martedì 31 dicembre 2024

MONDADORI n.17 - E. Phillips Oppenheim: Il corriere scomparso



La sera del 2 aprile, alle otto e tre quarti, c'era pochissima gente sulla
piattaforma n. 21 della stazione di Liverpool Street, forse perché tale
piattaforma è la più fuori di mano e la meno frequentata di quella stazione
capolinea. Peraltro il primo capostazione era lì presente con un ispettore di
servizio. Un uomo bruno, con un lungo soprabito da viaggio e un cappello
floscio e con una valigetta a mano di pelle marrone, sulla quale spiccava in
lettere nere il nome di John P. Dunster, se ne stava a pochi passi di
distanza, fumando un sigaro e apparentemente assorto nella lettura dei
numerosi avvisi che decoravano la parete sudicia dall'altro lato di
quell'unico binario. Sopra un carrello carico di una sola valigia, stavano
seduti due facchini. Nessun altro viaggiatore era in vista, nessun bagaglio.
Infatti, secondo l'orario, per parecchio tempo nessun treno doveva partire o
arrivare su quella linea. Giù, all'altra estremità della piattaforma, la sbarra
di legno veniva aperta e un altro facchino si avvicinava, trascinando
rumorosamente un carrello su cui erano caricate alcune valigie. Dietro il
carrello veniva un giovanotto alto, vestito di grigio e col cappello di paglia.
L'ispettore lo osservò con curiosità.
— Direi che ha sbagliato strada — disse. Il capostazione assentì.
— Mi pare quel giovanotto che ha perso il treno in coincidenza con la
nave — osservò. — Forse viene qui a chiedere chiarimenti.
Il giovanotto in questione si avvicinava rapidamente. Aveva le mani
sprofondate nelle tasche e la fronte corrugata. Quando fu a pochi passi,
notata la figura del signor John Dunster, fece un cenno al facchino di
attenderlo, e, attraversata la piattaforma, gli si accostò, dicendogli:
— Permette che le dica una parola, signore?
John Dunster si volse a guardare il suo interlocutore. Si volse senza
fretta, anzi con una certa calma che pareva deliberata, e il suo sguardo
improvvisamente brillò di una vivacità penetrante. Era ben vestito, con
l'accuratezza che caratterizza di solito i viaggiatori americani. Di età
apparentemente giovane, completamente sbarbato, con delle larghe spalle,
aveva un aspetto forte e vigoroso, di uomo energico, pieno di vita, pronto a
tutto e disposto a tutto.
— Lei è il signor John Dunster? — chiese il giovanotto.
— C'è qui il mio biglietto da visita, signore — rispose l'altro, facendo
dondolare la valigetta. — Il mio nome è infatti John Dunster.
L'espressione del giovanotto non era molto simpatica. Alla sua aria di
musoneria si aggiungeva ora il nervosismo di chi si accinge a un'impresa
ingrata.
— Se permette, vorrei chiederle un favore — continuò. — Se non può
farmelo, la prego di dirmelo senz'altro e me ne andrò subito. Sono diretto
all'Aja e avrei dovuto prendere il treno in coincidenza con la nave, partita
mezz'ora fa. Avevo già fissato il posto e mi avevano assicurato che il treno
non si sarebbe mosso prima di dieci minuti buoni, dovendo attendere il
carico postale . Scesi sulla piattaforma per comperare dei giornali e mi
fermai a discorrere con un amico. O mi sono fermato più a lungo di quanto
pensassi, o hanno fatto più presto di quanto credessero a caricare la posta,
fatto sta che quando tornai il treno era già in moto. E non mi permisero di
saltare nel vagone come avrei potuto fare benissimo, se quello stupido
ispettore non fosse stato là a trattenermi.
— Sono molto severi in questo paese, lo so — ammise Dunster, senza
mutare espressione. — Continui pure, la prego.
— Ho notato che anche lei è arrivato in ritardo. Mentre stavo
protestando con l'ispettore, ho sentito che lei parlava con il capostazione.
Poi mi sono informato e ho saputo che ha ordinato un treno speciale per
Harwich.
John Dunster non rispose, ma i suoi occhi intelligenti e penetranti
scrutavano quel giovanotto dall'aspetto immusonito ma apparentemente
innocuo.
— Sono entrato nell'ufficio del capostazione — continuò costui —
sperando di persuaderlo a lasciarmi salire col personale del suo treno, ma
mi hanno fatto un mondo di difficoltà; quindi ho pensato che fosse meglio
venire direttamente da lei. Mi permette di salire nel suo scompartimento o
in qualunque altro posto del suo treno, fino ad Harwich?
Dunster lì per lì evitò di rispondere direttamente. Aveva l'aria di chi, con
o senza ragione, trova sgradevole la domanda che gli viene rivolta.
— Le preme molto fare la traversata stanotte? — domandò.
— Moltissimo — ammise il giovane con calore. — Non avrei davvero
dovuto perdere il treno. Devo essere all'Aja domani.
John Dunster si girò lievemente.
— Di quale natura sono gli affari urgenti che la chiamano all'Aja? —
chiese.
Il giovane esitò.
— Temo — disse in tono acre — che lei forse non li troverà di molta
importanza. Devo prendere parte alle gare di golf.
— Gare di golf all'Aja? — ripeté Dunster con tono leggermente mutato.
— Come si chiama lei?
— Gerald Fentolin.
Dunster rimase un momento perplesso. Egli possedeva una straordinaria
memoria e in quel momento si accorse di ricorrere a essa con un certo
sforzo. Fentolin! Quel nome gli rievocava vagamente qualche cosa da cui
doveva guardarsi. Con la fronte aggrottata rimase pensoso senza trovare
risposta. Poi, tutto a un tratto sorrise, e mettendosi sotto la luce di un
fanale, spiegò un giornale che teneva in tasca e lo sfogliò, finché trovò la
cronaca sportiva. Là, in uno dei primi articoli, vide il nome che pochi
istanti prima aveva attirato per caso il suo sguardo.

 

lunedì 30 dicembre 2024

Radar




Radar è un personaggio immaginario protagonista di una omonima serie a fumetti pubblicata negli anni sessanta in Italia da Angelo Fasani e realizzata da Tristano Torelli e Franco Donatelli; è uno dei primi supereroi italiani e venne pubblicato anche in Inghilterra con il nome di Wonderman. Esiste un altro omonimo personaggio ideato dal disegnatore messicano Alberto Carreño negli anni quaranta e pubblicato anche in Italia. Il personaggio comparve inizialmente in una serie di storie pubblicate sulla testata Il Nuovo Sceriffo presenta RADAR, evoluzione di quella del Piccolo Sceriffo; la serie si interruppe nel 1963 ma la collana continuò cambiando la testata in Radar senza però nuove storie del personaggio ma con altre serie a fumetti di altri personaggi. Fu uno dei principali successi dell'editore.

 

G. Baltinester, Il miliardario Pumps cerca un uomo, 1932







 

venerdì 27 dicembre 2024

Peter Gunn

 

Stati Uniti, 1958/ Blake Edwards

Colto e affascinante, con un look un po' alla Cary Grant, Peter Gunn (Craig Stevens) ama la musica jazz, si diletta di pittura e fa, con una certa noncuranza, l'investigatore privato a Los Angeles. Ha un ufficio al 351 di Ellis Park Road, ma è più facile trovarlo da Mother's ad ascoltare cantare la sua fidanzata Edie Hart (Lola Albright) o a chiacchierare con il proprietario del
locale, l'attore Hope Summer.


