venerdì 29 novembre 2024

Paul Temple

 

Gran Bretagna, 1938 / Francis Durbridge

Nato nel 1938 per una serie radiofonica a puntate trasmessa dalla BBC, interpretata da Hugh Morton e intitolata Send for Paul Tempie (Scrivete a Paul Temple), questo romanziere-detective trasferisce la passione per gli enigmi polizieschi dalla pagina scritta alle avventure investigative in prima persona. 



Aiutato (o intralciato, secondo i casi) da una simpatica moglie, è protagonista di una lunga serie giallo-rosa che sfrutta abilmente, e con ottimi risultati, il sistema della narrazione a puntate, stimolando continuamente l'interesse degli ascoltatori. 



Nelle prime puntate l'autore introduceva numerosissimi pezzi di un rompicapo
apparentemente insolubile, mentre nelle successive indirizzava di volta in volta i sospetti verso uno dei personaggi, lasciando gli ascoltatori di nuovo in dubbio alla fine di ogni episodio.



Paul Temple ha conosciuto subito un notevole successo, tanto da essere proposto, a partire da quello stesso anno, anche in una lunga serie di romanzi polizieschi che però non hanno avuto altrettanta fortuna. 
All'inizio degli anni Settanta, Francis Durbridge ha rimesso mano al suo "vecchio" personaggio riproponendolo in alcuni telefilm, interpretati da Francis Matthews, trasmessi in parte anche in Italia.

Al cinema



Ha avuto anche una versione a fumetti, pubblicata sul London Envening News dal 1952 al 1971 e in Italia sul mensile L'avventuroso, mensile di storie a fumetti, nel 1975.





giovedì 28 novembre 2024

Giuseppe Ungaretti (1888-1970)


Sono una creatura

Il viaggio nella "storia quasi vera" di Giuseppe Ungaretti inizia dalla poltrona da cui il poeta ormai anziano introduceva l'Odissea per il pubblico televisivo degli Anni Sessanta. Saranno i suoi versi e i suoi racconti a rievocare una vita vissuta attraversando molti fiumi, tra l'Italia, l'Egitto e il Brasile.
 

URANIA n.12 - Alfred E. Van Vogt: Le Armi Di Isher



La porta del negozio d'armi aveva qualcosa di strano. Non perché si era
aperta non appena toccata, ma perché, quando lui aveva tirato, la porta aveva
accompagnato la sua mano come se fosse priva di peso. McAllister ebbe
l'impressione che la maniglia si fosse staccata e gli fosse rimasta in mano.
Rimase totalmente immobile, stupito. Il pensiero che infine si affacciò
nella sua mente aveva a che fare con l'ispettore Clayton, che un istante prima
aveva trovato chiusa a catenaccio la porta. Quel pensiero fu come un segnale.
Dietro di lui, rimbombò la voce dell'ispettore:
«Ah, McAllister, adesso me ne occupo io.»
Era buio, all'interno del negozio, oltre la porta: troppo buio per vedere
qualcosa, e, stranamente, i suoi occhi non riuscivano a adattarsi alla profonda
oscurità. Per puro istinto di cronista mosse un passo in avanti, verso il buio
che premeva oltre il rettangolo della soglia. Con la coda dell'occhio, vide che
la mano dell'ispettore Clayton si dirigeva verso la maniglia della porta, da cui
le sue dita si erano staccate un momento prima. E capì subito che se
l'ispettore avesse potuto impedirlo, nessun giornalista sarebbe entrato in
quell'edificio. La sua testa era ancora voltata, il suo sguardo era puntato
sull'ufficiale di polizia e non sull'oscurità che stava di fronte a lui; e fu
proprio allora, quando stava per muovere un altro passo in avanti, che
accadde la cosa straordinaria.
La maniglia della porta non permetteva all'ispettore Clayton di toccarla. Si
contorceva in una qualche maniera strana, come un'energia, poiché era
sempre lì, con una forma bizzarra e confusa. La porta stessa, senza visibile
movimento tanto fu svelta, fu improvvisamente a contatto della caviglia di
McAllister. Un contatto leggerissimo, privo quasi di peso; e poi, prima ch'egli
potesse pensare all'accaduto e reagire, l'impulso del proprio movimento in
avanti lo portò all'interno. E in quell'attimo, mentre attraversava l'oscurità,
avvertì un'improvvisa, lacerante tensione nei nervi. Quindi la porta si chiuse,
e il rapido, inatteso dolore scomparve. Davanti a lui c'era un negozio
illuminato vivacemente; dietro di lui... qualcosa d'incredibile!
Per McAllister, il momento successivo fu caratterizzato da un'assenza
d'impressioni. Rimase immobile, con il corpo girato in modo goffo, solo
vagamente conscio di ciò che c'era all'interno del negozio, ma
consapevolissimo, per un breve istante, prima di essere interrotto, di ciò che
si stendeva al di là dei pannelli trasparenti della porta da cui era appena
entrato.
Non c'era più, da nessuna parte, l'oscurità impenetrabile; né l'ispettore
Clayton; né la folla rumoreggiante di spettatori sbalorditi; né dall'altra parte
della strada la fila di negozi fuligginosi. Non era neppure la stessa strada.
Non c'era alcuna strada. Al suo posto, si scorgeva un placido giardino. E al di
là di quello, brillante sotto il sole del mezzodì, c'era il profilo di una vasta
città. Da dietro le sue spalle, una voce femminile roca e musicale disse:
«Desidera un'arma?»
McAllister si voltò. Il movimento fu la reazione automatica al suono. E
poiché tutta la vicenda assomigliava ancora a un sogno, la scena cittadina
svanì quasi all'istante; la sua mente si concentrò sulla giovane donna che
stava lentamente uscendo dalla sezione posteriore del negozio. Per il
momento, i suoi pensieri non volevano chiarirsi. La convinzione di dover dire
qualcosa si mescolava alle prime impressioni sull'aspetto della ragazza. Era
snella e ben proporzionata; il suo viso si increspava in un sorriso amichevole.
Aveva occhi castani, e castani erano anche i suoi capelli ondulati. Il vestito
dalla linea semplicissima e i sandali parevano tanto normali, alla prima
occhiata, che McAllister non si soffermò a considerarli. Riuscì a dire:
«La cosa che non riesco a capire è perché l'ufficiale di polizia, quando ha
cercato di venirmi dietro, non è riuscito a entrare. E dov'è finito, adesso?»
Con sua grande sorpresa, il sorriso della ragazza assunse un'aria quasi
colpevole. «Sappiamo che la gente considera sciocco, da parte nostra, voler
sempre ribadire quell'antica ostilità.» La voce divenne più ferma. «E
sappiamo anche quanto sia astuta la propaganda che mira a far risaltare la
stupidità della nostra posizione. Ma intanto non permettiamo di entrare agli
uomini di quella donna. Continuiamo a rispettare assai scrupolosamente i
nostri principi.»




