giovedì 29 febbraio 2024

Giuseppe Tartini

 Pirano [Istria] 8-IV-1692 - Padova 26-II-1770

Avviato per volere del padre alla carriera ecclesiastica, nel 1708 studiò legge alla Università di Padova, aprendo contemporaneamente una scuola di violino e di scherma. Abbandonata la carriera ecclesiastica dopo la morte del padre, si sposò nel 1710, ma la moglie fu rinchiusa dai suoi in un convento e Tartini riparò ad Assisi, dove si rifugiò nel monastero.
Si perfezionò qui negli studi musicali, ma poi dovette lasciare la città e passò ad Ancona finché poté ricongiungersi con la moglie. Nel 1716 riprese a studiare e dal 1721 fu primo violino alla cappella del Santo di Padova. Dal 1723 al '26 fu a Praga, dove era stato chiamato in seguito alla sua crescente notorietà e dal 1726 alla morte visse a Padova, circondato dall'ammirazione dei contemporanei e ricercatissimo come maestro da giovani italiani e stranieri.
Intelletto vivo e partecipe della cultura del suo tempo, si dedicò intensamente a studi acustici ma fu soprattutto importante per l'impulso che diede alla tecnica del violino, acquistando un posto di grandissima importanza nella scuola violinistica italiana del sec. XVIII, che con lui progredì notevolmente
preparando il terreno alle posteriori innovazioni di Viotti e Paganini. Ma Tartini è importante anche come compositore: il suo elegante stile rococò presenta anticipatori tratti romantici ed è pervaso da uno stimolante spirito di novità.
Tartini rimane uno dei compositori più vivi e interessanti del '700 italiano: compose circa 130 concerti (di cui solo qualcuno è rimasto nel repertorio), oltre 200 sonate per uno o due violini e basso e numerosi studi. È altresì autore di vari trattati acustici e didattici che ebbero grande importanza in tutto il sec. XVIII.


Concerto per violino in la maggiore D 96 (GT 1.A09)
I due tempi estremi - il primo Allegro col suo percorso armonico relativamente regolare e la felicità dell'invenzione melodica e l'ultimo Presto nel suo trascinante 3/8 - sono dei veri e propri gioielli di eleganza. La genesi del secondo movimento invece fu contraddistinta da un "ripensamento". Inizialmente Tartini scrive un Adagio in la minore, una pagina cantabile che lascia al solista ampia libertà di effondersi in una serie di fioriture e abbellimenti estemporanei. Non contento però di questo brano, pur di bellissima fattura, lo sostituì con un Largo Andante in mi maggiore a cui sottopose un "motto poetico": i versi "A rivi a fonti a fiumi correte amare lagrime, sin tanto che consumi l'acerbo mio doloro". Una struggente melodia affidata al violino e sostenuta solo da un semplice accompagnamento, riesce ad evocare con straordinaria espressività la suggestione testuale. Si tratta di uno dei momenti più alti dell'intera produzione tartiniana, una di quelle pagine che contribuirono a rendere il suo stile inconfondibile e proprio questa sua ineguagliabile capacità di saper mescolare sapientemente liricità, pathos, virtuosismo, ricercatezze armoniche, gli valse lo stimato giudizio di Burney: "dirò soltanto che come compositore fu uno dei pochi geni originali di questo secolo che soltanto in se stesso trovò la fonte della propria ispirazione".

sabato 24 febbraio 2024

Elisa Delpari

1944: The rebellion

Elektra, una giovane ragazza che vive a New York, è molto timida e a scuola non è vista di buon occhio, i compagni la prendono in giro e la evitano. Ma una sera, durante una festa, tutto cambierà quando inizierà ad avere delle visioni, apparentemente di una vita che non sembra la sua. Che cosa significano? E perché proprio a lei? 

2030: Apocalypse war

In questo romanzo si immagina come potrebbe essere la Terza guerra mondiale, in un mondo futuristico dove la tecnologia ha preso ormai il sopravvento, con un nuovo dittatore molto simile ad Hadolf Hitler… ma con armi e tecnologie fantascientifiche, proveniente dal lontano Giappone.
Nel racconto è stata aggiunta una parte paranormale, infatti Elektra combattendo contro questo nuovo nemico, per difendere e riconquistare la libertà, oltre a utilizzare il suo dono, si farà aiutare da dei ragazzi con poteri sovrannaturali, ma vi è anche una piccola parte storica, infatti vi sono episodi inerenti all’occupazione nazista e alla resistenza partigiana. Anche qui l'autrice ha voluto lanciare un messaggio molto importante: difendere la propria libertà sempre e comunque.

venerdì 23 febbraio 2024

Miss Marple

 


Gran Bretagna, 1930 / Agatha Christie

«Miss Marple si intrufolò così silenziosamente nella mia vita che quasi non mi accorsi del suo arrivo. Scrissi una serie di racconti per una rivista, immaginando che in un villaggio sei persone si riunissero una volta alla settimana per raccontare qualche caso rimasto insoluto. Incominciai con Miss Marple, un tipo di anziana signora che avevo visto frequentemente in casa di una zia, a Ealing, e simile a tante altre incontrate nei vari villaggi dei miei soggiorni giovanili». 



