È una compositrice,
clavicembalista, organista e insegnante. Ha studiato e si è laureata in musica, clavicembalo e
organo alla Penn State; poi a Yale ha conseguito un MMA. Ha conseguito il
dottorato in composizione presso la Eastman School of Music. Ha anche studiato
alla Musikhochschule di Francoforte, in Germania, con Helmut Walcha. Ha detto
che il suo lavoro con lui è stato difficile perché "non credeva che le
donne appartenessero alla panca dell'organo".
È stata professore di musica
presso la Washington State University dal 1991 al 1997, professore in visita di
musica presso l'Università del Wisconsin–Oshkosh dal 1997 al 2000 e professore
in visita di belle arti presso l' Università del Wisconsin–Stevens Point dal
2000 al 2003. Nel 2004, è stata nominata professoressa di musica presso l'
Università del Missouri-St. Luigi. Insegna performance, composizione e classi
correlate. Ha fondato Women in the Arts-St. Louis per mettere in evidenza il
lavoro delle donne e ottenere più spettacoli per musicisti e compositori.
Alcuni dei suoi pezzi sono stati
registrati dalla Slovak Symphony Orchestra; la sua registrazione di una
raccolta della sua musica pubblicata nel 2008 ha ricevuto tre importanti
premi di musica classica.
Nel 1989 ha fondato la piccola
Vivace Press, per pubblicare musica di compositori sottorappresentati. Nel 1993
è stata co-fondatrice della rivista Women of Note Quarterly e ne continua come
editore.
Ha tenuto recital per organo e
clavicembalo in Nord America, Asia, Europa e anche in Siberia. Ha presentato
una serie televisiva musicale settimanale, Palouse Performance, trasmessa nella
regione nord-occidentale degli Stati Uniti. Ha effettuato numerose
registrazioni di musica per organo e clavicembalo ed è una tastierista
riconosciuta a livello nazionale. Durante la revisione di una delle sue
registrazioni di Bach nel numero di maggio/giugno 1988, l' American Record
Guide disse: "Merita di essere riconosciuta come una delle eminenti
suonatrici di Bach tra gli organisti dei giorni nostri, sia negli Stati Uniti
che in Europa. "Nel 1992, Keyboard Magazine ha classificato Harbach al
secondo posto dopo Keith Jarrett come "Top Keyboard Artist" nella
divisione classica.
La sua prima composizione
pubblicata è stata Lodatelo con la tromba (1977) per coro e organo. Le sue
composizioni hanno incluso opere per orchestra sinfonica, orchestra d'archi,
organo, clavicembalo, coro e ensemble da camera. Ha anche arrangiato brani
barocchi per ottoni e organo. Ha scritto tre sinfonie: Veneration for Orchestra
(eseguita per la prima volta nel 2004 al Wilmington College, Ohio), One of Ours
– a Cather Symphony (commessa ed eseguita per la prima volta dalla Central
Wisconsin Symphony Orchestra) e Sinfonietta per orchestra d'archi. Sono state
scritte altre sette sinfonie. Non ha numerato le sue sinfonie. A State Divided - A Missouri
Symphony, Gateway Festival Symphony, Jubilee Symphony, Night Soundings (6th),
Celestial Symphony (9th) e Symphony for Ferguson (10th)
da the-unmutual.blogspot:
Questo volume aggiorna gli
ascoltatori sulla produzione sinfonica di Barbara Harbach. È dotato delle
sinfonie n. 7-10, composte tra il 2014 e il 2015. La Harbach è una sinfonica
economica: le opere sono brevi, mirate e orchestrate in modo uniforme. Tutte e
quattro le sinfonie seguono una struttura lineare a 3 movimenti
veloce-lento-veloce. Eppure, con tutti questi vincoli, Harbach mostra una
grande quantità di immaginazione e varietà.
La Sinfonia n. 7, "O, Pioneer" utilizza la musica della sua
opera con lo stesso nome. Harbach riesce a evocare la grande distesa della
prateria del Nebraska senza per un momento suonare come Aaron Copland. Tutto
meritorio.
La Sinfonia n. 8 "The Scarlet Letter", i tre movimenti sono
studi sui personaggi di Hester Prynne, Roger Chillingworth e Arthur Dimmesdale.
All’ascolto solo il movimento centrale, Chillngsorth ha catturato il tumulto
emotivo del personaggio. I movimenti esteriori, sebbene piacevoli, non sono
così coinvolgenti.
La Sinfonia n. 9, "Sinfonia Celeste", ripropone anche la
musica da un'altra fonte. Questa volta, la colonna sonora di Harbach per il
film muto "La nascita, la vita e la morte di Cristo". Il film è una
serie di tableaux e la partitura originale per 13 strumenti aveva una qualità
statica. Riformulata in forma sinfonica, Harbach esplora e sviluppa più a fondo
il suo materiale. La musica suona più dinamica e la tavolozza strumentale
migliorata consente un'espressione musicale più sfumata.
La Sinfonia n. 10 "Symphony for Ferguson", non è riuscita a
raggiungere il bersaglio. Harbach, membro dell'Università del Missouri-St.
