Pirano [Istria] 8-IV-1692 - Padova 26-II-1770
Avviato per volere del padre alla carriera ecclesiastica, nel 1708 studiò legge alla Università di Padova, aprendo contemporaneamente una scuola di violino e di scherma. Abbandonata la carriera ecclesiastica dopo la morte del padre, si sposò nel 1710, ma la moglie fu rinchiusa dai suoi in un convento e Tartini riparò ad Assisi, dove si rifugiò nel monastero.
Si perfezionò qui negli studi musicali, ma poi dovette lasciare la città e passò ad Ancona finché poté ricongiungersi con la moglie. Nel 1716 riprese a studiare e dal 1721 fu primo violino alla cappella del Santo di Padova. Dal 1723 al '26 fu a Praga, dove era stato chiamato in seguito alla sua crescente notorietà e dal 1726 alla morte visse a Padova, circondato dall'ammirazione dei contemporanei e ricercatissimo come maestro da giovani italiani e stranieri.
Intelletto vivo e partecipe della cultura del suo tempo, si dedicò intensamente a studi acustici ma fu soprattutto importante per l'impulso che diede alla tecnica del violino, acquistando un posto di grandissima importanza nella scuola violinistica italiana del sec. XVIII, che con lui progredì notevolmente
preparando il terreno alle posteriori innovazioni di Viotti e Paganini. Ma Tartini è importante anche come compositore: il suo elegante stile rococò presenta anticipatori tratti romantici ed è pervaso da uno stimolante spirito di novità.
Tartini rimane uno dei compositori più vivi e interessanti del '700 italiano: compose circa 130 concerti (di cui solo qualcuno è rimasto nel repertorio), oltre 200 sonate per uno o due violini e basso e numerosi studi. È altresì autore di vari trattati acustici e didattici che ebbero grande importanza in tutto il sec. XVIII.
Concerto per violino in la maggiore D 96 (GT 1.A09)
I due tempi estremi - il primo Allegro col suo percorso armonico relativamente regolare e la felicità dell'invenzione melodica e l'ultimo Presto nel suo trascinante 3/8 - sono dei veri e propri gioielli di eleganza. La genesi del secondo movimento invece fu contraddistinta da un "ripensamento". Inizialmente Tartini scrive un Adagio in la minore, una pagina cantabile che lascia al solista ampia libertà di effondersi in una serie di fioriture e abbellimenti estemporanei. Non contento però di questo brano, pur di bellissima fattura, lo sostituì con un Largo Andante in mi maggiore a cui sottopose un "motto poetico": i versi "A rivi a fonti a fiumi correte amare lagrime, sin tanto che consumi l'acerbo mio doloro". Una struggente melodia affidata al violino e sostenuta solo da un semplice accompagnamento, riesce ad evocare con straordinaria espressività la suggestione testuale. Si tratta di uno dei momenti più alti dell'intera produzione tartiniana, una di quelle pagine che contribuirono a rendere il suo stile inconfondibile e proprio questa sua ineguagliabile capacità di saper mescolare sapientemente liricità, pathos, virtuosismo, ricercatezze armoniche, gli valse lo stimato giudizio di Burney: "dirò soltanto che come compositore fu uno dei pochi geni originali di questo secolo che soltanto in se stesso trovò la fonte della propria ispirazione".
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