sabato 31 maggio 2025

Macarietto




Giovanni Manca nacque il 23 maggio 1889 a Cagliari dove frequentò l'istituto tecnico. Trasferitosi a Torino nel 1905, seguì i corsi dell'Accademia Albertina, che tuttavia abbandonò ben presto per dedicarsi alla caricatura.

Come disegnatore esordì con graffianti vignette di satira politica sui giornali «Due di coppe», «Torino ride», «Ma chi è?», «Guerin sportivo» e «Pasquino», di cui nel 1919 assunse la direzione. Negli anni torinesi e fino al 1945 fu inoltre attivo nel mondo del teatro, dirigendo una compagnia di rivista (la Compagnia Manca), per cui scriveva anche i testi e dipingeva le scene, producendo spettacoli molto noti come, ad esempio, Musica Maestro.

Intorno alla metà degli anni '20 si trasferì a Milano, dove iniziò a collaborare al «Guerin meschino» (poi diretto dal 1945 al 1950) e al «Corriere dei piccoli», per il quale nel 1930 creò il suo personaggio più celebre, il collerico scienziato Pier Cloruro de' Lambicchi, inventore della miracolosa «arcivernice» in grado di animare le effigi dei grandi personaggi del passato. Le vignette di Pier Cloruro furono pubblicate fino agli anni '60, passando prima a «Il Monello», poi a «Il Giorno dei ragazzi»; nel 1970 le avventure del professore divennero un libro, Pier Lambicchi e l'arcivernice.

Per il «Corriere dei piccoli» il creò numerosi altri personaggi, animati dallo stesso ironico brio: tra questi Macarietto (1940), controfigura del comico Erminio Macario, Simeone Bombardoni e Don Gradasso Sbudelloni (1945) e lo sfortunato Tamarindo (1946), servitore perennemente vessato dalle minacce di licenziamento del padrone sor Cipolla.

Nel dopoguerra continuò a collaborare con alcune tra le più importanti testate italiane, come il «Corriere della sera», «La Domenica del Corriere» e «La Lettura». Nel 1967 illustrò la versione a fumetti di Le avventure di Pinocchio su sceneggiatura di Pier Carpi, pubblicata nel 1969 con il titolo Pinocchio secondo Manca. Morì quasi centenario a Bergamo il 12 luglio 1984.

 