Louis, fu incaricata di scrivere una sinfonia di guarigione sulla scia delle
rivolte di Ferguson. La musica doveva parlare a tutti i cittadini della comunità.
Harbach ha intrecciato brani come "Wade in the Water", "Battle
Hymn of the Republic" e "Chester", per suggerire quella fusione
di culture. Sebbene scritto abilmente, suonava semplicemente come un miscuglio
piuttosto che un'opera di grande fascino emotivo. Anche il movimento finale,
adottando il jazzistico "St. Louis Blues", non è stato del tutto
incalzante.
Dick Fulmine, Italia, 1938 / Vincenzo Baggioli e Carlo Cossio
ln parte ispirato al celebre pugile Primo Carnera, Dick Fulmine, che era stato presentato ai lettori come "il grande poliziotto italo-americano terrore dei gangster", agiva come agente in borghese della polizia di un'improbabile Chicago. Pur essendo protagonista di storie un po' grossolane e nazionaliste, questo personaggio è stato a lungo popolarissimo in ltalia e le sue avventure hanno conosciuto una notevole diffusione prima che la fantasia degli autori si esaurisse e la propaganda facesse sempre più spesso capolino tra un cazzotto e l'altro. Gli abiti usualmente indossati nelle prime serie delle avventure erano un maglione a girocollo giallo e dei pantaloni alla zuava.
I suoi pugni risolutivi erano le sue armi esclusive e i suoi nemici, alcuni dei quali ricorrenti, erano sconfitti dalla sua forza inarrestabile. Tra gli avversari si ricordano il nero cubano Zambo, il mago e illusionista Flattavion, dotato anche di capacità ipnotiche e Maschera Bianca, fuorilegge armato di pistola a gas soporifero.
E' un agente in borghese della polizia di Chicago, oriundo italiano, smargiasso e dal cazzotto pronto. I suoi antagonisti assecondano i pregiudizi razziali cari al fascismo italiano; combatte soprattutto contro personaggi connotati razzialmente, ebrei, neri, asiatici orientali, sudamericani, tratteggiati come esseri meschini, vigliacchi e traditori: il grosso e brutto nero Zambo, il "sordido ebreo Abramo Levi".
Spesso l'intervento di Fulmine è finalizzato a difendere, dalle persecuzioni dei nemici, italiani e italiane in difficoltà, personaggi questi descritti sempre come fieri e onesti.
Esordisce il 29 marzo 1938 nel secondo numero della collana Albi dell'Audacia della casa editrice Vittoria della quale vengono pubblicati 80 numeri divisi in due serie edite dal 22 marzo 1938 al 22 ottobre 1939. Le storie del personaggio poi proseguirono nella collana Albogiornale a partire dal n° 36 del 29 ottobre 1939. Alla chiusura della testata nel 1943, le storie del personaggio continuarono sulla serie Albi dell’Audacia Nuova Serie AVVENTURE pubblicata dalle Edizioni Juventus fino al 1947.
Nel 1947 le storie del personaggio continueranno anche su una nuova serie degli Albi dell'Audacia edita dalla Cremona Nuova che verrà pubblicata per 45 numeri fino al 1949. Alla chiusura della precedente collana Albi dell’Audacia, le Edizioni Ippocampo ne fanno esordiere una omonima dedicata al personaggio e che verrà pubblicata per 48 numeri fino al 1950. Nel 1954 venne edita l'ultima collana dedicata al personaggio, Albi Dick Fulmine, pubblicata per 24 numeri dalla Casa Editrice Selene che chiuderà nel 1955 ponendo fine alla vita editoriale del personaggio anche se le storie verranno più volte ristampata in varie collane negli anni successivi.
Nel 1961 il personaggio verrà riproposto nella collana Amazzonia con testi di Giorgio Scudellari ma con una barba posticcia e rinominato Ursus, gladiatore moderno ma per solo due numeri.
A dire del suo disegnatore, Dick Fulmine era ispirato a Gary Cooper per la parte superiore del viso e alla stessa mascella del creatore, per la parte inferiore. Rimane peraltro evidente anche il richiamo fisiognomico al pugile campione del mondo Primo Carnera, confermato dall'attitudine iperbolica al cazzotto facile e risolutivo. Il suo aspetto generale ne fa uno dei "portabandiera dell'eroismo della virilità" da proporre al popolo italiano. Tuttavia, nella mascella sporgente e volitiva ("mussoliniana") di Fulmine, personaggio "dichiaratamente fascista", è riconoscibile un riferimento fisiognomico all'iconografia popolare e propagandista del Duce.
La sua creazione avviene in una temperie culturale che vedeva l'embargo delle creazioni fumettistiche provenienti da oltreoceano. Sbaglierebbe comunque chi volesse sbrigativamente considerare Dick Fulmine come un fumetto fascista. In seguito alla sua crescente popolarità ci furono anzi numerosi interventi da parte del MinCuiPop, il Ministero della Cultura Popolare, affinché gli autori gli togliessero il caratteristico maglione a collo alto (che lo faceva sembrare troppo americano) e lo facessero più bello eliminando la mascella eccessivamente quadrata.
