giovedì 12 dicembre 2024

URANIA n.14 - Edmond Hamilton: Guerra Nella Galassia



Quando John Gordon udì per la prima volta la voce che parlava nella sua
mente, pensò di essere sul punto di perdere la ragione.
La voce si fece udire per la prima volta di notte, nell'attimo sospeso tra la
veglia e il sonno. Tra i pensieri lenti e confusi e pigri del dormiveglia, la voce
s'insinuò, chiara e sicura.
«Mi senti, John Gordon? Puoi sentire il mio richiamo?»
Gordon si rizzò a sedere sul letto. Era sveglio, adesso, bruscamente
sveglio, con la mente lucida e confusa nel medesimo tempo... e perplessa. In
quello strano richiamo notturno c'era stato qualcosa di strano, una venatura
d'inquietudine che lo lasciò scosso.
Ma poi si strinse nelle spalle, cercando di scacciare con quel gesto le
ombre della notte. La mente giocava scherzi strani, durante i minuti e le ore
del dormiveglia, quando la volontà era sopita e nulla frenava la fantasia.
Quella voce non significava nulla, all'infuori dell'oscura, fuggevole realtà dei
mondi dell'immaginazione.
Dimenticò la voce che parlava nel silenzio della mente e della notte,
dimenticò tutto, fino alla notte seguente. E poi, a sera, nell'istante in cui la sua
mente stava di nuovo per sprofondare nel regno del sonno, quella chiara voce
mentale ritornò.
«Mi senti? Se mi senti, cerca di rispondere!»
Anche questa volta Gordon si destò di soprassalto. E questa volta, insieme
alla confusione e alla perplessità, ci fu anche un senso di preoccupazione,
quasi d'angoscia. Cosa gli stava accadendo? C'era qualcosa che non
funzionava, nella sua mente? Aveva sempre sentito dire che era brutto,
quando si cominciavano a sentire delle voci.
C'era stata la guerra. Lui l'aveva combattuta dall'inizio alla fine, lunghi
anni trascorsi a bordo di aerei che volavano sul Pacifico. E se l'era sempre
cavata senza una scalfittura. Ma forse quegli anni trascorsi a sorvolare il
Pacifico gli avevano prodotto delle ferite nella mente. Danni non immediati,
certo, ma ugualmente tragici. Forse lui stava per diventare un'altra delle
vittime che la guerra continuava a mietere molto tempo dopo la sua
conclusione; un caso di pazzia ritardata, come se ne sentivano molti.
«Diavolo, ma di che cosa mi preoccupo?» esclamò Gordon a voce alta,
cercando di riscuotersi. «Non c'è niente di strano, nella mia mente. Sono solo
un po' nervoso, e un po' irrequieto.»
Irrequieto? Sì, era proprio questo il suo problema. Lo era stato da quando
la guerra era finita, e lui era ritornato a New York.
Certo, si poteva prendere un giovane contabile, lo si poteva togliere dalla
compagnia di assicurazioni nella quale lavorava, a New York, lo si poteva
trasformare in un pilota di bombardieri, un pilota che solcava i cieli con il suo
carico di morte con la medesima disinvoltura con la quale poteva contare
sulle dita. Certo, questo si poteva fare, perché loro lo avevano fatto a John
Gordon.
Ma dopo tre anni di quella vita, non era così facile dare a quel pilota un
foglio di congedo, un distintivo, un semplice «grazie», e poi rispedirlo dietro
la scrivania del suo vecchio ufficio. Gordon sapeva anche questo, per amara
esperienza.
Era strano. Quando aveva sudato e rischiato la pelle sopra il Pacifico, non
aveva mai smesso di pensare a come sarebbe stato bello ritornare al vecchio
lavoro, e al comodo, piccolo appartamento di prima.
E poi lui era tornato, e l'ufficio e l'appartamento erano stati uguali. Ma lui
no. Il John Gordon che era tornato era abituato alla battaglia, al pericolo, e
alla morte che poteva colpire da un momento all'altro, ma non era più
abituato a sedere dietro una scrivania, a fare delle addizioni, a incolonnare
numeri su numeri.
Gordon non sapeva più quello che voleva, adesso, ma era sicuro di una
cosa: non voleva più un lavoro d'ufficio a New York. Aveva cercato di
scacciare quel pensiero dalla sua mente. Aveva lottato, prima di tutto contro
se stesso, per ritornare al vecchio schema, per reintegrarsi nella vecchia vita,
e questa lotta interiore l'aveva reso sempre più inquieto.
E adesso questa strana voce, che lo chiamava dall'interno della mente!
Voleva dire forse che l'irrequietezza, la smania di cambiare, la lotta interiore
avevano piegato la resistenza dei suoi nervi? Voleva dire che lui stava
crollando?
Pensò di andare da uno psichiatra, ma l'idea non gli piacque affatto. Era la
sua battaglia, quella, e gli pareva importante combatterla da solo. Doveva
lottare contro la voce che parlava nella sua mente; doveva vincere i suoi
nervi. Non sarebbe riuscito a niente, con un aiuto esterno.

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