Ecco come Agatha Christie presenta nella sua autobiografia questa simpatica vecchietta, protagonista di dodici romanzi e di numerosi racconti, pubblicati
in Italia da Mondadori, certo il suo personaggio più riuscito accanto al celebre Hercule Poirot. Fragile e tranquilla, dotata di molto buon senso e di una certa conoscenza della natura umana - ha catalogato nella sua memoria tutti i tipi di persone perché «gli esseri umani e il loro comportamento sono sempre gli stessi» - nonché esperta di criminologia, Miss Marple è sull'ottantina. Alta e molto magra, con il passare del tempo si è fatta ancora più fragile, ma non meno decisa quando si tratta di mettere un presunto colpevole con le spalle al muro. 




Vive da sempre nel villaggio di St. Mary Mead, grazie a una piccola rendita che il nipote Raymond West, un romanziere di un certo successo, di tanto in tanto arrotonda.
Oltre alla conoscenza della natura umana e all'importanza dei pettegolezzi,
i suoi "ferri del mestiere" sono l'attenzione e una logica ferrea, visto che esce di casa ormai raramente e si limita ad ascoltare ciò che dicono le sue amiche, traendone poi le debite conseguenze.

 

Murder at the vicarage è stato portato sulle scene a Londra nel 1949 e nel 1975. 


Pur non avendo il fisico adatto a interpretare Miss Marple, tanto che la sua scelta non aveva inizialmente del tutto convinto la Christie, l'attrice Margaret Rutherford ha caratterizzato mirabilmente questo personaggio in quattro film.



Nel film Assassinio allo specchio (1980), Miss Marple è stata interpretata da Angela Lansbury. Questo personaggio ha fatto anche una breve apparizione (apocrifa!) nel film Poirot e il caso Amanda. 



Mentre il film Assassinio al galoppatoio (1963), con Miss Marple, è in realtà
tratto da After the funeral (1923) con Hercule Poirot!
Quando uscì Sipario, l'ultimo romanzo con Hercule Poirot, si sparse la voce che Agatha Christie avesse deciso di far morire anche Miss Marple. Ma evidentemente non ha avuto il coraggio di farlo, anche se il suo personaggio è ugualmente scomparso con lei.

 

giovedì 22 febbraio 2024

Igor Stravinski

Oranienbaum [Pietroburgo] 18-VI-1882 - New York 6-IV-1971

Figlio di un cantante dell'Opera di Corte di Pietroburgo, Stravinski studiò con Rimski-Korsakov, sotto la cui guida si pose a 21 anni, continuando però lo studio del diritto. La formazione di Stravinski è profondamente russa: egli risiedette a Pietroburgo fino al 1914, cioè fino ai 32 anni, e fu in stretto contatto con gli ambienti culturali del decadentismo russo del primo decennio del secolo.
Impostasi all'attenzione internazionale nel 1910, lasciò definitivamente la Russia nel 1914 per trasferirsi in Svizzera, dove passò gli anni della prima guerra mondiale. Nel 1918 decise di non far più ritorno in patria (il suo atteggiamento verso la rivoluzione sovietica fu sempre nettamente ostile) e si stabilì in Francia di cui assunse nel 1934 la cittadinanza. Nel 1939 si stabili a Hollywood e nel 1945 acquistò la cittadinanza americana, riprendendo dopo la guerra frequenti viaggi e tournées direttoriali in Europa e in oriente.
Formatosi alla scuola di Rimski-Korsakov, curioso delle evoluzioni della musica nell'Europa occidentale, Stravinski sentì profondamente i portati della tradizione russa e Ii inserì in una tecnica e in una sensibilità che tenevano in dovuto conto anche i recenti sviluppi della musica francese (impressionismo) e tedesca (post-romanticismo). Tuttavia la sua formazione fu sostanzialmente slava, radicata nella cultura e nel pensiero russo, di cui il musicista colse con vera genialità il lato miticopreistorico calandolo nella musica. Infatti, dopo un primo periodo di opere ancora influenzate da Rimski e dai romantici, si impose ben presto, con L'Uccello di fuoco, come un musicista che sapeva rivivere con sensibilità moderna i miti dell'antichità russa.