Prodotta da Blake Edwards (che in seguito dirigerà film come Operazione
sottoveste (Operation petticoat), Colazione da Tiffany (Breakfast of Tiffany 's) e alcuni film del ciclo della Pantera Rosa (The Pink Panther), serie cinematografica di undici film incentrati sul personaggio dell'ispettore Clouseau, un imbranato ispettore di polizia francese in corpo alla Sûreté di Parigi, interpretato per i primi sei film da Peter Sellers, magistralmente e indimenticabilmente doppiato da Giuseppe Rinaldi.

 

Ispirati ai titoli di testa del primo film della serie venne realizzata una serie di cortometraggi animati incentrati sull'omonimo personaggio che vi era esordito, ideato nel 1963 da Isadore "Friz" Freleng; seguirono anche varie serie animate televisive e videogiochi oltre a un vasto merchandising ispirato al personaggio. Si tratta un po' di una divertente e ironica parodia del genere ed è ricordata anche per l'accattivante tema conduttore composto da  Henry Mancini.

giovedì 26 dicembre 2024

URANIA n.16 - Eric Frank Russell - Il pianeta maledetto



La prematura esplosione del diciassettesimo razzo diretto alla Luna
avvenne nell'anno 1972. Non vi fu nulla di spettacolare, nel grande scoppio,
che fu attenuato dalla distanza. Ad occhio nudo, l'improvviso fiammeggiare
del suo carico di magnesio da segnalazione non parve che un breve e rapido
scintillio di intenso splendore sulla superficie della Luna o in prossimità di
essa. Ma quell'avvenimento suscitò un pandemonio.
Sedici insuccessi precedenti avevano ormai abituato il pubblico alla cosa.
L'uomo della strada ammetteva che i razzi diretti alla Luna potessero
scoppiare lontano, come ammetteva che gli aeroplani precipitassero a terra,
malgrado tutte le assicurazioni ufficiali. Dei sedici insuccessi, otto erano stati
americani, quattro inglesi, tre francesi e uno canadese, tutti di razzi senza
pilota e guidati automaticamente. Dollari in quantità erano stati sprecati, ma
nessuna vita umana era andata perduta.
L'opinione pubblica, reagendo alla propaganda sviluppata in precedenza ad
ogni lancio, cercava di dare una spiegazione a quei continui insuccessi, e di
spiegazioni ne aveva trovate due: o i tecnici non erano tecnicamente
infallibili come affermavano, o venivano sistematicamente sabotati da
un'organizzazione ben decisa a impedire che i razzi raggiungessero la Luna.
La propaganda incoraggiava naturalmente la seconda teoria, non per odio
politico o per convinzione, ma per distogliere l'attenzione del pubblico dalla
prima teoria, assai meno desiderabile.
Quando trenta milioni di rubli si volatilizzarono in un attimo nello spazio,
insieme a Mikicenko, il pilota che guidava il razzo russo, le cose tornarono
però a complicarsi. Evidentemente, non si poteva incolpare i russi di
sabotaggio. Doveva esservi un'altra ragione.
Questa era la situazione, quando John Armstrong lesse un articolo del
professor Mandle nello Herald. Il professore illustrava una sua tesi che si
poteva definire la teoria dello "strato Mandle". Secondo lui, questo strato era
un mortale involucro elettromagnetico che avviluppava la Luna a una
distanza variabile da un giorno all'altro, cioè da dieci a dodicimila miglia
circa dalla superficie lunare. Era una nuova tesi, moderatamente documentata
dai pochi dati disponibili.
Armstrong era un uomo grosso, corpulento, tarchiato, dalle spalle enormi
ed era anche un feroce consumatore di scarpe dalla fitta suola. Piombava
dove meno lo si aspettava con la velocità di una locomotiva, ma non era
affatto altrettanto rumoroso. Forzando la poltrona ai limiti del possibile,
mentre appoggiava all'indietro il suo rispettabile peso, fissò lo schermo
televisivo su cui era riprodotta la pagina dello Herald e si impresse nella
memoria la nuova tesi.
Infine, chiamò Mandle al fonovisore. Il viso del professore, giovane,
bruno, ricciuto, apparve sullo schermo.
«Non credo mi conosciate» disse Armstrong. «Sono John J. Armstrong.
Sono finanziariamente interessato al diciottesimo razzo, in costruzione nel
Nuovo Messico. Se verrà terminato, il futuro solo lo dirà, dato che la gente si
è messa a strillare. Se poi si metterà in moto anche il Congresso, dovremo
allora rinunciare a tutto. Se la vostra tesi risponde alla verità, dovremmo
rinunciare al progetto. Perciò, vorrei farvi un paio di domande. Primo, credete
vi sia un mezzo per misurare questo strato elettromagnetico senza bisogno di
distruggere un razzo? Secondo, credete sia possibile superarlo e proseguire?»
«Ebbene» rispose Mandle «saprete già che tutti i dati segnalati per radio dai
razzi a guida automatica confermano senza alcun dubbio la presenza di un
involucro ionizzato attorno alla Terra. Dunque, attorno alla Luna può
esservene un altro, analogo in superficie, ma non eguale. La sua natura non è
nota. Ma undici dei diciassette razzi sono esplosi a una distanza da dieci a
dodicimila miglia dal satellite, quando già avevano superato il novantacinque
per cento del percorso. È una coincidenza troppe volte ripetuta, per essere una
coincidenza. È un fenomeno, quindi, che nasconde una legge vera e propria».
«Può darsi» brontolò Armstrong. «Gli altri sei razzi, però, non sono andati
tanto lontano, e due sono scoppiati in partenza».
«Dobbiamo tener conto, per questo, del fattore umano» ribatté
Mandle «cioè difetti di progettazione, forse di lavorazione, e così via. Tutti
quei razzi, come sapete, non avevano pilota ed erano autoguidati appunto
perché siamo ancora all'oscuro di molte cose, e ammettiamo il rischio. È
inevitabile che, anche con la migliore delle intenzioni, alcuni dei primi razzi
scoppiassero assai prima di raggiungere il punto critico, in prossimità della
Luna».
Armstrong si fregò il grosso mento con l'enorme mano pelosa.

 

mercoledì 25 dicembre 2024

André Campra

 

Nato a Aix-en-Provence il 4 dicembre 1660 e morto a Versailles il 29 giugno 1744, è stato un compositore e direttore d'orchestra francese di musica barocca, autore di vari melodrammi.
Nel panorama musicale barocco, tra le note che danzano nell’aria e i movimenti sinuosi che riempiono gli spazi, emerge la figura illustre di André Campra, compositore francese del XVII secolo.
La sua vita e il suo contributo artistico si intrecciano in un balletto armonioso che continua ad ispirare generazioni di appassionati di musica e di danza.
Svolse la sua attività artistica nel periodo compreso fra Jean-Baptiste Lully e Jean-Philippe Rameau, contribuendo sensibilmente al rinnovo dell'opera francese del periodo.

Figlio di un medico italiano, Francesco Campra di origine piemontese, la sua famiglia si trasferì ancor prima della sua nascita in Francia, dove egli poté approfondire i suoi studi musicali e religiosi nella cattedrale di Saint-Sauveur nella città Aix-en-Provence, dove prese i voti nel 1678.
Dal 1694 al 1700 fu maestro di cappella presso la Cattedrale di Notre-Dame di Parigi, dopo aver ricoperto simili incarichi a Tolosa, Tolone e Arles. A partire dal 1697 cominciò però a manifestare i primi interessi nei confronti del teatro musicale, scrivendo in gran segreto la sua prima opera e alcune musiche di scena, per il timore di venire scoperto dalle autorità ecclesiastiche, visto lo stretto divieto che veniva fatto agli uomini di chiesa di dedicarsi ad attività profane. Inutilmente si celò per i primi tempi dietro uno pseudonimo, ma nel 1700 si dedicò completamente al teatro suscitando numerosi consensi di critica e di pubblico già con il suo primo lavoro, l'opéra-ballet L'Europe galante (1697).
Fu direttore musicale di corte dopo Luigi XIV e del teatro di corte. Durante l'ultima parte della sua vita riprese i voti dedicandosi esclusivamente alla musica sacra.

