lunedì 29 maggio 2023

Frank Martin

 

(Ginevra, 15 settembre 1890 – Naarden, 21 novembre 1974)

Allievo di Lauber, si è qualificato come il maggior compositore svizzero del secolo scorso. Visse lungamente all'estero (a Parigi, a Roma e ad Amsterdam), entrando in contatto con le più diverse tendenze della musica europea del nostro secolo, ed è stato attivo anche come pianista e clavicembalista. Dal 1943 al '46 è stato presidente dell'Associazione dei Compositori Svizzeri e dal
1950 al '57 ha insegnato al Conservatorio di Colonia.
La formazione di Martin è stata lenta e graduale, e solo verso i cinquant'anni egli ha prodotto opere veramente decisive per l'individuazione della sua personalità. Inizialmente legato al tardo romanticismo germanico, ha risentito più tardi dell'impressionismo francese, ed è venuto in utile contatto con la
produzione di Stravinski, Hindemith e Bartòk, introducendo infine nella sua musica anche elementi dodecafonici. Egli resta però sostanzialmente un impressionista, e anche l'adozione della serie è in lui parziale, non tale da determinare un reale rivoluzionamento del linguaggio. L'ispirazione di Martin è fluida e piacevole, l'orchestrazione leggera ed elegante, l'equilibrio formale
quasi sempre esemplare. Senza aver fatto scuola nel contesto della storia musicale contemporanea, egli resta uno dei compositori più interessanti della sua generazione.
Si è cimentato come compositore teatrale nella Tempesta di Shakespeare (Vienna 1956), ed è autore di balletti, musica corale sacra e profana, di pregevole musica da camera e di un oratorio, Le Vin Herbé ( 1941 ), che conta tra le sue composizioni più personali.

Petite Symphonie Concertante per arpa, clavicembalo, pianoforte e due orchestre di strumenti ad arco (1945)
Composta su suggerimento di Paul Sacher, direttore dell'Orchestra da Camera di Basilea, questo lavoro nacque dall'idea di impiegare solisticamente quegli strumenti a corda che servivano in passato a eseguire il basso continuo: Martin scelse così l'organico dei tre solisti da contrapporre ai due corpi orchestrali formati da soli archi, con un accostamento che richiama lontanamente l'organico della Musica per archi, arpa, celesta e percussione di Bartok. Nonostante l'impiego, peraltro assai personale e libero, della tecnica dodecafonica, ne risulta una pagina colorita impressionisticamente, dove la felice invenzione tematica si scioglie in un trasparente disegno di timbri, presentando spesso anche accenti ritmici vigorosi e incisivi.
La prima parte della composizione, costruita secondo lo schema della forma-sonata ( « per vedere - come scrive l'autore - se la materia musicale che trattavo poteva prosperare e svilupparsi in questa forma bitematica »), presenta un " Adagio" introduttivo sfociante in un "Allegro con moto" (che presenta a sua volta una zona di distensione "Molto tranquillo"); segue un breve "Adagio" in cui vengono messi in rilievo, con squisiti effetti timbrici, i tre strumenti solisti, mentre conclude la partitura un "Allegretto alla marcia" dal carattere vivo e dai ritmi baldanzosi. 

venerdì 26 maggio 2023

Sir Henry Merrivale

 


Sir Henry Merrivale, Gran Bretagna, 1934 / Carter Dickson

Grande e grosso, calvo, brusco, accanito fumatore di sigari e con una discreta tendenza alle espressioni colorite (anche se l'autore non le riferisce mai direttamente e si limita a raccontarci l'effetto che queste provocano sugli occasionali interlocutori), sir Henry Merrivale, detto comunemente H.M., è un tipo chiassoso e grossolano che ama comportarsi in modo poco ortodosso.



E' volutamente antipatico e non suscita certo fiducia a prima vista anche se è davvero abilissimo nell'interrogare i testi stringendo alle corde i presunti colpevoli. «Per quanto arrugginita fosse la sua abilità legale - leggiamo all'inizio de La casa stregata (The plague court mystery, 1934), il romanzo che segna il suo esordio, - era proprio nel controinterrogatorio, dove è ammessa qualsiasi tipo di domanda e dove può essere avanzata qualsiasi ipotesi ragionevole, che la sua tattica, solitamente brusca, era più pericolosa per la parte avversa».