Così nella storia "La bottega del cinese", pubblicata il 20 gennaio del 1942, Dick Fulmine subiva un incidente automobilistico e doveva sottoporsi a un'operazione di plastica facciale!
Musicista svedese, gran virtuoso di violino, Tor Aulin è ricordato principalmente come il fondatore, nel 1887, di un Quartetto d’archi tra i più famosi d’Europa e come direttore d’orchestra, interprete attento delle opere del suo grande amico Wilhelm Stenhammar.
Aulin studiò musica al Royal College of Music di Stoccolma (1877-1883), poi al Conservatorio di Berlino (1884-1886) con il violinista francese Émile Sauret e Philipp Scharwenka (da non confondere con i pianisti Emil von Sauer e Xaver Scharwenka). Tra il 1889 e il 1892, Aulin fu primo violino alla Royal Opera di Stoccolma. Durante la sua carriera ha diretto le principali orchestre sinfoniche di Stoccolma e Göteborg. Nel 1887 formò il Quatuor Aulin, che guadagnò fama fino alla sua dissociazione nel 1912.
Tra il 1900 e il 1911 Aulin fonda e dirige l’Orchestra dei Musicisti svedesi, l’ensemble Concerto di Stoccolma, l’Orchestra del Teatro drammatico, l’Orchestra filarmonica della Svezia meridionale; dal 1909 al 1911 è il direttore della Göteborgs Symfoniker, l’odierna Orchestra Nazionale Svedese.
Tor Aulin è autore di composizioni per il violino, musica da camera e per orchestra sinfonica; lascia, inoltre, alcune musiche di scena per il dramma Mäster Olof di August Strindberg. La sua opera non è di agevole catalogazione a causa della imprecisa datazione della maggior parte dei suoi lavori; in qualche modo sono d’aiuto l’eventuale numero d’opus e la data di pubblicazione o della prima esecuzione.
Tor Aulin era un importante direttore d'orchestra e violinista nella fiorente cultura delle sale da concerto svedesi alla fin de siècle. Sua moglie, Anna Aulin, racconta che i suoi successi compositivi furono, tuttavia, in qualche modo limitati dalla sua umiltà e dal suo impegno nel promuovere la musica di altri compositori svedesi durante le sue tournée annuali come leader dell'Aulin String Quartet (1877-1912) e come direttore del Orchestre di Stoccolma e di Göteborg. Eppure fu un compositore attivo tra il 1887 e il 1913 e scrisse una varietà di musiche di scena, canzoni e brani per pianoforte stilisticamente influenzati dal romanticismo tedesco di Max Bruch, Robert Schumann e dallo stile nordico del suo lungo termine confidente, Edvard Grieg. Come violinista da concerto, Aulin ha composto la maggior parte per il suo strumento: brani di carattere, quartetti d'archi, brani pedagogici e cadenze insieme alle sue opere più famose, il Concerto per violino n. 2 in la minore, op. 11 (1892) e Concerto per violino n. 3 in do minore op. 14 (1896).
Le melodie ispirate al violino popolare svedese e la strumentazione originale della Svenska danser (Vier schwedische Tänze für Orchester) [Quattro danze svedesi], op. 32 (1912-3), pone l'opera saldamente al centro di questo corpus di musiche per violino. La suite in quattro movimenti è stata scritta per violino e pianoforte nel 1912, dedicata a un professor Georg Hüttner e all'Orchestra Filarmonica di Dortmund. L'anno successivo, è stata arrangiata per orchestra e eseguita per la prima volta dalla Göteborgs Orkesterförening [Associazione Orchestra di Goteborg] il 6 aprile 1913, diretto da Wilhelm Stenhammar. Il concerto prevedeva anche la prima esecuzione di un'altra delle suite popolari di Aulin, la sua Gotländska danser (Drie gottländische Tanze), op. 28 (1910). Come la Svenska danser, queste danze furono originariamente scritte per violino e pianoforte (Op. 23) e solo successivamente arrangiate per orchestra.
Scritte durante un periodo di cattiva salute, le Svenska danser furono tra le ultime opere di Aulin composte prima della sua morte per malattie cardiache nel marzo 1914. All'età di 47 anni, Aulin aveva sofferto di depressione, problemi ai reni ed era rimasto parzialmente paralizzato dopo ictus all'inizio del 1913. In una retrospettiva commemorativa, il suo amico, Emil Hansen, fornisce un resoconto straziante delle prove per la suite orchestrale. Dopo essere stato portato alle prove, Aulin fu così sopraffatto dall'emozione che fu portato di nuovo con un ultimo addio alla sua orchestra. …
Sua sorella, Laura Valborg Aulin (1860-1928), era una pianista e compositrice la cui produzione comprendeva due quartetti d'archi, in fa maggiore e mi minore, tra le altre opere.