Campra ha scioccato la gente quando ha introdotto i violini nella musica sacra suonando alla  Cathédrale Notre-Dame  de Paris, dove era impiegato come direttore musicale.  Ha scritto musica sacra, cantate e una messa da requiem.  Poco prima del 1700 si allontana dalla musica sacra e comincia a concentrare le sue attenzioni sulla musica di teatro – opera. Ha scritto quasi venti opere tra cui  Iphigénie en Tauride,  Idoménée e Alcine. Questi tre lavori hanno visto una sorta di rinascita negli ultimi anni con registrazioni recenti e le persone stanno cominciando ancora una volta a sedersi e prenderne atto.
Seppur ponendosi in una posizione intermedia fra Lully e Rameau, i suoi lavori incontrarono vasti consensi di pubblico; mostrando sensibilità ed eleganza melodica, ebbe come principale scopo quello di unire le peculiarità stilistiche della musica italiana con le virtù della musica francese. Molte sue creazioni contengono infatti pagine in italiano, come "Les fêtes vénitiennes" (1710).

Pertanto, è nel mondo della danza che la sua arte si rivela in tutta la sua magnificenza, trasportando l’ascoltatore in un vortice di emozioni e movimenti che riflettono la complessità della vita stessa.
La danza, per Campra, non era solo un insieme di passi coreografici, ma un’espressione dell’anima umana in tutte le sue sfumature.
Nelle sue composizioni, si possono percepire le gioie e le sofferenze, i trionfi e le sconfitte, gli amori e le passioni che costellano il cammino dell’esistenza.
Ogni nota, ogni accento ritmico, ogni cambio di tonalità racconta una storia, evocando immagini vivide e sensazioni palpabili.
La sua abilità nel combinare la musica con la danza era magistrale, creando opere che mescolavano l’eleganza della forma con la profondità del contenuto.
I suoi balletti e le sue opere teatrali erano intrisi di una tale vivacità e vitalità che trasportavano il pubblico in un mondo di pura bellezza e incanto.
L’ascoltatore si trovava immerso in un viaggio sensoriale, dove le emozioni fluivano liberamente e le passioni bruciavano luminose come stelle nel cielo notturno.

Ma la vita di Campra non è stata priva di sfide.
Pur trovando successo e riconoscimento nel suo lavoro, ha dovuto affrontare le pressioni e le critiche del suo tempo, così come le difficoltà personali che spesso accompagnano il genio creativo.
Tuttavia è proprio attraverso queste sfide che la sua arte ha acquisito profondità e significato, trasformando le sue esperienze in opere di straordinaria bellezza e profondità emotiva.
Oggi, l’eredità di André Campra vive attraverso le sue composizioni, che continuano ad essere eseguite e celebrate in tutto il mondo.
La sua musica e la sua danza sono testimonianze viventi della forza e della resilienza dello spirito umano, capaci di toccare le corde più profonde dell’anima e di trasportare l’ascoltatore in mondi di pura meraviglia e contemplazione.
Nel suo incantesimo di suoni e movimenti, André Campra ci ricorda che la vita stessa è un balletto, un’armonia perfetta di gioia e dolore, di luce e oscurità, di movimento e quiete.
Attraverso la sua musica, continuiamo a danzare al ritmo della vita, lasciandoci trasportare dalle sue melodie incantevoli e dalle sue danze ipnotiche, nell’eterna ricerca della bellezza e della verità che risiede nel cuore di ogni essere umano.

martedì 24 dicembre 2024

MONDADORI n.16 - Edgar Wallace: Il giustiziere



Il capitano Michael Brixan aveva alcune personalissime e innocenti
superstizioni. Credeva ad esempio che, se vedeva una cornacchia verde in
un campo senza ombra di dubbio avrebbe visto un'altra cornacchia verde,
prima del tramonto del sole. E quando, a un'edicola della stazione di Aixla-
Chapelle vide e acquisto una rivista sulla cui copertina spiccava il titolo
"Ero una comparsa" si preoccupo meno delle sensazionali rivelazioni che
delle circostanze in cui avrebbe sentito o letto il termine "comparsa"
utilizzato in quel senso particolare L'articolo non lo interessò affatto, era
annoiato, al punto da non riuscire ad appassionarsi alla sensazionale ascesa
di un oscuro artista dall'anonimato alla celebrità e alla sua conseguente
ricchezza.
Ma "comparsa" era una parola che aveva fatto colpo su Michael il quale
pertanto attese che la giornata gli portasse l'inevitabile replica.
Sostenere che la criminologia non lo interessava, che gli scassinatori
erano a suo dire, meno seducenti di una partita di golf, e che, sempre
secondo lui era quasi tempo perso mettersi a leggere l'elenco dei vari
delitti, avrebbe potuto suscitare un impressione sbagliata in coloro che lo
conoscevano come l'agente più intelligente del Foreign Office.
Trascorreva la sua vita pubblica incontrando strani personaggi del
continente in oscuri ristoranti e con diversi ruoli, al fine di venire a
conoscenza delle correnti sotterranee che spingevano alla deriva le chiatte
della diplomazia verso porti insospettati. Questi erano gli incarichi che lo
soddisfacevano pienamente.
Pertanto, e ovvio che rimanesse alquanto seccato quando venne
allontanato da Berlino proprio nel momento in cui, a quanto sembrava, il
mistero del Patto Slovacco stava per essere risolto.
- Se mi lasciaste altre ventiquattr'ore, potrei riuscire a entrare in possesso
del documento effettivo - disse con aria di rimprovero al suo superiore, il
maggiore George Staines, quando l'indomani si presentò a rapporto a
White Hall - Spiacente - replicò quello, senza battere ciglio - ma la verità è
che abbiamo avuto un colloquio a quattr'occhi con il primo ministro
slovacco, il quale ci ha promesso di comportarsi da galantuomo e, in
pratica, ci ha fornito il testo del trattato... la faccenda si è risolta in una
pura transazione commerciale Michael conoscevate un certo Elmer?
L'agente del Foreign Office si sedette sul bordo della scrivania. - E mi
avete tatto venire da Berlino per farmi una simile domanda? - chiese
accigliato - Mi avete richiamato in Inghilterra per parlare di Elmer? È un
impiegato, non è veli maggiore Staines annuì.
- Lo era - precisò. - Tre settimane fa è scomparso e, esaminando i suoi
libri contabili, e emerso che andava sistematicamente rubando fondi che
avrebbe dovuto controllare.
- Mi dispiace - commentò Michael Brixan. - Sembrava proprio un
brav'uomo, del tutto inoffensivo. Ma certo non vorrete che mi metta a
cercarlo! Questo e un lavoro per Scotland Yard.
- Non voglio che vi mettiate a cercarlo - disse Staines lentamente -
perché beh, e stato già trovato.
Nel suo tono c'era qualcosa di molto significativo e sinistro e, prima che
il superiore potesse prendere il foglietto di carta dalla cartella sul tavolo,
Michael Brixan aveva già capito cosa l'aspettava.
- Non si tratterà, per caso, del Giustiziere? - chiese con un filo di voce
Persino lui sapeva chi era quel personaggio.
Staines annuì. Porse al subalterno l'annotazione scritta a macchina e
Michael lesse: Troverete una scatola nella siepe accanto al ponte della
ferrovia di Esher. Firmato: Il Giustiziere.
- Il Giustiziere! - ripeté meccanicamente Michael, lasciandosi sfuggire
un fischio.
- Abbiamo trovato la scatola e, ovviamente, la testa dello sfortunato
Elmer, recisa nettamente dal corpo - disse Staines. - È la dodicesima testa
in sette anni - proseguì Staines - e in ogni caso la vittima aveva violato la
legge. Anche se la questione del trattato non fosse stata sistemata, Michael,
vi avrei fatto ritornare.
- Ma è una questione che riguarda la polizia.
- Sotto un profilo tecnico voi siete un poliziotto - lo interruppe il capo - e
il ministro degli Esteri desidera che vi occupiate del caso, e ciò con
l'approvazione del ministro dell'Interno a cui, naturalmente, fa capo
Scotland Yard. Fino a questo momento, la notizia della morte di Francis
Elmer e la scoperta dei suoi macabri resti non è stata data alla stampa.
L'ultima volta è scoppiato un putiferio tale che ora la polizia preferisce
tenere calme le acque. L'unica informazione che posso darvi è che Elmer è
stato visto dalla nipote una settimana fa a Chichester. La ragazza, Adele
Leamington, lavora per la Knebworth Picture Corporation, che ha uno
studio a Chichester. Il vecchio Knebworth è un americano molto in gamba:
la ragazza lavora con lui, è una specie di comparsa...
- Comparsa? Sapevo che quella parola infernale sarebbe spuntata di
nuovo! Andate avanti, signore... che cosa volete che faccia?
- Andate a trovare quella ragazza - rispose il capo. - Qui c'è l'indirizzo.
- Esiste una signora Elmer? - domandò Michael, infilandosi in tasca il
foglietto di carta.
L'altro annuì. - Sì, ma non è in grado di fare alcuna luce sul delitto. A
proposito, è l'unica persona a sapere che quel poveraccio è morto. Non lo
vedeva da oltre un mese e, a quanto pare, erano separati da diversi anni.
Tra l'altro, la donna trae un considerevole profitto dalla sua morte, in
quanto Elmer aveva stipulato un'assicurazione in suo favore.
Michael rilesse il macabro messaggio lasciato dal Giustiziere.
- Qual è la vostra teoria in proposito? - domandò incuriosito.
- In linea di massima, penso che si tratti di un pazzo che si sente
investito della missione di punire i trasgressori.
Staines si appoggiò allo schienale della poltrona, mentre sul volto gli si
dipingeva un'espressione pensosa.


