giovedì 10 ottobre 2024

URANIA n.7 - Eric Frank Russell: Schiavi Degli Invisibili



— Una morte immediata attende la prima mucca che guida una rivolta
contro la mungitura — disse pensieroso il professor Peder Bjornsen. Era una
prospettiva nuova, e molto sgradevole, nata da fatti spaventosi. Bjornsen si
passò le lunghe dita sottili tra i capelli precocemente incanutiti e guardò dalla
finestra dello studio, affacciata al terzo piano sopra il traffico intenso
dell'Hötorget di Stoccolma. Ma i suoi occhi non vedevano il traffico.
— E c'è uno scacciamosche che aspetta la prima ape decisa a protestare
contro il furto del miele — aggiunse. Stoccolma rombava e ronzava: una città
ignara delle proprie catene. Il professore continuò a tenere gli occhi
spalancati in una contemplazione impaurita e taciturna. Poi all'improvviso i
suoi occhi si levarono, spalancandosi in un lampo d'apprensione. Si scostò
dalla finestra, adagio, con riluttanza, muovendosi come se per pura forza di
volontà si costringesse a staccarsi da un orrore, che chiamava, chiamava
invisibilmente.
Alzò le mani e spinse, spinse inutilmente l'aria. Gli occhi stralunati,
ancora innaturalmente freddi e duri e tuttavia accesi da qualcosa che stava al
dilà della paura, seguirono affascinati un punto informe e incolore in
movimento dalla finestra al soffitto. Si voltò con uno sforzo immane e corse
via a bocca aperta, esalando tacito il fiato.
Non aveva percorso metà della distanza che lo separava dalla porta
quando lanciò un breve gemito, incespicò, cadde. La mano convulsa afferrò
sulla scrivania l'agenda a fogli mobili e la trascinò giù sul tappeto. Bjornsen
si portò le mani al cuore, singultando, e restò immoto. La scintilla che l'aveva
animato si estinse. Il foglietto superiore dell'agenda svolazzò, mosso da una
strana brezza inesplicabile venuta dal nulla. La data era il 17 maggio 2015.
Bjornsen era morto da cinque ore, quando arrivò la polizia.
Imperturbabile, il medico legale diagnosticò un collasso cardiaco e lasciò
perdere. Curiosando irrequieto, il tenente Baeker trovò sulla scrivania del
professore un biglietto: un messaggio dall'aldilà.
«Una conoscenza limitata è pericolosa. Mi è umanamente impossibile
tenere a freno i pensieri in ogni minuto della giornata, dominare i sogni
involontari a ogni ora della notte. È inevitabile che presto io venga trovato morto, nel qual caso dovrete...»
— Dovrete che cosa? — domandò Baeker. Non vi fu risposta. La voce
che, rispondendo, avrebbe potuto sconvolgerlo, taceva per sempre. Baeker
ascoltò il referto del medico, e poi bruciò il biglietto. Il professore, pensò,
come altri suoi colleghi, invecchiando era divenuto eccentrico, oberato
com'era da un'erudizione troppo astrusa. Era collasso cardiaco, praticamente e
ufficialmente.
Il 30 maggio il dottor Guthrie Sheridan, con i passi lenti e sussultanti di
un automa, percorreva Charing Cross Road, a Londra. Teneva fissi al cielo
gli occhi lucidi e gelidi, mentre le gambe si muovevano meccanicamente:
aveva l'aspetto bizzarro di un cieco che segue un percorso ben noto.
Jim Leacock lo vide procedere in quel modo assorto, e non notò niente di
anormale. Si avvicinò, esclamò «Ehi, Sherry!», e si accinse a dargli una
cordiale pacca sulla schiena. Si fermò, sgomento.
Guthrie girò verso di lui il volto pallido e tirato, dagli occhi che
brillavano come ghiaccioli visti in un crepuscolo azzurrognolo, e
afferrandogli un braccio esclamò: — Jim!
Santo cielo, come sono contento di vederti! — Il respiro era concitato, la
voce incalzante. — Jim, devo parlare con qualcuno... se no diventerò pazzo.
Ho appena scoperto la cosa più incredibile in tutta la storia dell'umanità. È
davvero qualcosa da non credere: eppure spiega mille cose che avevamo a
malapena intuito, o ignorato completamente.
— Di che si tratta? — domandò Leacock, scettico. Studiò il volto alterato
dell'altro.
— Jim, posso dirti che l'uomo non è e non è mai stato il padrone del
proprio destino, il signore della propria anima. Oh, perfino le bestie... —
S'interruppe, afferrò l'interlocutore. La sua voce salì di due toni,
raggiungendo una nota isterica. —
L'ho pensato! L'ho pensato, ti dico! — Le ginocchia gli si piegarono. —
Sono spacciato! — E si afflosciò sul marciapiede.
Prontamente lo sbigottito Leacock si chinò su di lui, gli aprì la camicia,
gli posò una mano sul petto. Non sentì nessun battito. Il cuore che poco prima
pulsava all'impazzata si era fermato per sempre. Sheridan era morto. Collasso
cardiaco, evidentemente.
Alla stessa ora dello stesso giorno, il dottor Hans Luther fece qualcosa di
molto simile. Lanciando alla massima velocità attraverso il laboratorio il
corpo ingannevolmente grassoccio, scese precipitosamente le scale e tagliò
per l'atrio. Fuggì, gettandosi occhiate impaurite alle spalle, e quegli sguardi
scaturivano da occhi che parevano d'agata levigata.

 

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