Petruska, suite dal balletto (1946)
Solo nel 1946 l'autore ricavò dalla partitura del balletto (1911) la versione attualmente nota da concerto (in precedenza in sede concertistica si eseguiva la versione integrale del balletto).
1^ Parte: la fiera della settimana grassa. Un vecchio giocoliere infonde la vita a tre marionette, Petruska, la Ballerina e il Moro, che acquistano sentimenti umani in ogni senso; danza russa.
2^ Parte: stanza di Petruska. Petruska soffre della sua bruttezza e del disprezzo che gli dimostra la ballerina.
3^ Parte: stanza del Moro. Personaggio rozzo e stupido, egli conquista le grazie della ballerina; valzer.
4^ Parte: di nuovo la fiera in piazza. Petruska viene ucciso dal Moro. Il giocoliere mostra a un poliziotto, che vuole arrestarlo, che Petruska è solo un burattino: la folla si disperde e il vecchio rimane solo. Ma quando vuol portar via il corpo inanimato del burattino, il fantasma di questi gli appare nel piccolo teatrino, minacciandolo col pugno.

È un lavoro in cui l'ispirazione stravinskiana si espande con meravigliosa freschezza. Il tumulto della folla, le danze dei burattini, le serenate, le contese, i caratteri più diversi sono realizzati dalla musica con autentica genialità inventiva. È una partitura amara, ironica, ma ricchissima di momenti umani, quasi realistica nella sua commossa rievocazione di figure che hanno un'anima più sensibile dell'uomo, anche se sono rivestite di pezza e appaiono al nostro sguardo prive di vita: Petruska rimane una delle composizioni più generose, uno degli affreschi più vivi e immediati che Stravinski abbia creato.

sabato 17 febbraio 2024

Luca Ispani

Da 
Abitare il silenzio

Come quando nevica
cadono giorni e parole
la città scopre i fianchi
ai muri umidi e ai ponti crollati
si riveste in fretta
prende i soldi e onora i morti


Da 
Il rumore dei passi

Allora faccio così:
come un abete solitario
su un monte
mi metto fuori da tutto e aspetto

venerdì 16 febbraio 2024

Tenente Mark McPherson

 

 
Stati Uniti, 1943 / Vera Caspary

«Aveva le mani lunghe e nervose, il viso scarno, lo sguardo attento, il naso che pareva ereditato direttamente da antenati puritani che avevano fiutato il peccato ( ... ). Teneva le spalle alte e camminava rigido come se si preoccupasse d'essere osservato».
Ecco come lo scrittore Waldo Lydecker, un altro dei personaggi del giallo psicologico Laura (Laura, 1943), di Vera Caspary, descrive il tenente Mark McPherson, della polizia di New York. 



Con alle spalle la soluzione di alcuni "casi" importanti, come un'indagine sul racket della mano d'opera e un'inchiesta sulle  scommesse militari, l'uomo deve occuparsi di un caso di omicidio. Una giovane pubblicitaria è stata uccisa e il detective, indagando sulla sua morte, si innamora addirittura della vittima. Naturalmente non mancherà il colpo di scena finale.


Accolto abbastanza freddamente dai critici, questo romanzo è oggi considerato un capolavoro e si è conquistato un posto nella storia della letteratura poliziesca. Così come il film che Otto Preminger ne ha tratto l'anno successivo è diventato ben presto un classico del cinema.



Può essere infine curioso ricordare che oltre a Vertigine, diretto da Preminger nel 1944 e interpretato da Dana Andrews e Gene Tierney,  da Laura sono stati tratti anche due sceneggiati televisivi: il primo, adattato da Truman Capote, è stato interpretato da Robert Stack e Lee Radzwille, il secondo da George Sanders e Dana Wynter. La stessa autrice ha tratto dal romanzo una commedia. 

Scilla Gabel

Il romanzo di Vera Caspary è stato portato nel 1966 sul piccolo schermo in Italia. Diretto da Marcello Sartarelli, Laura era interpretato da Carlo D'Angelo, Scilla Gabel e Alessandro Sperlì.



