Giacomo Carissimi (Marino, 1605 – Roma, 12 gennaio 1674). Il padre, Amico, fabbricante di botti, era figlio di un certo Carissimo, originario di Castelsantangelo sul Nera (Macerata) trasferitosi con la famiglia a Marino nel 1578.
Ebbe i primi insegnamenti musicali da Aurelio Briganti Colonna, Alessandro Capece e Francesco Manelli, musicisti attivi nella sua città natale, poco distante da Roma, a quel tempo feudo della famiglia Colonna.
Dall'ottobre 1623 cantò nel coro del duomo di Tivoli, e un anno dopo fino all'ottobre 1627 divenne organista. Nel novembre 1627 monsignor Getulio Nardini, vicario generale e arcidiacono del duomo di Tivoli, divenne vicario apostolico ad Assisi, e nel 1628 Carissimi lo seguì per assumere il posto di maestro di cappella nella Cattedrale di San Rufino, che mantenne fino al 1629, quando si trasferì definitivamente a Roma. Dal 15 dicembre 1629 assunse la carica di maestro di cappella della chiesa di Sant'Apollinare annessa al Collegio Germanico-Ungarico, che mantenne fino alla morte. Nel 1637 ricevette gli ordini minori e poté quindi godere di alcuni benefici ecclesiastici.
Tale Giuseppe Ottavio Pitoni, che ai primi del Settecento scrisse un breve profilo biografico di Carissimi, affermava che «fu eccellente compositore di armonia musicale e prevalse non solo in composizione di chiesa, ma anco in quelle di camera e teatro, come dalle sue commedie che si conservano nel Collegio Germanico [...] Ebbe stile assai naturale e grave nelle sue composizioni e molto applaudito e gradito agli orecchi di quel tempo»
La musica sacra e profana di Carissimi ebbe notevole influenza su musicisti del suo tempo anche fuori dell'Italia. I suoi numerosi allievi che lavorarono all'estero favorirono infatti la precoce diffusione della sua musica da chiesa, da oratorio e da camera.
Il giardino armonico da L’oratorio di Jephte, considerato uno dei grandi capolavori del genere, rievoca la storia di questo condottiero degli Israeliti che, per propiziarsi la vittoria sugli Ammoniti, fa voto di immolare in sacrificio a Dio la prima persona che gli verrà incontro dopo la vittoria. Gli si presenta la sua unica figlia e la gioia del successo si trasforma repentinamente in tragedia e in un accorato lamento che accosta, in stridente contrasto, la vittoria di Israele con la morte della vergine.
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