lunedì 18 agosto 2025

Helen Patrick: La forza dell’abitudine



Per il vecchio signor Henderson, la passeggiata quotidiana lungo Main Street era sempre un’esperienza piacevole. Riceveva tante attestazioni di simpatia, da tanti buoni amici. Con occhi che sorridevano, maliziosi, levava una mano in risposta ai saluti o, più di frequente, le mostrava entrambe, serrate l’una nell’altra, nell’universale gesto di saluto dei sordomuti. Gli abitanti di Midville sorridevano sempre, quando lo vedevano fare quel gesto. Sapevano comprenderlo, loro, il signor Henderson.
Lui si divertiva a fare congetture sulle attività dei suoi concittadini. Quel mattino, nel vedere Bill Johnson uscire dall’ufficio dei telefoni, pensò che, probabilmente, Bill era andato a chiedere di riallacciare l’apparecchio nello chalet del senatore Lake. O forse a pagare per il servizio, se l’apparecchio era già stato allacciato. Bill era il factotum, l’uomo di fiducia dei Lake, e il signor Henderson aveva letto sulla Gazzetta, la sera innanzi, che si trovava lì in città per preparare lo chalet per la famiglia del senatore, che ben presto si sarebbe trasferita lì dalla capitale, a trascorrere le vacanze estive.
Il signor Henderson si assicurò d’avere in tasca blocchetto e matita.
Gli piaceva fermarsi alla bancarella di frutta e verdura di Tony; di tutte le visite che faceva durante la mattinata, quella era la tappa che preferiva, perché per parlare con Tony poteva usare le dita. Be’, fino a un certo punto, almeno... poi, quello che voleva dirgli, doveva scriverlo. Il momento di scrivere arrivava quando si trattava di dare a Tony un parere sul film in programma al “Granada”, il piccolo cinema di fronte al mercatino di Tony.
Da lungo tempo Tony faceva affidamento sul giudizio del signor Henderson in fatto di film; così ogni settimana, quando il programma cambiava, il signor Henderson andava a vedere il film poi riferiva a Tony. Se gli era piaciuto, non esitava a dirglielo anche usando le dita. Altrimenti... be’, Sam Briggs, il padrone del “Granada”, era sempre là davanti a occuparsi di una cosa e dell’altra, di mattina, e non sarebbe stato bello dire cose poco lusinghiere sui film di Sam proprio sotto il suo naso, anche se Sam non sapeva leggere le dita.
Quel giorno, lui non aveva proprio niente di buono da dire sul film di banditi che Sam stava programmando. I privati cittadini non se ne vanno in giro a catturare banditi, e altre assurdità del genere. Ci pensava la polizia, che già non aveva un compito facile.
Sam era nell’ingresso del “Granada”, occupato a lavare il pavimento. Un individuo piuttosto giovane, con solide spalle e collo taurino, stava osservando i vistosi manifesti del piccolo cinema. Una macchina era ferma proprio davanti al locale. Il conducente, un giovanotto magro, con una bocca crudele, sedeva al volante, con il motore acceso.
Tony, intento a legare mazzetti di radicchio e di cipolline nuove, guardò in su e assentì, quando le dita del signor Henderson gli trasmisero un veloce messaggio. Dalla banca, proprio accanto al “Granada”, stavano uscendo Neva Barnes, la stenografa, e il giovane Jim Lucas, l’aiuto-cassiere, diretti a colazione. Il signor Henderson, nel vedere Tony che li salutava, si girò e, a sua volta, agitò una mano.
Sarebbe stato un buon momento, quello, per fare una visitina al signor Bowen, il cassiere, che a quell’ora non doveva avere molto da fare; così, il signor Henderson estrasse matita e taccuino e si affrettò a scrivere il suo rapporto per Tony.