Goffo nei movimenti («H. M. si alzò dal suo seggio con aria regale... un effetto che venne non poco rovinato dal fatto che la sua toga rimase impigliata in qualche cosa, probabilmente un tacco delle sue stesse scarpe. Si lacerò con un rumore secco, così simile a una pernacchia che per un terribile istante credetti che lui l'avesse fatta veramente») e specializzato in delitti che a prima vista sembrano inspiegabili e senza soluzioni (tanto che ha più volte tratto dagli impicci il debole ispettore Humphrey Masters di Scotland Yard, che in certe situazioni non sa proprio come riuscire a cavarsela), sir Henry Merrivale è una sorta di rifacimento del dottor Gideon Fell di John Dickson Carr - d'altra parte non bisogna dimenticare che il nome dell'autore delle avventure dell'avvocato Merrivale è proprio uno pseudonimo dello stesso Carr - così come i romanzi che lo vedono protagonista si muovono sulla linea di quelli firmati da Carr, seppure appaiano nell'insieme di livello lievemente inferiore e meno complessi.



Può essere infine curioso ricordare che, anche se il suo creatore ha sempre detto di non essersi ispirato a Winston Churchill per dar vita a sir Henry Merrivale, è innegabile che questo personaggio abbia finito con l'acquistare, con il passare del tempo, caratteristiche proprie del famoso uomo politico inglese.


Gian Francesco Malipiero

Venezia 18-III-1882 - Treviso 1-VIII-1973
 
Allievo inizialmente del Conservatorio di Vienna, poi del Liceo Musicale di Venezia e di M. E. Bossi a Bologna, si perfezionò nel 1908 alla Hochschule di Berlino, passando nel 1913 a Parigi dove entrò in proficuo contatto col locale ambiente culturale, con Casella, Ravel e D'Annunzio. 
Dal 1921 al '24 insegnò al Conservatorio di Parma, ritirandosi poi ad Asolo, dedito esclusivamente alla composizione; nel 1932 riprese a insegnare al Liceo Musicale di Venezia, che diresse dal 1939 al '52. Dal 1936 aveva insegnato storia della musica all'Università di Padova e diretto dal 1938 il locale Istituto Musicale Pollini. Dopo il 1952 si è nuovamente ritirato ad Asolo, dove si dedica intensamente all'attività di compositore.
Formatosi nella scia del tardo romanticismo tedesco, poi a contatto con l'impressionismo francese e con il movimento di idee che tendeva all'inizio del secolo a rivalutare la tradizione strumentale e vocale italiana, Malipiero individuò gradualmente un suo personalissimo linguaggio. Sull'esempio dei musicisti italiani del '600-'700, egli rinnega ogni costrizione formale, e la sua musica si svolge in una libera ricerca, in un fantasioso svolgimento di idee inesauste, sempre nuove e svincolate da ogni remota formalistica. Introduce nella musica vocale il principio di un recitativo liberamente alternato a canzoni di impronta quasi popolaresca, mentre l'esperienza espressionista non
passa senza lasciare su di lui un'impronta duratura e benefica, notevole soprattutto in certa produzione teatrale degli " anni '20." In un periodo posteriore la sua musica acquista un più ampio respiro lirico, mentre la negazione della forma si allenta senza peraltro vincolare in alcun modo la fantasia del musicista.
Il linguaggio armonico di Malipiero risente notevolmente dell'antica tradizione italiana, da cui trae un fondamentale diatonismo e una sciolta articolazione delle linee contrappuntistiche.
Peraltro Malipiero si sa intelligentemente servire delle più ardite conquiste del linguaggio armonico, al punto da sfiorare spesso l'atonalità e la politonalità, pur rimanendo fondamentalmente in un ambito caratteristico forse più dell'antica modalità che della tonalità. La sua opera è vastissima e multiforme, e contiene anche molte pagine di secondaria o comunque minore
importanza. Tuttavia, nelle sue opere migliori Malipiero rimane indubbiamente, della sua generazione, il musicista che più di ogni altro seppe dare una fisionomia caratteristica alla musica italiana del sec. XX, attingendo fermenti di novità e di progresso dalla più genuina tradizione (da Monteverdi a Vivaldi), e creando un linguaggio personale e inimitabile.