venerdì 30 maggio 2025

Barry M. Malzberg: L'elmetto



Con l’elmetto in testa sono un essere come tutti gli altri, e il mondo ha un senso.
La guerra non è una guerra senza fine, ma una necessaria azione difensiva nell’interesse
della pace, e finirà presto.
I Maestri non sono creature che ci mentono e ci tengono in schiavitù, ma signori
di grande saggezza e giustizia che, nelle sale di questo grande edificio, ci preparano
benevolmente per il mondo che un giorno toccherà a noi di governare. Gli altri che
stanno con me nei corridoi e nelle aule non sono altrettante vittime, ma altrettanti studenti,
e tra molto, o tra poco, tutto andrà per il meglio. Ecco perché mi è stato assegnato
l’elmetto, e perché mi piace averlo in testa. Senza quell’elmetto non riesco a
sopportare il mondo com’è, per certe ragioni che hanno a che fare con la scienza
medica e che io non sono in grado di capire...
I Maestri dicono che devo toglierlo ogni giorno per un paio d’ore, e riposare. Mi
hanno detto che questo riguarda i sensori, o l’esaurimento della guaina protettiva dei
nervi, ma la spiegazione mi confonde le idee, ed io trascorro i miei periodi senza
elmetto tenendo gli occhi chiusi il più a lungo possibile e contando i minuti che
mancano al momento in cui potrò calzarlo di nuovo e rendere, di nuovo, il mondo
comprensibile. È importante e necessario che io indossi l’elmetto, ed i Maestri hanno
promesso che entro non molto, le protezioni dei nervi, o sensori, avranno completato
il necessario adattamento ed io sarò in grado di servirmene per settimane intere.
Spero che sia così.
Adesso è una delle mie ore senza elmetto. In piedi davanti alla finestra guardo da
questa grande altezza gli edifici della città. Conosco la paura dei macchinari sospesi
nella distanza, la paura nell’odore dell’aria pesante che aleggia in questo luogo.
Ascoltando Serafino che parla delle meraviglie della nostra epoca, io chiudo gli
occhi. Serafino è il mio più caro amico, forse il mio solo amico in questo momento,
ma non gli sono più affezionato che a tutti gli altri. Quando ho l’elmetto lo trovo
interessante e simpatico, quando sono senza mi pare stupido e insipido.
Quanto lo invidio. Lui non ha bisogno dell’elmetto per gioire della vita che ci
hanno data!
— Non è meraviglioso, Jonno? — chiede Serafino girando oziosamente le dita.
Siamo in un periodo di tempo libero tra le ore di istruzioni, e siamo venuti alla
finestra per guardare la città. — La razza umana ha faticato diecimila anni per creare
una civiltà come questa, e siamo noi che la erediteremo. Non è meraviglioso? La città
ci dà tutto, e noi non saremo mai costretti a lasciarla.
A me non sembra che questo sia meraviglioso, senza elmetto, poi, l’idea di non
dover mai lasciare la città mi riempie di disgusto. Ma io non voglio scoraggiare
Serafino, spingerlo ad andarsene. Nei periodi in cui non porto l’elmetto, mi sento
molto solo, e mi spavento facilmente. — Sì, certo — dico. — Mi sembra una cosa
bellissima — e mi volto. Così vedo che, inaspettatamente, uno dei Maestri si è avvicinato
a noi. Loro si muovono così silenziosamente e con tale leggerezza, per le scale,
che è quasi impossibile accorgersi del loro arrivo, quindi conviene che uno si attenga
costantemente alle leggi di obbedienza. — Salve, Serafino dice il Maestro. — Salve
Jonno.
Noi non conosciamo i loro nomi, ma loro i nostri, li sanno tutti. Per noi, loro sono
semplicemente Maestri. Alcuni sono alti, altri piccoli, certi sono vecchi, ed altri giovani,
ma siamo stati informati che ciascuno di loro può adempiere le funzioni di tutti,
e che sarebbe stato un grosso errore volerne personalizzare qualcuno. Questo è un
avvertimento che vale la pena di prendere seriamente, perché i Maestri non fanno mai
affermazioni inutili. Tutto quello che dicono è denso di significato, e l’unica vera
difficoltà sta nel non tenerne conto.
— Salve, Maestro — dice il mio amico, e si inchina leggermente, nel modo
dovuto. Fa un ampio sorriso e torna a girarsi verso la finestra, perché è regola che, se
il Maestro non vuole prolungare la conversazione, l’allievo non deve attirare su di sé
un’attenzione non necessaria ma limitarsi a continuare la sua attività regolare. —
Salve, Jonno — dice il Maestro rivolgendosi a me, ed in tono un poco più secco.
— Salve, Maestro — dico, e gli volto le spalle. Senza elmetto in testa vedo il
Maestro come una creatura spaventosa e sconosciuta, con la pelle verde, a squame,
grandi occhi, artigli, e una brutta escrescenza sopra le squame, ma ricordo a me stesso
che questa è semplicemente un’illusione dovuta alla mia incapacità di adattamento, e
che in nessun modo, mai, devo dimostrare odio, paura, o disgusto. Nel passato, in
momenti in cui non portavo l’elmetto, mi ero lasciato prendere un paio di volte dalle
allucinazioni, ed ero stato portato in una piccola stanza per essere educato. Ma questa
è una faccenda di cui preferisco non parlare.
— Come stai? — dice il Maestro, lasciando capire che intende proseguire la
conversazione.
— Bene. Sto bene.
— Vedo che non porti l’elmetto. Perché?
Deve essere un Maestro nuovo, uno che non conosce ancora le speciali regole e
procedure che disciplinano il mio caso.
— Non posso portarlo continuamente — dico. — Lo devo togliere per una o due
ore al giorno.
— Non ho sentito niente del genere a proposito del tuo caso — dice il Maestro. —
Gli scontenti hanno ricevuto istruzione di portare sempre l’elmetto. Mi spiace.
— Ma è vero! — dice Serafino, prendendo le mie difese. — Lui non può portarlo
sempre. Ecco perché io gli tengo compagnia. Perché non venga preso dalla paura.
— Nessuno ti ha chiesto di parlare — dice il Maestro in tono rabbioso. — Tu puoi
parlare soltanto quando ti si rivolge la parola. Per questa tua mancanza subirai un
trattamento. Ti ordino di andare immediatamente agli alloggi.
Pallido e tremante, Serafino si allontana dalla finestra e attraversa rapidamente la
sala. È inutile discutere con i Maestri. Facendolo si aggrava soltanto la situazione.
Serafino esce senza dire una parola. Guardandolo, vedendo le spalle incurvate, ed il
lieve tremito delle gambe, intuisco che è terrorizzato. Anch’io sono molto spaventato.
Distolgo gli occhi dalla città e cerco di guardare oltre la creatura, ma questa cattura il
mio sguardo, ed io sono costretto a fissarla. Vorrei andare via, di corsa, ma andarsene
senza una scusa è offesa gravissima, forse la più grave di tutte, e quindi resto. Il
Maestro mi guarda, le squame si agitano nell’aria.
— Vieni qui, Jonno — dice, e mi fa un cenno. Io mi muovo, poi mi fermo a
qualche centimetro da lui. Nella faccia senza fisionomia della creatura gli occhi sono
tondi e grandissimi. — Tu conosci i regolamenti — dice. — Devi portare sempre
l’elmetto.
— Sì — dico. È inutile discutere con loro. Vero, o non vero, lui non conosce il
uno caso, ma non c’e scopo a discutere con loro si peggiorano soltanto le cose —
Sì—ripeto.
— Hai infranto il regolamento.
— Sì. Sì, è vero.
— Quindi devi accettare la tua giusta punizione.
— Lo farò.
— La punizione è...
Il Maestro fa una pausa, agita di nuovo le squame, sembra pensare. — L’unica
punizione adatta — dice — è questa tu non porterai più l’elmetto. Dovrai passare
tutto il resto della tua vita senza elmetto. Per non aver saputo accettare i termini della
tua salvezza, non verrai salvato.
Poi si allontana rapidamente da me, lasciandomi impietrito sul posto. Mi sento
male. Il corridoio diventa grigio, il vento che entra dalla finestra mi fa rabbrividire.
Sento un freddo come non ho mai sentito prima, e mi rendo conto sino in fondo della
raffinata crudeltà del Maestro. Mi rendo conto che dovrò trascorrere tutto il resto
della mia vita vedendo ogni cosa esattamente com’è.