 

lunedì 23 dicembre 2024

Asso di Picche




Asso di Picche è un personaggio immaginario protagonista di una omonima serie a fumetti ideata da Mario Faustinelli e Hugo Pratt, e pubblicata in Italia dalla Uragano Comics Inc. dal 1945 al 1949. Il protagonista è stato il primo eroe mascherato del fumetto italiano. Rappresenta l'esordio come disegnatore di Hugo Pratt. Ha segnato la nascita della scuola veneziana cui parteciparono futuri grandi autori del fumetto italiano.

La trama ricorda quella degli eroi americani della Golden Age, soprattutto il Batman di Bob Kane e il Phantom di Lee Falk. Asso di picche è un giustiziere mascherato che indossa una calzamaglia gialla e che combatte il crimine internazionale, privo dei superpoteri dei supereroi ma abile nella lotta e nelle arti marziali, provvisto di una sorprendente agilità, e mal visto dalla polizia per le sue azioni sensazionali e fuorilegge. Dietro la maschera è Gary Peters, tipico giornalista fannullone sempre sull'orlo del licenziamento, con una fidanzata, Deanna Farrell, e un amico orientale che lo assiste nelle sue peripezie mascherate, il principe Wang.
 

N. Carelli - La cartolina illustrata, 1939




 




venerdì 20 dicembre 2024

Peter Duluth

 

Stati Uniti, 1936/ Patrick Quentin

Giovane e promettente regista teatrale di New York, Peter Duluth ci viene presentato nel primo romanzo di cui è protagonista - Manicomio (A puzzle for fools, 1936) - come un uomo distrutto che da due anni aveva «l'abitudine di passare bevendo le otto ore lavorative di una giornata». Si era ridotto così dopo avere assistito alla morte della sua donna, Madeleine, nell'incendio di un teatro senza poter far nulla per soccorrerla. 


Ora è in una clinica per disintossicarsi e qui conosce l'attrice Iris Pattison, ricoverata per una forma depressiva, insieme alla quale risolve un caso di omicidio, basandosi soltanto su delle supposizioni e che in seguito sposerà
quando, perfettamente guarito, si trasformerà in un abile investigatore dilettante.



In questo come in altri romanzi di Patrick Quentin, ha scritto Alberto del Monte, «l'imprevista rivelazione di una realtà criminosa coincideva con una crisi etico-sentimentale nella vita del protagonista, che s'avvedeva d'aver sempre sbagliato, d'aver costruito la propria esistenza su una realtà fittizia, di dover procedere a una revisione del suo modo di vivere.  ( ... ) la soluzione del
mistero significa anche l'acquisto della realtà».

