martedì 5 novembre 2024

MONDADORI n.10 - Patricia Wentworth: Lo smemorato di Colonia



Anton Blum spaccava la legna. Si era fatto quasi buio nell'ultima
mezz'ora; la notte scendeva presto nelle foreste di Kònigswald; la breve
radura coltivata da Joseph Mùller era circondata da alberi che apparivano
neri parecchio prima del tramonto, e quella sera in particolare il sole era
invisibile, si era levato un gran vento e gli alberi stormivano e gemevano
sotto il suo soffio rude.
Anton continuava infaticabile a spaccare legna: era tanto forte che non si
stancava mai. Anna Blum gli aveva ordinato di spaccare legna, lui avrebbe
continuato a spaccarne finché non fosse uscita fuori a dirgli:
— Via, Anton. Ora basta, vieni in casa.
Una volta che Anna era stata fuori tutto il giorno, lo aveva ritrovato,
tornando a casa, ancora intento a lavare il pavimento della cucina. Era stata
lei a dirgli di lavarlo e poi era uscita; e al suo ritorno aveva trovato Anton
ancora inginocchiato in terra. Ma il fatto era successo molto tempo prima,
prima che loro venissero ad abitare nel Kònigswald. Ora la zia Anna stava
bene attenta che una cosa simile non succedesse più.
Anton continuava a spaccare legna. Nel villaggio dicevano: "Forte come
Anton Blum", come in altri posti si direbbe: "Forte come un toro". E ai
bimbi cattivi dicevano: "Sta' attento, se no viene Anton Blum a portarti
via"; mentre uno scolaro negligente era ammonito così: "Sei più stupido di
Anton Blum".
Nessuno sapeva ciò che Anton pensasse di questi discorsi. Anton viveva
con Anna Blum che era sua zia e con Joseph Mùller, che era fratello di
Anna. Questo lui lo sapeva: Anna era sua zia e Joseph era il fratello della
zia. Anna era anche vedova. Le parole zia e vedova appartenevano ad
Anna, e la parola fratello apparteneva a Joseph, Anton non sapeva altro.
Da quando era stato ferito, nove o dieci anni prima, non aveva più parlato,
non accettava ordini da Joseph e non andava mai nel villaggio, perché i
ragazzi gli tiravano le sassate. Ma faceva tutto ciò che Anna gli diceva di
fare.
Continuava a spaccare legna. Se anche udiva il fremito della tempesta,
nel vento che cresceva di violenza, non se ne preoccupava. Ammesso che
pensasse, pensava soltanto al suo lavoro. Gli piaceva vedersi volare
intorno le schegge di legno e gli piaceva maneggiare l'ascia. In realtà la sua
mente era molto simile alla radura nella quale si trovava: uno spazio
aperto, circondato da tenebre. Nel mezzo dello spazio aperto c'era una
figura: la sua, quella di Anton Blum. Sapeva che questo era il suo nome e
sapeva di voler bene alla zia Anna, e di aver paura dei bimbi del villaggio
e di tutte le facce sconosciute. Quando la zia Anna gli parlava la capiva
abbastanza bene, ma con le persone nuove si confondeva facilmente e
allora non sapeva più quello che volessero da lui.
Anna Blum, una donna alta e robusta, molto pulita, uscì fuori sull'aia.
— Basta, Anton! — gridò.
— E Anton smise di spaccare e lasciò cadere l'accetta accanto alla
catasta della legna. Anna si avvicinò.
— Così no, Anton. L'accetta si arrugginisce. Raccoglila e mettila sotto la
tettoia.
Parlava come si fa con i bambini, scandendo bene le parole.
Anton obbedì, con la dolcezza e la docilità di un cane bene ammaestrato.
Quando ebbe messo a posto l'accetta seguì Anna Blum in casa. Entrarono
nella cucina, una stanza calda e piena di un pungente odore di petrolio,
perché il lume era stato acceso da poco e la calza era ancora bassa. Era un
lume molto modesto, che aveva dietro un riflettore di latta, e gettava nella
stanza un chiarore scialbo. Joseph Mùller era seduto sul suo seggiolone
occupato a sfilarsi gli stivali. Quando Anna alzò la calza del lume, la
leggera somiglianza che esisteva fra loro fu più evidente; tutti e due erano
alti e forti, avevano gli stessi capelli castani, gli stessi occhi azzurri.
Questa era la prima impressione che si riceveva guardandoli, ma la piega
aspra delle labbra di Joseph e il suo sguardo sfuggente, saltavano quasi
subito agli occhi.
Joseph gettò gli stivali in un angolo, con un gran tonfo.
— Si prepara una bella burrasca.
Anna voltò gli occhi verso la finestra, che aveva le imposte ancora
aperte.
— Devo andare al villaggio a vedere Mary — disse.
— Stupida! Che bisogno ha di te, Mary?
Anna lo guardò al di sopra del lume, senza curarsi di nascondere il suo
disprezzo, mentre rispondeva:
— Che padre affezionato sei! Il tuo nipotino non ha ancora
quarantott'ore di vita e tu trovi stupido che io sia stata a vedere Mary ieri e
che ci ritorni oggi. Tu naturalmente non ti scomoderesti per andarci, non è
vero?
Joseph si accigliò.
— Quando una ragazza prende marito, ha chi pensa a lei — brontolò. —
Che le hai portato ieri, e che cosa le porti oggi? Ecco quello che vorrei
sapere.
— Ieri le ho portato un po' di latte e sei uova — rispose Anna senza
scomporsi. — Oggi le porto il latte e domani le porterò di nuovo le uova. 


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