 

Ispettore Rason

 

Stati Uniti, 1946 / Roy Vickers

Dopo essere apparso in una serie di racconti incentrati sull'affascinante Fidelity Dove, ladra gentildonna che, con l'aiuto una piccola organizzazione, mette a segno audaci imprese criminali che assolvono però la funzione di riprimere un torto subito da personaggi incapaci di difendersi, il paziente e meticoloso ispettore
Rason diventa responsabile della Sezione casi archiviati, un immaginario reparto di Scotland Yard in cui vengono accuratamente catalogati tutti i casi di morte anche accidentali e tutti i reperti a essi legati, persino quelli apparentemente insignificanti, in attesa di ulteriori notizie che permettano di riaprili e risolverli. 



Considerato solo fortunato dai suoi colleghi, che in fondo ne invidiano i successi, lui ama considerarsi «un matto assunto a Scotland Yard in base al principio per cui ci vuole un matto per prenderne un altro».



Lo schema di questi racconti è in genere immutabile e fa riferimento pressoché costante al procedimento dell'inverted story, viene cioè brevemente anticipata la conclusione definitiva del caso mediante formulazioni del tipo: Tessa Branston univa alle vedute morali di un'avventuriera, l'educazione, i gusti e i pregiudizi
sociali di una moglie e madre di provincia, perfettamente rispettabile... In realtà l'unico 'fallo' da lei commesso è stato l'assassinio del primo marito. 


giovedì 29 maggio 2025

Pier Paolo Pasolini: Alla mia nazione



Non popolo arabo, non popolo balcanico, non popolo antico
ma nazione vivente, ma nazione europea:
e cosa sei? Terra di infanti, affamati, corrotti,
governanti impiegati di agrari, prefetti codini,
avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi,
funzionari liberali carogne come gli zii bigotti,
una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino!
Milioni di piccoli borghesi come milioni di porci
pascolano sospingendosi sotto gli illesi palazzotti,
tra case coloniali scrostate ormai come chiese.
Proprio perché tu sei esistita, ora non esisti,
proprio perché fosti cosciente, sei incosciente.
E solo perché sei cattolica, non puoi pensare
che il tuo male è tutto male: colpa di ogni male.

Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo.

 

URANIA n.38 - Festus Pragnell: Il popolo verde



L'Autore immagina che gli atomi siano mondi - stelle e pianeti - raggruppati in sistemi solari simili al nostro, e che su questi mondi infinitesimali come sulla Terra sia possibile la vita vegetale, animale e umana. Uno scienziato scopre il modo di osservare gli atomi attraverso un microscopio di sua invenzione, il quale ha anche il potere di trasferire la personalità (mente, pensieri, ricordi) di un essere umano nel corpo di uno degli abitanti di un atomo e viceversa. All'esperimento si presta il giovane fratello dello scienziato, Learoy Spofford, che infatti si ritrova nel corpo di un uomo-scimmia dal vello verde, e ci vive trent'anni. Il romanzo è la storia di Kastrove, l'uomo-scimmia che ha l'anima di Learoy, e delle sue avventure nel mondo dell'atomo. Avventure eroiche ed umane, tanto ben descritte da sembrare reali. E' un racconto fantastico che pure getta un barlume di luce - se non reale, almeno possibile - su quella che potrebbe essere stata la storia dell'uomo sul nostro stesso pianeta, dai tempi preistorici in poi.