(Berlino, 4 ottobre 1796 – Berlino, 15 aprile 1869)
Fu una figura influente nella scena musicale berlinese nel secondo terzo del XIX secolo. Sebbene ora sia forse principalmente ricordato come l'insegnante di Felix Mendelsohn Bartholdy, era anche lui un compositore. Questo affascinante trio mostra che, sebbene non sia stato uno dei grandi compositori, ha scritto musica piacevole da suonare e ascoltare.
Le sue composizioni consistono in gran parte di opere sacre e opere per tastiera.
August Wilhelm Bach non è imparentato con la famiglia di Johann Sebastian Bach. Suo padre Gottfried, organista al Dreifaltigkeitskirche di Berlino è stato il suo primo insegnante di musica. Dopo aver frequentato il liceo, dal 1813 divenne insegnante di musica freelance fuori Berlino.
Nel 1814 tornò a Berlino per assumere l'incarico di organista presso il Gertraudenkirche quando la sua speranza di prendere il posto del suo defunto padre era fallita. Ha perfezionato la sua formazione musicale con Carl Friedrich Zelter contrappunto e Ludwig Berger al pianoforte. Nel 1816 divenne organista al Marienkirche di Berlino e nel 1820 professore di organo e teoria musicale all'Istituto di musica sacra, appena fondato da Zelter, di cui subentrò come direttore alla morte di quest'ultimo nel 1832 (continuerà ad esserlo fino alla morte). August Wilhelm Bach ha avuto una grande influenza sulla costruzione di organi in Prussia, essendo diventato commissario della commissione reale per la costruzione degli organi.
Dal 1833 fu membro del Senato della Royal Academy of Arts e insegnante nel dipartimento di composizione musicale di quell'Accademia. Fu, dall'inizio degli anni 1830 e fino alla sua morte, una figura molto influente nella vita musicale di Berlino. Come organista fu molto impegnato nel riconoscimento del lavoro di Johann Sebastian Bach.
Oltre a composizioni per soli, coro e orchestra, tra cui il 100° salmo Jauchzet dem Herrn alle Welt, Auguste Wilhem Bach scrisse varie opere per organo (preludi, fantasie, fughe ecc.), opere per pianoforte e opere di musica da camera. Molto in sintonia con il gusto musicale del suo tempo, raramente esprimono un linguaggio musicale originale.
La sua raccolta in tre parti pubblicata intorno al 1830 dal titolo Der practische Organist (L'organista pratico) comprende pezzi d'organo destinati all'apprendimento ed è stato a lungo un punto di riferimento.
Duro e grintoso, con una certa inclinazione a farsi giustizia da sé, Dick Bos è un detective privato creato dall 'olandese Alfred Mazure, inizialmente protagonista di storie a fumetti molto realistiche. Durante l'occupazione tedesca una casa editrice di Berlino propone all'autore di stampare un milione di copie di ogni avventura di questo personaggio, purché accetti di trasformarlo in una spia nazista. Mazure rifiuta e la serie viene subito interrotta per riprendere alla fine della Seconda guerra mondiale con una ristampa cronologica.
Negli anni Cinquanta Dick Bos è stato protagonista anche di numerosi beeldroman, romanzi illustrati molto in voga in quel periodo in Olanda. I libri apparvero dal 1941 al 1968. Nelle storie, Dick Bos è un detective privato che combatte il crimine in modo duro ma leale e che è un esperto in jujutsu . Tecniche di questo arte di autodifesa sono stati dettagliati nei fumetti.
Molti libri andarono perduti durante la seconda guerra mondiale, anche perché, dopo essere stati letti da grandi e piccini, venivano usati nei fornelli. Dopo la guerra, le avventure di Dick Bos furono ristampate, con storie vecchie e nuove che apparivano in modo intercambiabile in diverse serie. Il Ministero dell'Istruzione, delle Arti e delle Scienze, tuttavia, ha ritenuto il fumetto depravato e aveva messo in guardia le scuole sull'influenza negativa che i fumetti avrebbero avuto sugli studenti.
Dal 1948 al 1953 fu ripresa la pubblicazione del Dick Bosboekjes. Ogni mese appariva una nuova storia. In quel periodo furono pubblicati da Drukkerij en Uitgeversmaatschappij di Ten Hagen. Dal 1962 Nooitgedacht pubblicò gli album e in seguito alcune vecchie storie furono ripubblicate dalla libreria di immagini MAZ. Successivamente, Mazure ha prodotto 44 nuove storie dal 1963 al 1967. Questi sono conosciuti con il nome Diamond Series. Tuttavia, l'ultima storia della serie, "Diamonds", è apparsa nel 1968.
Nel 1969 fu pubblicata una pubblicazione pubblicitaria chiamata "Glashard", ma in essa Mazure usò un disegno e uno stile di parole leggermente diversi rispetto alla serie precedente. L'editore De Arbeiderspers ha pubblicato 3 album con 4 episodi per album nel 1971 e nel 1972. Dal 2005 al 2015, Panda Publishers ha pubblicato tutti gli opuscoli. 19 volumi in grande formato con quattro libretti per volume.
