Come di consueto, durante lo svolgimento delle competizioni i sigg. ospitidi ciascun piano dell'albergo provvederanno alla formazione dei propriorganismi di protezione..."Malinconico, Gosseyn guardava dalla finestra curva della sua stanzad'angolo, all'albergo. Da trenta piani d'altezza vedeva stendersi ai suoi piedila città della Macchina. La giornata limpida, luminosa gli consentiva unavisione di paurosa bellezza. A sinistra era il tremolante bagliore dell'ondaazzurro-cupa del fiume sferzato dalla brezza meridiana. A nord, sistagliavano nitide sul fondale turchino del cielo le cime dei monti.Non vedeva oltre questa cornice del quadro, Gosseyn. Strette come da unabbraccio tra monti e fiume, le case della città si pigiavano fitte lungo lespaziose arterie stradali. Quasi tutte edifici adibiti a uso d'abitazione,mostravano a tratti, tra il fogliame dei palmizi e d'altre piante semitropicali,lo scintillio dei tetti. Ma c'erano anche molti altri alberghi e grattacieli,anonimi per lontananza.La Macchina sorgeva in cima al cono decapitato d'un colle.Fuso scintillante, argenteo, si perdeva nel cielo a quasi cinque chilometri didistanza. Giardini e palazzi presidenziali che le facevano corona si celavanoin parte dietro folte vegetazioni. Particolari che non interessavano affattoGosseyn, interamente avvinto dalla visione della Macchina che tutto oscuravaintorno a sé.Vederla significava sentirsene affascinati. Anche Gosseyn provòmeraviglia. A dispetto di sé, a dispetto del suo umor tetro. Era lì anche lui,Gosseyn, dopo tanto lottare. Lì a prender parte alle gare... Le selezioni cheavrebbero dato cariche e ricchezza ai "piazzati", che avrebbero premiato colviaggio a Venere l'eletto gruppo dei "migliori".Aveva desiderato scendere in lizza per lunghi anni, Gosseyn. C'era volutala morte di lei, perché il suo sogno si attuasse. "Si deve sempre pagare"pensava "per avere qualcosa. A caro prezzo..." Perché quando avevaanticipato col sogno quei giorni, Gosseyn non aveva neppur lontanamenteimmaginato che accanto a lui non ci sarebbe più stata la sua compagna.L'aveva sempre sognata vicina, tutta presa dalla competizione, dalla speranzadella vittoria. Ai giorni lontani dei loro studi, dei loro progetti, erano statiposizione e ricchezza a dare un volto alla speranza. Lungi dal sognarlo, néGosseyn, né Patricia avevano neppure osato pensare al viaggio verso Venere.Ora, tuttavia, ora che era rimasto solo, Gosseyn non sapeva più dare unsignificato al potere, alla ricchezza. L'attraeva il mistero remoto, il desiderioirraggiungibile di Venere con tutte le sue promesse d'oblio. Si sentivasuperiore ai beni materiali della terra, Gosseyn. In senso assolutamente areligoso, provava un nostalgico desiderio di cessazione.Pose fine a quei pensieri un colpo battuto alla porta. L'aperse e si trovò difronte un ragazzo.«Mi mandano» disse il nuovo venuto «ad avvertirvi che tutti gli altri ospitidi questo piano sono già riuniti in salotto».«E con ciò?» volle sapere Gosseyn che non aveva capito.«Si debbono discutere i provvedimenti da prendere per proteggere gliospiti del nostro piano durante il periodo delle gare, signore».«È vero» ricordò Gosseyn.E l'angosciò il dover constatare d'essersene dimenticato. A dire il vero, lanotizia aveva cominciato a turbarlo sin dal momento in cui l'aveva appresadall'altoparlante a collegamento centrale di cui era dotata ogni stanzadell'albergo. Sembrava impossibile, a Gosseyn, che la più grande metropolidel globo sarebbe rimasta priva di polizia, di istituti giuridici per tutto ilperiodo delle gare. Era proprio così, purtroppo: mentre tutte le altre città emetropoli, tutti i villaggi e le comunità della Terra avrebbero potuto continuara contare sulla protezione dei tutori dell'ordine, la città della Macchina nonavrebbe conosciuto altra legge, per un mese intero, che quella assolutamentenegativa di gruppi in atteggiamento difensivo.«Ho anche l'incarico di dirvi» continuò il ragazzo «che gli assenti allaprima riunione rimarranno interamente abbandonati a se stessi, per tutta ladurata delle selezioni».«Di' che vengo subito» rispose Gosseyn. «Di' che partecipo per la primavolta e che me n'ero dimenticato. E grazie».Porse una moneta al fanciullo e l'allontanò. Chiusa la porta, provvide asbarrare le finestre con sostanza plastica e appese un appunto, perchépotessero rintracciarlo, di fronte allo schermo del videofono. Poi, chiusasiaccuratamente la porta alle spalle, s'inoltrò, cauto, lungo il corridoio.Appena entrato in salotto, riconobbe un concittadino: un certo Nordegg,proprietario di grandi magazzini. Era andato a piazzarsi accanto all'uscio.Gosseyn gli indirizzò un sorriso e un cenno di saluto. L'altro lo fissò stupito enon ricambiò il saluto, ignorando completamente il sorriso. Contegno strano,a dir poco. Gosseyn sentì svanire l'imbarazzo per l'episodio insolito, nonappena s'accorse che i numerosi convenuti nella stanza lo stavano fissando,muti.Luminosi, cordiali, gli sguardi amichevoli di quei volti mostravanosoltanto una briciola di calcolo. Questa, almeno, la prima impressione diGosseyn, che celando un sorrisetto trovò perfettamente naturale che iconvenuti si valutassero l'un l'altro, cercando di immaginare su qualiprobabilità di vittoria poteva far conto, che so?, il vicino o l'ultimo arrivato.Invitato da un cenno della mano, Gosseyn s'avvicinò alla scrivania dovesedeva un anziano davanti a un grosso registro.«Mi servono nome e cognome eccetera, per il registro, qui» disse l'uomo.«Gosseyn» disse l'interpellato. «Gilbert Gosseyn, abitante a Cress Village,Florida. Età trentaquattro anni, altezza un metro e ottantatré, pesoottantaquattro, segni particolari... nessuno».«Lo dite voi!» esclamò l'anziano indirizzandogli un caldo sorrisoaccompagnato da una cordiale strizzatina d'occhi. «Se il vostro intellettocorrisponde alle vostre notevoli doti fisiche, farete molta strada allecompetizioni. A proposito» aggiunse dopo qualche istante di silenzio «nonavete detto di essere sposato...»«Non lo sono, infatti» rispose Gosseyn ammutolito per alcuni secondi alpensiero della compagna perduta. «Non sono sposato...»«Ma siete un ragazzo molto simpatico, signor Gosseyn. Che le gare vidimostrino degno di Venere!»«Grazie».
giovedì 7 novembre 2024
URANIA n.10 - Alfred E. Van Vogt: Anno 2650
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