giovedì 15 febbraio 2024

Richard Strauss

Monaco 11-VI-1864 - Garmisch 8-IX-1949

"Scoperto" da Hans von Bulow, questi lo chiama nel 1885 a Meiningen, dove lo fa nominare direttore sostituto dell'orchestra impartendogli contemporaneamente lezioni di direzione. Nell'anno successivo compie un
viaggio in Italia e dallo stesso 1886 all'89 svolge attività direttoriale in
second'ordine all'Opera di Monaco, passando poi a Weimar come maestro di cappella a corte. Qualche anno dopo dirige a Bayreuth e dal 1894 è direttore alla corte di Monaco, succedendo contemporaneamente a Bulow nella direzione dei Concerti Filarmonici di Berlino, dove nel 1898 diviene direttore dell'Opera. Da qualche anno è già ben noto in patria, all'estero le sue composizioni destano vive polemiche e nel 1903 viene organizzato a Londra un Festival a lui dedicato. Dal 1908 al '18 è direttore generale dell'Opera di corte di Berlino, mentre dal 1919 al '24 dirige l'Opera di Vienna. In seguito si dedica quasi esclusivamente all'attività di compositore, ma nel 1933 accetta la presidenza della " Musikkarnmer " del Terzo Reich, dimettendosi nel 1935. Col crollo del nazismo si ritira in Svizzera, e nel 1947 viene assolto dalla corte di Monaco dall'accusa di collaborazionismo.
Strauss è rimasto nella storia della musica come il rappresentante più perfetto della società borghese di fine '800. Egli va incontro alla vita con fiducia e sicurezza: accetta la tradizione per arricchirla consolidandola nello stesso tempo da un punto di vista tutto esteriore, e la sua musica rutilante di effetti, è essenzialmente affermativa. Non c'è in lui nulla del dubbio, della ricerca, della problematica che caratterizzano l'opera di musicisti della stessa generazione, come Busoni, Mahler o Debussy: egli prende per buono lo stadio a cui è giunta la società del suo tempo, sposa senza esitazione i portati di una
cultura ormai giunta sulla china della decadenza e porta al limite estremo proprio questa decadenza, dandole una patina di luminosità e di forza che lo pone decisamente al centro dell'attenzione internazionale di fine secolo.

Sinfonia delle Alpi op.64 (1915)
Dodici anni separano questa Sinfonia dalla precedente composizione sinfonica di Strauss, dodici anni che avevano visto il successo delle sue opere di teatro, da Salomé, a Elettra, al Cavaliere della rosa fino all'Arianna a Nasso. Ma mentre nel teatro il musicista aveva saputo fino a un certo punto rinnovarsi, riprendendo la composizione strumentale egli continua quel declino che già avevamo notato nelle precedenti composizioni.
La Sinfonia delle Alpi è uno dei lavori più pletorici ed esteriori da lui composti, e rimane ancora nei programmi concertistici per qualche gradevole evocazione di atmosfere alpestri e soprattutto per il virtuosismo della scrittura strumentale.
Formalmente si tratta di un solo, gigantesco tempo di sonata, che comprende nel suo sviluppo lo Scherzo e il tempo lento, mentre l'inizio e la fine costituiscono rispettivamente il primo e l'ultimo tempo della classica forma sinfonica. Tutta la composizione si ispira, come dice il titolo, ad impressioni
montane e naturalistiche: si inizia con un notturno, poi viene l'alba, la salita sul monte, l'entrata nel bosco, la passeggiata in riva al torrente, la cascata, e cosi via fino al tramonto. Allo scopo di ottenere determinate atmosfere, Strauss impiega un organico imponente, in cui ha larga parte la percussione: diamo qui l'elenco degli strumenti impiegati in questa Sinfonia, che darà all'ascoltatore un'idea della enorme varietà di mezzi a cui era arrivato Strauss nella musica strumentale : 4 flauti (anche 2 ottavini), 3 oboi (anche corno inglese), oboe baritono, 4 clarinetti (anche clarinetto basso), 4 fagotti (anche controfagotto), 8 corni (anche 4 tube tenori), 4 trombe, 4 tromboni, 2 tube basse, 2 arpe, organo, eolifono (per imitare il vento), macchina del tuono, Glockenspiel, piatti, tamburi, triangolo, campanacci, gong, celesta, timpani e archi (almeno 18 primi violini, 16 secondi, 12 viole, 10 violoncelli e 8 contrabbassi); si aggiungano 12 corni, 2 trombe e 2 tromboni in lontananza:
complessivamente circa 120 esecutori.

sabato 10 febbraio 2024

Carmen Gullotto, Stultitia 72

Grogghino assiste a una conferenza del famoso Laslo Bicicovic, esperto mondiale del settore horror. Una volta rientrato a casa...


venerdì 9 febbraio 2024

Mannix


Stati Uniti, 1967 / Richard Levinson e William Link

Dopo aver lavorato per qualche tempo all'Intertec, una moderna e computerizzata organizzazione di informazioni agli ordini di Lou Wickersham (Joseph Campanella), Joe Mannix (Mike Connors) si mette in proprio e apre un ufficio al 17 di Paseo Verde, nella parte ovest di Los Angeles. Spesso affiancato nelle indagini dall'efficiente segretaria nera Peggy Fair (Gail Fisher, premiata
con un Emmy, I'Oscar televisivo), Mannix è un investigatore privato credibile che si occupa di casi piccoli e grandi della vita di tutti i giorni e non si tira mai indietro quando si tratta di menar le mani.