 

mercoledì 28 maggio 2025

Antonio Estévez

(1/1/1916 a Calabozo/Guárico; 26/11/1988 a Caracas)

È stato un compositore, oboista e direttore d'orchestra venezuelano. Compose "Mediodia en el llano" due anni prima di laurearsi come compositore nel 1944, a Caracas. Nel 1945, continuò gli studi di composizione alla Columbia University e i corsi estivi a Tanglewood, con altri compositori latinoamericani come Ginastera e Orbón. Nel 1947-48, a Parigi, fu vicino ai pittori cinetici venezuelani Carlos Cruz-Diez e Jesus Soto e al compositore Pierre Boulez. Negli anni '50, compose "Concierto para orquesta", "La Cantata criolla" (forse l'opera nazionalista venezuelana più importante del XX secolo), splendidi pezzi corali e per pianoforte. Estévez esplorò la musica elettroacustica a Parigi dal 1962 al 1971 alla Radio-Televisione francese ORTF con Pierre Schaeffer. ‘Cromovibrafonía’ è stato commissionato per il padiglione venezuelano dell’Expo di Montreal del 1967 e ‘Cromovibrafonía múltiple’ per il Museo d’arte moderna di Soto (Venezuela). La sua musica è stata ampiamente riconosciuta e viene suonata in tutto il mondo.

Antonio Estévez è considerato per lo più un compositore nazionalista, ma non è solo questo. È vero che il suo rapporto con ciò che ha visto e sentito da bambino nelle pianure venezuelane lo ha segnato profondamente e si è diffuso in tutta la sua musica e nella sua vita. Ha detto di sé "prima di tutto, voglio sempre essere onesto con me stesso, ma anche venezuelano, latinoamericano e universale". Non ha smesso di imparare ed esplorare fino alla fine. Mediodía en el llano, per orchestra (1942) Concierto para orchestra (1950) Tríptico Ancestral, per coro misto (1955) Cantata Criolla, per tenore, baritono, coro misto e orchestra (1954) 17 piezas infantiles, per pianoforte (1956) Canciones para canto y pianoforte, voce e pianoforte Obertura Sesquicentenaria, per orchestra (1963) Cromovibrafonía, musica elettroacustica (1967) Cromovibrafonía múltiple, musica elettroacustica (1970) 5 Poemas de Nicolas Guillén, per basso e ensemble (1977).



martedì 27 maggio 2025

Francesco Parri - Il racconto di un cacciatore, 1929








 

MONDADORI n.38 - J. L. Rickard: La casa di fronte



Una casina bianca con le imposte azzurre - una bella signora bionda e misteriosa - una zitella isterica - una gentildonna innamorata e gelosa - e, al centro, una figura di uomo affascinante e spregevole. Mistero drammatico ed avvincente che, al punto di risolversi, si complica nel modo più tragico. Pietà - orrore - curiosità intensa.



 

lunedì 26 maggio 2025

Shizuko Natsuki: Le scale



Pensai per la prima volta alla possibilità di un incidente sulle scale il mattino in cui mia figlia Yukiko inciampò nello scendere di corsa dalla sua stanza.
Yukiko fa la quinta elementare ed esce di casa verso le otto, proprio quando anch’io esco per andare alla boutique. Quella particolare mattina ero vicino alla porta d’entrata e stavo infilandomi le scarpe quando lei uscì di corsa dalla sua camera, trascinando una pesante cartella e una sacca di tela. Verso la metà della scala, la fibbia della cartella s’impigliò nella passatoia, lei inciampò e per poco non cadde.
— Attenta! — gridammo all’unisono Kimie, che stava passando l’aspirapolvere sul tappeto, e io, ma Yukiko, con l’agilità di una bambina, era già riuscita ad afferrarsi alla parete e a ritrovare l’equilibrio. Il contenuto della cartella era sparpagliato un po’ dappertutto, ma lei era sana e salva. Tuttavia, non potei fare a meno di pensare a quanto fosse pericolosa quella scala. In origine, avevo fatto mettere quella passatoia nel tentativo di rendere più sicuri i gradini, ma ormai la trama era lisa in più punti, per cui la scala era probabilmente più pericolosa che mai. Non solo i gradini sono molto ripidi, ma un lato è aperto verso il soggiorno, senza neppure un corrimano, e l’area, al di sotto, è pavimentata in pietra.
Non era la prima volta, quella, che mi preoccupavo del pericolo rappresentato da quella scala e, lì per lì, decisi di telefonare a un falegname per far rivestire i gradini di gomma e per far mettere una solida ringhiera lungo il lato aperto. Il falegname acconsentì a eseguire il lavoro, ma disse che aveva molto lavoro e che non se ne sarebbe potuto occupare prima di due o tre giorni.
Il tempo per metterci d’accordo e concludere la telefonata e Kimie, la nostra governante, aveva ormai finito di passare l’aspirapolvere. Vive con noi e, sebbene abbia passato da un pezzo la cinquantina, è solida come una quercia ed è una gran lavoratrice. È lei, in pratica, che manda avanti la casa, e si occupa così bene di Yukiko e di me che io posso badare alla mia boutique a Roppongi senza altre preoccupazioni. Le cose erano davvero difficili per me quando mio marito morì, cinque anni or sono, ma ora, grazie a Kimie, Yukiko ed io conduciamo un’esistenza del tutto normale.
Con questo, naturalmente, non voglio dire che Kimie sia perfetta. Tutti hanno almeno un difetto e quello di Kimie, a quanto pare, è che, ogni volta che apre la bocca, si mette a tessere le lodi del suo defunto consorte. Era impiegato comunale in una città della Prefettura di Nagano ed era morto in un incendio scoppiato in quello stesso Municipio dove lui prestava servizio.
— Non solo era un gran lavoratore con un altissimo senso di responsabilità, — ama ripeterci Kimie, — ma era anche molto ben visto dai suoi superiori, oltre che dal personale più giovane. E sebbene fosse poco al di sopra della quarantina, tutti dicevano che sarebbe stato il futuro vice-sindaco. Purtroppo, quando scoppiò l’incendio, il suo senso di responsabilità prese il sopravvento in lui. Non soltanto riuscì a salvare tutti i documenti importanti, ma cercò anche di dare una mano a fare uscire tutti... e alla fine non fu più in grado lui, di salvarsi.
Dio solo sa quante volte l’ho udita, questa storia. E sarebbe ancora il meno, ma il guaio è che lei insiste nel raccontarla a tutti quelli che vengono per casa, anche se

