martedì 7 novembre 2023

Shinichi Hoshi: Ehi, attenzione!, 1978


Il tifone era passato, e il cielo era di un azzurro splendido.
Anche un piccolo villaggio, non molto lontano dalla città, aveva sofferto danni. A una certa distanza dal villaggio, vicino alle montagne, un piccolo tempio era stato spazzato via da una frana.
« Chissà da quanto era qui questo tempio ».
« Di sicuro un sacco di tempo ».
« Dobbiamo ricostruirlo ».
Mentre gli abitanti del villaggio si scambiavano le prime impressioni, il loro numero andava sempre più aumentando.
« È stato proprio fatto a pezzi ».
« Mi sembra che sia sempre stato qui ».
« No, doveva essere un po’ più in alto ».
Fu allora che uno gridò:
« Ehi, guardate! Cos'è questo buco? »
Proprio lì, dove si erano radunati, c’era un buco del diametro di circa un metro. Vi sbirciarono dentro, ma era talmente buio che non si vedeva niente. Comunque, dava l’impressione di essere tanto profondo da arrivare fino al centro della Terra.
Ci fu perfino uno che disse: « Forse è la tana dì una volpe ».
« Ehi, attenzione! » gridò un ragazzo nei buco. Dal fondo, non rispose alcuna eco. Allora il ragazzo raccolse un sasso e fece per buttarlo.
« Fermo. Potresti attirare su di noi una maledizione » disse un vecchio. Ma il ragazzo scagliò con forza la pietra nel buco. Anche questa volta dal fondo non venne alcun rumore.