Sinfonia N. 4 (" In Memoriam ") (1946)
« Non è un epitaffio, però vi si sente la presenza di qualcosa che è scomparso »: la Sinfonia è dedicata alla memoria di Natalia Kussevitzki, la moglie del celebre direttore d'orchestra, e va considerata tra le pagine migliori di Malipiero. Strutturalmente la composizione costituisce una sorta di compromesso tra le esigenze dell'evoluzione tematica e quelle della libera invenzione musicale: resta comunque una musica di sapore tipicamente italiano, dove le intuizioni melodiche raggiungono mirabili vette espressive.
I tempi della Sinfonia sono : " Allegro moderato, " " Lento, funebre," "Allegro " (un vero e proprio Scherzo dalle sonorità tese e a tratti sardoniche), " Lento" ('passa il corteo di un funerale al suono di una campana lontana') con sei brevi variazioni.
 

mercoledì 24 maggio 2023

Gustav Mahler


KaliSte [Boemia] 7-VII-1860 - Vienna 18-V-1911

Secondo di dodici fratelli, era di famiglia poverissima, e trascorse la gioventù in ristrettezze che lasciarono un segno profondo sul suo carattere. Fu per breve tempo a Praga e poi poté studiare al Conservatorio di Vienna, dove frequentò anche per due anni l'Università. Nel 1880 inizia la carriera di direttore d'orchestra: passa da Bad Hall nell'Austria superiore a Lubiana, Olomouc, Kassel, Lipsia e infine a Budapest nel 1888, come direttore di quell'Opera Reale. Dal 1891 al '97, già nel pieno della maturità artistica, dirige all'Opera di Amburgo: nello stesso periodo si fa conoscere anche all'estero in lunghe e fortunate tournées concertistiche, e finalmente, nel 1897, passa a Vienna, dove in dieci anni di direzione porterà l'Opera a uno splendore sconosciuto prima d'allora, sia per la qualità eccezionale delle esecuzioni (Mahler ebbe a Vienna l'importanza che nello stesso periodo aveva in Italia Arturo Toscanini) ma anche per l'impostazione coraggiosa e sotto molti aspetti nuova dei programmi del teatro. Ma la sua salute risentì non poco dello sforzo titanico di quel decennio, e nel 1907, anche per contrasti sorti all'interno dell'Opera e nei riguardi della critica militante, rassegnò le dimissioni, passando a New York dove diresse al Metropolitan e alla Società Filarmonica, ritornando però ogni anno in Europa nel periodo estivo, che soleva dedicare alacremente alla composizione. Nel 1911 dovette interrompere la terza tournée statunitense per rientrare in Europa, dove la sua fibra cedeva poco dopo a un male inesorabile.

Sinfonia N. 10 in Fa diesis maggiore (incompiuta) (1910)
Di questa Sinfonia l'autore ha potuto realizzare compiutamente solo l"' Adagio" iniziale, che è quello che si esegue normalmente in sede di concerto (anche se dopo la morte di Mahler sono stati fatti diversi tentativi di portare a termine e di strumentare gli altri brani della Sinfonia, rimasti allo stato di abbozzo. In  particolare va citato quello, recentissimo, di D. Cooke, che ha incontrato discreta fortuna e rimane certamente fino ad oggi il più autorevole.) Comunque è sufficiente questo "Adagio" a darci la misura della potenza d'espressione a cui era arrivato Mahler al culmine della sua maturità. È un brano veramente apocalittico, formato a mosaico con elementi tematici che vanno dal nobile al banale e che pure si riscattano nella costruzione sinfonica su un livello di sconcertante unità espressiva. Vi sono momenti di intonazione
quasi " pastorale" frammisti a episodi tragici nella loro staticità, nella penetrante lacerazione di certi accordi che si direbbero affatto espressionistici. Dopo un inizio affidato alla viola solista, attacca il tema dell"' Adagio, " che in seguito va incontro agli sviluppi più impensati e sorprendenti. Si tratta di un brano tormentato, irrequieto e affascinante, addirittura profetico in certe soluzioni timbriche ed armoniche: Mahler ha concluso la sua parabola di creatore con un lavoro anticipatore, che solo diversi decenni dopo la sua morte è stato possibile comprendere e gustare in tutta la sua immensa e insospettata ricchezza espressiva. 