sabato 24 maggio 2025

ShortNewMusicNews, puntata 3



Diego Ribechini - Chimera
Spectrum Vates - Pupille d'alabastro
After Midnight 01 - Golden Wheels
Electric Confidence - I'll Do It My Way
Keblema - Poor Arkanoid
Ring of Love - Forget About Love



Walkie & Talkie: Il bombardiere folle





Il bombardiere folle è la storia di esordio della serie Walkie & Talkie - Detectives London, e appare sul numero 8 del Corriere dei Piccoli , datato 24 febbraio 1924.
La serie si compone di 34 episodi; una prima trance di ventuno puntate si conclude con l'episodio Agente Zero-Zero Beppe nel numero 11 del 16 marzo 1975, poi i personaggi tornano a essere pubblicati nel numero 2 del 1978 con l'episodio Investigatori, mentre l'ultima puntata, Allarme aereo, appare sul numero 17 del 1979.

Giorgio Pezzin (Venezia, 5 settembre 1949) è un fumettista italiano. Ha scritto oltre duecento storie a fumetti per la Disney.
Grazie all'amicizia con il disegnatore Giorgio Cavazzano presenta una sua opera alla redazione di Topolino incominciando così a lavorare in coppia con Cavazzano stesso entrando nello staff di sceneggiatori della Mondadori nella redazione di Topolino nel 1973 ed esordendo nel 1974 con la storia "Paperino e la visita distruttiva". Si laurea nello stesso anno, e per qualche anno esercita la professione di ingegnere civile.
Con Cavazzano durante gli anni settanta realizza varie serie a fumetti pubblicate su diverse testate come Walkie & Talkie che verrà pubblicata sul Corriere dei Piccoli dal 1973 al 1975, Oscar e Tango sul Messaggero dei Ragazzi dal 1974 al 1976 e Smalto & Jonny su Il Mago nel 1976. Con altri disegnatori realizza nel 1976 la serie Uomo bianco, disegnato da Bruno Marraffa e, nel 1977, I rangers.
Per l'Editoriale Cepim scrive dal 1977 storie della serie western Piccolo Ranger e, per la Daim Press, alcune storie della serie Zagor. Dopo l'interruzione della serie Piccolo Ranger, si dedicò a tempo pieno alla realizzazione di storie Disney per la Mondadori.

Giorgio Cavazzano (Venezia, 19 ottobre 1947) è un fumettista italiano, tra i più apprezzati autori italiani di fumetti. È noto soprattutto come disegnatore di fumetti della Disney pubblicati in Italia dalla Mondadori prima, dalla Disney Italia dal 1989 e dalla Panini Comics dal 2013, e dalle riviste Disney francesi come Mickey Parade e Le Journal de Mickey, oltre che di fumetti umoristici non disneyani e altri di genere realistico. Ha all'attivo anche lavori nel campo dell'animazione e della pubblicità.