 

mercoledì 27 novembre 2024

Elinor Remick Warren

 

Elinor Remick Warren (Los Angeles 23 febbraio 1900 – 27 aprile 1991) è stata una compositrice e pianista americana di musica classica contemporanea. Sua madre era stata allieva di un allievo di Franz Liszt e introdusse sua figlia alla musica artistica. Il padre era considerato un bravo cantante dilettante che una volta aveva preso in considerazione l'idea di cantare professionalmente. La Warren si è formata come pianista con Kathryn Cocke durante il liceo e ha preso lezioni di composizione da Gertrude Ross, iniziando il suo secondo anno di scuola superiore. Ha inviato una delle prime composizioni alla casa editrice musicale Schirmer e ha ricevuto il suo primo contratto per pubblicare con loro prima di diplomarsi al liceo. Tra il liceo e l'università studiò pianoforte con Harold Bauer e Leopold Godowsky. Dopo aver frequentato il Mills College per un anno, si trasferì a New York, dove studiò privatamente con i compositori Frank La Forge e Clarence Dickinson, entrambi noti per le loro canzoni d'arte. Elinor si mantenne come accompagnatrice per cantanti e andò in tournée con il contralto Margaret Matzenauer.

Compose in uno stile prevalentemente neoromantico. Richiesta sia come pianista che come compositrice, è stata due volte solista con la Los Angeles Philharmonic e ha effettuato diverse registrazioni come collaboratrice con vari cantanti. Negli anni '30 iniziò a lavorare composizioni su larga scala, tra cui il suo pezzo The Harp Weaver, un lavoro per coro femminile, orchestra e baritono solista, e la sinfonica The Passing of King Arthur (in seguito ribattezzata The Legend of King Arthur). Nel 1940, con il successo del King Arthur, smise di esibirsi per concentrarsi sulla composizione. 
Ha composto attivamente temi sulla natura, soprattutto come si vede nel West americano, e sul misticismo. Trascorse gran parte della sua carriera di compositrice a Los Angeles, una scelta insolita all'epoca, dato che New York era considerata il centro della nuova musica americana. Tuttavia, le sue opere furono ampiamente rappresentate durante la sua vita.

Il 17 giugno 1925 sposò il dottor Raymond Huntsberger a Los Angeles; divorziarono quattro anni dopo. Nel 1936 sposò il produttore cinematografico Zachary Wayne Griffin (1907–1981), dal quale ebbe due figlie e un figlio. Morì nella sua casa all'età di 91 anni.

Ancora una composizione senza Live, Suite for orchestra (1954 ; rev. 1960)
Il linguaggio musicale della Suite per orchestra è neoromantico e in questo caso trova ispirazione nel vasto panorama montano che si vede dal Ranch Corona del Valle di proprietà della Warren.

“Nel nostro ranch di montagna”, scrive la signorina Warren, “guardiamo ampie distese di deserto fino alle aspre catene montuose innevate dell’High Sierra. Sono rimasta particolarmente commossa dalle immagini in continua evoluzione del cielo, a tutte le ore e nelle diverse stagioni. Sebbene la mia Suite non abbia una storia o un programma alle spalle, i toni di questo sfarzo del cielo e delle lunghe ombre delle imponenti montagne sono senza dubbio nella struttura dell'opera. Lo stato d'animo di ogni movimento è indicato da alcuni versi scelti dagli scritti di John Gould Fletcher. Queste poesie sono incluse nel risguardo della partitura completa della Suite."

martedì 26 novembre 2024

MONDADORI n.12 - Edgar Wallace: L'arciere fantasma



Spike Holland scarabocchiò l'ultima parola sull'ultimo foglio della sua copia, tirò due rigacce orizzontali per informare tutti gli interessati che si trattava dell'ultima pagina e scagliò la penna contro il telaio della finestra.
Il pennino centrò il bersaglio e il manico scolorito tremò per un attimo.
- Nessuna mano immeritevole scriverà della letteratura spregevole con lo strumento della mia fantasia - sentenziò.
L'unico giornalista presente nel locale alzò lo sguardo.
- Che cosa stavate scrivendo, Spike?
- Un fantastico articolo sull'esposizione canina che si è tenuta ieri
-rispose Spike serafico. - Non so niente di cani, se non che un'estremità abbaia e l'altra scodinzola, ma Syme mi ha ugualmente assegnato l'incarico, sostenendo che un cronista di nera deve farsi una certa dimestichezza con i segugi. Quell'uomo è dotato di una mentalità contorta.
Mai una volta le cose gli appaiono come sono; ha sempre bisogno di qualcos'altro. Se gli portate una notizia fresca relativamente alla rapina in una banca, lui ti ossessiona per avere un articolo in cui si specifichi che cosa il presidente della banca suddetta mangia a colazione.