Mazure ha anche prodotto tre film su Dick Bos: Furto con scasso (1942), Denaro contraffatto (1943) e Omicidio nella casa di moda (1946). Nel 2004 è stato pubblicato un documentario di Jan Bosdriesz su Dick Bos e il suo creatore.
Il 1 ° giugno 2016, una rara edizione di prova in lingua tedesca della storia "Der Fall Klein" è stata venduta alla casa d'aste online Catawiki per 3.500 euro a un collezionista olandese.
(Winnipeg 2 January 1912 – Vancouver 5 February 2000)
Pentland, Barbara. Compositore, pianista, insegnante. Nel 1931 si diploma di composizione. Un disturbo cardiaco ha ridotto le sue attività fisiche e sociali durante l'infanzia e l'ha costretta a sviluppare una vita mentale. La composizione forniva un esercizio naturale per questo, ma i primi tentativi scritti di Pentland, mostrati all'insegnante di pianoforte con cui, a nove anni, aveva iniziato le lezioni alla Rupert's Land Girls' School di Winnipeg, provocarono solo disapprovazione. Insegnante e genitori consideravano il suo desiderio di comporre eccentrico e, probabilmente, troppo "eccitante" per un bambino delicato. Ha continuato a comporre, anche se ha mantenuto i suoi sforzi privati. Le sue opere adolescenziali sono state influenzate da uno studio della Rivoluzione francese e dalla musica eroica di Beethoven.
Il primo incoraggiamento di Pentland a comporre venne da Frederick H. Blair, che le insegnò pianoforte e teoria dal 1927 al 1929 mentre era a Montreal per frequentare un collegio. Gli studi formali di composizione, finalmente con il permesso dei genitori, iniziarono nel 1929 con l'allieva Cécile Gauthiez di Vincent d'Indy, a Parigi, dove frequentò una scuola di perfezionamento. Gauthiez, che continuò ad insegnarle per corrispondenza per un anno e mezzo dopo il suo ritorno a Winnipeg nel 1930, la formò nella polifonia accademica francese e nel cromatismo di Franck, che entrambi plasmarono il suo lavoro nel decennio successivo, sopravvivendo anche nel Quartetto per pianoforte del 1939. A Winnipeg Pentland continuò gli studi pratici con Hugh Bancroft (organo) ed Eva Clare (pianoforte) ed era più attiva come interprete che in qualsiasi momento precedente o successivo. Questa fase culminò in un debutto formale come pianista da concerto il 21 settembre 1936 al Royal Alexandra Hotel.
Sentendo la necessità di sviluppare le sue capacità di compositrice, vinse una borsa di studio alla Juilliard Graduate School nel 1936 dove, per i due anni successivi, si iscrisse a un corso di contrappunto del XVI secolo sotto Frederick Jacobi. Dopo aver lasciato Jacobi, ha trascorso il suo terzo anno alla Juilliard alla ricerca di mezzi di espressione più liberi e individuali sotto la guida incoraggiante di Bernard Wagenaar. Le opere di Hindemith e Stravinsky divennero un'influenza significativa in questo momento, combinando, come fecero, il forte contrappunto che i suoi studi con Gauthiez e Jacobi le avevano insegnato a rispettare e l'armonica resilienza e libertà che era arrivata a desiderare ardentemente.
Tornata a Winnipeg, Pentland assimilò ciò che aveva appreso. In cerca di visibilità per la sua musica, Pentland si trasferì nel 1942 a Toronto dove si mantenne insegnando composizione e teoria al Toronto Conservatory of Music. Sebbene il suo stile si stesse avvicinando a una rottura con la tonalità, la prima seria considerazione di Pentland sul serialismo arrivò durante le sue visite alla colonia di Edward MacDowell nel New Hampshire, dove Dika Newlin, una discepola di Schoenberg, la interessò allo sviluppo di quel maestro e l'applicazione di rigorosi principi a 12 toni. Il risultato fu The Octet for Winds, il suo primo lavoro deliberatamente seriale. Il Concerto per organo, la Sinfonia n. 2, la Sonata per violino solo, il brano orchestrale Ave atque vale, il Quartetto per archi n. 2 (scelto per rappresentare il Canada al festival ISCM del 1956 a Stoccolma, ma non eseguito) e il altre opere composte tra il 1949 e 1954 mostrano tutti l'influenza della tecnica di Schoenberg.
Nel 1955, a Darmstadt, Pentland era entrata in contatto con un'ulteriore grande influenza sul suo stile: la musica di Anton Webern. Le delicate sonorità, la concisione delle strutture e le qualità chiare di pensiero e consistenza in questa musica hanno fatto appello all'intelligenza di Pentland come l'etica di Schoenberg non poteva. L'influenza di Webern si nota subito nel glaciale ed elegante Concerto per pianoforte e orchestra d'archi e nella convincente e agile Sinfonia per dieci parti; anzi, pervade praticamente tutte le sue opere del decennio successivo.