lunedì 22 maggio 2023

Giovanni Battista Lulli


Firenze 28-XI-1632 - Parigi 22-111-1687

Si esibiva sulle piazze di Firenze quando il cavaliere di Guisa lo notò e lo portò con sé a Parigi (aveva quattordici anni), dove nel 1653 fu nominato
violinista di Luigi XIV e più tardi direttore dei 24 "petits violons," che sotto la sua guida divennero ben presto celebri. Cortigiano e intrigante, seppe guadagnarsi i favori del re, che lo incaricò di scrivere i balletti per l'Opéra, divenendo nel 1661 maestro della musica da camera reale. Condusse una vita dissoluta e ben presto ottenne il privilegio per l' Académie de Musique, fondata dall'Abbé Perrin, facendovi qui rappresentare le sue opere in esclusiva. Mori per essersi infettato un piede col grosso bastone direttoriale in uso in quell'epoca alla corte francese.

Suite di balletto
Messa insieme liberamente da varie composizioni di Lulli ad opera del direttore d'orchestra tedesco Felix Motti (1856-1911), questa Suite ha trovato un discreto favore ed è una delle pochissime che ancora capita di ascoltare
in sede di concerto.
Essa comprende quattro brani: "Introduzione" (è un brano in tempo 'Allegretto' dall'opera-balletto Il Tempio della pace, del 1685), "Notturno" (dal balletto Il trionfo dell'amore, del 1681) "Minuetto" (dalla citata opera-balletto Il Tempio della pace), "Preludio e Marcia" ('Grave-Allegro pomposo' dalle opere Alceste del 1674 e Teseo del 1675).
La trascrizione del Motti, che si serve necessariamente di strumenti moderni, non tradisce lo spirito della musica lulliana: essa conserva tutto il suo carattere piuttosto pomposo, i suoi ritmi da composta e cerimoniosa danza di corte, la sua solennità alquanto rumorosa; e nonostante si tratti di brani tratti da composizioni completamente diverse, essi conservano una loro unità sufficiente a far comprendere bene le peculiarità dello stile del maestro fiorentino.

 

venerdì 19 maggio 2023

Henri Bencolin


Henri Bencolin, Stati Uniti, 1930 / John Dickson Carr


Definito dal suo autore il più importante poliziotto e il più pericoloso uomo d'Europa, il cinico e sardonico Henri Bencolin ha qualcosa di mefistofelico: capelli neri, divisi in mezzo, che si arricciano ai lati come un paio di corna, folte sopracciglia, occhi imperscrutabili, corti baffetti e barbetta a pizzo. 


Gli piace ascoltare il jazz, bere birra e frequentare locali malfamati. Proprietari e camerieri sanno che se si presenta vestito normalmente vuole solo divertirsi, mentre se indossa abiti da sera e non abbandona il suo bastone da passeggio con lama di spada incorporata, prima o poi i guai sono assicurati.


Henri Bencolin, le cui avventure sono narrate sin dall'esordio, avvenuto nel romanzo Il mostro del plenilunio (It walks by night, 1930), dal giornalista Jeff Marie, è un poliziotto, ma durante il tempo libero non disdegna di essere pagato per risolvere qualche caso privatamente.



Una commistione tra "pubblico" e "privato" che ha fatto inorridire molti appassionati, ma Bencolin, convinto che i parigini (e i lettori) amino i detectives pittoreschi, non se ne è mai preoccupato più di tanto.