giovedì 19 dicembre 2024

URANIA n.15 - Robert A. Heinlein: Oltre L'Orizzonte



I loro problemi erano stati risolti: i poveri non esistevano più, i malati,
gli storpi, i ciechi erano storiche memorie di un passato lontano, le antiche
cause di guerra erano state definitivamente abolite, gli Uomini non avevano
mai goduto di tanta libertà. Avrebbero dovuto essere tutti immensamente
felici...
Hamilton Felix arrivò al tredicesimo piano della Sezione
Compartimentale della Finanza, servendosi della scala mobile di sinistra, poi
sceso dalla pista scorrevole, si fermò davanti a una porta con la scritta:
MINISTERO DELLE STATISTICHE ECONOMICHE
UFFICIO ANALISI E PREVISIONI
DIREZIONE
RISERVATO
Punzonò la porta con una combinazione cifrata e attese il controllo visivo
che ebbe luogo immediatamente. La porta si aprì, e dall'interno una voce
disse: – Entra, Felix.
Felix obbedì, e dopo un'occhiata al suo ospite disse: – Tu fai novantotto.
– Novantotto che cosa?
– Novantotto gatti arrabbiati negli ultimi venti minuti. È un gioco. Ho
finito il conto in questo momento.
Monroe-AIpha Clifford ebbe un'espressione sorpresa, cosa che gli
capitava spesso quando aveva a che fare col suo amico Felix. – Come sarebbe
a dire? Hai certamente contato anche i contrari, immagino?
– Si capisce. Novantotto poveracci che avevano perduto il loro ultimo
amico, e sette che avevano l'aria contenta. Però – aggiunse, – per arrivare a
sette ho dovuto contare anche un cane.
Monroe-AIpha diede ad Hamilton una rapida occhiata nel tentativo di
capire se l'amico scherzava o no. Ma non ci riuscì. Raramente ci riusciva.
Molto spesso le osservazioni di Hamilton non avevano alcun contenuto serio,
e molte volte sembravano, almeno da un punto di vista tecnico, totalmente
prive di senso. E non rispettavano nemmeno i sei principi dell'umorismo.
Monroe-Alpha andava orgoglioso del proprio senso ironico ed era noto tra i
subalterni per il vezzo di pontificare sulla necessità di conservare sempre e
comunque una certa vis comica. La mente di Hamilton, invece, sembrava
seguire una misteriosa illogicità tutta sua, dotata di una certa sostanza, forse,
ma in apparenza completamente distaccata dal mondo reale.
– Qual è lo scopo dei tuoi calcoli? – chiese.
– Ho forse bisogno di uno scopo? Ti ripeto, mi sono divertito a finirli
giusto adesso.
– Ma i tuoi numeri non possono avere significato scientifico. Non è
possibile, con dati talmente scarsi, ricavare un diagramma esatto di
andamento. D'altronde, le tue supposizioni non sono controllate, e perciò i
risultati non hanno importanza.
Hamilton levò gli occhi al cielo. – O Fratello Maggiore, ascoltami -
mormorò. – O Vivente Spirito della Ragione, abbi pietà del Tuo servo. Nella
Tua più grande e sempre prospera città mi accorgo che l'aceto spumeggia in
ghigni nel rapporto di quattordici a uno... e lui dice che questo non ha
importanza!
Monroe-Alpha fece un gesto di dispetto. – Ti prego di non essere
irriverente – protestò. – E poi, il rapporto esatto è di sedici e un terzo a uno.
Non avresti dovuto contare il cane.
– Oh, lascia perdere! – gli rispose l'amico. – Come va la caccia alla coda?
– Si mise a girare per la stanza, mostrando di interessarsi ora a un oggetto ora
a un altro, sotto lo sguardo inquieto di Monroe-Alpha. Alla fine si fermò
davanti all'immenso accumulatore integrativo. – Mi sbaglio o è quasi giunto
il momento delle tue previsioni trimestrali?
– Non quasi... è il momento. Avevo appena terminato la prima serie
comprensiva quando sei arrivato tu. Vuoi vederla? – Si avvicinò alla
macchina, premette un pulsante, e da una fessura usci una copia fotostatica
che Monroe-Alpha staccò e consegnò a Hamilton senza neppure darci
un'occhiata. Non ce n'era bisogno: tutti i dati idonei erano stati immessi nel
calcolatore, e lui sapeva con certezza assoluta che ne sarebbe uscita la
risposta esatta. L'indomani avrebbe rielaborato un'altra volta il problema,
servendosi di un diverso procedimento. Se le due risposte non fossero andate
d'accordo, entro i limiti di errore concessi alla macchina, allora le cifre
avrebbero cominciato a interessarlo, a interessarlo enormemente. Ma questo,
naturalmente, non sarebbe successo.
Le cifre avrebbero dunque interessato i suoi superiori, dato che a lui
interessava soltanto il procedimento.
Hamilton scorse lo scritto con occhio non professionale.

 

mercoledì 18 dicembre 2024

Zygmunt Noskowski

 

(Varsavia 1846 - Wiesbaden 1909)

Il padre di Zygmunt Noskowski, Józef Lada Noskowski, era un ricco notaio che manteneva undici dei suoi figli e i cinque di Andrzej Towiański - teosofo e filosofo polacco, di cui entusiasta era la madre di Noskowski, Amelia de Salisch-Noskowska. La casa della famiglia Noskowski a Varsavia fu uno dei principali centri del towianesimo in Polonia ed essi stessi sostennero per molti anni le attività di Towiański in esilio. La famiglia Noskowski ignorò l'opera di Fryderyk Chopin, che parlò di Towiański e dei suoi insegnamenti con irritazione e disprezzo. Zygmunt Noskowski, nonostante l'avversione per Chopin acquisita in patria, divenne da adulto uno dei suoi propagatori più attivi in ​​Polonia. Nel corso del tempo abbandonò completamente il towianesimo.

Noskowski iniziò a studiare musica nella vera scuola media di Varsavia nel 1851. Oltre a suonare il pianoforte, comprendeva anche suonare il violino sotto la supervisione del famoso insegnante Jan Hornziel. Il suo talento musicale fu scoperto da Ignacy Feliks Dobrzyński, la cui figura - a causa della sua inconsapevolezza dei risultati di Chopin - rimase per Noskowski un esempio di compositore polacco. Il suo primo maestro fu Stanisław Moniuszko, di cui imparò le canzoni e alcune delle sue opere intorno al 1860. Il giovane Noskowski assistette al pogrom di una manifestazione patriottica delle truppe russe a Varsavia il 27 febbraio 1861. Nell'estate di quell'anno partecipò a una viaggio a Cracovia e sui Monti Tatra. Tutti questi eventi hanno avuto un forte impatto sulla personalità di Noskowski e si sono riflessi nelle sue successive attività creative, organizzative e giornalistiche.

Dopo la morte del padre, avvenuta il 23 giugno 1863, partecipò probabilmente all'insurrezione di gennaio.

Negli anni 1864–1867 studiò violino con Apolinary Kątski e contrappunto con Stanisław Moniuszko presso l'Istituto di Musica di Varsavia; ha completato i suoi studi con il secondo premio. Dal 1867 suonò nell'orchestra del Gran Teatro di Varsavia e nel 1871–1872 insegnò musica presso l'Istituto dei sordi e dei ciechi. Dal 1870 fu critico musicale del "Kurier Warszawski". Era socialmente attivo nella Società musicale di Varsavia. Nel 1872 ricevette una borsa di studio dalla Società Musicale di Varsavia e nel dicembre dello stesso anno si recò a Berlino, dove studiò composizione con Friedrich Kiel all'Akademie der Künste. Durante questi studi compose, tra gli altri: Variationen und Fuge über ein Thema von IB Viotti per quartetto d'archi (dedicato a Kiel), e dal 1874 lavorò alla Prima Sinfonia in la maggiore, che presentò in un concerto pubblico a Berlino nell'aprile 1875 come opera di diploma. Questo lavoro è stato ben accolto sia dalla critica che dal pubblico. Dopo essere tornato a Varsavia, Noskowski organizzò un concerto del compositore il 10 novembre 1875 nella sala Resursa Obywatelska. Il programma, oltre alla Prima Sinfonia, comprendeva, tra gli altri: l'ouverture Morskie Oko, che ottenne un notevole successo. Tuttavia, gli sforzi di Noskowski per trovare un lavoro permanente a Varsavia si sono conclusi con un fallimento. Grazie alla raccomandazione di Friedrich Kiel, ottenne finalmente l'incarico di direttore musicale cittadino e direttore (nonché direttore d'orchestra) della Società di canto "Bodan" di Costanza, dove si recò probabilmente alla fine del 1875, dopo aver sposato Stanisława Segedy, una diplomata in pianoforte presso l'Istituto di Musica di Varsavia.

L'attività di Noskowski a Costanza ebbe luogo negli anni 1876–1880. Sotto la sua direzione, la Società dei cantanti "Bodan" raggiunse lo status di miglior gruppo corale del Baden, guadagnò una notevole autorità tra i musicisti e il riconoscimento del Granduca Federico I di Baden. La stabilità finanziaria e familiare consentì un intenso lavoro creativo. A Costanza, tra gli altri, primo ciclo di Krakowiacy per pianoforte, Quartetto con pianoforte op. 8, Quartetto d'archi n. 1, op. 9 e la Sinfonia n. 2 in do minore "Elegia". Nel 1880 Noskowski incontrò Liszt a Baden-Baden, che subito dopo prese parte alla prima esecuzione del Quartetto per pianoforte op. 8. La crescente posizione di Noskowski non è passata inosservata alla comunità musicale di Varsavia. Nel 1878 ricevette un'offerta per diventare insegnante presso l'Istituto musicale, ma la rifiutò. Instaurò invece una collaborazione con "Ech Muzyczny", pubblicando articoli (tra cui una serie intitolata "Drogowskazy") in cui valutava duramente i rapporti artistici di Varsavia, la povertà dei programmi dei concerti, il dilettantismo della critica, il disprezzo per le opere dei compositori polacchi, ecc. Questi articoli furono accolti con voci polemiche. 