Sospirò e appoggiò i piedi sulla scrivania. Era giovane, lentigginoso, la capigliatura rossiccia perennemente spettinata.
- Le mostre dei cani sono certamente interessanti... - stava dicendo quando la porta si aprì con violenza e un uomo in maniche di camicia lo squadrò attraverso degli enormi occhiali.
- Spike... ho bisogno di voi. Avete da fare?
- Devo incontrarmi con quel Wood a proposito della scuola materna...
pranzerò con lui.
- Può aspettare. - Fece un cenno significativo e Spike lo seguì nel minuscolo ufficio da lui occupato.
- Conoscete Abe Bellamy... un tale di Chicago... milionario?
- Abe? Certamente... È morto? - domandò Spike speranzoso. - Su quell'uomo si potrà scrivere soltanto quando non si correrà più il rischio d'essere citati per diffamazione.
- Lo conoscete bene? - insistette il direttore.
- So che è originario di Chicago... che ha accumulato milioni con l'edilizia, e che è un duro come pochi. Vive in Inghilterra da sette, otto anni, mi pare... si è preso un castello in piena regola... e un autista cinese assolutamente muto...
- Queste notiziole da quattro soldi le sapevo anch'io - sbottò il direttore con impazienza. - Invece mi interessa sapere questo: è il tipo d'uomo in cerca di pubblicità? In altri termini, l'Arciere Verde è un fantasma autentico o una stupida sparata?
- Un fantasma!
Syme tirò fuori un foglietto e lo passò allo sconcertato americano. Si trattava evidentemente di un messaggio scritto da una persona con scarsa dimestichezza della lingua inglese.
Egregio Signore, L'Arciere Verde è apparso nel castello di Garre. Il signor Wilks, il maggiordomo, l'ha visto. Egregio signore, l'Arciere Verde è entrato nella stanza del signor Bellamy e ha lasciato la porta aperta. È
stato visto anche nel parco. Tutti i domestici se ne stanno andando. Il signor Bellamy minaccia di licenziare chiunque metta in giro questa voce, ma i domestici se ne vanno ugualmente.
- E chi mai sarà questo Arciere Verde? - domandò Spike sempre più sorpreso.
Il signor Syme si sistemò gli occhiali e sorrise. Spike rimase allibito nel vederlo compiere qualcosa di così umano.

- L'Arciere Verde del castello di Garre - spiegò - fu, un tempo, il fantasma più famoso d'Inghilterra. Non mettetevi a ridere, perché non si tratta di una storia divertente. L'arciere originale è stato impiccato da uno dei de Curcy, i proprietari del castello di Garre, nel 1487.
- Caspita! È veramente fantastico che ve ne ricordiate ancora!
- Non è il caso di fare dello spirito inutile. Quell'uomo è stato impiccato sotto l'accusa di bracconaggio e anche oggigiorno è possibile, credo, vedere la trave di quercia alla quale è stato appeso. Per centinaia di anni ha continuato a infestare Garre: la sua ultima apparizione risale però al 1799.
Adesso, se diamo credito a questa lettera, scritta evidentemente da una persona della servitù che o è stata licenziata o se ne è andata di sua spontanea volontà perché aveva paura, il nostro amico verde è comparso di nuovo.
Spike aggrottò la fronte e prese a mordicchiarsi il labbro inferiore.
- Qualsiasi fantasma che si mette a stuzzicare Abe Bellamy si merita quello che è destinato a capitargli - affermò. - Comunque, secondo me, per metà si tratta di dicerie popolari e per l'altra metà di un episodio d'isterismo collettivo. Volete che contatti Abe?
- Proprio così, e dovrete anche convincerlo a lasciarvi soggiornare nel castello per una settimana.
Spike scosse enfaticamente il capo.
- Voi non lo conoscete. Se solo gli proponessi qualcosa di simile, mi caccerebbe fuori a calci. Parlerò piuttosto con il suo segretario... un certo Savini... un euroasiatico o qualcosa di simile. Forse lui potrà tornarmi utile. A quanto pare, comunque, questo Arciere Verde si è limitato a lasciare aperto l'uscio della camera di Abe.
- Meglio rivolgersi direttamente a Bellamy... inventate una scusa per introdurvi nel castello. A proposito, lo ha acquistato sette o otto anni fa per centomila sterline. E, nel frattempo, preparate l'articolo. Sono anni che non pubblichiamo niente di bello sui fantasmi. A questo punto, nulla vi impedisce di pranzare con Wood. Voglio anche quell'articolo. Dove farete colazione?
- Al Carlton. Wood si è trattenuto a Londra soltanto per un paio di giorni. Stasera stessa tornerà in Belgio.
Il direttore annuì con un cenno del capo. - Questo semplifica tutto.
Anche Bellamy soggiorna al Carlton. Potrete fare entrambe le cose.

 

lunedì 25 novembre 2024

Dylan Dog


 



Dylan Dog è una serie a fumetti edita in Italia dalla Sergio Bonelli Editore e incentrata sull'omonimo personaggio creato da Tiziano Sclavi.

Il passo incerto, la mano gelida e un'insaziabile fame di carne viva. I morti escono dalla tomba per venire a farci visita; ne sa qualcosa Sybil Browning, sfuggita per un pelo alle fauci del marito defunto. L'unico che può aiutarla è un bizzarro detective che suona il clarinetto e coltiva una passione per mostri e misteri; il suo nome è Dog, Dylan Dog. L'Indagatore dell'Incubo e l'inseparabile Groucho seguono il passo degli zombi fino al villaggio di Undead, dove li attende il mefistofelico Xabaras…

Nevrotico, ex-alcolista, vegetariano, Dylan Dog è senz’altro il detective privato più in controtendenza del panorama fumettistico e letterario. “L’Indagatore dell’Incubo” deve però il suo grandissimo successo e la sua fama imperitura a ben più che all’intreccio delle sue storie, ai variegati mostri che affronta o alle battute del suo folle assistente Groucho. Il geniale e vulcanico padre di Dylan Dog, Tiziano Sclavi, è riuscito infatti a infondere al suo personaggio un ingrediente segreto, ossia una sensibilità poetica e filosofica di tipo esistenzialista, che gli ha permesso di parlare della condizione umana attraverso i mostri che l’Indagatore dell’Incubo affronta per sbarcare il lunario. Accompagnati da Dylan e dalla filosofia contemporanea, affronteremo un percorso fumettistico e filosofico attraverso tutte le situazioni “estreme” dell’esistenza, dall’assurdità della vita all’illusione dell’amore, dall’angoscia di fronte alla morte all’affannosa ricerca della verità, fino a guardare nietzscheanamente nell’Abisso, con la speranza che quest’ultimo, in un momento di distrazione, non si accorga di noi.