venerdì 23 maggio 2025

Russell Bates: Visione indiana



La terza settimana di digiuno, Gufo Grigio scoprì gli uomini bianchi.
Quel giorno il giovane Kiowa si svegliò al dolce canto degli uccelli. Durante la
notte era piovuto. La sua coperta di bisonte era inzuppata e puzzolente. La camicia di
renna e i mocassini erano fradici. Si sentiva infelice. Il vento soffiava gelido
infilandosi sotto le rocce sporgenti. Gufo Grigio rabbrividì; quasi dimenticando gli
stimoli della fame. Quasi...
Alla fine il sole scaldò le rocce. Gufo Grigio si mise stancamente a sedere,
sperando che il nuovo giorno gli portasse finalmente la visione. Si asciugò i lunghi
capelli neri e li annodò facendoli ricadere sul lato sinistro. Poi rimase a guardare a
lungo verso il basso da una spaccatura della roccia. Il fianco della collina era
immutato: gruppi sparsi di piccole querce, massi ricoperti di muschio, prati di erba
gialloverde, e terra nera. Le colline più lontane avevano gli stessi colori e le stesse
caratteristiche.
Poco prima dell’alba Gufo Grigio aveva sognato. Di cervi, e nuvole, e pesci, e
neve... Ma il sogno non gli aveva portato la visione che lui stava aspettando. Quando
avesse avuto la visione, avrebbe parlato con gli spiriti, e ne avrebbe assimilato la saggezza
e la conoscenza. Sarebbe stata la sua forza di guerriero e d’uomo.
Almeno, così lo stregone gli aveva promesso. Ma quanto tempo ancora doveva
aspettare? Quando Gufo Grigio aveva cominciato il digiuno la luna era piena da
poco. Presto sarebbe stata di nuovo piena.
Gufo Grigio pensò allo stregone che aveva certo dormito al caldo sotto la tenda, e
che non era a corto né di cibo né di vestiti.
Maledetto vecchio, sdentato e semicieco! Spero che abbia fatto un’indigestione,
con tutta la carne che gli ho dato!
Al pensiero del cibo i morsi della fame tornarono con violenza. Gufo Grigio si protese
in avanti e da una spaccatura nella roccia prese una piccola sacca di pelle. Dentro
c’era una manciata di pezzi di carne affumicata mescolati con sugna. Li annusò a
lungo, poi chiuse gli occhi e si illuse di inghiottire. Poi rimise la carne nella sacca,
sentendosi molto colpevole.
Alla fine si costrinse a lasciare la spaccatura nella roccia. Quando si alzò i capogiri
e la nausea lo fecero barcollare. Si appoggiò con la schiena a un masso e

Ralph Lindsey



Stati Uniti, 1957 / Ben Benson

Ralph Lindsey ha incominciato a lavorare per la polizia dello stato del Massachuset a vent'anni. Inesperto ma diligente e volenteroso, oltre che probabilmente destinato a una rapida e brillante carriera, questo personaggio fa di tutto per essere all'altezza del padre, poliziotto per oltre vent'anni - è stato costretto a ritirarsi a causa di una ferita riportata durante una sparatoria, che l'ha paralizzato costringendolo su una sedia a rotelle - oltre che per continuare a tener viva la tradizione familiare. 



Le sue avventure sono raccontate in prima persona, con descrizioni fin troppo precise e dettagliate. Tanto che qualcuno ha scritto che sembrano il tema del primo
della classe e il manuale del giovane detective. 



Ecco un esempio: «Quella mattina avevo fatto quanto mi spettava. La procedura, nei casi di omicidio, è regolata da norme rigidissime e, come primo dovere, un
agente di polizia deve accertare se la morte dell'individuo è indiscutibile, però non deve toccare il corpo. Se l'individuo è morto, l'agente non può giovargli in alcun modo e solo il medico legale ha piena autorità sul cadavere che non deve essere rimosso senza la sua autorizzazione. Tuttavia, l'agente deve procedere a una sommaria ispezione dei luoghi adiacenti, annotando data, ora, temperatura,
condizioni del tempo ed esatta ubicazione.»


Ben Benson è nato il 24 settembre 1913 a Boston, fu gravemente ferito durante il servizio militare nella Seconda Guerra Mondiale. Iniziò a scrivere come terapia e scrisse diciannove romanzi polizieschi con protagonisti l'agente Ralph Lindsey e l'ispettore Wade Paris della Polizia di Stato del Massachusetts. 

È conosciuto come sceneggiatore. È celebre per aver partecipato a Ladri di automobili (1955), Blood Harvest (1987) e Danger (1950). Morì il 29 aprile 1959. Luogo di morte: Usa.

giovedì 22 maggio 2025

Rainer Maria Rilke: Giorno d’autunno



Signore: è tempo. Grande era l’arsura.
Deponi l’ombra sulle meridiane,
libera il vento sopra la pianura.

Fa’ che sia colmo ancora il frutto estremo;
concedi ancora un giorno di tepore,
che il frutto giunga a maturare, e spremi
nel grave vino l’ultimo sapore.
Chi non ha casa adesso, non l’avrà.