Nonostante le buone condizioni in cui visse e lavorò a Costanza, per tutto il 1880 Noskowski ebbe l'intenzione di trasferirsi in un centro più ampio della vita musicale. Inizialmente considerò Weimar o Lipsia, ma non si sa in quali circostanze ricevette un'altra offerta da Varsavia, dove il direttore dimissionario della Società Musicale di Varsavia, Władysław Żeleński, lo propose come suo successore. Il 25 novembre 1880, questa istituzione organizzò un concerto di Noskowski, durante il quale, oltre all'ouverture Morskie Oko, già nota al pubblico, diresse la prima mondiale della sua sinfonia n. 2 in do minore, "Elegia". Nonostante l'affluenza di pubblico molto bassa, entrambi i lavori sono stati ben accolti dalla critica e dalla comunità musicale. Questo fatto probabilmente segnò la decisione di Noskowski di assumere la carica di direttore della Società musicale di Varsavia. Ciò avvenne finalmente nel gennaio 1881, quando Noskowski, insieme alla sua famiglia, compreso il figlio Zygmunt Stanisław, si trasferì definitivamente a Varsavia.
La tomba del compositore Zygmunt Noskowski (1846-1909) nel cimitero Powązki a Varsavia.

Noskowski considerava suo compito principale nella nuova posizione la ricostruzione della vita musicale a Varsavia, il cui sviluppo era stato ostacolato per tutto il XIX secolo e addirittura soppresso nei periodi successivi alla rivolta a causa delle restrizioni delle autorità zariste e del pauperizzazione. degli abitanti della città. Noskowski iniziò ricostruendo il coro della Società Musicale, annunciando le iscrizioni e conducendo lezioni gratuite di canto corale e regole musicali per i nuovi membri nominati. Quindi iniziò a realizzare l'idea dei concerti sinfonici settimanali a Varsavia. A tal fine, fece sforzi energici per fondare un'orchestra sinfonica permanente a Varsavia, il cui compito era, tra gli altri, eseguire opere di compositori polacchi. Questi tentativi non hanno portato un successo duraturo. L'orchestra fondata e diretta da Noskowski, che tenne il suo concerto inaugurale l'8 maggio 1881, fallì dopo solo un anno, nonostante la sua inclusione nelle strutture della Società Musicale e la collaborazione di solisti eccezionali come Aleksander Michałowski e Stanisław Barcewicz. Né l'orchestra successiva, fondata nel maggio 1886, né l'orchestra amatoriale, fondata nello stesso anno - entrambe organizzate e guidate da Noskowski - sopravvissero a lungo. La causa dei fallimenti furono enormi problemi finanziari, che costrinsero il compositore a coprire il deficit di tasca propria e, di conseguenza, a cercare reddito scrivendo musica per spettacoli poco sofisticati e adattamenti scenici rappresentati nei teatri da giardino. Dopo questo abbandonò per un po 'progetti creativi più ambiziosi. Il punto successivo nel piano di Noskowski era quello di organizzare concerti da camera settimanali, sia all'interno che all'esterno delle attività del Società Musicale, di solito anche con la partecipazione di Michałowski e Barcewicz. A causa della scarsità di fondi, Noskowski stesso si esibì lì come violinista, violista, pianista e persino cantante, cosa che a volte veniva erroneamente considerata un segno del suo desiderio di promuoversi. L'energia con cui ha affrontato le varie sfide e il suo modo un po' abrasivo nel trattarle gli ha creato molti nemici; d'altra parte, fu criticato per aver trasformato alcune serate intime in incontri sociali e persino feste danzanti, cosa che fece per attirare nuovi membri per la Società Musicale, reclutati tra gli strati più ricchi della classe media. Nonostante queste controversie e diverse gravi crisi nelle attività, grazie a Noskowski la vita musicale di Varsavia divenne più regolare.


Un’opera fondamentale per Noskowski è la Sinfonia n. 2 in do minore, composta nel periodo 1875-79. Nell'autografo, questo lavoro si chiama Symfonia Elegijna e il movimento finale è intitolato “Per aspera ad astra!”. Nel programma del concerto di Cracovia il 6 aprile 1883 tutti i movimenti portano titoli programmatici:

1. Naród w niewoli [La nazione in schiavitù];
2. Nadzieje i wezwanie do walki [Speranza e chiamata alle armi];
3. Elegia poległym bohaterom [Elegia sugli eroi caduti].
4. ‘Per aspera ad astra!’.

In questo contesto acquista particolare significato il titolo del movimento finale: “Per aspera ad astra”. Dimostra che è adattata per riflettere sulla lotta polacca per l’indipendenza nazionale. 
La Seconda Sinfonia di Noskowski mostra diversi indicatori musicali che avevano lo scopo di dimostrare la sua lucidità. Il primo e l'ultimo movimento iniziano con il motivo del motto di tre note C – B – G, discendente dalla principale. In un articolo Noskowski affermò che questa figura melodica era tipica della musica popolare polacca. In effetti, è stato utilizzato anche da molti altri compositori europei dell’epoca per sottolineare il colore “nazionale” della loro musica, in particolare dal norvegese Edvard Grieg.
In ogni caso, questo motivo non gioca alcun importante ruolo strutturale nei movimenti esterni della Seconda di Noskowski. Fa, tuttavia, parte dell'ampia melodia elegiaca del movimento lento, da cui l'intera opera ha preso il nome. Si riferiscono anche a Noskowski alcune danze polacche nella sua Seconda Sinfonia: al “Kujawiak” nel primo movimento e al “Krakowiak” nello scherzo. A questo proposito, segue il modello di Ignacy Feliks Dobrzyński, che aveva utilizzato diverse danze polacche ritmiche in ogni movimento della sua Sinfonia n. 2. Noskowski adattò l’idea di Dobrzyński di combinare il cambio di modo con l’uso di una melodia patriottica, ma, come verrà mostrato, la trasferì a un livello molto più elevato di complessità strutturale, accessibile solo agli intenditori.

Noskowski conclude il suo lento movimento elegiaco in modo minore, evidentemente per evitare il raddoppiamento dell'effetto “per aspera ad astra”. Ha persino adattato al suo il tema principale del primo movimento della Sinfonia di Dobrzyński; tuttavia, lo impiega in un modo diverso. Nella Sinfonia di Dobrzyński il tema è presentato nella lenta introduzione in modo patetico e lamentoso, apre anche l'Allegro molto dove gli risponde un'esplosione in fortissimo dell'intera orchestra su un accordo di settima diminuita. Questo gesto forte, quasi operistico, rappresenta apparentemente un grido di protesta collettivo. Nella Sinfonia di Noskowski, il tema Dobrzyński è introdotto in un modo piuttosto discreto e velato da parte delle voci basse all'inizio dell'Allegro molto. La dinamica del fortissimo viene raggiunta molto più tardi nel corso di un complesso processo di sviluppo motivico.

