Henley Bridger si svegliò. Proprio accanto alle sue orecchie, alcune pietrebattevano su una superficie metallica con un rumore di tuono. Dopo qualcheistante il fracasso si smorzò, si ridusse a un leggero scorrere di ghiaia, poi finìe fu il silenzio.Il chimico continuò a rimanere disteso, con gli occhi chiusi.Non aveva ancora le idee perfettamente chiare, ma distingueva un vagoodore di muffa. Era coricato sulla schiena, col braccio destro ripiegato sotto ilcorpo, e aveva qualcosa di molle che gli pesava sulle cosce. Aprì gli occhi.Era buio, ma non tanto quanto gli sembrò al primo momento. Capì di esseredisteso nell'incavo di una parete metallica curva e sentì una specie di segad'acciaio che gli incideva le costole.Cercò di muovere il braccio destro: impossibile. Tentò allora di alzarsi,ma ricadde con un gemito nella cuccetta di metallo. Attese qualche istante,poi si sollevò prudentemente sul gomito valido e riuscì a disincastrare ilbraccio destro.Lo fletté due o tre volte per assicurarsi che non fosse rotto, mosse le ditaaffinché il sangue riprendesse a circolare, poi, appoggiandosi alla paretemetallica, allungò una mano per tastare quello che gli pesava sulle gambe. La"cosa" lanciò un urlo e schizzò via con un rumore sordo. Bridger la udìansimare e piagnucolare nel buio, mentre la ghiaia ricominciava a rotolaresulla parete metallica al disopra della sua testa. Penosamente Bridger cercò dialzarsi, ma i piedi erano come anchilosati. Aveva inoltre un gran vuoto nelcervello, ma a poco a poco vaghi ricordi gli tornarono in mente. Per esempio,che lui si trovava in un autobus pieno di gente. L'autobus era entrato in untunnel. Poi c'era stato un terremoto, una valanga o qualcosa di simile, el'autobus si era arrampicato lungo un muro. E infine quell'odore, come dimuffa: un odore che Bridger non ricordava di avere mai sentito, prima.Fece ancora un piccolo sforzo di memoria: la "cosa" che aveva urlatodoveva essere quella bionda rosea e paffuta che stava seduta davanti a lui.Ora Bridger si sentiva perfettamente normale, ma la faccia gli prudeva inmodo insopportabile. Alzò la mano per grattarsi... e si punse i polpastrelli.Aveva una barba da mugik, lunga almeno quindici centimetri, che gli coprivail davanti della camicia. Scosse la testa e sentì i capelli ricadergli sugli occhicome la romantica criniera di uno tzigano.Si passò la mano sulla nuca e gli parve di essere diventato Buffalo Bill.Tutto quel pelo doveva averci messo settimane per crescere! Forse dallalunghezza dei capelli e della barba avrebbe potuto calcolare quanto tempo erarimasto in stato di incoscienza. Ma poi rinunciò a fare il calcolo e scrutòl'oscurità circostante. Alcune macchie grigie dovevano essere i finestrinidell'autobus.- Ehi! Ehi! - gridò.La bionda rispose con voce lamentosa - Chi è? Chi c'è, lì?- State bene?- Credo... Ho i capelli così lunghi...- Mmm... C'è qualcun altro, con voi?- Uhuu... - Silenzio, poi un grido, infine un mormorio: - C'è una gamba!Un... un uomo!Bridger disse: - Non muovetevi. Arrivo subito.Scavalcò lo schienale di una sedia, si trovò sulle gambe della grossabionda che indietreggiò precipitosamente. Nel buio lui sfiorò qualcosa disoffice e di caldo. Un'altra donna! A tentoni le cercò il polso, glielo ascoltò,lo sentì battere fievolmente.- Venite da questa parte e occupatevene voi: è una donna - disse allabionda. - Dov'è la gamba che dite?Quando scavalcò la bionda per cederle il posto accanto alla donnasvenuta, lei fece una risatina di gola che lo urtò. Le voltò la schiena e scoprìl'uomo cui apparteneva la gamba: era piegato in due sotto una valigia, le manistrette su un piccolo cilindro. Le dita erano rigide e gelide. L'uomo era morto.Qualche cosa si mosse nella parte anteriore dell'autobus.- Ehi, chi è? - chiese Bridger.Gli rispose una voce acuta. - Io, io, Pilly, l'ittiologo. Voi siete Bridger?Cos'è successo?- Non lo so. Un incidente, immagino.Si aprì la strada verso la parte anteriore della vettura, aggrappandosi aiportabagagli per sostenersi. Due volte inciampò in corpi distesi. Uno dei duecorpi si mosse, ma Bridger non si fermò: per il momento si sentiva incapacedi fare più di una cosa per volta.
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