«Un personaggio davvero affascinante», amava ripetere Connors nel corso delle interviste. Centonovantaquattro episodi da 50 minuti di questa serie sono andati in onda negli Stati Uniti dal 6 settembre 1967 al 27 agosto 1975.



giovedì 8 febbraio 2024

Johann Wenzel Anton Stamitz

Nemecky Brod [Boemia] 19-VI-1717 - Mannheim 27-III-1757 

Figlio di un cantore, scoprì presto una forte inclinazione per la musica, e nel 1741 si fece apprezzare come violinista a Francoforte, tanto da essere chiamato nello stesso anno alla corte di Mannheim. Bravissimo suonatore di strumenti ad arco, nel 1744 era primo violino e nel 1750 diveniva direttore della musica da camera, rimanendo poi fino alla morte a Mannheim, dove gli veniva pagato un lautissimo stipendio: solo nel 1754 si recò a Parigi rimanendovi per un anno (la sua produzione era a quel tempo già nota anche in Francia).
Stamitz è l'anima della cosiddetta scuola di Mannheim, di quella schiera di musicisti che si riunì intorno al principe elettore del Palatinato, Carlo Rodolfo, e che doveva compiere un lavoro di grande importanza per l'avvenire della musica strumentale.
Egli fu, di tutti, il più attivo e geniale. Disponendo dell'orchestra di corte, si applicò volonterosamente allo studio con essa, fondendola in un corpo ben amalgamato dal punto di vista strumentale, arricchendone l'organico con l'aggiunta dei clarinetti e altri strumenti a fiato, studiando a fondo tutte le possibilità di fusione dei timbri. Veniva così a cadere la concezione barocca di un'orchestra che conosceva praticamente solo il piano e il forte: nascevano altri e più ricchi coloriti, nasceva si può dire il crescendo, elemento di formidabile importanza in tutta l'evoluzione della musica strumentale successiva.

Concerto for Clarinet and Orchestra in B flat Major (1755)
Questo concerto è, nel significato moderno, il primo autentico concerto per clarinetto scritto. Prima del 1755, anno della sua composizione, erano disponibili per clarinetto solo opere di Johann Melchior Molter.
Non è importante solo il fatto che questo concerto sia stato uno dei primi, ma anche l'innovazione strutturale che mostra. Stamitz, il creatore dello stile chiamato "scuola di Manheim", contribuì ampiamente a creare la forma della sonata e la sua applicazione a sinfonie e concerti. Ha anche iniziato a creare interazioni tra il gruppo degli archi e i fiati nelle sue opere e ad utilizzare crescendo e diminuendo.

sabato 3 febbraio 2024

Roberto Roganti, 500 anni di sangue

In una Modena investita da una bufera di neve, accade uno strano omicidio poco prima di Natale. La vittima è sconosciuta e la polizia brancola nel buio. 

Grogghino riuscirà a risolvere il caso che ha lontane origine nel tempo?


venerdì 2 febbraio 2024

Commissario Maigret

 

Belgio, 1929 / Georges Simenon

Dalla sua prima inchiesta, Pietro il Lettone (Pietr-le-Letton, 1929), all'ultima,
Maigret e il signor Charles (Maigret et monsieur Charles, 1972), quando Georges Simenon l'ha mandato definitivamente in pensione, in una casa di campagna a Meung-sur-Loire, con la moglie, il commissario Jules Maigret è rimasto praticamente immutato, come la "sua" Parigi, anche se in fondo, con il passare del tempo, si è comportato sempre meno come un poliziotto e sempre più come un romanziere, più interessato a capire e a descrivere atmosfere e stati d'animo che alla effettiva cattura dei vari colpevoli, anche quando gli danno non poco filo da torcere.