Aldo Gabrielli - Avventura a Volendam, 1943








 

venerdì 22 novembre 2024

Patrick Dawlish

 

Gran Bretagna, 1930 / Gordon Ashe

Protagonista di una cinquantina di romanzi polizieschi, a partire da The speaker (1930), Patrick Dawlish è un uomo grande e grosso dotato di una notevole forza di volontà. Anche se non fa molto per rendersi simpatico, è in realtà un burbero dal cuore d'oro e difficilmente si tira indietro quando pensa che ci sia bisogno di lui. 



Agente del controspionaggio inglese durante la Seconda guerra mondiale, cerca in seguito di condurre una vita normale. Ma naturalmente non ce la fa a
mantenere i suoi propositi perché è spesso coinvolto, in un modo o nell'altro, in una serie di crimini che riesce sempre a risolvere brillantemente, mettendosi spesso in contrasto con il burbero ispettore Trivett di Scotland Yard, che mal sopporta di essere sempre battuto dall'ex agente segreto.



In un secondo momento, visti i suoi successi, gli viene offerta la carica di vice sovrintendente di Scotland Yard. E Patrick Dawlish accetta, anche se tra mille esitazioni, specializzandosi in crimini commessi all'estero, tanto da diventare delegato per la Gran Bretagna di un'organizzazione internazionale che combatte il crimine in tutto il mondo.

Alan Ford







Alan Ford è un personaggio immaginario protagonista dell'omonima serie a fumetti ideata da Max Bunker e dal disegnatore Magnus, distribuita per la prima volta nel 1969, edita dall'Editoriale Corno e incentrata sulle avventure a sfondo spionistico/umoristico, con tratti grotteschi e di denuncia sociale, di un gruppo di agenti segreti noto come "Gruppo T.N.T.". Dopo un inizio non esaltante, la serie raggiunse un considerevole successo di pubblico e di critica, arrivando a oltre cinquant'anni di vita editoriale con oltre 600 numeri pubblicati. La novità della serie stava nel proporre un fumetto umoristico con elementi satirici e grotteschi nel quale vari sottogeneri come lo spionistico, l'horror e la denuncia sociale trovavano spazio fondendosi fra loro, in un periodo nel quale il fumetto si caratterizzava invece per l'appartenenza a uno specifico genere senza contaminazioni. Alan Ford, che dà il nome alla serie, inizialmente ne era l'unico protagonista, ma poi l'attenzione si estese all'intero gruppo di personaggi. Magnus e Bunker sono raffigurati in maniera caricaturale, rispettivamente nei personaggi di Bob Rock e Cariatide.

Alan Ford è un ragazzo biondo e di aspetto alto e magro che Magnus caratterizzò sulle fattezze dell'attore Peter O'Toole. Inizialmente avrebbe dovuto indossare una giacca a righe su una camicia bianca con farfallino ma poi si preferì un maglione a collo alto e dei pantaloni scuri. Ha passato la sua infanzia in un orfanotrofio e inizialmente è un grafico pubblicitario squattrinato, ingenuo, imbranato con le donne. Una serie di equivoci lo porta a essere scambiato per una recluta inviata come rimpiazzo per un gruppo governativo segreto chiamato Gruppo TNT, una squadra di agenti segreti dalle personalità in linea con lo humor grottesco della serie e alla quale finirà per aderire per davvero in pianta stabile. Alan Ford nonostante il bell'aspetto è comunque più caricatura che eroe e la sua timidezza patologica lo rende un insicuro cronico e l'eventuale successo di una sua missione è dovuto più alla fortuna che al proprio coraggio o alle proprie capacità comunque alquanto scarse, ma nonostante questo è comunque uno dei membri più validi del gruppo e di conseguenza sempre in prima linea nello svolgimento delle missioni.

Inizialmente Alan Ford è l'unico protagonista ma col tempo anche gli altri comprimari come il Conte Oliver e Bob Rock acquisiscono spessore e importanza tali da rendere proprio il gruppo nel suo insieme il vero protagonista della serie, con i vari membri che di volta in volta sono più o meno al centro delle vicende narrate. Il canovaccio è quello della missione impossibile rocambolescamente portata a termine grazie al contributo più o meno determinante dei diversi membri del Gruppo TNT, sullo sfondo di situazioni o circostanze più o meno attuali o verosimili. Il gruppo di agenti segreti ha sede in un negozio di fiori a New York che funge da copertura. Il loro capo è un uomo vecchissimo su una sedia a rotelle chiamato il Numero Uno. Tutti i membri del gruppo sono costantemente in ristrettezze economiche, non riuscendo quasi mai a ricavare un ritorno economico nonostante il buon esito delle missioni. Oltre ad Alan Ford e al Numero Uno, il gruppo è formato dal Conte Oliver, Grunf, Bob Rock, Geremia e la Cariatide, quest'ultimo braccio destro del Numero Uno, ma col tempo il gruppo si è modificato con dipartite e arrivi di nuovi membri. La serie partendo da ambientazioni tipiche dei film di spionaggio si sposta sempre più verso ambientazioni urbane e minimaliste in cui la trama è un pretesto per mostrarci la vita degli agenti segreti in lotta con problemi di sopravvivenza quotidiana. Sia la borghesia e i capitalisti che il popolo e i proletari vengono mostrati coi loro difetti in un contesto morale fortemente degradato. In Alan Ford c'è una forte componente ironica che offre al lettore un'occasione per riflettere sul mondo con occhio critico e disincantato.


giovedì 21 novembre 2024

Umberto Saba (1883-1957)


Trieste
 
Ascoltando il respiro di Umberto Saba si approda inevitabilmente a Trieste: sono le belle contraddizioni della città di confine a raccontare la sua "storia quasi vera". Vagando per le strade e sulla spiaggia, tra gli antichi volumi di una libreria antiquaria e i tavolini degli storici caffè.

mercoledì 20 novembre 2024

Salvatore Di Vittorio


Salvatore Di Vittorio, nato a Palermo il 22 ottobre 1967, è un compositore e direttore d'orchestra italiano . È direttore musicale e direttore d'orchestra della Chamber Orchestra di New York . È stato riconosciuto da Luigi Verdi (Accademia Filarmonica di Bologna ) come "spirito musicale lirico, rispettoso dell'antica tradizione italiana … interprete emergente di punta della musica di Ottorino Respighi ".