Composto a Monaco appena un anno dopo il Concerto per pianoforte, The Symphony for Ten Parts è una pietra miliare nel repertorio orchestrale canadese, una profonda dimostrazione del prestigio e dell'influenza di Webern del dopoguerra. Attraverso di essa la Pentland si è impegnata nei valori del modernismo internazionale. "È il risultato del mio rinnovato contatto con il mainstream della musica europea dopo la lunga pausa degli anni della guerra".
Il titolo, con i suoi echi consapevoli della musica antica così ampiamente studiata dalla giovane Pentland, si riferisce ai versi contrappuntistici stratificati o 'parti' definiti da coppie di fiati, ottoni e percussioni (flauto, oboe, tromba/corno, xilofono/timpani ) e quattro archi (violino, viola, violoncello basso) -- non un'orchestra in senso tradizionale o qualsiasi complemento da camera tradizionale.
L'allegro di apertura potrebbe "essere considerato una forma sonata molto condensata". Il secondo movimento Vivace è un caratteristico scherzo, con ritmi sbarazzini leggeri che spingono la musica attraverso una scintillante successione di timbri strumentali. La conclusione Moderato è il nucleo lirico dell'opera: 'La materia del Finale è nata prima dell'altro movimento, dando loro origine, ma non ha preso forma definitiva finché non sono stati completati. È una forma più complessa, che incorpora elementi già ascoltati ma presentati ora con maggiore diversità.'
Compositore, cantante e organista italiano, virtuoso di violoncello e Viola d'amore. Nacque da Giuseppe (che apparteneva a un ramo bolognese della famiglia nobile Ariosti) e da Caterina Sgargioli; fu battezzato il 10 novembre nella chiesa di S. Maria Maggiore con i nomi di Attilio Malachia, quest'ultimo in seguito sostituito spesso dall'Ariosti con Clemente.
L'Ariosti ebbe due fratelli: uno maggiore, Ludovico Agostino, che morì fanciullo, e uno minore, Giovanni Battista, nato nel 1668, che, come lui, divenne frate col nome di Odoardo e fu musico. Da notare come la madre morta verso il 1716, nel suo testamento, così come è riportato in data 4 febbr. 1716 nel Repertorio degli Cognomi nell'Archivio de' Servi (Arch. di Stato di Bologna), nomini suo erede universale "il molto R. Pre. Odoardo Areosti, Sacerdote dell'ordine di S. Maria de' Servi, di questa città, suo figlio..." e non faccia cenno dell'altro figlio Attilio. Forse questa voluta omissione deve ricercarsi nella vita avventurosa che conduceva l'Ariosti e che poco si conciliava con le regole dell'Ordine che invece avrebbe dovuto osservare.
Dell'educazione musicale dell'Ariosti non si sa nulla. Il 21 giugno 1688 entrò con altri due giovani, Giuseppe Franzoni e Gaspare Cavazza, nel convento dei Servi per il probandato. Non si conoscono le ragioni per cui divenne frate, poiché, come dimostrerà nella sua vita il musicista prevalse sempre sul religioso (tanto da far scrivere in seguito alla regina Sofia Carlotta di Prussia in una lettera al Leibniz - forse del 25 marzo 1703 - che "il personaggio in questione [l'Ariosti], sia detto fra di noi, muore di paura di ritomare nel suo convento, e ciò mi fa pietà").
Il 25 luglio 1688, nella cerimonia della vestizione, l'Ariosti assunse il nome di frate Ottavio; il 28 luglio 1689 fece la professione pubblica e il 13 settembre prese gli ordini minori. Tre anni dopo (25 maggio 1692) divenne diacono. Non si ha notizia di una sua successiva ordinazione sacerdotale. In questo periodo l'Ariosti occupò il posto di organista nella chiesa dei Servi. Nel 1693 fece eseguire a Modena un suo oratorio, La Passione, su testo di C. Arnoldi e, due anni dopo, stampò per i tipi di Carlo Maria Fagnani di Bologna i Divertimenti da camera a violino e violoncello.La sua fama di musicista superò presto i confini della sua città, e già nella primavera del 1696 egli si trovava a Mantova al servizio di quella corte ducale così amante delle arti e in particolare della musica. Nella stagione 1696-97, trovandosi a Venezia - con ogni probabilità al seguito del duca Carlo IV di Mantova ch'era solito trascorrere ivi il carnevale -, l'Ariosti compose il dramma pastorale Il Tirsi, in collaborazione con A. Lotti e A. Caldara, e fece eseguire anche la sua opera Erifile. Forse da Venezia stessa, su ordine del duca, l'Ariosti si recò direttamente a Berlino alla corte di Sofia Carlotta elettrice di Brandeburgo che, ricevuta una buona educazione musicale alla corte patema di Hannover, aveva voluto fare di Berlino un nuovo centro della musica italiana e perciò aveva riunito intorno a sé molti artisti italiani, fra i quali il violinista N. Orio, il tiorbista A. F. Moscatelli, il compositiore R. Fedeli e il cantante F. Chiaravalle, precedentemente al servizio, come l'Ariosti, del duca di Mantova. In questo ambiente, favorevole alla sua attività, l'Ariosti in pochi mesi riuscì a conquistarsi la benevolenza di Sofia Carlotta, per la quale egli divenne presto insostituibile, suscitando così l'invidia dei suoi colleghi - e in particolare del Chiaravalle, che era stato privato del favore dell'elettrice - e dando origine a diverse voci calunniose a suo riguardo, seppure infondate.