Franz (Ferenc) Liszt

Raiding [Ungheria] 22-X-1811 - Bayreuth 31-VII-1886 

Figlio di un funzionario del principe di Esterhazy, si esibiva in pubblico come pianista all'età di nove anni, passando ben presto a Vienna dove si perfezionò sotto la guida di Czerny e Salieri. Nel 1823 studiò ancora a Parigi con Paer e Reicha, facendosi conoscere nel 1824 a Londra come pianista. Fino al 1830 visse dedito essenzialmente all'insegnamento, riprendendo poi l'attività di esecutore e compositore che lo impose ben presto all'attenzione dei pubblici parigini, viennesi, romani e di tutte le altre città europee. Dal 1842 al '44 suonò anche in Russia e in Turchia, e nel 1847 - dopo aver rotto la relazione che lo legava a Madame d'Agoult - ebbe un incontro decisivo a Kiev con la principessa Carolyne von Sayn-Wittgenstein. Nello stesso anno si trasferì con lei in Polonia, e dal 1848 al '59 fu maestro di cappella alla corte di Weimar, adoperandosi in favore della nuova musica tedesca, di cui fu considerato fautore e mentore. Weimar divenne con lui un centro vivo di moderna attività
musicale, ma nel 1859 Liszt lasciò la corte e nel 1861 si trasferì a Roma, senza peraltro riuscire a ottenere dal primo marito il divorzio dalla Sayn-Wittgenstein.
A Roma ebbe una crisi di misticismo, e ottenne dal papa il titolo di abate, ma nel 1869 abbandonò la solitudine romana e tornò a Weimar riconciliandosi con l'ambiente della corte. Gli ultimi anni di vita li trascorse tra Weimar, Pest (dove era stato eletto nel 1875 presidente dell'Accademia musicale) e Roma, riprendendo dal 1880 all'85 una intensa attività di insegnamento e  producendosi nuovamente in memorabili concerti. Nel 1886 fu a Parigi e Londra, ma a Bayreuth fu colpito da una forte polmonite che ne stroncò in breve la solida fibra.


I Preludi (Les préludes) poema sinfonico n. 3 (1848) 
Composizione in ogni senso tra le maggiori di Liszt, era nata senza un preciso programma, cioè era stata concepita come una pagina di musica pura che doveva servire di preludio a vari pezzi corali. 
Solo in seguito Liszt diede al pezzo un "programma" suggerito da una "méditation " del poeta francese Lamartine. L'autore avverte che questo poema sinfonico si ispira alla vita dell'uomo, che è una serie infinita di "preludi" a fatti tristi o gioiosi: e questo riflette bene la concezione formale della partitura, che è assai libera e consiste in una serie di episodi di diverso carattere fusi però in un sol tempo. Vi è così un'enorme ricchezza di temi e di episodi, ora baldanzosi, ora liricamente distesi, ora soffusi di mestizia: il tutto distribuito nella partitura con un equilibrio mirabile, che fa dei Preludi uno dei capolavori sinfonici del suo autore.
I tempi si succedono in quest'ordine: "Andante, " "Allegro ma non troppo-Allegro tempestoso," "Allegretto pastorale" e "Allegro marziale animato."

mercoledì 17 maggio 2023

Anatol Liadov

 

Pietroburgo 11-V-1855 - Novgorod 28-VIII-1914

Allievo di Rimski-Korsakov e dal 1878 insegnante al Conservatorio di Pietroburgo, si occupò del canto popolare e svolse attività di direttore d'orchestra. Noto soprattutto per le gustose composizioni pianistiche, è autore anche di musica orchestrale, per lo più in brevi miniature di genere in cui si nota un'assai personale utilizzazione del materiale tematico popolare, non disgiunta peraltro da influenze occidentali: sì che egli può essere considerato come un anello di congiunzione tra i rappresentanti diretti della " scuola nazionale" russa e la tendenza "occidentale" rappresentata da Ciaikovski, Liapunov, Rakhmaninov.

Kikimora (Il Genio della casa) per orchestra op. 63 (1910)
« Kikimora è allevato da uno stregone nei monti rocciosi, e il gatto dello stregone gli racconta da mane a sera fiabe d'oltremare, e dalla sera al mattino lo culla in un giaciglio di cristallo. » 
Passano gli anni, Kikimora si fa grandicello « e nel suo capo frullano pensieri malvagi nei riguardi del mondo intero. »
Come Baba-Jaga, anche Kikimora è una figura delle fiabe russe, e ad essa si ispira la composizione di Liadov. Musica a programma, dunque, colorita e ravvivata da un notevole magistero orchestrale e da un richiamo costante a motivi popolareschi.
La composizione si divide in due tempi: " Adagio" e "Presto."