Con un’ultima passatina di straccio, Sam Briggs sparì nell’interno del cinematografo e Tony entrò nella piccola baracca dietro la bancarella per prendere un’altra cesta dei suoi prodotti. L’individuo dal collo taurino si incamminò lungo il marciapiede ed entrò nella banca. Mezzogiorno, nella cittadina di Midville, aveva reso completamente deserto quel tratto del corso principale. Be’, proprio deserto no, evidentemente. Il signor Henderson, che aveva appena terminato di scrivere la sua caustica critica cinematografica, sentì qualcosa di duro conficcarglisi tra le costole. Guardò in su, sorpreso, e incontrò lo sguardo del giovane “duro” notato poco prima in macchina.
Le labbra del giovanotto scandirono bene le parole: — Cammina, nonnino... traversa e sali in macchina, dietro.
Il signor Henderson non aveva bisogno di sentirle, quelle parole. Quella canna premuta contro le costole era più che eloquente. S’incamminò nella direzione indicata. L’uomo dal collo taurino uscì dalla banca, stringendo in una mano un grosso sacchetto di carta scura, nell’altra un duplicato del gingillo che solleticava le costole del signor Henderson.
Un attimo dopo, erano tutti e tre nell’auto, che partì velocissima, facendo stridere i pneumatici. Soltanto quando furono su strada aperta l’uomo dal collo taurino si girò verso il guidatore, e il signor Henderson, che sedeva rannicchiato sul sedile di dietro, gli osservò istintivamente le labbra, dalle quali usciva una sfilza di parole al vetriolo.
Be’, il signor Henderson era del parere che il guidatore, quello con la bocca crudele, avesse una valida scusa da opporre, e cioè che il prigioniero li aveva visti e poteva identificarli. Già, ma... ora che sorte pensavano di riservargli? Pensò allo sceriffo. Senza dubbio si sarebbe lanciato all’inseguimento, con il suo vice: magari avrebbe chiamato anche qualche agente di stato, di rinforzo. Avrebbero dato per scontato che i banditi proseguissero lungo la strada carrozzabile, verso la capitale. Ma si sarebbero sbagliati. Un paio di chilometri fuori città, il conducente rallentò e imboccò una strada secondaria che passava davanti allo chalet del senatore Lake.
E adesso che cosa vorranno fare?, si domandò il signor Henderson. Aveva un aggettivo sulla punta della lingua, ma gli sfuggiva. Com’era? Ah, sì, inetti. Erano un paio di rapinatori inetti, quei due. Dilettanti, ecco cos’erano. E com’era, quell’altra parola del gergo dei gangster? Ah, già, il colpo... Non l’avevano preparato troppo bene, il “colpo”... per lo meno, non si erano preoccupati di studiare una via di fuga. Si vedeva benissimo che non conoscevano la località.
Ora c’era da attraversare un ponte al di sopra di un fiumiciattolo, poi la strada svoltava quasi ad angolo retto e proseguiva per un breve tratto lungo il corso d’acqua. Impossibile, non ce la faranno, pensò il signor Henderson. E i fatti gli diedero ragione. L’auto uscì dalla svolta sbandando da parte a parte lungo la stretta stradina, finché slittò lungo la riva e andò a impantanarsi nel letto del ruscello.
Ne avrebbero sudate, di camicie, per uscire da quel frangente! Il fondo del fiumiciattolo era terribilmente fangoso. Ma sembrava che non volessero nemmeno tentare di uscirne. Ecco che scendevano dalla macchina, tiravano giù il signor Henderson dal sedile posteriore e lo trascinavano su per la riva erbosa.
Seguì un frettoloso conciliabolo durante il quale l’uomo dal collo taurino indicò, a un certo punto, lo chalet del senatore Lake, appollaiato in cima a una piccola altura non lontana dal ruscello. Il signor Henderson notò che Bill Johnson non aveva ancora avuto tempo di aprire le finestre. Lo chalet sembrava deserto.
Il bandito più giovane allungò una gomitata al signor Henderson, per attirarne l’attenzione, e finse di scrivere sul palmo con l’indice dell’altra mano. Il signor Henderson tirò fuori blocchetto e matita.