Chi è solo a lungo solo dovrà stare,
leggere nelle veglie, e lunghi fogli
scrivere, e incerto sulle vie tornare
dove nell’aria fluttuano le foglie

 

URANIA n.37 - L. Ron Hubbard: L'uomo che non poteva morire



Un duello con la morte, ecco ciò che Clayton McLean deve affrontare. E la sua storia è tanto più impressionante, per fantastica e superstiziosa che possa sembrare, in quanto si basa su una realtà a cui ben pochi vogliono credere e che tuttavia temono: la "iettatura". Forse non tutti sanno che le compagnie di assicurazione sulla vita registrano il maggior numero possibile di "iettatori", i cui nomi figurano nei loro elenchi, sotto la voce "imponderabili"; e dove la morte colpisce con la sua spietata e incomprensibile imparzialità, si sa poi ch'era presente uno di questi infelicissimi collettori di fluidi malefici. Ma essi, poi, per misteriose ragioni, escono immuni da ogni catastrofe. E se c'è un uomo che sembra portare con sè la iettatura ovunque vada è proprio McLean. Per due volte consecutive la morte scende su coloro che lo circondano... E lui viene risparmiato. Egli darebbe qualunque cosa per non godere d'una simile immunità; ma un giorno scopre che il prezzo ch'è costretto a pagare per questa immunità è il massimo che un uomo onesto sia condannato a pagare: perchè McLean sa d'esser divenuto uno spaventevole strumento di distruzione. Tanto che ci sono tutte le ragioni per temere della vita di colei che McLean sta per sposare. E il dilemma gli si pone: dovrà continuare a essere per un pezzo ancora l'uomo che non può morire? Chi vincerà: il suo amore o la morte? URANIA offre ai suoi lettori un romanzo indimenticabile, rivelatore impressionante. Anche la "iettatura" rientra fra i temi della fantascienza!

 

mercoledì 21 maggio 2025

Inocente Carreño

(Porlamar, Estado Nueva Esparta, Venezuela, 28/12/1919 - Caracas, Distrito Capital, Venezuela, 29/06/2016)

Carreño è stato cresciuto dalla nonna, che gli raccontava leggende e cantava melodie tradizionali della sua isola natale. Iniziò a studiare musica con il direttore d'orchestra Lino Gutiérrez e suonò nella sua band all'età di nove anni. 
Nel 1932 si stabilì a Caracas con il fratello Francisco, noto specialista del folklore. Lavora con lui in un negozio di scarpe, partecipa ai movimenti intellettuali del suo tempo, suona la chitarra con le sue due sorelle, arrangia e compone molta musica popolare; joropos, merengue, valzer, rumba, tango, bolero.

Studiò con il Maestro Sojo, l'uomo che ebbe la maggiore influenza sulla sua vita, presso la Scuola di Musica e Declamazione. Ha imparato a suonare la tromba con Federico Williams, si è unito all'Orfeón Lamas come cantante e all'Orchestra Sinfonica Venezuelana come suonatore di corno e trombettista. 
Nel 1940 iniziò la carriera di insegnante e compose più frequentemente nello stile classico. Dopo aver ottenuto il diploma nel 1946, iniziò a lavorare come insegnante in diverse scuole, si sposò nel 1950 e compose la sua opera più famosa, il poema sinfonico "Margariteña" nel 1954.

Nel 1970 fondò la scuola Prudencio Esaá, fu eletto al Senato, ricoprì l'incarico di Ministro Consigliere presso l'UNESCO a Parigi e nel 1989 fu nominato direttore della Scuola Superiore di Musica di Caracas .

La sua opera musicale è vasta e di carattere nazionalista. Ha scritto per orchestra: quattro Ouverture sinfoniche, Suite per orchestra d'archi, Sinfonia satirica, Elegia per orchestra d'archi. Anche: poemi sinfonici; numerose canzoni per voce e orchestra; Musica da camera: un Quintetto per oboe, flauto, clarinetto, corno e fagotto; due Quartetti per archi; brani per flauto e pianoforte; brani per pianoforte (valzer); e per chitarra (entrambe le Suite).


martedì 20 maggio 2025

Mario Puccini - Storia di una ragazza sivigliana, 1954









 

MONDADORI n.37 - Edgar Wallace: Il pugnale di vetro



Oscar Trevors è un uomo misterioso e molto ricco. A un certo punto della vita ha chiesto ai suoi banchieri di spedirgli i proventi del suo capitale in due banche europee, una in Svizzera e una a Montecarlo: da allora le cose sono andate avanti, come da lui previsto, per anni. A un certo punto però gli amministratori del fondo cominciano a chiedersi se Trevors sia ancora vivo. La nipote di Oscar, Gwendda Guildford, cerca di rintracciare lo zio, e allora improvvisamente le cose si complicano: la ragazza apprende che lo zio si spaccia per l'erede del re di Boginda, un piccolo stato africano... e ciò che ancor più inquieta la ragazza è un misterioso e allarmante messaggio cifrato...