 


Gran parte del fascino delle storie di questo personaggio sta infatti nel suo metodo investigativo: quel calarsi fino ai capelli nell'atmosfera del delitto, quell'immedesimarsi nei pensieri e nei sentimenti della vittima e del colpevole (anche quando quest'ultimo non ha ancora un volto), fino ad appropriarsene, questa sorta di strano "rapporto" che spesso si stabilisce con loro. 
«Io non penso mai», dice talvolta Maigret. Oppure «Io non tiro conclusioni». O anche «Io non ho mai idee». Talvolta, la consegna del colpevole alla giustizia è addirittura del tutto secondaria. D'altra parte lo stesso Simenon non ha alcuna difficoltà ad ammettere che quando si prepara a scrivere un nuovo romanzo del popolarissimo commissario, ne ignora del tutto il tema e, soprattutto, il finale.
«Quel che ho in testa è un certo clima, una certa linea melodica, come un motivo musicale. Spesso comincia con un odore (. .. ). mettiamo, un profumo di lillà ... ».



Entrato nella polizia dopo aver abbandonato la facoltà di medicina, per due anni Maigret aveva fatto servizio di pattuglia per le strade della capitale francese. In seguito era stato promosso, prima al servizio di polizia ferroviaria e poi alla buoncostume, facendo carriera e riuscendo finalmente a diventare
commissario. Non ha l'aspetto che generalmente si attribuisce a un poliziotto
e, come abbiamo detto, conduce quasi sempre le inchieste che gli vengono affidate con metodi personalissimi, lasciando che i suoi collaboratori, gli ispettori Lucas, Janvier, Lapointe e Torrance, si occupino degli appostamenti e delle varie indagini di volta in volta legate al "caso" di cui si sta occupando.



Gran fumatore di pipa (in ufficio ne ha una discreta collezione), massiccio e sempre ben rasato, il commissario Maigret indossa di solito un cappotto col bavero rialzato e ama tenere le mani in tasca. Vive con la moglie in un vecchio appartamento in boulevard Richard Renoir e dopo cena gli piace portarla al cinema o passeggiare con lei per il quartiere.
Ama sopra ogni cosa la buona tavola, anche se non gli vanno molto i cibi sofisticati - in occasione di un invito a pranzo di un suo vecchio amico d'infanzia, Simenon scrive: «I cibi erano senza dubbio speciali ma Maigret non provava alcun piacere in quei piattini complicati con salse invariabilmente costellate di tartufi o di code di gamberi ... », - e cerca di tornare sempre a casa per il pranzo.



In certi romanzi e in certe riduzioni cinematografiche e televisive questa sua passione ha una tale importanza da avere spinto un famoso gastronomi francese, Robert J. Courtine, a dedicare un libro alle ricette della signora Maigret, allegato in Italia all'Omnibus Mondadori A tavola con Maigret.
Pubblicate in Italia dalla Mondadori, le avventure del commissario Maigret sono state trasmesse per radio in Danimarca, Finlandia, Francia, Gran Bretagna,  Irlanda, Montecarlo, Spagna e Svezia; in televisione in Francia, Germania, Gran Bretagna e Italia (nel nostro paese il ruolo del popolare personaggio è stato affidato a Gino Cervi).



Sono state rappresentate in teatro a Londra nel 1965. Sullo schermo il ruolo del commissario Maigret è stato impersonato da numerosi attori: Charles Laughton, Harry Baur, Albert Préjan, Michel Simon, Maurice Manson, Jean Gabin e Gino Cervi. 



Nel 1966, a Barcellona, una giuria internazionale ha assegnato a Gino Cervi un premio proclamandolo «il miglior Maigret dello schermo».
Negli anni Cinquanta alcune avventure di questo popolare personaggio sono tale disegnate in Francia da Jacques Blundeau con risultati non particolarmente soddisfacenti, dato che è tutt'altro che facile trasporre a fumetti le atmosfere di Simenon e i pensieri del suo commissario Maigret.



Molto bella invece la versione realizzata da Odile Reynaud e da Philippe Wurn all'inizio degli anni Novanta.



Può essere curioso ricordare che nel settembre del 1966 un monumento a Maigret è stato in augurato a Delfzijl, in Olanda, dove Simenon ha scritto il primo romanzo del popolarissimo commissario, Pietro il Lettone, il quinto della serie a essere pubblicato.



giovedì 1 febbraio 2024

Bedrǐch Smetana

 