— Dove porta questa strada? — era la domanda che venne sottoposta al signor Henderson.
— Alla Statale 67, parallela all’autostrada, — rispose, con grafia un po’ tremolante, il signor Henderson.
— Porta in città? — scrisse ancora il bandito.
— Sì, ma è più lunga, — vergò il signor Henderson.
Altro frettoloso conciliabolo tra i due banditi. Poi, quello più giovane e più magro restituì matita e blocchetto al signor Henderson e si allontanò in fretta. Tenendo ben stretto il sacchetto di carta bruna, quello dal collo taurino fece segno al signor Henderson di precederlo.
Bill Johnson sta diventando un po’ sbadato, pensò il signor Henderson, ha dimenticato di chiudere la porta sul retro. Ma, se non altro, questo rendeva più semplice entrare e trovare un posto dove sedersi. Il signor Henderson si lasciò cadere, esausto, in una poltrona dello studio del senatore Lake.
L’altro continuò per un pezzo ad andare nervosamente su e giù; poi, proprio come il suo compare poco prima, fece l’atto di scriversi sul palmo. Ancora una volta, il signor Henderson tirò fuori carta e matita e seguì con occhio indifferente le linee nere che andavano tracciando sulla carta il loro minaccioso messaggio. — Il mio socio è andato a cercare un mezzo di trasporto. Io devo dare un’occhiata in giro. Non muoverti dì lì... o guai a te!
Quando il suo carceriere si fu allontanato, il signor Henderson si lasciò andare contro lo schienale e chiuse gli occhi. Un senso di tepore, simile a un dito posato delicatamente sulle sue palpebre, lo scosse. Un’asta di sole penetrava da un forellino di uno degli scuri delle finestre. Correva attraverso la stanza, illuminando il pulviscolo che danzava nel suo chiarore, e cadeva proprio sull’apparecchio telefonico, sopra la scrivania del senatore Lake.
Il signor Henderson sedeva immobile, rammentando Bill Johnson che usciva dall’ufficio dei telefoni, pensando che un apparecchio identico a quello si trovava sulla scrivania nell’ufficio dello sceriffo. I telefoni, rifletté il signor Henderson, sono certamente strumenti meravigliosi, per coloro che possono parlare...
Poco dopo, l’uomo dal collo taurino tornò e ricominciò a passeggiare nervosamente su e giù.
Con una manovra molto prudente; molto silenziosa, i soccorritori irruppero all’improvviso, tutti insieme. La stanza parve riempirsi di uomini dal volto severo, con le pistole in pugno: lo sceriffo, con il suo vice; un paio di agenti della polizia di stato e Bill Johnson. Il rapinatore dal collo taurino era sopraffatto dal loro numero... e soprattutto molto sorpreso.
Al signor Henderson venne concesso l’onore di portare il denaro della banca fino alla macchina dello sceriffo, che era stata parcheggiata insieme con quella dei due agenti, in fondo alla strada e fuori vista rispetto allo chalet. Il vicesceriffo spinse il rapinatore dal collo taurino, ora bene ammanettato, sul sedile posteriore.
Seduto accanto allo sceriffo, il signor Henderson pensava che l’operazione non era ancora conclusa. I due agenti erano rimasti allo chalet con Bill Johnson, per catturare l’altro rapinatore al suo ritorno. E rifletteva, con un sorriso divertito, che forse avrebbe fatto meglio a dire a Tony di andare a vedere il film in proiezione al “Granada”, perché tutto sommato non era niente male. Anzi, molto più aderente alla realtà di quanto gli era sembrato.
— Lasciami giù alla bancarella di Tony, sai, Tim? — disse.
— Va bene, signor Henderson, — replicò lo sceriffo. — Voi e Tony siete grandi amici, eh?
Il signor Henderson assentì. — Tony è un buon ragazzo, — rispose. — Uno dei migliori studenti che abbia mai avuto, in tutti quegli anni in cui ho insegnato alla scuola per sordomuti.


 

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