martedì 4 febbraio 2025

MONDADORI n.22 - Edgar Wallace: L'enigma dello spillo



Il locale di Yeh Ling si trovava tra la deserta Reed Street e i suoi
affollati e luccicanti dintorni. Il deserto terminava nel punto in cui
sorgevano le rispettabili, anche se malinconiche, case dove innumerevoli
modiste, sarte di lusso e dentisti avevano i loro nomi fuori dalle porte. I
loro studi e laboratori quindi si affacciavano sull'urtante Bennet Street, e in
questo particolare caso il termine "urlante", utilizzato a volte troppo a
sproposito, è ben adeguato, perché Bennet Street era piena di strepiti sia di
giorno che di notte. Le strade erano il campo da gioco per i bambini di
quelle prolifiche famiglie, e un ring nel quale venivano risolte le rivalità
locali dagli uomini del quartiere mentre le donne gridavano i loro
incoraggiamenti o urlavano per la paura. 
 
Yeh Ling aveva cominciato con il suo primo ristorante all'angolo della
strada rispettabile e ricca, ed era specializzato in strani piatti cinesi. Poi si
era sempre più avvicinato al The Light, ma solo perché il suo proprietario,
un cinese dall'aspetto depresso, comprava una casa dopo l'altra.
Poi, all'improvviso, Yeh Ling si era trasferito sulla strada principale,
acquistando un ricco e quieto edificio, un cuoco francese e uno staff di
camerieri italiani guidati dal signor Maciduino, celebre maitre d'hotel. A
causa della facciata color oro, il suo nuovo ristorante si chiamò Il Tetto
Dorato. Dietro la facciata, pannelli di legno e luci soffuse. Un ascensore
dorato portava i clienti al primo o al secondo piano, dove c'erano le salette
private, con le porte di vetro e le tende diafane. Yeh Ling pensava che
quello fosse un eccesso di rispettabilità, ma il proprietario era irremovibile
su quel punto.

Le salette senza porte erano discretamente appartate. Nessuno quindi
veniva a contatto con gli altri clienti, per quanto rispettabili potessero
essere. L'ultima stanza, la numero sei, era vicina alla porta di servizio, che
attraverso un labirinto di stradine e di passaggi portava al vecchio locale di
Reed Street. Quel piccolo ristorante cinese era rimasto in pratica lo stesso
dei tempi delle prime battaglie di Ling. I clienti vi andavano a gustare
piatti cinesi ed erano serviti da silenziosi camerieri nativi di Han-Kow, la
città natale di Yeh Ling.
Il proprietario del vecchio locale si lamentava del successo di Yeh Ling
e derideva i suoi eleganti clienti, la maggior parte dei quali, per altro, era
ignara dell'esistenza di quell'umile locale e, insensibile, mangiava i suoi
costosi piatti, danzando senza scomporsi ai ritmi dell'Antica Originale
Orchestra del Sud Carolina, che Yeh Ling aveva ingaggiato, incurante
della spesa. 
 
Il cinese visitava quella sua elegante proprietà solo una volta all'anno, il
giorno del Capodanno Cinese; era un bizzarro ometto con un abito giallo e
bianco, guanti bianchi e collo stretto e altrettanto bianco.
Tutti gli altri giorni restava a casa sua, un appartamento situato tra i
quartieri poveri e deserti e le strade più lussuose, seduto nel suo salotto, le
cui pareti erano ricoperte dalle colorate figure che ritagliava dalle riviste.
Qui, avvolto in una vestaglia di seta nera, fumava la sua lunga pipa. Tutte
le sere, tranne il sabato, alle sette e mezza usciva da una porta che si apriva
sulla strada e che univa i due ristoranti, e restava ad aspettare con la mano
sulla maniglia. A volte arrivava prima la ragazza, altre volte il vecchio.
Chiunque fosse, passava senza una parola e saliva nella stanza numero 6.

Dopo il loro arrivo, Yeh Ling tornava nel suo salotto a fumare e a scrivere
delle lunghe lettere a suo figlio, ad Han-Kow. Il figlio di Yeh Ling era
molto dotto e aveva una posizione, perché era poeta e studioso. Era stato
ammesso nell'importante società chiamata La Foresta delle Penne, il che
equivaleva a essere eletto accademico.
A volte Yeh Ling pensava di costruire un nuovo palazzo a Shanford e
sognava di ricevere il titolo di Eccellenza... perché tutto può accadere.
Non vedeva mai i due ospiti uscire. Trovavano da soli la strada e alle
otto la sala era vuota. Nessun cameriere li serviva; i loro pranzi erano
sempre pronti su un piccolo tavolino, e poiché la stanza numero 6 era
sottratta agli occhi dei curiosi da una tenda davanti alla porta, nessuno
tranne Yeh Ling li conosceva.


 

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