giovedì 7 novembre 2024

URANIA n.10 - Alfred E. Van Vogt: Anno 2650



Come di consueto, durante lo svolgimento delle competizioni i sigg. ospiti
di ciascun piano dell'albergo provvederanno alla formazione dei propri
organismi di protezione..."
Malinconico, Gosseyn guardava dalla finestra curva della sua stanza
d'angolo, all'albergo. Da trenta piani d'altezza vedeva stendersi ai suoi piedi
la città della Macchina. La giornata limpida, luminosa gli consentiva una
visione di paurosa bellezza. A sinistra era il tremolante bagliore dell'onda
azzurro-cupa del fiume sferzato dalla brezza meridiana. A nord, si
stagliavano nitide sul fondale turchino del cielo le cime dei monti.
Non vedeva oltre questa cornice del quadro, Gosseyn. Strette come da un
abbraccio tra monti e fiume, le case della città si pigiavano fitte lungo le
spaziose arterie stradali. Quasi tutte edifici adibiti a uso d'abitazione,
mostravano a tratti, tra il fogliame dei palmizi e d'altre piante semitropicali,
lo scintillio dei tetti. Ma c'erano anche molti altri alberghi e grattacieli,
anonimi per lontananza.
La Macchina sorgeva in cima al cono decapitato d'un colle.
Fuso scintillante, argenteo, si perdeva nel cielo a quasi cinque chilometri di
distanza. Giardini e palazzi presidenziali che le facevano corona si celavano
in parte dietro folte vegetazioni. Particolari che non interessavano affatto
Gosseyn, interamente avvinto dalla visione della Macchina che tutto oscurava
intorno a sé.
Vederla significava sentirsene affascinati. Anche Gosseyn provò
meraviglia. A dispetto di sé, a dispetto del suo umor tetro. Era lì anche lui,
Gosseyn, dopo tanto lottare. Lì a prender parte alle gare... Le selezioni che
avrebbero dato cariche e ricchezza ai "piazzati", che avrebbero premiato col
viaggio a Venere l'eletto gruppo dei "migliori".
Aveva desiderato scendere in lizza per lunghi anni, Gosseyn. C'era voluta
la morte di lei, perché il suo sogno si attuasse. "Si deve sempre pagare"
pensava "per avere qualcosa. A caro prezzo..." Perché quando aveva
anticipato col sogno quei giorni, Gosseyn non aveva neppur lontanamente
immaginato che accanto a lui non ci sarebbe più stata la sua compagna.
L'aveva sempre sognata vicina, tutta presa dalla competizione, dalla speranza
della vittoria. Ai giorni lontani dei loro studi, dei loro progetti, erano stati
posizione e ricchezza a dare un volto alla speranza. Lungi dal sognarlo, né
Gosseyn, né Patricia avevano neppure osato pensare al viaggio verso Venere.
Ora, tuttavia, ora che era rimasto solo, Gosseyn non sapeva più dare un
significato al potere, alla ricchezza. L'attraeva il mistero remoto, il desiderio
irraggiungibile di Venere con tutte le sue promesse d'oblio. Si sentiva
superiore ai beni materiali della terra, Gosseyn. In senso assolutamente a
religoso, provava un nostalgico desiderio di cessazione.
Pose fine a quei pensieri un colpo battuto alla porta. L'aperse e si trovò di
fronte un ragazzo.
«Mi mandano» disse il nuovo venuto «ad avvertirvi che tutti gli altri ospiti
di questo piano sono già riuniti in salotto».
«E con ciò?» volle sapere Gosseyn che non aveva capito.
«Si debbono discutere i provvedimenti da prendere per proteggere gli
ospiti del nostro piano durante il periodo delle gare, signore».
«È vero» ricordò Gosseyn.
E l'angosciò il dover constatare d'essersene dimenticato. A dire il vero, la
notizia aveva cominciato a turbarlo sin dal momento in cui l'aveva appresa
dall'altoparlante a collegamento centrale di cui era dotata ogni stanza
dell'albergo. Sembrava impossibile, a Gosseyn, che la più grande metropoli
del globo sarebbe rimasta priva di polizia, di istituti giuridici per tutto il
periodo delle gare. Era proprio così, purtroppo: mentre tutte le altre città e
metropoli, tutti i villaggi e le comunità della Terra avrebbero potuto continuar
a contare sulla protezione dei tutori dell'ordine, la città della Macchina non
avrebbe conosciuto altra legge, per un mese intero, che quella assolutamente
negativa di gruppi in atteggiamento difensivo.
«Ho anche l'incarico di dirvi» continuò il ragazzo «che gli assenti alla
prima riunione rimarranno interamente abbandonati a se stessi, per tutta la
durata delle selezioni».
«Di' che vengo subito» rispose Gosseyn. «Di' che partecipo per la prima
volta e che me n'ero dimenticato. E grazie».
Porse una moneta al fanciullo e l'allontanò. Chiusa la porta, provvide a
sbarrare le finestre con sostanza plastica e appese un appunto, perché
potessero rintracciarlo, di fronte allo schermo del videofono. Poi, chiusasi
accuratamente la porta alle spalle, s'inoltrò, cauto, lungo il corridoio.
Appena entrato in salotto, riconobbe un concittadino: un certo Nordegg,
proprietario di grandi magazzini. Era andato a piazzarsi accanto all'uscio.
Gosseyn gli indirizzò un sorriso e un cenno di saluto. L'altro lo fissò stupito e
non ricambiò il saluto, ignorando completamente il sorriso. Contegno strano,
a dir poco. Gosseyn sentì svanire l'imbarazzo per l'episodio insolito, non
appena s'accorse che i numerosi convenuti nella stanza lo stavano fissando,
muti.
Luminosi, cordiali, gli sguardi amichevoli di quei volti mostravano
soltanto una briciola di calcolo. Questa, almeno, la prima impressione di
Gosseyn, che celando un sorrisetto trovò perfettamente naturale che i
convenuti si valutassero l'un l'altro, cercando di immaginare su quali
probabilità di vittoria poteva far conto, che so?, il vicino o l'ultimo arrivato.
Invitato da un cenno della mano, Gosseyn s'avvicinò alla scrivania dove
sedeva un anziano davanti a un grosso registro.
«Mi servono nome e cognome eccetera, per il registro, qui» disse l'uomo.
«Gosseyn» disse l'interpellato. «Gilbert Gosseyn, abitante a Cress Village,
Florida. Età trentaquattro anni, altezza un metro e ottantatré, peso
ottantaquattro, segni particolari... nessuno».
«Lo dite voi!» esclamò l'anziano indirizzandogli un caldo sorriso
accompagnato da una cordiale strizzatina d'occhi. «Se il vostro intelletto
corrisponde alle vostre notevoli doti fisiche, farete molta strada alle
competizioni. A proposito» aggiunse dopo qualche istante di silenzio «non
avete detto di essere sposato...»
«Non lo sono, infatti» rispose Gosseyn ammutolito per alcuni secondi al
pensiero della compagna perduta. «Non sono sposato...»
«Ma siete un ragazzo molto simpatico, signor Gosseyn. Che le gare vi
dimostrino degno di Venere!»
«Grazie».



 

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