Queste calunnie (insinuazione sui rapporti fra l'Ariosti e Sofia Carlotta, suo possibile matrimonio con una damigella di corte, ecc.) resero l'Ariosti oggetto di un lungo carteggio, complicato da un sottile gioco diplomatico, fra illustri personaggi: il cardinale Francesco Maria Medici, il duca Giovanni Gastone di Toscana, il p. generale dell'Ordine dei Servi, il filosofo Leibniz (che nell'occasione si dimostrò abile diplomatico e buon amico dell'Ariosti), l'elettrice Sofia Carlotta - divenuta nel frattempo regina di Prussia -, il duca Carlo IV di Mantova, il nunzio apostolico a Vienna Giovanni Antonio Davia, il principe vescovo Jodocus Edmund di Hildesheün ed altri ancora, fra i quali non ultimo l'abate Agostino Steffani, compositore e uno dei migliori rappresentanti della musica italiana in Germania, e il poeta aulico Ortensio Mauro, che scrisse alcuni libretti per l'Ariosti .
La diatriba si protrasse per lunghi anni per la resistenza opposta dalla regina, che non voleva privarsi del suo compositore preferito, e per il poco entusiasmo mostrato dall'Ariosti nell'obbedire alle ingiunzioni dei suoi superiori di far ritomo in patria. Infine la regina dovette cedere e nel maggio del 1703, a seguito di un'ultima lettera del granduca di Toscana Cosimo III, diede il permesso richiesto per l'Ariosti di "restituirsi in Italia ove il suo P. Generale lo desidera per vantaggio della propria Religione" (Ebert). Il 13 giugno l'Ariosti inviava una lettera di obbedienza al generale, nella quale assicurava un suo prossimo ritorno, ma trascorsero ancora alcuni mesi prima della sua partenza da Berlino. Questa avvenne, infatti, soltanto nell'ottobre, quando alla regina fu assicurato che l'Ariosti non sarebbe incorso in alcuna sanzione disciplinare, ma anzi, sarebbe stato "avanzato al grado di Maestro... per remunerare l'obbedienza da esso dimostrata dalla Corte di Brandemburgo alla volta d'Italia" (Ebert). Nel viaggio di ritorno, l'Ariosti si fermò a Vienna (24 novembre), dove restò fino al 1709 (dopo un breve soggiorno in Italia nel 1708), facendovi rappresentare nuovi lavori teatrali, cantate e oratori, fra i quali la giovanile Passione.
Conquistatisi la stima e il favore dell'imperatore Giuseppe I, l'Ariosti venne nominato maestro aulico e inoltre ministro e agente dell'imperatore "presso tutte le Corti e Principi d'Italia". Tuttavia i pettegolezzi e le invidie furono per lui causa ancora una volta di guai. Secondo G. Ghiselli (Memorie antiche manoscritte di Bologna, LXXIX, p. 279), la condotta piuttosto mondana dell'Ariosti, giustificata peraltro dall'ufficio di ministro imperiale, gli procurò, dopo la morte di Giuseppe I, avvenuta nel 1711, lo sfratto dagli stati austriaci e da quello pontificio. Allontanatosi dall'Italia, s'ignora dove l'Ariosti si recasse; sembra che nel 1715 facesse un viaggio nella Germania del sud e successivamente a Parigi. Nel 1716 si trovava a Londra, dove il 12 luglio suonò l'assolo per viola d'amore nella sinfonia dell'Amadigi di G. F. Haendel, suscitando un grande interesse per questo strumento allora poco usato. Nell'anno seguente fu rappresentata una sua opera, Tito Manlio, al teatro di Haymarket (4 aprile); poi di nuovo per altri cinque anni non si hanno notizie della sua attività, poiché risulta infondata l'attribuzione del primo atto dell'opera Muzio Scevola (composto infatti dal violoncellista Filippo Amadei), scritta dal poeta P. Rolli per la Royal Academy of Music e in cui gareggiarono G. B. Bononcini e Haendel, musicando rispettivamente il secondo e terzo atto, per stabilire la propria superiorità. Secondo il Fassini, una nuova opera dell'Ariosti, L'odio e l'amore, avrebbe chiuso la stagione teatrale 1720-21.
