mercoledì 11 dicembre 2024

Geminiano Giacomelli

Nacque a Colorno, presso Parma, il 28 maggio 1692 da Giuseppe e Maria Tej. In gioventù intraprese gli studi di canto, contrappunto e clavicembalo con Giovanni Maria Capelli, organista e compositore alla corte dei Farnese e maestro di cappella della cattedrale di Parma; presto si trasferì a Piacenza, nella parrocchia ducale di S. Fermo, in qualità di maestro di cappella. L'8 febbr. 1718 sposò Francesca Marchi, dalla quale ebbe nove figli. Dal 1° marzo 1719 al febbraio 1727 fu maestro di cappella alla corte dei Farnese a Parma e contemporaneamente (27 marzo 1719) ottenne lo stesso incarico anche presso la chiesa della Madonna della Steccata.

Nel 1724 scrisse la sua prima opera, Ipermestra. Secondo alcuni biografi, in seguito al successo dell'opera, il duca di Parma Francesco Farnese, suo protettore, lo avrebbe mandato, a proprie spese, a studiare a Napoli con A. Scarlatti. Il 3 genn. 1727 il Giacomelli, su esplicita richiesta del duca Francesco Farnese, passò alla chiesa di S. Giovanni a Piacenza, dove fu nominato maestro di cappella a vita dai rettori della congregazione, con una sovvenzione annua di 2000 lire piacentine. Ottenuto il privilegio di assentarsi a suo piacimento, purché provvedesse in sua assenza a un sostituto e a fornire le composizioni, il Giacomelli proseguì un'intensa attività di compositore presso i principali teatri d'Italia, senza però trascurare il servizio di corte: nel 1728 compose infatti l'opera Scipione in Cartaginenuova e l'anno seguente Lucio Papiriodittatore, in occasione di una visita di Rinaldo d'Este, duca di Modena.

Soppressa nel 1732 per mancanza di fondi la cappella di S. Giovanni, il Giacomelli tornò a Parma, nella duplice posizione di maestro di cappella presso la corte e alla Steccata, per rimanervi fino al 1737. Secondo il Fétis il Giacomelli si recò a Vienna, dove soggiornò qualche anno al servizio dell'imperatore Carlo VI; sicuramente fu a Graz, dove nel 1737 era direttore degli spettacoli e dirigeva le rappresentazioni del Cesare in Egitto, considerato il suo capolavoro.

Nel 1738 venne nominato maestro di cappella della S. Casa di Loreto, succedendo a Tommaso Redi. Rimase a Loreto fino alla morte, avvenuta il 25 genn. 1740.
Oltre che compositore melodrammatico, il Giacomelli fu maestro di canto. Il Giacomelli fu molto stimato dai suoi contemporanei. B. Marcello ne pubblicò una lettera di raccomandazione (datata 29 apr. 1726) nel VII volume del suo Estro poetico-armonico.
Oltre a quelli citati in precedenza, scrisse drammi seri in tre atti.

Vissuto nel periodo di massima espansione del virtuosismo belcantistico, a contatto con interpreti di fama internazionale, il Giacomelli riuscì ad acquistare una vastissima popolarità in tutta Italia grazie a uno spiccato senso teatrale unito a un linguaggio musicale semplice e tradizionale. Poiché a quel tempo il successo dell'opera era determinato prevalentemente dalla bravura del cantante, il Giacomelli seppe assecondare le specifiche esigenze dei suoi divi scrivendo arie espressamente modellate sulle loro capacità vocali e in maniera tale da esaltarle; entrò così subito in sintonia con i gusti di un pubblico facile all'idolatria, e ottenne sempre maggior successo come compositore. Ch. Burney, nel passare in rassegna gli autori rappresentati a Venezia nel 1724, si sofferma a notare la vivida immaginativa del Giacomelli, e soprattutto la sua particolare maniera di trattare le volate canore, destinate a influire non poco sul gusto musicale successivo. La sua melodia è in genere scorrevole e spontanea, decisamente cantabile, ornata di vocalizzi e colorature secondo la prassi del tempo; l'armonia è sobria, colorita da una varietà di modulazioni che ne vivacizzano la dinamica. Molte delle sue arie di maggior successo contribuirono anche alla fortuna che il Pasticcio incontrò in Italia e all'estero nel '700.

La Merope, composta dal Giacomelli nel 1734, costituisce un valido esempio del suo stile musicale: la Sinfonia di apertura segue lo schema tripartito allegro-andante-allegro; i recitativi accompagnati sono poco impiegati, quelli semplici sono carichi di forza espressiva; nelle arie - comprendenti arie di mezzo carattere, cantabili, e patetiche - il Giacomelli predilige la forma con il da capo, con una prima parte riccamente ornata di vocalizzi e una seconda più concisa. Drammaturgicamente interessante è lo sforzo del Giacomelli di fornire una chiara fisionomia psicologica del personaggio; l'orchestrazione è essenziale: quartetto d'archi con basso continuo, cui si uniscono corni e trombe da caccia nei momenti più solenni.

Il Giacomelli compose inoltre oratori, una messa a più voci, mottetti per voci maschili, a tre voci, per due tenori e basso, litanie a quattro voci e litanie a quattro voci con organo, il mottetto Quam admirabile per due tenori e basso, cantate e arie, alcune da opere, cantate e arie con accompagnamento strumentale.

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