martedì 10 dicembre 2024

MONDADORI n.14 - Arnold Bennett e Eden Phillpotts: Oro sommerso



Londra si acquietava: il mostro si disponeva al riposo. Gli orologi delle
chiese e degli alberghi, sotto la chiara luna d'autunno, segnavano l'una
meno un quarto. Dalle finestre delle bettole già chiuse si vedevano i
garzoni e i camerieri, con gli occhi assonnati e uno strofinaccio in mano,
sfregare vigorosamente i banchi per togliere le ultime macchie. La via era
già quasi completamente deserta; solo qualche guardia andava
controllando le porte chiuse dei negozi e gli omnibus parevano affrettarsi,
come cavalli sollecitati dall'odore della stalla vicina.
Sui marciapiedi, fra Aldwych e Charing Cross, erano rimasti forse una
ventina di passanti dei ventimila che vi si accalcavano sempre sul
mezzogiorno. Pareva che il mostro, con un gran sospiro di stanchezza, si
quietasse, quasi dicendo: "Vediamo un po' se ci riesce di schiacciare un
sonnellino".
Tra i rari passanti c'era Philip Masters, un giovanotto sulla trentina, alto
e tarchiato, che della vita aveva già fatto considerevole esperienza ed al
quale altre e ben più dure prove erano riservate. Se ne andava, senza meta,
verso Charing Cross e, fermatosi un momento davanti alla vetrina
illuminata di un gioielliere, attraversò la strada da sud a nord, verso
Wellington Street, svoltando poi per la magnifica curva di Aldwych. Gli
edifici grandiosi e sovraccarichi di ornamenti di quel fastoso quartiere gli
sorsero dinanzi nel loro perlaceo candore, che l'alito del mostro non aveva
offuscato, e Philip si domandò stupito donde mai fosse potuto uscire tanto
danaro da permettere d'innalzare, con una rapidità quasi fiabesca, quei
candidi palazzi, destinati esclusivamente al lusso ed ai piaceri.
Perché Philip era proprio ridotto a mal partito; tutto quello che
possedeva al mondo l'aveva con sé, in una borsetta di pelle nera, e lui
stesso non riusciva a capacitarsi del come, in mezzo ad una città che
spendeva dodicimila sterline al giorno soltanto per le carrozze di piazza,
potesse trovarsi così solo e sperduto, senza una casa, senza un rifugio,
senza una qualunque prospettiva di avvenire e unica risorsa, in tasca,
l'ultima moneta da mezzo scellino. E non era molto lontano il tempo in cui
soleva gettare, con aria da gran signore, una moneta d'oro al vetturino,
dopo una breve corsa!
Sua madre era morta nel darlo alla luce, e suo padre qualche mese prima.
Era cresciuto sotto la guida dei suoi tutori che, al compiersi del suo
ventunesimo anno, lo avevano fornito di seimila sterline e di molti buoni
consigli. Quelle due brave persone lo avevano educato con molto criterio,
tenendolo prudentemente lontano dalle università e da simili piacevoli
ritrovi; gli avevano procurato un posto presso un editore in voga; avevano
fatto, insomma, quanto potevano per lui. Non gli avevano insegnato, però,
a non far sempre soltanto di propria testa, né gli avevano istillato una
particolare simpatia per il commercio librario, né pensato a metterlo in
guardia contro il gioco di Borsa. Avvenne, quindi, che nel corso di sei
anni, dopo aver voltato le spalle all'editore e avere agito, in tutto e per
tutto, precisamente all'opposto dei loro consigli, Philip si era visto sfumare
una dopo l'altra le sue seimila sterline.
A ventisette anni aveva perduto tutto, tranne la serenità di spirito e la
fiducia negli uomini.
Aveva tentato mille mestieri, mille professioni; ma non aveva trovato
ancora la propria via. Forse sarebbe riuscito bene nelle Colonie, ma le
circostanze non ve lo avevano portato. La prova più lunga l'aveva fatta
recentemente, in una scuola di Jujitsu, come vice direttore ed insegnante,
avendo realmente la corporatura di un atleta ed una vera passione per quel
genere di sport. Fra gli allievi di quella scuola c'era anche un giovane duca.
Avvenne che, in uno scontro, Philip serrasse il braccio del duca in modo
tale che questi s'era trovato nella necessità di arrendersi, per non uscirne
con l'omero spezzato. Il duchino forse aveva stimato indegna del suo
nobile lignaggio una resa a discrezione e il suo braccio ne era uscito
malconcio.
Ora, se un insegnante, in una scuola di Jujitsu, rompe un braccio a un
duca lustro e decoro della scuola stessa, indubbiamente il torto è
dell'insegnante. Philip lo aveva compreso, e aveva dato le sue dimissioni.
Erano passate due settimane dal fatto. Da quel giorno, aveva cercato
invano il modo di mettere a profitto le sue varie attitudini; e, pur non
avendo ancora aperto lo sportello delle carrozze all'uscita dai teatri, né
venduto giornali, né cerini, agli angoli delle vie, né fatto alcun altro dei
soliti mestieri di chi è ridotto all'estrema miseria, tuttavia la sua serenità
andava man mano trasformandosi in una specie di filosofica disperazione.
Il pensiero di non aver proprio più nulla da mangiare, che l'aveva dapprima
sorpreso e che gli era sembrato quasi un po' buffo, gli appariva ora soltanto
come una cosa estremamente sgradevole.
"Ma sono proprio io", pensava, "qui, in piena Londra, senza un
quattrino? Sono proprio io, ridotto a morir di fame o a mendicare?". Infilò
la Kingsway. La doppia fila di lampioni si prolungava, imponente, fino a
Holborn, illuminando da una parte gli affissi reclamistici di tutti i teatri e
di tutte le novità mediche della metropoli, dall'altra i miserevoli avanzi
delle case, che il piccone degli sventratori aveva smozzicate. Nella
solennità della gigantesca via deserta Philip esitò un istante. Aveva sentito
parlare di una certa locanda, o pensione, e sperava di rintracciarla, pur non
conoscendone il preciso indirizzo. Sapeva soltanto ch'era situata in una via
trasversale alla Kingsway, dal lato di ponente. A poche centinaia di metri,
il braciere della guardia notturna emetteva una viva luce rossa sotto le
gialle fiammelle delle lampade a gas e una serie di fanaletti rossi, simili ai
segnali d'una minuscola ferrovia, indicava che la Kingsway, quantunque
recentissima, era già in riparazione. Vide due figure gesticolanti contro la
luce del braciere e, continuando a camminare lentamente, si chiese se
avrebbe osato domandare alla guardia informazioni sulla casa che cercava.
Tale era la strana timidezza che gl'inibiva quell'atto così semplice che,
quando fu presso al braciere, traversò la strada in senso opposto, pur
continuando a lottare con se stesso, per indursi a interrogare la guardia.
Ma una grande sorpresa lo attendeva.


 

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