Londra si acquietava: il mostro si disponeva al riposo. Gli orologi dellechiese e degli alberghi, sotto la chiara luna d'autunno, segnavano l'unameno un quarto. Dalle finestre delle bettole già chiuse si vedevano igarzoni e i camerieri, con gli occhi assonnati e uno strofinaccio in mano,sfregare vigorosamente i banchi per togliere le ultime macchie. La via eragià quasi completamente deserta; solo qualche guardia andavacontrollando le porte chiuse dei negozi e gli omnibus parevano affrettarsi,come cavalli sollecitati dall'odore della stalla vicina.Sui marciapiedi, fra Aldwych e Charing Cross, erano rimasti forse unaventina di passanti dei ventimila che vi si accalcavano sempre sulmezzogiorno. Pareva che il mostro, con un gran sospiro di stanchezza, siquietasse, quasi dicendo: "Vediamo un po' se ci riesce di schiacciare unsonnellino".Tra i rari passanti c'era Philip Masters, un giovanotto sulla trentina, altoe tarchiato, che della vita aveva già fatto considerevole esperienza ed alquale altre e ben più dure prove erano riservate. Se ne andava, senza meta,verso Charing Cross e, fermatosi un momento davanti alla vetrinailluminata di un gioielliere, attraversò la strada da sud a nord, versoWellington Street, svoltando poi per la magnifica curva di Aldwych. Gliedifici grandiosi e sovraccarichi di ornamenti di quel fastoso quartiere glisorsero dinanzi nel loro perlaceo candore, che l'alito del mostro non avevaoffuscato, e Philip si domandò stupito donde mai fosse potuto uscire tantodanaro da permettere d'innalzare, con una rapidità quasi fiabesca, queicandidi palazzi, destinati esclusivamente al lusso ed ai piaceri.Perché Philip era proprio ridotto a mal partito; tutto quello chepossedeva al mondo l'aveva con sé, in una borsetta di pelle nera, e luistesso non riusciva a capacitarsi del come, in mezzo ad una città chespendeva dodicimila sterline al giorno soltanto per le carrozze di piazza,potesse trovarsi così solo e sperduto, senza una casa, senza un rifugio,senza una qualunque prospettiva di avvenire e unica risorsa, in tasca,l'ultima moneta da mezzo scellino. E non era molto lontano il tempo in cuisoleva gettare, con aria da gran signore, una moneta d'oro al vetturino,dopo una breve corsa!Sua madre era morta nel darlo alla luce, e suo padre qualche mese prima.Era cresciuto sotto la guida dei suoi tutori che, al compiersi del suoventunesimo anno, lo avevano fornito di seimila sterline e di molti buoniconsigli. Quelle due brave persone lo avevano educato con molto criterio,tenendolo prudentemente lontano dalle università e da simili piacevoliritrovi; gli avevano procurato un posto presso un editore in voga; avevanofatto, insomma, quanto potevano per lui. Non gli avevano insegnato, però,a non far sempre soltanto di propria testa, né gli avevano istillato unaparticolare simpatia per il commercio librario, né pensato a metterlo inguardia contro il gioco di Borsa. Avvenne, quindi, che nel corso di seianni, dopo aver voltato le spalle all'editore e avere agito, in tutto e pertutto, precisamente all'opposto dei loro consigli, Philip si era visto sfumareuna dopo l'altra le sue seimila sterline.A ventisette anni aveva perduto tutto, tranne la serenità di spirito e lafiducia negli uomini.Aveva tentato mille mestieri, mille professioni; ma non aveva trovatoancora la propria via. Forse sarebbe riuscito bene nelle Colonie, ma lecircostanze non ve lo avevano portato. La prova più lunga l'aveva fattarecentemente, in una scuola di Jujitsu, come vice direttore ed insegnante,avendo realmente la corporatura di un atleta ed una vera passione per quelgenere di sport. Fra gli allievi di quella scuola c'era anche un giovane duca.Avvenne che, in uno scontro, Philip serrasse il braccio del duca in modotale che questi s'era trovato nella necessità di arrendersi, per non uscirnecon l'omero spezzato. Il duchino forse aveva stimato indegna del suonobile lignaggio una resa a discrezione e il suo braccio ne era uscitomalconcio.Ora, se un insegnante, in una scuola di Jujitsu, rompe un braccio a unduca lustro e decoro della scuola stessa, indubbiamente il torto èdell'insegnante. Philip lo aveva compreso, e aveva dato le sue dimissioni.Erano passate due settimane dal fatto. Da quel giorno, aveva cercatoinvano il modo di mettere a profitto le sue varie attitudini; e, pur nonavendo ancora aperto lo sportello delle carrozze all'uscita dai teatri, névenduto giornali, né cerini, agli angoli delle vie, né fatto alcun altro deisoliti mestieri di chi è ridotto all'estrema miseria, tuttavia la sua serenitàandava man mano trasformandosi in una specie di filosofica disperazione.Il pensiero di non aver proprio più nulla da mangiare, che l'aveva dapprimasorpreso e che gli era sembrato quasi un po' buffo, gli appariva ora soltantocome una cosa estremamente sgradevole."Ma sono proprio io", pensava, "qui, in piena Londra, senza unquattrino? Sono proprio io, ridotto a morir di fame o a mendicare?". Infilòla Kingsway. La doppia fila di lampioni si prolungava, imponente, fino aHolborn, illuminando da una parte gli affissi reclamistici di tutti i teatri edi tutte le novità mediche della metropoli, dall'altra i miserevoli avanzidelle case, che il piccone degli sventratori aveva smozzicate. Nellasolennità della gigantesca via deserta Philip esitò un istante. Aveva sentitoparlare di una certa locanda, o pensione, e sperava di rintracciarla, pur nonconoscendone il preciso indirizzo. Sapeva soltanto ch'era situata in una viatrasversale alla Kingsway, dal lato di ponente. A poche centinaia di metri,il braciere della guardia notturna emetteva una viva luce rossa sotto legialle fiammelle delle lampade a gas e una serie di fanaletti rossi, simili aisegnali d'una minuscola ferrovia, indicava che la Kingsway, quantunquerecentissima, era già in riparazione. Vide due figure gesticolanti contro laluce del braciere e, continuando a camminare lentamente, si chiese seavrebbe osato domandare alla guardia informazioni sulla casa che cercava.Tale era la strana timidezza che gl'inibiva quell'atto così semplice che,quando fu presso al braciere, traversò la strada in senso opposto, purcontinuando a lottare con se stesso, per indursi a interrogare la guardia.Ma una grande sorpresa lo attendeva.
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