lunedì 15 maggio 2023

Edouard Lalo

Lilla 27-I-1823 - Parigi 22-IV-1892

Compiuti gli studi ai conservatori di Lilla e di Parigi, si formò più che altro da autodidatta e rimase sostanzialmente un isolato. Attivo soprattutto come violinista e violista, solo nella maturità gli arrise qualche successo.
Fu compositore di notevole sensibilità, e la sua musica è pervasa da un sincero soffio di romanticismo, calato in una chiara coscienza formale e in una scrittura brillante anche se a volte alquanto pletorica. La sua chiara visione della forma lo portò a eccellere soprattutto nel campo strumentale, anche se proprio con l'opera conobbe uno dei maggiori successi della sua carriera (Il Re d'Ys, eseguito a Parigi nel 1 888, è ancor oggi in repertorio nei teatri francesi).
Lalo è autore di altre 2 opere e di 2 balletti, di 3 sinfonie e di molta altra musica orchestrale, di musica da camera e vocale: ma nel repertorio odierno sono praticamente rimasti solo la Sinfonia spagnola e il Concerto per violoncello e orchestra.

Sinfonia spagnola per violino e orchestra op. 21 (1875) 
Il folclore musicale spagnolo ha esercitato su molti musicisti un fascino profondo: da Glinka a Chabrier, da Debussy a Ravel, l'elemento spagnolo ha acquistato da molto tempo stabile cittadinanza nella musica d'arte europea. Quanto a Lalo, si deve tener presente che egli era di origine spagnola: e fu forse questa una ragione particolare perché egli si sentisse spinto a ricreare in questo pezzo atmosfere e melodie ispirate alla musica della terra dei suoi avi.
La Sinfonia spagnola è un pezzo dal caldo empito romantico, denso di un pathos acceso e trascinante, a cui le intonazioni popolaresche danno un colore tutto particolare. Si tratta so­stanzialmente di un concerto, poiché il violino vi è trattato in funzione solistica ed è il vero protagonista del discorso musicale: la sua parte è di un virtuosismo denso e brillante, a tratti chiaramente ispirato a modi propri della musica gitana spagnola.
La composizione comprende ben cinque pezzi: 
" Allegro non troppo" dalla possente impostazione sinfonica, 
" Scherzando " ('Allegro molto,' un brano in tessuto di ritmi di danza di grande
effetto per lo strumento solista), 
" Intermezzo" ( 'Allegretto non troppo': è un brano non certo inferiore agli altri per intensità d'espressione, ma viene normalmente tralasciato nelle esecuzioni),
" Andante " 
" Rondò" ('Allegro').

venerdì 12 maggio 2023

Hawk


Hawk, Stati Uniti, 1966 / Alan Sloane

Assegnato all'ufficio del procuratore distrettuale di New York, il detective John Hawk (Burt Reynolds) è un indiano irochese. Le sue origini razziali non influivano però molto sulle storie, che avrebbero potuto essere "interpretate" da qualsiasi altro poliziotto televisivo. Il fisico di Burt Reynolds e le sue evoluzioni acrobatiche non sono quindi state sufficienti a conquistare il grande pubblico, e la serie è durata soltanto 17 episodi da 50 minuti, andati in onda dall'8 settembre al 29 dicembre 1966.




Zoltan Kodaly


Kecskemét [Ungheria] 16-XII-1882 - Budapest 6-III-1967

Allievo dell'Accademia Musicale e dell'Università di Budapest, nel 1903 iniziò, affiancato da Bartòk, un intenso lavoro di studio e raccolta del canto popolare ungherese. Si perfezionò (dal 1906 al 1907) a Berlino e Parigi, venendo in contatto con le principali correnti musicali dell'epo­ca, e dal 1907 insegnò all'Accademia Musicale di Budapest, continuando l'intensa attività etnomusicologica. Fu anche assai attivo nel campo della sezione ungherese della SIMC (Società Internazionale di Musica Contemporanea).
Nel 1951 è apparso il primo volume del Corpus musicae popularis hungaricae, da lui diretto, che raccoglierà sistematicamente rutto il patrimonio esistente della musica popolare della nazione. Molto intensa fu pure la sua attività di educatore.