Gli abitanti del villaggio tagliarono alcuni alberelli, li legarono assieme, e ne fecero una palizzata attorno al buco. Poi tornarono alle loro case.
« Cosa dobbiamo fare, secondo te? »
« Forse dovremmo ricostruire il tempio proprio dov’era, sopra il buco ».
Passò un giorno, senza che arrivassero a mettersi d’accordo. Nel frattempo la notizia si era diffusa. Una macchina di un’agenzia di informazioni raggiunse il villaggio. Ne uscì uno scienziato, molto sicuro di sé, che si diresse subito verso il buco. Poi fece la sua apparizione un gruppo di curiosi dall'aria un po’ attonita tra cui, però, c’era anche qualche persona dallo sguardo attento, che sembravano appaltatori edili. Un poliziotto, della locale sottostazione, preoccupato che qualcuno potesse cadere nel buco, sorvegliava tutti.
Uno dei giornalisti legò un peso all’estremità di una lunga corda, e lo calò nel buco. La corda sfilò pian piano, finché non ce ne fu più. Il giornalista cercò allora di tirarla su, ma non ci riuscì. In due o tre si misero ad aiutarlo, ma quando diedero uno strattone tutti insieme la corda si spezzò contro l’orlo del buco. Un altro giornalista, con una macchina fotografica in mano, dopo avere osservato la scena in silenzio, si liberò del grosso canapo con cui si era fatto legare.
Lo scienziato si mise in contatto col suo laboratorio e si fece portare un potente avvisatore acustico, con il quale intendeva controllare l’eco. Provò con varie tonalità, ma non si ebbe nessuna eco. Lo scienziato era sorpreso, ma non poteva darsi per vinto di fronte a tutta la gente che lo stava a guardare. Mise lo strumento proprio sopra il buco, lo regolò al volume massimo e lo lasciò suonare per un bel po’. Faceva un rumore tale che lo si sentiva a parecchie decine di chilometri di distanza. Ma il buco si limitò a inghiottire il rumore.
Dentro di sé lo scienziato non sapeva che pesci pigliare, ma spense lo strumento e con aria tranquilla, come se tutto gli fosse perfettamente chiaro, disse: « Riempitelo».
È sempre meglio sbarazzarsi delle cose incomprensibili.
I curiosi, delusi che la cosa finisse lì, cominciarono ad andarsene. Proprio in quel momento uno degli appaltatori uscì dalla folla e fece una proposta. « Lasciatemi il buco. Lo riempirò io per voi ».
« Vi saremo molto grati se lo riempirete » rispose il sindaco del villaggio. « Ma non possiamo darvi il buco. Dobbiamo costruirvi sopra un tempio ».
« Se è un tempio che volete, ve lo costruirò io. Devo aggiungerci anche una sala per le riunioni? »
Prima che il sindaco potesse rispondere, tutti dissero la loro a voce alta.
« Davvero? Allora è meglio costruirlo più vicino al villaggio ».
« È solo un vecchio buco. Tenetelo! »
Così la cosa fu decisa. Il sindaco, naturalmente, non fece obiezioni.
L’appaltatore mantenne la promessa. Costruì per loro un tempio, più piccolo ma più vicino al villaggio, con annessa sala per riunioni.
Più o meno all’epoca in cui venne tenuta la festa d’autunno al nuovo tempio, la società per il riempimento del buco, fondata dall’appaltatore, appese la sua insegna alla baracca vicino al buco.
I soci dell’appaltatore organizzarono un’intensa campagna pubblicitaria in città. « Abbiamo a disposizione un buco favoloso! Gli scienziati affermano che raggiunge una profondità di almeno cinquemila metri! Adattissimo per sbarazzarsi di ogni genere di rifiuti, per esempio scorie radioattive ».
Le autorità governative accordarono il permesso. Le centrali nucleari lottarono accanitamente fra di loro per i contratti. Gli abitanti del villaggio, all’inizio, erano un po’ preoccupati, ma acconsentirono quando fu loro spiegato che non ci sarebbe stata assolutamente nessuna contaminazione superficiale per parecchie migliaia di anni, e che avrebbero goduto anche loro dei profitti. In breve tempo, venne anche costruita una magnifica strada dalla città al villaggio.
Lungo la strada arrivavano gli autocarri carichi di casse di piombo. Giunti sul buco, i coperchi venivano aperti, e le scorie dei reattori nucleari sparivano nel buco.
Dal ministero degli esteri e da quello della difesa venivano portate casse piene di documenti segreti ormai inutili. Gli ufficiali incaricati di controllare le operazioni discutevano di golf. I funzionari minori, mentre gettavano le carte nel buco, chiacchieravano di biliardino.
Il buco non dava segno di volersi riempire. Era spaventosamente profondo, pensavano alcuni, oppure poteva essere molto ampio sul fondo. Poco alla volta, la società per il riempimento del buco allargò il giro d’affari.
Vennero portate le carcasse di animali utilizzati dalle università in esperimenti su malattie contagiose, poi si aggiunsero i corpi dei vagabondi non reclamati dai parenti. Sempre meglio che buttare tutta la spazzatura in mare, pensavano in città, e si fecero dei piani per costruire una conduttura in grado di convogliare i rifiuti urbani direttamente nel buco.
Il buco servì ai cittadini per mettersi in pace con la propria coscienza. Tutti si dedicarono completamente a produrre una cosa dopo l’altra, e non pensarono alle eventuali conseguenze. La gente desiderava soltanto lavorare per le industrie e per le organizzazioni di vendita, e nessuno aveva interesse a trasformarsi in rigattiere. L’opinione generale era che anche questi problemi, col tempo, sarebbero stati risolti dai buco.
Le ragazze in procinto di sposarsi gettavano nel buco i loro vecchi diari. Chi cominciava una nuova relazione sentimentale vi gettava le fotografie scattate con il precedente innamorato. La polizia trovava il buco molto comodo per sbarazzarsi di tutte le banconote abilmente falsificate che si erano accumulate col passare degli anni. I delinquenti respiravano di sollievo dopo avere gettato nel buco le prove dei loro crimini.
Il buco accoglieva tutto quello di cui uno voleva liberarsi: così ripulì la città dai suoi rifiuti, e il mare e il cielo sembrarono un po’ più limpidi.
Svettanti verso il cielo, si costruirono uno dopo l’altro nuovi edifici.
Un giorno, in cima alla struttura d’acciaio di un grattacielo in costruzione, un operaio stava riposando durante un intervallo. Da sopra la testa sentì gridare: « Ehi, attenzione! »
Alzò gli occhi al cielo, ma non vide assolutamente niente: solo un’azzurra distesa, serena fino all’orizzonte. Pensò che fosse stata la sua immaginazione. Mentre riabbassava la testa un sasso gli schizzò vicino, cadendo dalla direzione da cui era venuta la voce.
L’uomo osservava come trasognato il panorama della città che stava diventando sempre più bella, e non se ne accorse.
 

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