Litomysl [Boemia] 2-III-1824 - Praga 12-V-1884

Precocissimo violinista e pianista, compì gli studi a Praga e Plzen e dal 1844 al '47, trovata finalmente una sistemazione come insegnante di musica, si perfezionò con Proksch. Nel 1848 aprì a Praga una scuola musicale, ma la sua partecipazione ai moti rivoluzionari lo mise in cattiva luce presso le autorità, mentre passarono ancora diversi anni prima che il suo valore di compositore venisse riconosciuto nella giusta misura.
Lasciò così la Cecoslovacchia, e nel 1856 si stabilì a Goteborg in Svezia, dove fu attivo come insegnante, direttore della Società Filarmonica e pianista.
Nel 1861 poté infine ritornare in patria, e da allora la sua personalità dominò il mondo musicale ceco, anche se continuarono a lungo le polemiche contro il suo stile musicale a ispirazione nazionale. A Praga fu ancora attivo come insegnante, come direttore della famosa corale "Hlahol" e per breve tempo come critico musicale, mentre l'apertura di un teatro riservato all'opera nazionale facilitò la sua affermazione come compositore operistico: dal 1866 al '74 fu direttore d'orchestra stabile in questo teatro, ritirandosi poi a vita privata a causa di una grave forma di sordità, che dopo qualche tempo lo condusse alla pazzia.
Smetana è considerato il "padre della musica boema." Conscio della necessità di creare un linguaggio musicale che riflettesse le peculiarità nazionali ceche, senti la necessità di distaccarsi dal classicismo viennese e dall'imitazione supina del romanticismo tedesco a lui contemporaneo, approfondendo in
lunghi anni di studio e di silenzioso lavoro la ricerca di un linguaggio peculiare, che si valesse di alcuni elementi tipici della musica popolare ceca trasfusi peraltro nella coscienza formale che l'evoluzione della musica europea nel suo complesso era venuta determinando. In tal senso Smetana svolse in Cecoslovacchia la stessa funzione di Glinka in Russia, di Grieg in Norvegia e di Sibelius in Finlandia; non solo nella musica strumentale si ispirò a temi della sua terra, in cui all'intento patriottico o semplicemente nazionale corrispondeva un rinnovamento e un adeguamento del linguaggio musicale al sentire e alla cultura della borghesia ceca dell'epoca, ma anche nelle opere teatrali trattò argomenti nazionali, usando libretti in ceco,
abbandonando la tradizione italiana ed enucleando un tipo di narrazione scenica il più vicino possibile alla sensibilità e alla tradizione locale. Attento peraltro all'evoluzione della musica del suo tempo in Europa, il suo sinfonismo è in generale debitore alla scuola neotedesca e a Liszt in particolare.

La mia patria (Ma vlast), ciclo di sei poemi sinfonici (1874- 79)
È una serie di pezzi sinfonici ispirati alla natura e alla vita del popolo ceco. Essi vengono normalmente eseguiti singolarmente (Moldava è il più popolare), ma costituiscono un ciclo organico, tanto che anche dal punto di vista musicale vi sono elementi tematici chiaramente ricorrenti da un pezzo all'altro.
Il "programma" dei sei pezzi non è originale del musicista, ma fu ideato dal suo connazionale Zeleny e approvato dal compositore.

I - Vysehrad ( 1 874) - « Il leggendario cantore Lumir suona l'arpa a Vysehrad, la sede dei principi e dei re di Boemia. Il palazzo risplende in tutta la sua luce gloriosa: ma ecco sopravvenire lotte selvagge che fanno sbiadire la magnificenza di Vysehrad: come un eco risuona su di essa il canto di Lumir, ormai ammutolito da tempo. » 
Vysehrad si identifica per Smetana con la Cecoslovacchia, e questo primo poema sinfonico è dunque una visione dell'antico splendore e della successiva rovina della nazione.
La forma è liberamente rapsodica (le due arpe stanno a rappresentare il canto di Lumir). La prima parte è un "Lento-Largo maestoso," poi segue un "Allegro vivo ma non agitato" (costruito a sua volta sul tema dell'inizio) e infine un "Lento ma non troppo" in funzione di ripresa della prima parte: il mesto canto di Lumir aleggia e scompare lentamente sulle rovine di Vysehrad.  

II - Moldava (1874) - « Il fiume Moldava nasce da due sorgenti, gorgoglia gaio tra le pietre e luccica al sole, si allarga e le sue rive echeggiano di richiami di caccia e di danze paesane. Chiaro di luna, danze delle ninfe. Eccolo giunto alla
rapida di S. Giovanni, sulle cui rocce le sue onde si infrangono spumeggiando: di là la Moldava scorre ora largamente verso Praga, dove le rende omaggio l'antica e onorabile Vysehrad. »
Questo poema sinfonico, l'unico in cui lo stesso autore abbia dato nel corso della parti tura le indicazioni relative alla "trama" del programma, è a ragione il più popolare del maestro ceco. Esso traduce mirabilmente in suoni le sensazioni a cui si ispira: su un caratteristico movimento ondulatorio degli strumenti dell'accompagnamento, le idee melodiche si susseguono liberamente prendendo corpo gradatamente e riproducendo con grande efficacia l'idea poetica del fiume che a poco a poco si ingrandisce, si infrange contro le rocce e infine scorre maestoso tra le ubertose campagne della Cecoslovacchia, tra la solerte operosità e la letizia degli abitanti delle terre e delle città attraversate.
L'orchestra è trattata magistralmente, e le atmosfere evocate sono più che mai pregne di una spontanea gioia popolaresca, che a tratti si rifà chiaramente a movenze tratte dal folclore musicale. La forma è più o meno quella del rondò e tutti gli episodi si svolgono nel tempo dell'inizio, un "Allegro comodo non agitato."

