La prematura esplosione del diciassettesimo razzo diretto alla Lunaavvenne nell'anno 1972. Non vi fu nulla di spettacolare, nel grande scoppio,che fu attenuato dalla distanza. Ad occhio nudo, l'improvviso fiammeggiaredel suo carico di magnesio da segnalazione non parve che un breve e rapidoscintillio di intenso splendore sulla superficie della Luna o in prossimità diessa. Ma quell'avvenimento suscitò un pandemonio.Sedici insuccessi precedenti avevano ormai abituato il pubblico alla cosa.L'uomo della strada ammetteva che i razzi diretti alla Luna potesseroscoppiare lontano, come ammetteva che gli aeroplani precipitassero a terra,malgrado tutte le assicurazioni ufficiali. Dei sedici insuccessi, otto erano statiamericani, quattro inglesi, tre francesi e uno canadese, tutti di razzi senzapilota e guidati automaticamente. Dollari in quantità erano stati sprecati, manessuna vita umana era andata perduta.L'opinione pubblica, reagendo alla propaganda sviluppata in precedenza adogni lancio, cercava di dare una spiegazione a quei continui insuccessi, e dispiegazioni ne aveva trovate due: o i tecnici non erano tecnicamenteinfallibili come affermavano, o venivano sistematicamente sabotati daun'organizzazione ben decisa a impedire che i razzi raggiungessero la Luna.La propaganda incoraggiava naturalmente la seconda teoria, non per odiopolitico o per convinzione, ma per distogliere l'attenzione del pubblico dallaprima teoria, assai meno desiderabile.Quando trenta milioni di rubli si volatilizzarono in un attimo nello spazio,insieme a Mikicenko, il pilota che guidava il razzo russo, le cose tornaronoperò a complicarsi. Evidentemente, non si poteva incolpare i russi disabotaggio. Doveva esservi un'altra ragione.Questa era la situazione, quando John Armstrong lesse un articolo delprofessor Mandle nello Herald. Il professore illustrava una sua tesi che sipoteva definire la teoria dello "strato Mandle". Secondo lui, questo strato eraun mortale involucro elettromagnetico che avviluppava la Luna a unadistanza variabile da un giorno all'altro, cioè da dieci a dodicimila migliacirca dalla superficie lunare. Era una nuova tesi, moderatamente documentatadai pochi dati disponibili.Armstrong era un uomo grosso, corpulento, tarchiato, dalle spalle enormied era anche un feroce consumatore di scarpe dalla fitta suola. Piombavadove meno lo si aspettava con la velocità di una locomotiva, ma non eraaffatto altrettanto rumoroso. Forzando la poltrona ai limiti del possibile,mentre appoggiava all'indietro il suo rispettabile peso, fissò lo schermotelevisivo su cui era riprodotta la pagina dello Herald e si impresse nellamemoria la nuova tesi.Infine, chiamò Mandle al fonovisore. Il viso del professore, giovane,bruno, ricciuto, apparve sullo schermo.«Non credo mi conosciate» disse Armstrong. «Sono John J. Armstrong.Sono finanziariamente interessato al diciottesimo razzo, in costruzione nelNuovo Messico. Se verrà terminato, il futuro solo lo dirà, dato che la gente siè messa a strillare. Se poi si metterà in moto anche il Congresso, dovremoallora rinunciare a tutto. Se la vostra tesi risponde alla verità, dovremmorinunciare al progetto. Perciò, vorrei farvi un paio di domande. Primo, credetevi sia un mezzo per misurare questo strato elettromagnetico senza bisogno didistruggere un razzo? Secondo, credete sia possibile superarlo e proseguire?»«Ebbene» rispose Mandle «saprete già che tutti i dati segnalati per radio dairazzi a guida automatica confermano senza alcun dubbio la presenza di uninvolucro ionizzato attorno alla Terra. Dunque, attorno alla Luna puòesservene un altro, analogo in superficie, ma non eguale. La sua natura non ènota. Ma undici dei diciassette razzi sono esplosi a una distanza da dieci adodicimila miglia dal satellite, quando già avevano superato il novantacinqueper cento del percorso. È una coincidenza troppe volte ripetuta, per essere unacoincidenza. È un fenomeno, quindi, che nasconde una legge vera e propria».«Può darsi» brontolò Armstrong. «Gli altri sei razzi, però, non sono andatitanto lontano, e due sono scoppiati in partenza».«Dobbiamo tener conto, per questo, del fattore umano» ribattéMandle «cioè difetti di progettazione, forse di lavorazione, e così via. Tuttiquei razzi, come sapete, non avevano pilota ed erano autoguidati appuntoperché siamo ancora all'oscuro di molte cose, e ammettiamo il rischio. Èinevitabile che, anche con la migliore delle intenzioni, alcuni dei primi razziscoppiassero assai prima di raggiungere il punto critico, in prossimità dellaLuna».Armstrong si fregò il grosso mento con l'enorme mano pelosa.
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