Ovviamente, Noskowski voleva evitare un semplicistico effetto “Deus ex machina”. Nel finale l'aspetto della melodia della canzone è preparato con cura dai due temi dell'ultimo movimento, che sono entrambi legati a esso e anche al tema principale del primo. Il secondo tema è presentato in mi bemolle maggiore nell'esposizione. È seguito da una coda in cui diversi temi vengono composti simultaneamente. Nella sezione sviluppo di questo movimento, c'è un feroce conflitto, che culmina nella completa distruzione del materiale tematico, simile in questo al primo movimento di Beethoven nella Sinfonia Eroica.

martedì 17 dicembre 2024

MONDADORI n.15 - Agatha Christie: Dalle nove alla dieci



La signora Ferrars morì nella notte di giovedì, dal 16 al 17 settembre. Mi vennero a chiamare alle 8 di mattina, venerdì, 17. Non c'era più niente da fare, era già morta da qualche ora.
Quando ritornai a casa, erano appena suonate le nove. Aprii la porta d'entrata e indugiai per qualche minuto nel vestibolo per appendere il cappello e il soprabito. Non voglio con questo dire che in quel momento avevo una premonizione degli eventi che si sarebbero verificati nella settimana successiva. Ma l'istinto mi diceva che qualcosa stava per accadere. Dalla camera da pranzo, a sinistra, mi arrivò il rumore di tazze e stoviglie, e il tossire secco di mia sorella Caroline.
«Sei tu, James?» domandò.
Domanda inutile, chi altro poteva essere? Era proprio lei, mia sorella, la causa di quella sosta in anticamera.
Scrive Kipling che il motto delle manguste è "Corri e scopri". Se Caroline dovesse mai adottare uno stemma araldico le consiglierei senz'altro una mangusta rampante; ma potrebbe benissimo tralasciare la prima parte del motto. Caroline può eseguire qualsiasi indagine standosene in casa. Non so come faccia, ma ci riesce sempre. Ho un vago sospetto che le persone di servizio e i fornitori costituiscano il suo ufficio informazioni. Quando esce, non è per raccogliere notizie, è per diffonderle; e anche in questo dimostra una perizia ammirevole.
Era precisamente quest'ultima particolarità del suo carattere che mi teneva sospeso in uno stato di profonda incertezza. Qualunque cosa avessi detto ora a Caroline della morte della signora Ferrars, ero sicuro che nel giro di un'ora sarebbe diventata di pubblico dominio. Come medico ho un dovere di discrezione, perciò, fin dove mi è possibile, evito di dare a mia sorella qualsiasi notizia. È vero che lei viene a sapere ugualmente tutto, ma per lo meno ho la soddisfazione morale di dire che non l'ha saputo da me. Il marito della signora Ferrars era morto da poco più di un anno, e Caroline aveva sempre sostenuto, per quanto la sua convinzione non avesse il minimo fondamento reale, che sua moglie l'aveva avvelenato. Sdegnosamente rifiutava di accettare la mia dichiarazione che il signor Ferrars era morto per una gastroenterite acuta, aggravata dall'abuso di bevande alcoliche. D'accordo che i sintomi della gastroenterite e dell'avvelenamento da arsenico non sono molto dissimili, ma mia sorella basa le sue accuse su argomenti ben diversi.
«Non hai che da guardarla in faccia» l'ho sentita dire. La signora Ferrars, quantunque non giovanissima, era molto attraente, e vestiva con raffinata e sobria eleganza. Comunque molte donne comprano gli abiti a Parigi ma non per questo avvelenano i mariti. Ero ancora a rimuginare in anticamera quando sentii la voce di Caroline, stavolta un po'
seccata.
«Che diavolo stai a fare lì, James? Perché non vieni a far colazione?»
«Vengo subito» m'affrettai a rispondere.
Entrai nella sala da pranzo, le diedi il solito buffetto sulla guancia e sedetti davanti al piatto di uova al prosciutto. Il prosciutto era piuttosto freddo.
«Hai avuto una chiamata molto presto stamattina» osservò Caroline.
«Sì» risposi «a King's Paddock. La signora Ferrars.»
«Lo so.»
«Come hai fatto a saperlo?»
«Me l'ha detto Ann.» Ann è la nostra cameriera. Una ragazza simpatica, ma una irrefrenabile pettegola.
Ci fu una pausa. Continuai a mangiare le uova e il prosciutto. Il naso di mia sorella, che è lungo e sottile, ebbe come un leggero fremito, cosa che di norma è indice di profondo interessamento e curiosità. «Be'?» domandò.
«Brutto affare. Non ho potuto far nulla. Deve essere morta mentre dormiva.»
«Lo so» disse ancora Caroline.
«Non puoi saperlo» risposi brusco «non lo sapevo neppure io prima di arrivare là, e non ne ho ancora parlato con nessuno. Se quella pettegola di Ann lo sa, deve essere un'indovina!»
«Non è stata Ann a dirmelo. È stato il lattaio, che l'ha saputo dalla cuoca di casa Ferrars.»
Come ho già detto, non è necessario che mia sorella esca a caccia di notizie. Se ne sta in casa, e le notizie corrono da lei.
«Di che cosa è morta? Malattia di cuore?» continuò.
«Non te l'ha detto il lattaio?» le domandai. Ma il sarcasmo con mia sorella è sprecato. Non lo raccoglie.
«Non lo sapeva» mi spiegò.
«È morta per aver ingerito una dose troppo forte di veronal. Lo prendeva già da qualche tempo per l'insonnia. Deve averne preso troppo.»
«Macché» interruppe Caroline «l'ha fatto apposta. E tu vorresti darmela a bere?»
«Ci risiamo» dissi. «Ma perché la signora Ferrars avrebbe dovuto togliersi la vita? Vedova, ancora discretamente giovane, in buone condizioni finanziarie, in buona salute, non aveva altro da fare che godersi la vita. È
assurdo quello che dici.»
«Macché! Anche tu devi aver notato che ultimamente era diversa dal solito. Da circa sei mesi era cambiata. Sembrava come tormentata da un incubo. E poi tu mi hai detto proprio ora che non poteva dormire.»
«E allora qual è la tua diagnosi?» domandai freddamente. «Forse un amore finito male?»
Caroline scrollò il capo.
«Rimorso!» disse con enfasi.
«Rimorso?»
«Sicuro. Non hai mai voluto credermi quando ti dicevo che aveva avvelenato suo marito. Ora ne sono più che mai convinta.»
«Manchi totalmente di logica» obiettai. «Una donna che ha commesso un omicidio ha abbastanza sangue freddo per goderne i frutti e per non essere tormentata dal rimorso al punto di togliersi la vita.»
Caroline scosse di nuovo il capo.
«La signora Ferrars non era di questo genere. Era un fascio di nervi. Un impulso incontrollabile l'aveva spinta a sbarazzarsi del marito perché lei era una donna che non poteva tollerare la sofferenza e non c'è dubbio che la moglie di un uomo come Ashley Ferrars deve aver sofferto molto...»
Annuii.
«E da allora è stata ossessionata dal ricordo di quello che aveva fatto. Sento molta pietà per lei.»
Non credo che Caroline sentisse pietà per la signora Ferrars quando era ancora viva. Ora che se ne era andata per sempre, Caroline era disposta a indulgere a sentimenti teneri come la pietà e la comprensione. Le dissi che le sue supposizioni erano assurde. E insistetti con tanta maggior fermezza, in quanto, nel mio intimo, sentivo che poteva esserci qualcosa di vero in quanto lei affermava. Ma non volevo arrivare a scoprire la verità semplicemente in base a ipotesi e a punti interrogativi: non intendevo per nulla incoraggiare questo suo modo di procedere. Ero sicuro che sarebbe andata in paese a divulgare le sue teorie e tutti avrebbero pensato che fossero basate su fatti e referti medici che io le avevo fornito.
«Tu dici che le mie parole sono assurde» ribatté lei. «Vedrai! Scommettiamo qualunque cosa, che ha lasciato una lettera in cui confessa tutto?»
«Non ha lasciato nessuna lettera» risposi asciutto, senza prevedere le conseguenze di tale dichiarazione.
«Ah! Quindi te ne sei interessato! Io credo che, in fondo, tu la pensi come me. Ti conosco!»
«Non si può respingere a priori l'eventualità di un suicidio» dissi in tono conciliante.
«Faranno un'inchiesta?»
«Può darsi. Se io potrò dichiarare in piena convinzione che il veleno fu ingerito accidentalmente si potrà fare a meno dell'inchiesta.»
«E tu ne sei proprio convinto?» insinuò mia sorella. Non risposi e mi alzai da tavola.