Ha iniziato gli studi musicali con suo padre Giuseppe in Italia, poi ha studiato composizione con Ludmila Ulehla e Giampaolo Bracali alla Manhattan School of Music negli Stati Uniti, e direzione d'orchestra con Giampaolo Bracali, Francesco Carotenuto e il compianto Piero Bellugi in Italia.

È autore di 15 Opere orchestrali, 7 trascrizioni e revisioni di musica orchestrale di Ottorino Respighi, 2 Opere, 4 Opere corali/vocali, alcune composizioni da Camera. La sua musica sinfonica è influenzata da Hector Berlioz , Richard Strauss e segue le orme di Ottorino Respighi. Ha lavorato e ha scritto opere per orchestre di tutto il mondo. Ha insegnato alla Loyola School (New York City) e alla Adelphi University.

Nel 2007, ha guadagnato notevole attenzione con la Chamber Orchestra di New York, quando è stato invitato da Elsa e Gloria Pizzoli (pronipoti di Respighi) e Potito Pedarra (curatore e catalogatore dell'archivio Respighi) a modificare, orchestrare e completare diversi dei primi lavori di Respighi tra cui il primo Concerto per violino (del 1903), per la pubblicazione con le Edizioni Panastudio e Casa Ricordi in Italia. Ha debuttato e poi registrato tre di queste edizioni critiche, insieme con la propria Overture Respighiana e le prime due sinfonie, nel 2010, con l' Orchestra da Camera di New York per la Naxos Records. Queste prime registrazioni sono state rilasciate nel 2011.

Altri notevoli restauri di interesse storico includono: l'orchestrazione di Respighi del 1908 del Lamento di Arianna di Claudio Monteverdi (dall'opera perduta Arianna, 1608) modificata nel 2012, e il completamento di Di Vittorio dell'orchestrazione di Respighi delle Tre Liriche (Tre canti d'arte, 1913) curata per il suo centenario nel 2013. Nel 2019 Di Vittorio ha completato la prima edizione stampata del secondo Concerto per violino di Respighi "all'Antica". Con la Chamber Orchestra di New York, ha continuato a registrare il Concerto per violino "all'Antica" nel 2019 insieme alle Ancient Airs and Dances Suites di Respighi e le canzoni per mezzosoprano nel 2021, sempre per Naxos Records.

Nel novembre 2012 ha eseguito la prima mondiale della sua Sinfonia n. 3 "Templi di Sicilia" al suo debutto con l'Orchestra Sinfonica Siciliana al Teatro Politeama di Palermo. La RAI lo ha intervistato in un'intervista al telegiornale della sera. Subito dopo è stato insignito della Medaglia di Palermo dal sindaco Leoluca Orlando che "ha riconosciuto la grande importanza del lavoro di Di Vittorio come promotore della città di Palermo nel mondo".

Ha diretto le prime mondiali della Fanfara del Mare "Su un Tema di Monteverdi" con la San Diego Symphony, commissionata per il centenario del Balboa Park e del suo Organ Pavilion alla Copley Symphony Hall nel 2015, e Venere e Adone per la Chamber Orchestra of Philadelphia nel 2016. Durante quell'estate ha raggiunto un traguardo significativo quando è diventato il primo compositore nativo italiano ad essere invitato a donare un manoscritto autografo della sua opera all'archivio musicale della Morgan Library & Museum. La Villa d'Este a Tivoli per piccola orchestra, è stata composta nel 2015 per la Morgan in occasione della sua mostra City of the Soul: Rome and the Romantics, giugno 2016.

Alla fine del 2018, ha completato la sua Sinfonia N. 4 "Metamorfosi", basata sulle Metamorfosi di Ovidio e tre dipinti italiani legati alla storia. Nel giugno 2021, ha pubblicato per la Naxos un secondo album che include diverse registrazioni in prima mondiale, inclusa la nuova Quarta Sinfonia. La London Philharmonic ha pubblicato una registrazione di Nebbie dalle Tre Liriche sotto la direzione di Renato Balsadonna e il tenore Freddie de Tommaso, e l'Orchestra dell'Opera del Teatro Alla Scala ha registrato Aria per archi sotto la direzione di Riccardo Chailly.

Tra le stagioni 2021/2022 e 2024/2025, Di Vittorio presenta in prima assoluta e sotto la sua direzione la Sinfonia Metamorfosi e i Viaggi di Enea con l'Orchestra dell'Opera del Teatro Massimo di Palermo.
Di Vittorio risiede con la famiglia a New York e a Palermo.

venerdì 15 novembre 2024

Pat Abbott

 

Stati Uniti, 1941 / Frances Crane

Rude e grintoso investigatore privato di San Francisco (ma anche marito affettuoso oltre che sensibile pittore dilettante), Pat Abbott ha conosciuto la bella e simpatica Jean Holly a Santa Maria, nel New Mexico, dove lei si è trasferita dopo la morte dei genitori in un incidente d'auto e ha aperto un simpatico negozietto, "The turquoise shop", che dà anche il titolo al primo romanzo della serie. 



I due si innamorano e si sposano quasi subito, ma sono ben presto separati dalla Seconda guerra mondiale: lei resta a Santa Monica, continuando a occuparsi del suo negozietto mentre lui, tenente di vascello, lavora per il servizio segreto statunitense.



Alla fine della guerra si sistemano in un primo momento a New Orleans, dove si imbattono per caso in un delitto, che naturalmente risolvono. Pat Abbott decide quindi di diventare investigatore privato a tempo pieno e apre un'agenzia investigativa.


In seguito marito e moglie i trasferiscono definitivamente a San Francisco. Lui svolge la maggior parte del lavoro. Ma lei non se ne sta certo con le mani in mano e spesso lo aiuta nelle sue indagini, anche se è brava soprattutto a cacciarsi nei guai, come capita ad altre lei di celebri coppie poliziesche.



Anche se ciò non risulta quasi mai nell'edizione italiana, nei titoli originali
della maggior parte dei romanzi di Frances Crane con Pat Abbott, pubblicati in Italia da Mondadori, viene usato un colore: The turquoise shop, The pink umbrella, Black cypress, The yellow violet...


giovedì 14 novembre 2024

Dino Campana (1885-1932)


L'uomo dei boschi

 Le campagne della Toscana, i boschi nei dintorni di Marradi: è lì che risuonano le poesie di Dino Campana. Ed è da lì che raccontiamo la storia quasi vera dell'autore dei Canti orfici, rievocando le sue parole e le sue camminate solitarie, le letture, le disavventure, i viaggi veri e quelli immaginari.

