giovedì 17 ottobre 2024

URANIA n.8 - Alfred E. Van Vogt.: ll Segreto Degli Slan



La mano di sua madre, che stringeva la sua, sembrava di ghiaccio. Mentre
camminavano di buon passo per la strada, la paura che lei provava si
trasformava in una soffocata ma rapida pulsazione che dalla sua mente si
trasferiva a quella di lui. Centinaia di altri pensieri battevano alla sua
coscienza, provenendo dalla folla che scorreva da una parte e dall'altra, e
dall'interno degli edifici che costeggiavano. Ma solo i pensieri di sua madre
erano chiari e coerenti... e pieni di timore.
«Ci stanno seguendo, Jommy», trasmetteva il suo cervello. «Non sono del
tutto sicuri, ma sospettano qualcosa. Abbiamo rischiato una volta di troppo a
venire nella Capitale, anche se speravo che questa volta avrei potuto farti
vedere come facevano gli Slan a entrare nei sotterranei dov'è nascosto il
segreto di tuo padre. Jommy, se succede il peggio, sai quel che devi fare.
Abbiamo fatto le prove tante volte. E, Jommy, non ti spaventare e non ti
agitare. Anche se hai solo nove anni, sei intelligente quanto un ragazzo
umano di quindici.»
Non ti spaventare! Facile da dirsi, pensò Jommy, ma le nascose il proprio
pensiero. A lei non piaceva che glielo nascondesse, che frapponesse fra di
loro quello schermo deformante. Ma c'erano dei pensieri che bisognava
nascondere. Lei non doveva sapere che anche lui aveva paura. Era anche una
cosa nuova ed eccitante. Si sentiva eccitato ogni volta che arrivava nel cuore
di Centropoli dalla tranquilla periferia dove vivevano. I grandi parchi, i
chilometri di grattacieli, il tumulto della folla, gli sembravano sempre più
belli di come glieli dipingeva la sua immaginazione: ma bisognava
aspettarselo che nella Capitale del mondo tutto fosse grande. Lì
c'era la sede del Governo. Lì, da qualche parte, viveva Kier Gray, il Dittatore
assoluto dell'intero pianeta. Tanto tempo prima — secoli prima — gli Slan
erano stati padroni di Centropoli, durante il breve periodo del loro dominio.
«Jommy, senti la loro ostilità? Senti ancora le cose da lontano?»
Lui divenne teso. L'onda continua di indeterminazione che proveniva dalla
folla che li circondava divenne un vortice di clamore mentale. Da qualche
parte gli giunse l'eco di un pensiero:
«Dicono che ci siano ancora degli Slan che vivono in questa città, malgrado
tutte le precauzioni e l'ordine di sparare a vista».
«Ma non è pericoloso?» Ecco un altro pensiero, certamente una domanda
fatta ad alta voce, sebbene Jommy ne ricevesse solo l'immagine mentale.
«Voglio dire che potrebbe essere uccisa per errore una persona assolutamente
innocente.»
«Per quello di rado sparano a vista. Cercano di prenderli e di studiarli. I loro
organi interni sono diversi dai nostri, sai, e sulla testa hanno...»
«Jommy, riesci a sentirli, un isolato dietro a noi? Sono in una grande
macchina! Aspettano dei rinforzi per accerchiarci. Vanno svelti! Riesci ad
afferrare i loro pensieri, Jommy?»
Non ci riusciva! Per quanto tendesse la mente e si sforzasse, addirittura
sudando per lo sforzo. Quello era il punto in cui i poteri adulti di lei
superavano l'istinto precoce di lui. Lei riusciva a superare le distanze e a
concretizzare vibrazioni lontane in immagini coerenti. Avrebbe voluto girarsi
e guardare, ma non ne aveva il coraggio. Le sue gambe infantili, anche se
lunghe, si piegavano sotto di lui mentre quasi correva per tenere dietro con il
passo all'impazienza di sua madre. Era terribile essere piccoli, deboli e
inesperti, mentre la loro vita richiedeva la forza della maturità, la prontezza
degli Slan adulti.
I pensieri di sua madre si aprirono una via nelle sue riflessioni:
«Ce n'è qualcuno davanti a noi, Jommy, e degli altri stanno attraversando la
strada. Devi andare, tesoro. Non dimenticare quello che ti ho detto. Devi
vivere per un solo scopo: per fare in modo che gli Slan possano vivere delle
vite normali. Penso che dovrai uccidere il nostro grande nemico, Kier Gray,
anche se dovrai entrare nel suo immenso palazzo. Ricordati: ci saranno grida
e confusione, ma tu tieni la testa a posto. Buona fortuna, Jommy!».

 

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