III - Sarka (1875) - « Ingannata, Sarka chiede vendetta contro tutti gli uomini e a ragion veduta si fa legare dalle sue compagne, le amazzoni, a un tronco della foresta. Giunge col suo lieto corteo il cavalier Ctirad, vede la fanciulla e se ne innamora; il corteo si accampa gaiamente, e si beve finché tutti si addormentano spossati. Ed ecco che a un richiamo del corno di Sarka, le sue battagliere compagne accorrono e trucidano gli uomini nel sonno. »
Questo pezzo, in cui si vuoi vedere il simbolo della patria vendicatrice, è meno noto e di fatto meno riuscito della Moldava. Anche qui tuttavia c'è da ammirare la nobiltà espressiva tipica di Smetana, la ricchezza di temi sovente intonati a modi popolareschi: si noti subito all'inizio la comparsa del "tema
della vendetta" di Sarka.
La successione dei tempi (senza soluzione di continuità) è: "Allegro con fuoco ma non agitato-Più moderato assai," "Moderato ma con calore," "Moderato," "Molto vivo. "  

IV - Dai campi e dai boschi di Boemia (1876) - « Il cuore giubila per la bellezza della campagna boema, le cui distese benedette si allargano sotto lo sguardo fino al lontano orizzonte. Un alito lieve mormora nel bosco, giungono di lungi i suoni di una festa paesana finché tutta la campagna risuona di canti e di danze. »
È un quadro pastorale, esaltazione della gioia di vita e della quiete agreste delle campagne ceche : tutta la partitura è dunque pervasa da un senso di gioia, di fiducia nella vita, di festosità popolare, e non è certo casuale il fatto che tutta la parte centrale sia impostata su un ritmo di polka. Anche il senso di pace e di distensione della campagna boema è assai ben reso in alcuni episodi in cui predominano le scorrevoli terzine degli archi. D'altro canto siamo di fronte a una partitura densa, a volte anche complessa nella scrittura (si osservi l'esposizione di fuga a cinque voci che apre la seconda parte), ma sempre nobile e fluente nell'invenzione, avvincente nei suoi ritmi vigorosi e nello slancio delle melodie.
Le sezioni della partitura si susseguono in quest'ordine: "Molto moderato," "Allegro molto vivo ma non troppo-Meno vivo, " "Allegro-Moderato-Più mosso" e un esultante "Presto" conclusivo.  

V - Tabor (1878) - « Ecco la fortezza costruita dagli ussiti a difesa e offesa delle bande guerresche. Le note di un antico, cupo corale infiammano i combattenti, seminando il terrore nelle file dei nemici: è l'epoca della potenza e della
grandezza boema. »
È una pagina di dichiarato intento patriottico, esaltazione di Huss e della sua lotta per l'indipendenza: e il Corale che appare "seminando il terrore nel nemico" è un noto corale ussita ("Voi che siete i combattenti di Dio"). Tutta la composizione trae il materiale tematico da questo corale, che germina a poco a poco fin dalle primissime note, dando luogo ai successivi, grandiosi sviluppi.
La successione dei tempi è la seguente: "Lento," "Molto vivace-Lento-Molto vivace" e "Lento maestoso."

VI - Blanìk (1879) - « Gli eroi dell'epoca ussita riposano nel monte Blanìk, alle cui pendici i pastori pascolano le loro greggi. Ma la sventura si abbatte sulla nazione, e allora i cavalieri si levano portando vittoria e salvezza. In nuovo splendore si irradia la gloria della terra boema. »
Il ciclo patriottico si conclude nel segno della vittoria e dell'incorruttibile gloria boema: dall'epoca leggendaria del cantore Lumir si giunge a un'epoca ideale e felice, cantata dallo stesso Smetana. È questa una pagina combattuta, di effetti grandiosi, ben equilibrata tra i diversi episodi e culminante in un finale pieno di giubilo e di certezza della vittoria.
La parti tura si inizia con un "Allegro moderato" a cui seguono un brevissimo "Andante non troppo-Più allegro ma non molto," poi un "Tempo di marcia" e il "Grandioso-Vivace" conclusivo.