URANIA n.11 - Theodore Sturgeon: Cristalli Sognanti



Il bambino fu sorpreso a fare quella cosa disgustosa sotto le gradinate dello
stadio del liceo e fu mandato a casa dalla scuola, che era dall'altra parte della
strada. Aveva otto anni allora. E faceva quella cosa disgustosa da molto
tempo.
Per certi versi, era un peccato. Era un bambino gentile e persino grazioso,
anche se non aveva niente di straordinario. Alcuni dei compagni e dei maestri
lo trovavano abbastanza simpatico; altri compagni e altri maestri la trovavano
abbastanza antipatico; ma non appena il fatto si seppe in giro, tutti gli si
scagliarono contro, amici e nemici. Si chiamava Horty... Horton... Horty
Bluett. Naturalmente, quando tornò a casa, lo sgridarono duramente.
Aprendo la porta, cercò di fare meno rumore possibile; ma lo sentirono lo
stesso, e lo trascinarono di peso al centro del soggiorno; rimase lì, in piedi,
tutto rosso in viso, a testa bassa, con un calzino calato sulla caviglia e le
braccia cariche di una pila di libri sormontati da un guanto da baseball. Per
essere un bambino di otto anni, era un bravo ricevitore.
Cercò di dire: «Stavo...».
«Lo sappiamo già» lo interruppe Armand Bluett. Armand era un uomo
ossuto, con un paio di baffetti radi e occhi gelidi e acquosi. Si batté il palmo
della mano sulla fronte e poi sollevò le braccia al cielo.
«Mio Dio, ragazzo! Cosa ti è preso di metterti a fare una cosa così
schifosa?» Armand Bluett non era un uomo religioso, ma si esprimeva
sempre così quando si batteva la mano sulla fronte, cosa che faceva davvero
spesso.
Horty non rispose. La signora Bluett, che si chiamava Tonta, fece un
sospiro profondo e chiese un cocktail. Non fumava, e quando si trovava a
corto di parole aveva bisogno di qualcosa che rimpiazzasse l'intervallo di
silenzio tipico dei fumatori intenti ad accendersi una sigaretta. Le capitava
così di rado di essere a corto di parole che un quarto di rhum le bastava per
sei settimane. Lei e Armand non erano i genitori veri di Horton.
I genitori veri di Horton erano di sopra, ma i Bluett non lo sapevano. Ad
Horton era stato dato il permesso di chiamare Armand e Tonta per nome.
«Posso chiederti da quanto tempo hai quella nauseante abitudine?»
domandò gelido Armand. «O forse si è trattato di un esperimento?»
Horty sapeva bene che non l'avrebbe passata liscia. Armand aveva sul viso
la stessa espressione concentrata di quando assaggiava un vino e lo trovava
inaspettatamente buono.
«Non lo faccio spesso» disse Horty, e tacque.
«Che Dio ci perdoni, per la generosità che abbiamo dimostrato accogliendo
in casa questo piccolo maiale» disse Armand, e si batté di nuovo una mano
sulla fronte. Horty fece un sospiro. Adesso era sicuro che le cose si sarebbero
messe male. Armand si esprimeva in quel modo quando era veramente in
collera. Voltò le spalle ad Horton e andò a preparare il cocktail per Tonta.
«Ma perché lo hai fatto?» La voce di Tonta era più gentile, solo perché la
natura l'aveva dotata di corde vocali diverse. In viso, però, aveva la stessa
implacabile espressione gelida.
«Be', credo... ne avevo solo voglia, ecco.» Horty depositò i libri e il guanto
da baseball sullo sgabello.
Tonta distolse lo sguardo dal bambino ed emise un gemito inarticolato
colmo di disgusto. Armand tornò verso di lei, rigido e diritto, con un
bicchiere nel quale tintinnavano cubetti di ghiaccio.
«Non ho mai sentito una cosa del genere in tutta la mia vita!» disse
sprezzante il giudice. «Immagino che la notizia sia già sulla bocca di tutti, a
scuola.»
«Credo di sì.»
«Lo sapranno tutti i bambini. E di sicuro anche gli insegnanti. È naturale.
Qualcuno ti ha detto qualcosa?»
«Solo il signor Pell.» Il signor Pell era il direttore. «Lui mi ha detto che...
mi ha detto che avrebbero...»
«Parla più forte!»
Horty ci era già passato una volta. Perché mai doveva succedergli di
nuovo?
«Mi ha detto che la scuola sarebbe andata avanti benissimo, anche senza
un... un lurido selvaggio come me.»
«Posso capire i suoi sentimenti» intervenne Tonta, con aria di sufficienza.
«E gli altri bambini? Hanno detto qualcosa?»
«Hecky mi ha portato dei vermi. E Jimmy mi ha chiamato Formichiere.» E
Kay Hallowell aveva riso, ma questo Horty non lo disse.

 

