di acquistare una pietra preziosa per una donna. Ora,in quel luogo remoto, dopo appena sei ore di permanenza, gli accadde ilprimo incidente strano, il primo di una lunga serie, che sarebbe poicontinuata attraverso l'oceano, per terminare nelle luminose e febbrilimetropoli moderne.Giunse alla "Casa dei Viaggiatori", situata sul declivio al disopra dellacittà, verso mezzogiorno, consumò la sua colazione, e poi, con un sigaro diBirmania in bocca, si distese su una poltrona a sdraio per godersi unatranquilla siesta. Era invece destino che non dovesse aver pace.Come se fossero usciti di sottoterra, piombarono a un tratto nellaveranda tre indigeni, i quali si accoccolarono ai suoi piedi, e glipresentarono dei vassoi carichi di piccole pietre: schegge di zaffiri e dirubini, frammenti di ametiste e topazi, tormaline quasi invisibili; i rifiutidelle miniere di rubini.Stirland rifiutò le loro offerte, dapprima cortesemente, e poi conviolenza, ma essi non si dettero per vinti; l'ostinazione era la loro veramercanzia; si limitarono quindi a ritirarsi nel giardino, dove siacquattarono uno di fianco all'altro, pazienti come corvi intorno a unavittima non ancora morta.Stirland richiuse gli occhi, ma ecco che di nuovo si udì stridere ilchiavistello del cancello posto all'estremo limite del giardino, e un ufficialein uniforme, robusto nella persona, con un viso inespressivo e due baffettiimpertinenti, s'incamminò per il sentiero che si snodava tra le ben tenuteaiuole di fiori, sali i gradini che conducevano alla veranda e salutò.— Vi chiedo scusa di presentarmi da me, signore — disse scandendo leparole — sono il capitano Thorne, soprintendente di polizia del distretto.Il colonnello Stirland si alzò, aggrottando le ciglia. Presagiva unaseccatura.— È molto gentile da parte vostra essere venuto a trovarmi — disse. —Volete accomodarvi... benché a dire il vero il padrone di casa siatepiuttosto voi che io, qui.— Affatto — disse il capitano, che tuttavia sedette. Seguì un silenziointerrotto da Stirland che cavò di tasca un portasigarette.— Posso offrirvene una?— Vi ringrazio; se permettete fumerò la mia pipa.Il colonnello represse a stento un sospiro. Incominciò a calcolare quantesigarette si potevano fumare per ogni pipata; una intanto, certamente,mentre la pipa veniva riempita e accesa. Il capitano Thorne non contavapiù di trentacinque anni, ma aveva i movimenti lenti e accurati dei vecchi.— Siete passato per Bhamo due giorni fa — disse alla fine.— Ho attraversato le colline di Yunnan — rispose Stirland.I due uomini tornarono silenziosi. Thorne si mise a guardare il giardino.La responsabilità gli gravava le spalle come uno zaino — anche Stirland sene poteva accorgere — come uno zaino portato da un uomo in pienoassetto di marcia. Volse lentamente lo sguardo dal giardino e portandolosul viso di Stirland, tentò nuovamente.— Avete percorsa a piedi la Cina per due mesi.— È vero.— Lo avete raccontato ad un mio collega di Bhamo.— Infatti.— Molto tempo fa.— Non credo di aver fatto nulla di male — rispose Stirland in tonoblando.— No certamente — fece Thorne con serietà.Tacquero di nuovo e di nuovo gli occhi di Thorne si volsero verso ilgiardino, mentre egli rimuginava altre domande difficili, senza che nullatrasparisse dal suo viso. Per lui, tutte le questioni erano difficili e andavanoaffrontate con circospezione. Era venuto da Stirland perché aveva bisognodel suo aiuto, ma non era nel suo carattere di aprirsi prima di aversottoposto l'altro a un vero processo.— Andavate a caccia? — gli chiese.— Quando mi capitava. Avevo infatti con me un fucile e un Mannlicherda caccia.Thorne evidentemente era deluso.— Forse il vostro scopo era di fare dei rilievi topografici?— Ne ho fatto qualcuno per mio piacere — rispose Stirland — ma senzanessun incarico.Il sovrintendente era completamente avvilito; ma volle tentare ancoraun'ultima domanda, per accertarsi definitivamente che quello non eral'uomo di cui aveva bisogno.Fischiettò un poco, sdraiato sulla sua poltrona, e poi azzardò:— Colonnello Stirland, mi perdonereste una domanda forse indiscreta?Il colonnello Stirland fissò con occhi freddi ed acuti il suo ospiteimbarazzato e rispose con calma:— Difficilmente.— Eppure ve la farò egualmente — disse l'altro con ostinazione. — Nonè in certo qual modo una pazzia che un uomo giovane come voi, nellavostra posizione sociale, col vostro aspetto, indubbiamente ricco, che puògodere di tutti i piaceri che la fine della guerra gli ha messo a portata dimano, se ne vada in giro per il mondo a piedi, con uno o due servi indigenie con una scorta che anche un mercantuccio birmano disprezzerebbe?La domanda era infatti indiscreta, ma venne fatta senza nessuna cattivaintenzione. Thorne si era espresso in tono timido e diffidente; pure il visoabbronzato di Stirland si fece di fiamma.
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