 

lunedì 16 dicembre 2024

Tex






Tex è una serie a fumetti western incentrata sull'omonimo personaggio ideato nel 1948 da Giovanni Luigi Bonelli e Aurelio Galleppini ed edita in Italia dalla Sergio Bonelli Editore.
Il personaggio nacque nel 1948 senza molte aspettative per il suo successo ma divenne col tempo un fenomeno editoriale.
Nelle prime storie realizzate, il personaggio riprendeva molte caratteristiche dal personaggio di Occhio Cupo come i jeans così stretti da sembrare una calzamaglia, gli stivali flosci e la camicia a frange. Quando, contrariamente a tutte le previsioni, Occhio Cupo si rivelò un insuccesso mentre Tex incominciava a riscuotere il successo del pubblico, queste caratteristiche vennero abbandonate in favore dell'aspetto che caratterizzerà d'ora in poi il personaggio. Il nome fu ispirato dall'insegna di un negozio milanese, "Tex Moda" mentre il cognome avrebbe dovuto essere "Killer", ma fu stemperato in Willer su consiglio di Tea Bonelli poco prima di andare in stampa per non sfidare le ire dei censori.


 

Giana Anguissola - Punire Clara, 1939







 

venerdì 13 dicembre 2024

Perry Mason

 Stati Uniti, 1933 / Erte Stanley Gardner

Protagonista di un'ottantina di romanzi polizieschi - col titolo che inizia sempre con le stesse parole: The case of .. , Il caso di ... - ma reso popolarissimo soprattutto dalla televisione, Perry Mason, il cosiddetto
"avvocato del diavolo", è un giovane penalista davvero infallibile, dalla figura possente e dai metodi personalissimi, perennemente in contrasto con il tenente Arthur Tragg e col procuratore distrettuale Hamilton Burger.


Perry Mason è nato nel 1891 in Pennsylvania e ha lo studio nel centro di Los Angeles, tra la Settima strada e Broadway. Se un caso gli interessa accetta di occuparsene, anche indipendentemente dalle possibilità economiche dell'eventuale cliente, ma rifiuta se non è davvero convinto che il proprio patrocinato sia del tutto incapace di commettere il crimine di cui è stato
accusato.



Lo schema dei vari "casi" che Perry Mason deve di volta in volta affrontare è quasi sempre lo stesso. Tutto inizia con un cliente nei guai, ma l'avvocato, nonostante tutte le apparenze, crede nelle sue parole e promette di aiutarlo. Quando il suo patrocinato viene arrestato e tutto sembra perduto, Perry Mason, con l'aiuto dell'investigatore privato Paul Drake e della fedele segretaria Della Street, riesce sempre a scagionarlo in extremis prima che la
giuria si ritiri in camera di consiglio.



La maggior parte delle volte i lettori non sanno nulla delle indagini svolte da Paul Drake e dagli investigatori della sua agenzia e si limitano a conoscere i risultati, spesso indispensabili a Perry Mason per condurre i suoi interrogatori e i suoi controinterrogatori memorabili, fondamentali per far scagionare un
innocente ingiustamente accusato di qualche delitto, dopo gli immancabili
colpi di scena finali. 



I romanzi di Erte Stanley Gardner si sono conquistati subito l'attenzione del
grosso pubblico, anche se non è raro che in questa serie l'invenzione vada talvolta a scapito del meccanismo e le varie sottigliezze giuridiche siano spesso più importanti dell 'intera vicenda.
Senza dimenticare che nella realtà alcuni avvocati i sono talvolta ispirati
proprio ai metodi di Perry Mason. 
«In Arizona - raccontava Gardner, - un pubblico accusatore, disorientato da una serie di circostanze di fronte alle quali aveva avuto la sensazione di dover rinunciare all'accusa, scoprì che Perry Mason si era trovato ad affrontare una situazione simile, che aveva risolto con grande acume. L'accusatore prese così a imitare la tecnica di Perry Mason in aula. Al che il giudice, sorpreso, si domandò cosa diavolo stesse combinando. L'accusatore rispose che stava seguendo le orme di Perry Mason. Il giudice aggiornò l'udienza. Lesse il libro,
tornò in aula, dichiarò che la tattica di Perry Mason era impeccabile e autorizzò l'accusatore a continuare. Il vero assassino fu condannato. Il processo arrivò in Corte d'appello e questa confermò la condanna, rendendo
onore al sistema di Perry Mason».


Creato nel 1933, Perry Mason ha raggiunto ben presto una notevole popolarità, tanto da essere protagonista di alcuni film negli anni Trenta oltre che di lunghe serie radiofoniche e televisive. 
Sul grande schermo il miglior interprete di questo personaggio è stato forse Warren William. 


Ma il Perry Mason più popolare è indubbiamente quello televisivo, a lungo interpretato dall'attore Raymond Burr, che ha girato più di duecento telefilm in nove anni. Può essere curioso ricordare che Burr è diventato così popolare interpretando questo ruolo che nel 1960 ha ottenuto una laurea in legge ad honorem dall'Università di Sacramento!


Nel 1973 è stata realizzata negli Stati Uniti una nuova serie di telefilm,
trasmessa anch'essa anche in Italia, dove il ruolo dell'avvocato del diavolo
era stato affidato a Monte Markham. Accolta piuttosto freddamente dagli spettatori, troppo abituati al "vecchio" Raymond Burr, questa serie è stata presto interrotta.


Raymond Burr ha rivestito i panni di Perry Mason in alcuni film televisivi realizzati a partire dal 1985. Il ritorno di Perry Mason, un tv movie del 1985, ha infatti segnato il ritorno di questo attore nei panni dell'abilissimo "avvocato del diavolo". Dopo aver fatto per qualche tempo il giudice, il vecchio Perry Mason decide di tornare a fare il penalista per difendere la sua ex segretaria Della Street, ingiustamente accusata di avere ucciso il suo nuovo principale.


Le avventure letterarie di Perry Mason sono state continuate alla fine degli anni Ottanta dallo statunitense Thomas Chastain, che ha ottenuto dagli eredi di Erle Stanley Gardner, la moglie e la figlia, il permesso di "resuscitare" il famoso avvocato del diavolo. Anche questi romanzi, come quelli scritti da Erle
Stanley Gardner, sono pubblicati in Italia da Mondadori.


Nel 2020 va in onda una serie televisiva statunitense, Perry Mason, creata da Ron Fitzgerald e Rolin Jones. La serie è basata sul celebre personaggio e ne narra le origini nella Los Angeles del 1932 durante la Grande depressione. 
Nel giugno 2023 la serie viene cancellata dopo la seconda stagione. 
Perry Mason è interpretato da Matthew Rhys; Della Street da Juliet Rylance e Paul Drake da Chris Chalk.