mercoledì 13 novembre 2024

Carl Maria von Weber


Eutin [Lubecca] 18-Xll-1786 - Londra 5-VI-1826

Cugino di Constanze Weber, la moglie di Mozart, fu avviato ben presto alla carriera musicale, studiando con Michael Haydn (il fratello di Franz Joseph) a Salisburgo e poi a Monaco. Nel 1803 si stabili a Vienna con la famiglia, perfezionandosi con l'Abbé Vogler e trasferendosi poi al servizio del principe Eugenio a Karlsruhe. Nel 1810 è a Stoccarda, poi a Darmstadt, facendosi intanto applaudire in vari centri come pianista e direttore d'orchestra; dal 1813 al '16 soggiorna a Praga come direttore d'orchestra all'Opera e nel 1817 assume la direzione dell'Opera tedesca di Dresda, da lui stesso esemplarmente organizzata. Ma l'attività instancabile di organizzatore, compositore e direttore fiacca il suo fisico, e nel 1824 deve ritirarsi a Marienbad, passando poi a Londra dove si spegne due mesi dopo il grande successo della sua ultima opera, Oberon.
I suoi resti furono traslati a Dresda nel 1844, e Wagner tenne in quell'occasione un discorso in memoria di un maestro a cui tanto doveva tutta la sua concezione teatrale.
Weber è giustamente considerato l'iniziatore del romanticismo musicale tedesco. Questo vale essenzialmente per la sua produzione operistica, ché nella sua vita breve ed operosa egli compose soprattutto per il teatro, recando un contributo insostituibile alla definizione dell'opera germanica: continuò la via già iniziata da Mozart con le opere tedesche e da Beethoven con Fidelio, trovando una forma ormai completamente libera da influenze italiane, ispirata a soggetti germanici, rinnovata nelle forme e nel linguaggio melodico che deriva più dal Lied tedesco che dall'aria italiana. La sua orchestra, anche nelle
opere di teatro, è arricchita e duttile, e partecipa attivamente allo svolgimento drammatico, tanto che lo stesso Wagner imparò moltissimo da lui.


Concerto in fa maggiore per fagotto e orchestra op. 75 (1811)
L'esempio eloquente della straordinaria bravura di strumentatore di Weber si può ravvisare nel Concerto in fa maggiore per fagotto e orchestra, scritto nel 1811 e pubblicato come op. 75. Tale Concerto è considerato a giusta ragione una prova di grande impegno per il solista e in ragione delle squisitezze timbriche e coloristiche sparse nella partitura presenta molte affinità di gusto con l'Andante e Rondò ongarese in do minore op. 35 per fagotto e pianoforte dello stesso compositore. Il Concerto è articolato in tre tempi nel rispetto più ortodosso della forma classica. L'Allegro ma non troppo del primo movimento si apre con una introduzione orchestrale (40 misure), in cui sono contenuti i due temi del primo tempo. Il primo tema è spigliato e dal ritmo puntato, tanto amato da Weber. Ad esso fa seguito, dopo una serie di brevi scale, il secondo tema particolarmente cantabile e dal largo fraseggio espressivo. Ecco quindi il fagotto solista che ripropone tutti e due i temi, imponendo il suo ruolo di protagonista con una scrittura sia di tipo virtuosistico (il gruppetto di scale in "staccato") che caldamente melodica. Una coda caratterizzata da arpeggi e scale del fagotto sorrette da tutta l'orchestra conclude il primo movimento. L'Adagio del secondo tempo in si bemolle maggiore è riservato praticamente al canto dolce e cullante del fagotto, sulle morbide armonie degli archi. L'orchestra tende ogni tanto ad alzare la testa e a mettersi alla pari con lo strumento solista, che non può mancare all'appuntamento con la cadenza prima della chiusura dell'Adagio dalla forma a metà di recitativo e a metà di arioso. Il Rondò finale attacca subito e offre al fagotto solista tutte le possibilità tecniche ed espressive per poter brillare come una prima donna sul palcoscenico. Scale ascendenti e discendenti, salti ritmici e frasi cantabili si alternano con disinvolta scorrevolezza nella parte del fagotto, mentre l'orchestra accompagna con discrezione e puntualità la vivace sortita di questo strumento dal suono così estroso e familiare, opportunamente valorizzato nella grande stagione romantica ed anche nella produzione musicale moderna e contemporanea.

