lunedì 4 febbraio 2019

Morte al Villaggio Giardino di Roberto Roganti


Quando Roberto mi ha preannunciato l’intenzione di scrivere un romanzo giallo, mi è sembrata un’impresa disperata. Come introdurre nella rutilante schiera di commissari, poliziotti, investigatori privati e dell’incubo dei nuovi personaggi senza rischiare di scimmiottare qualche autore che lo ha preceduto, come farli emergere sulle migliaia di protagonisti che hanno costruito la storia e la leggenda del romanzo giallo?
Eppure Roberto c’è riuscito, descrivendo il carattere di sei amici in chiave più o meno grottesca, sviluppando una indagine in maniera scorrevole, divertente e a tratti travolgente, in cui il concetto di “gruppo”  è la molla vincente che consente al protagonista del romanzo, un giovane e intraprendente giornalista, di provare a risolvere un caso all’apparenza abbastanza confuso. La novità è proprio questa: con uno stile asciutto, basato solo su fatti chiari e precisi, Roganti non lascia spazio ai sentimenti dei personaggi o alle descrizioni oziose e stucchevoli degli ambienti, in modo tale da coinvolgere il lettore in una rapida galoppata verso aspetti e considerazioni utili all’inchiesta del giornalista mediante l’appoggio di  alcuni amici, meno centrali ma delineati con strepitosa abilità descrittiva, avvicendati a ricoprire  i ruoli base di questa storia. Osti, avventori, ubriaconi, poliziotti, professori, personaggi bizzarri eppure tenerissimi e ricchi di quell’umanità che le convenzioni della società tendono a soffocare, il gruppo di amici può anche sembrare sconclusionato e irreale, ma ci appassiona e diverte ugualmente dalla prima all’ultima pagina, oscillando dal melodramma alla commedia fino all’inevitabile epilogo.
Innovativa poi l’idea di svelare l’indagine tramite gli articoli di un giornale locale dove il protagonista, un anti-eroe senza macchia e senza spada, alla stregua di un novello Peter Parker, conduce i suoi affezionati lettori nell’intreccio degli eventi, in una specie di metonimia in cui chi scrive e chi narra sono la stessa persona, ma anche, parafrasando Pirandello, “uno, nessuno e… centomila”.
Roganti, quindi, si inserisce a pieno diritto nel ristretto novero dei moderni giallisti, facendo nella letteratura ciò che i più accorti registi americani stanno ora tentando di fare nelle serie poliziesche televisive: tolta la pistola dal giubbotto del commissario e spente le automobili degli improbabili inseguimenti in città o in autostrada, si sono chinati ad ascoltare i battiti del cuore dei protagonisti. Roberto si è rivelato in ciò un autentico scrittore, con una mano leggera e sempre vicina al lettore, che in cambio può chiedere solo di far rivivere ancora i personaggi a cui inevitabilmente si sta affezionando.
Mauro Sighicelli





I cinqueperunosei:

Stefano Soranna, detto Pulitzer, giornalista
Luigi Guicciardi, detto Cataldo, commissario di polizia
Mauro Sighicelli, detto Sighi, ex atleta
Luca Bagnoli, detto Armani, agente di commercio
Armando Bruzzi, detto Malora, commerciante di vino
Roberto Roganti, detto Grogghino, becchino


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