 

lunedì 19 maggio 2025

Sonora Morrow: La rivale di Sherlock Holmes



Caro Ellery Queen,
non ho mai scritto una lettera ad un giornale, prima d’ora, né intendevo farlo, senonché James, mio marito, ritiene che io debba farlo. Legge ogni mese la vostra rivista ed è sicuro che saprete come usare quello che ora vi dirò.
Devo premettere che arrivai qui dall’Inghilterra nel 1940, quando avevo quindici anni. I miei genitori volevano sapermi al sicuro e mi mandarono a stare presso una zia, nel Connecticut. Rimasi là cinque anni, durante i quali conobbi e sposai James. Da allora sono tornata in Inghilterra due volte soltanto, e sono ormai cittadina americana.
Il mese scorso è morta mia madre, a Londra, e tra i suoi effetti inviatimi dai legali c’era questo diario che era appartenuto a mia nonna. La sorella di mia nonna, la pro-zia Martha, l’aveva conservato dal 1883 fino al 1926, data della sua morte. Avevo sentito parlare del diario – era una specie di tesoro di famiglia – ma finora non l’avevo mai visto. James mi, ha consigliato di copiare il primo episodio e di mandarvelo. Mi farete sapere che cosa ne pensate.
Ve l’accludo, ringraziandovi fin d’ora. Distinti saluti,
Erica Barry

7 aprile 1883

I due signori sono usciti di nuovo, senza nemmeno salutare, ma la povera ragazza che accompagnavano aveva un’ aria talmente stravolta che io, mentalmente, ho augurato loro un rapido successo.
Quasi non riesco a crederlo che, già da due anni, ormai, occupano le stanze al piano superiore della mia casa. Ma devo confessare che, alla morte prematura del mio povero Alberto, hanno molto rallegrato la mia triste esistenza. Poiché la buon’anima non m’aveva lasciato altro che questa casa in Baker Street, nessuna assicurazione e pochissimi risparmi, decisi un giorno di affittare delle stanze.
Le mie prime pensionanti erano due mature signorine, per la decenza, dato che sono una signora sola, e che seccatura rappresentavano! Il tè non era mai abbastanza caldo, i biscotti mai abbastanza morbidi, le stanze mai abbastanza calde o abbastanza pulite! Non mi dispiacque affatto vederle andar via, quando ereditarono da una zia di 94 anni e partirono per andare a installarsi nella villetta di lei, nel Surrey.
Quando il dottor Watson e il suo amico signor Holmes vennero a vedere le stanze e manifestarono l’intenzione di fissarle, gettai le convenienze al vento. Gli uomini

sabato 17 maggio 2025

ShortNewMusicNews, puntata 2


Stella - Iride
Atom Lux - Mandelbrot! Mandelbrot!
Jellygoat - Cold Coffee
Vipera - Achille
Brave Hearts Factory - Here Remains The Flame
Zodiac - Put your love
The Toulalan - My Ordinary Day




Re di Picche





Re di Picche è il protagonista di una serie a fumetti italiana creata Luciano Bottaro.

Debuttò nel 1969, come protagonista di una rivista di fumetti di breve durata con lo stesso nome, pubblicata in Italia da A.G.I.S..

Ispirato ai personaggi tradizionali delle carte da gioco, presenta le avventure umoristiche di un tiranno irascibile ossessionato dalle sue ambizioni espansionistiche verso il regno al confine guidato dal placido Re di Cuori. La rivista comprendeva anche altri personaggi di Bottaro, Carlo Chendi, Giorgio Rebuffi e Franco Aloisi, come Pon Pon, Giò Polpetta, Romeo Lancia. La rivista è stata pubblicata anche in Francia con il titolo Roi de Pique.

Dopo la chiusura della rivista, Bottaro continua a creare nuove storie di Re di Picche fino alla metà degli anni '80 per una serie di altre pubblicazioni, tra cui le riviste Corriere dei Ragazzi e Corriere dei Piccoli e il quotidiano Il Secolo XIX.


 

venerdì 16 maggio 2025

Barry N. Malzberg: Rimorso



Ferrara si puntò la rivoltella alla tempia preparandosi al suicidio. — Così almeno
sarà finita — mormorò. Non ce la faccio più a sopportare questo mio senso di colpa,
il continuo rivivere quei momenti.
Si riferiva come sempre al fatto che circa dodici anni prima, senza che le autorità
ne venissero mai a conoscenza, con un veleno lento, si era reso colpevole della morte
di sua madre. Da allora aveva rivissuto infinite volte gli attimi di quella morte, le
contorsioni della madre, le imprecazioni, il curioso furbesco sorriso di distensione
che lei gli aveva rivolto nel momento in cui moriva. Quelle immagini avevano
aggredito l’armatura della sua coscienza, e lui le rivedeva continuamente.
— Basta — disse Ferrara. — Basta, non lo sopporto più. — Finalmente sarebbe
stato liberato dall’attimo della morte di sua madre, congelato nel tempo. E tirò il
grilletto.
Il proiettile proiettile gli si piantò profondo profondo nel cervello tirò tirò il grilletto
il proiettile gli si piantò piantò profondo nel cervello cervello tirò tirò il grilletto
grilletto il proiettile proiett