martedì 12 novembre 2024

MONDADORI n.11 - J. Connington: Orme nella sabbia



Paul Fordingbridge interruppe l'attenta lettura della pagina
finanziaria del "Times" e, con uno sguardo un po' corrucciato
verso la sorella, depose il giornale sulle ginocchia. Si tolse quindi
gli occhiali da lettura, sostituendoli con quelli normali e,
rivolgendosi all'irrequieta figura accanto alla finestra del
salottino, disse: - Ebbene, Julia, si può sapere che cos'hai? Fammi
il piacere di dirmelo e poi lasciami leggere in pace il mio
giornale. Nulla mi dà più sui nervi che avere accanto un'anima
inquieta.
Alle parole del fratello, la donna si staccò dalla finestra, dove
stava contemplando il mare.
- Non so proprio perché tu ti sia ostinato a voler venire in
quest'albergo - disse stizzosamente. - È un luogo impossibile!
Va bene che è stato aperto di recente e non si può pretendere
che tutto funzioni come un orologio, ma c'è una tale quantità di
inconvenienti! Stamattina mi sono scottata una mano con l'acqua
calda, in camera mia; domando io se l'acqua del rubinetto
dev'essere bollente a quel modo! E la corrispondenza arriva
sempre in ritardo. Il segretario mi ha fatto le scuse, va bene, ma
che me ne Importa? Non so che farmene, io, delle sue scuse;
voglio le mie lette re all'ora giusta!
- Hai ragione, ma c'è anche qualche lato buono - insinuò
Paul dolcemente. - Il vino, per esempio, è discreto, e questa
poltrona non è da buttar via.
- Non si può stare seduti in poltrona e bere vino tutto il
giorno - ribatté la sorella irritata. -E quel complessino, giù nel
salone, che rompe i timpani, non è una cosa atroce?
- Quello, almeno, fa divertire i ragazzi. Non ho mai sentito
che Simon o Christine se ne lamentino; anzi, ballano
allegramente tutta la sera.
-Oh, quelli! Non sanno fare altro!
- Ma no, via, siamo giusti - soggiunse il fratello in tono
conciliante- giocano anche a bridge e Christine si fa abbastanza
onore al golf. Non posso proprio lamentarmi della mia nipotina.
E Simon non si può nemmeno paragonare al suo primo marito ...
quel poco di buono di Staveley.
Julia Fordingbridge ebbe un gesto di impazienza.
- Oh, già, a sentir te, tutto è bello, tutto è magnifico. Una
deliziosa nipotina, un simpaticissimo nipote, un buon mesetto in
un albergo meraviglioso: che si può chiedere di più? lo non
riesco a spiegarmi, però, che cosa stiamo a fare in un albergo,
quando abbiamo vuota, a pochi passi di qui, una villa come
Foxhills. A che serve venire a Lynden se non possiamo abitare la
nostra casa, e goderci sul serio la quiete e la solitudine?
L'uomo aggrottò lievemente le sopracciglia.
- Ma tu sai meglio di me che razza di traffico ci sarebbe a
riaprire una casa come Foxhills; non mi è parso proprio il caso di
fare una spesa cosi ingente per abitarvi un mese o poco più. E
poi, le cose sono un po' mutate, ora. lo avrei intenzione di
affittare Foxhills e, se trovo un locatario, c'è il caso di dovere
sloggiare appena installati. Vedrai che questo albergo e il nuovo
campo di golf tra poco renderanno Lynden un luogo molto
frequentato, e non sarà difficile affittare bene la tenuta.
Queste considerazioni turbarono Julia.
-Cosa?! Vuoi affittare Foxhills ... la nostra vecchia villa! Ma tu
non ne hai il diritto! Foxhills appartiene a Dari usi
Paul Fordingbridge, punto nel vivo, rispose con una certa
asprezza: - Si deve ancora stabilire se gli "appartiene", o se gli
"apparteneva". Non tocca a noi deciderlo. - Gettò un'occhiata di
traverso alla sorella e continuò, con una nota un po' falsa nella
voce: - Mi pare di averti già spiegato molto chiaramente la
faccenda; ma, se non l'hai ben capita, te la spiegherei ancora una
volta. Che sia l'ultima però, Julia; sono stufo di ripetere sempre
le stesse cose, quando tu non ti dai nemmeno la briga di
ascoltarmi.
Tacque un momento, poi riprese con voce lenta e cattedratica.
- Dal momento che è l'ultima volta che torniamo
sull'argomento, inizierò dal principio, ma ti prego di seguirmi.
Sono stanco di parlare al muro!
"Secondo la volontà di nostro padre, dunque, la maggior parte
del patrimonio di famiglia, compresa la tenuta di Foxhills, è
toccata al nostro fratello maggiore, John. Alla morte di John,
tutto sarebbe dovuto passare, senza restrizione, al secondo
fratello, Rufus, emigrato in Australia, e, dopo di lui, a suo figlio
Darius. Mancando questi, al terzo fratello, il padre di Christine,
oppure, in caso di sua morte prematura, a Christine stessa. Nel
caso che nemmeno questa sopravvivesse, sarei entrato io in
possesso di tutto; morti noi tutti, l'eredità sarebbe toccata a te.
Naturalmente, ognuno di noi ha ereditato di che vivere
comodamente. La tenuta di Foxhills e le proprietà annesse erano
un di più, completamente a parte. Hai capito bene fin qui?"
La donna annuì con il capo, ma non sembrava aver prestato
grande attenzione alle parole del fratello. Seguiva,
evidentemente, un pensiero segreto che assorbiva ogni sua
facoltà e toglieva qualunque interesse alle spiegazioni di Pau!.
Questi la guardò nuovamente e parve esitare; poi continuò: -
Prima che scoppiasse la guerra, nessuno di noi aveva mai visto
Darius. In quell'epoca, lui è venuto a Foxhills e si è trattenuto
qualche tempo con noi. Tu ti sei dimostrata con lui affettuosa e
molto più cordiale di me, che l'ho giudicato un ragazzo
qualunque. Nel frattempo, nostro padre è morto e John è entrato
in possesso della tenuta e del resto del patrimonio che gli
spettava. Poi è scoppiata la guerra e Darius, con il grado di
tenente, è stato aggregato a un reggimento australiano. Abbiamo
saputo ben poco di lui, naturalmente, e lo abbiamo visto assai di
rado. Una volta ha portato a casa, in licenza, quel suo amico,
Nicholas Staveley, che ha saputo abbindolare Christine e se l'è
sposata. Bell'affare quello! Meno male che poi è stato tolto di
mezzo, proprio lo stesso giorno in cui Darius veniva fatto
prigioniero!
Al nome del primo marito della nipote, Julia Fordingbridge
tra sali.
Erano passati tanti anni, eppure il solo pensiero di
quell'individuo infastidiva tutti, in famiglia. Per il resto lei non
prestava il minimo interesse alla narrazione del fratello; per lei
era una storia vecchia, e importante soltanto in quanto poteva
spiegare la condotta presente di Paul.
 

lunedì 11 novembre 2024

Zagor




Figlio di un ufficiale dell'esercito ritiratosi a vivere da pioniere nei boschi del Nord-Est, Patrick Wilding vede morire i genitori a opera di una banda di indiani Abenaki, guidati da Salomon Kinsky. Raccolto da uno strano filosofo vagabondo che si fa chiamare "Wandering" Fitzy e che gli fa da maestro, il ragazzo cresce desiderando la vendetta. Quando riesce ad attuarla, scopre, però, che il padre era stato a sua volta un massacratore di indiani e comprende la relatività dei concetti di Bene e Male. Questo lo spinge a trasformarsi (complice una famiglia di saltimbanchi) in Za-gor-te-nay o, più brevemente Zagor: una sorta di giustiziere sempre pronto a schierarsi con i deboli e gli oppressi, rossi, bianchi o neri che siano.

Presa dimora in una capanna costruita su un isolotto circondato dalle sabbie mobili, in una palude della foresta di Darkwood, Zagor inizia la sua opera pacificatrice, mitizzato dagli indiani che lo credono uno spirito immortale e rispettato dai bianchi che ben ne conoscono le capacità. Vestito del suo inconfondibile costume rosso dalla foggia indiana, con il simbolo dell'Uccello Tuono sul petto, combatte per la Giustizia, usando la pistola, ma soprattutto una scure di pietra che maneggia con incredibile maestria. Agile, forte e atletico, Zagor sfrutta queste sue doti per far credere di essere un messaggero di pace del Grande Spirito.

Zagor non è un solitario e arrogante giustiziere, ma ha numerosi amici fra trappers, marinai e cacciatori di tesori ed è pronto ad accorrere dovunque ci sia bisogno di lui, accompagnato dal buffo, affamatissimo e irresistibile Cico. I suoi nemici vanno invece da Hellingen, quintessenza di tutti gli scienziati pazzi, alla mostruosa razza extraterrestre degli Akkroniani, passando per vampiri, druidi, thugs, vichinghi, eschimesi, lupi mannari, streghe, ma anche assassini senza scrupoli e classici geni del crimine.