Hary Janos, suite (1926) 
Hary Janos è una commedia di Béla Paulini in cui si parla di un simpatico spaccone, il quale vanta ai suoi amici d'osteria imprese inverosimili, raccontando come sia riuscito a vincere Napoleone, a sposare la figlia del
Kaiser e via di questo passo. Questo personaggio è assai popolare in Ungheria, e per la commedia Kodaly compose una musica di scena da cui trasse la suite normalmente eseguita in sede concertistica. Contrariamente al solito, egli non si serve qui di materiale popolare, ad eccezione di una sola canzone, ma ciò
non toglie che tutta la musica sia anche qui informata allo spirito del folclore magiaro, che per tanti anni aveva costituito quotidiana materia di lavoro per l'instancabile raccoglitore di melodie e danze. Kodaly riproduce magistralmente l'atmosfera bonaria e un po' irreale dell'azione, lumeggia il carattere fantasioso di Hary Janos con un'ironia non certo scevra da una vena di simpatia, poiché il suo eroe incarna un sentimento che è presente in ogni uomo e particolarmente vivo nel carattere degli ungheresi, cosi inclini a fantasticare e a perdersi in sogni di grandezza.

La suite comprende sei parti:·
I) "Preludio. Incomincia il racconto" ('Con moto-Tranquillo, molto moderato': Janos incomincia a raccontare nella taverna);
II) "Il carillon di Vienna" ('Allegretto':' sulle ali della fantasia Hary Janos è giunto ormai nella reggia di Vienna, e ne ammira il carillon con i pupazzi semoventi);
III) "Canzone" ('Andante, poco rubato':. è un canto per la sua amata); 
IV) "Battaglia e sconfitta di Napoleone" ('Alla marcia - Tempo
di marcia funebre', per soli fiati e percussione, con effetti di banda militare);
V) "Intermezzo" ('Andante maestoso, ma con fuoco': è una vivace danza dei soldati che festeggiano la vittoria);
VI) "Entrata dell'Imperatore e della corte" ('Alla marcia': Hary Janos, sempre sulle ali della fantasia, è giunto a corte, e assiste all'ingresso maestoso del Kaiser)

mercoledì 10 maggio 2023

Aram Khaciaturian


Tbilisi, 6 giugno 1903 - Mosca, 1 maggio 1978 

Rivelò precocissime doti musicali, e dal 1922 studiò a Mosca dove ebbe tra gli insegnanti Miaskovski. Khaciaturian è personalità assai in vista nella vita musicale sovietica: accanto a quella compositiva, svolge intensa attività di direttore d'orchestra, organizzatore e insegnante (dal 1951 al Conservatorio moscovita). Egli trasferisce nella sua produzione musicale l'entusiasmo di un artista che crede nel socialismo e nella sua realizzazione in atto nell'URSS. La sua produzione è pervasa da uno spirito fortemente ottimistico, da un vivo senso ritmico e melodico che lo porta a ripudiare ogni innovazione rimanendo saldamente radicato - come tutti i musicisti sovietici della sua generazione - nei principi della tonalità e nell'elaborazione del canto popolare dell'URSS (in particolare armeno). La sua è una musica sanguigna, di facile comunicativa anche con le masse più sprovvedute, ed egli è attualmente considerato accanto a Sciostakovic uno dei maggiori compositori del Paese.
Khaciaturian - che finora non ha composto opere di teatro - è soprattutto noto per i due balletti Gaiane e Spartak, ma ha scritto anche sinfonie e altri pezzi per orchestra, varia musica da camera e vocale.

Concerto per pianoforte e orchestra (1936) - Composizione tra le più note di Khaciaturian, questo Concerto non smentisce le caratteristiche di stile del suo autore: è una composizione di effetto, estremamente impervia nella parte pianistica (qualcuno ha parlato di recupero della tradizione lisztiana), assai
ricca dal punto di vista sia armonico, sia ritmico e melodico: vi è evidente la predilezione per il canto popolare dell'est, anche se l'autore è rifuggito qui da qualsiasi citazione letterale della musica armena o asiatica. Il discorso musicale è teso e vigoroso, fortemente ritmato ad eccezione del tempo centrale, che ha invece fisionomia chiaramente melodica.
I tempi sono: "Allegro ma non troppo e maestoso," "Andante con anima " (dove più evidente appare la rievocazione del canto popolare armeno) e un turbinoso "Allegro brillante" (notare l'imponente cadenza centrale).