Di ritorno a Londra nel 1722, l'Ariosti ottenne una carica direttiva nella Royal Academy of Music, per la quale, nel periodo di poco più di quattro anni, scrisse sette opere. Nonostante il successo arriso alle prime di queste, tale da indurre l'editore Walsh di Londra a pubblicame i Favourite Songs, e pur avendo intorno a sé un gruppo notevole di ammiratori e protettori, l'Ariosti non poté sostenere a lungo il confronto con Haendel e dopo il 1727, perduto il favore del pubblico, lasciò l'Inghilterra. Tuttavia l'Ariosti riuscì a far pubblicare a Londra nel 1728 per sottoscrizione Alla Maestà di Giorgio Re della Gran Britagna...ecc., una significativa raccolta dedicata a Giorgio I, ma che sembra fosse stata già stampata nel 1724 sotto il titolo Cantates and a collection of lessons for the viola d'amore. L'Ariosti visse oscuramente gli ultimi anni della sua vita, forse a Bologna. Morì, sembra, verso il 1740 in Spagna e il Rolli lo gratificò di un beffardo epitaffio.
L'Ariosti è oggi soprattutto ricordato per l'importanza che le sue lezioni-sonate hanno nella letteratura degli strumenti ad arco. Dei suoi oratori, S. Radegonda reina di Francia (Bologna 1694), La Profezia d'Eliseo nell'assedio di Samaria (ibid. 1704), La madre dei Maccabei (Vienna 1705), Nabuccodonosor (ibid. 1706), va ricordato il già citato lavoro giovanile, La Passione, che per il vigore drammatico e il potente realismo dei cori, occupa un posto particolare nella storia dell'oratorio italiano.
Tuttavia, più che alla sua pur numerosa produzione teatrale, il nome dell'Ariosti è legato a quella strumentale da camera e in particolare alle sei Lezioni per viola d'amore. Queste sono in effetti sei sonate per il suddetto strumento e basso continuo modellate sulla forma della classica sonata antica, la quale, dai mutui scambi avvenuti fra sonata da chiesa e sonata da camera, si è fissata in modo definitivo, pur con le sue varietà, in quel tipo che accoglie in sé qualche movimento di danza o da questo derivato, qualche agile giga a festosa chiusura, movimenti quasi sempre preceduti o intramezzati da un andante solenne o largo come tempo libero gravemente elaborato in stile contrappuntistico.
Diabolik, Italia, 1962 / Angela e Luciana Giussani e Luigi Marchesi
Indiscusso capostipite del cosiddetto fumetto nero, vale a dire di quel filone nel quale i "cattivi" hanno sempre la meglio, Diabolik ha a lungo allarmato insegnanti e genitori, che hanno voluto vedere in questi albi solo l'esaltazione del delitto e di ogni possibile crimine contro i valori che regolano la società. In realtà, così come non si può dire che istighi alla violenza o all'immoralità, non si può neppure affermare, se solo se ne parla con un po' di conoscenza di causa, che Diabolik possa davvero spingere al crimine. I suoi stessi "colpi", anche se tecnicamente verosimili, sono in effetti materialmente inattuabili visto che sono realizzati con un realismo del tutto particolare.
Un indiscutibile merito delle autrici, le sorelle Angela e Luciana Giussani, è stato quello di essere rimaste fedeli alla formula iniziale del loro eroe, un cattivo alla Fantomas, senza far nulla per "adeguarsi" ai vari epigoni - da Kriminal a Sadik, da Masok a Demoniak - che, per conquistarsi un proprio spazio, puntavano su elementi che non sono mai stati presi in considerazione nelle storie del capostipite: il sesso, il sadismo e la violenza gratuita in testa. Il sesso non compare mai in queste storie. Quanto al sadismo e alla violenza c'è da dire che, pur essendo un criminale, Diabolik è molto meno violento dei suoi numerosi imitatori. Certo, spesso uccide, ma lo fa senza provare piacere, raramente in primo piano, solo quando è necessario e il più delle volte eliminando in realtà altri criminali.
Per portare al successo questa serie non si è quindi dovuti ricorrere né al sesso né al sadismo o alla violenza gratuita, come ben sanno i lettori. E il tempo ha dato ragione alle autrici, visto che tutti gli altri eroi nati sulla sua scia, spesso processati e condannati, sono ormai dimenticati da tempo, mentre Diabolik è sempre presente in edicola, anche se le tirature non sono più quelle degli anni d'oro.
Nel 1968, dopo un reclamizzato film con Alain Delon mai concretizzatosi, viene realizzato Diabolik, diretto da Mario Bava con John Philip Law nel ruolo del genio del crimine e Marisa Meli in quello di Eva Kant. Il film - che ci presenta un Diabolik un po' diverso da quello dei fumetti, più vicino ad Arsenio Lupin e a James Bond, con un rifugio fantascientifico dotato di apparecchiatore ultramoderne - aveva un finale "aperto": Diabolik, imprigionato da una colata d'oro, strizza l'occhio al pubblico, preannunciando tacitamente il proprio ritorno. Ma il film si è rivelato un insuccesso e quindi non c'è stato nessun seguito.
Una decina di anni fa apparsero notizie di una Serie TV promossa da SkyCinema, della quale però è giunto a noi solo un breve trailer, suppongo che o non è mai stata realizzata oppure si è persa nei meandri della rete: "Per festeggiare il suo cinquantesimo anniversario il re del terrore ha deciso di farsi un regalo speciale! Non si tratta di un gioiello inestimabile né di un dipinto sottratto a una pinacoteca, ma di una serie TV prodotta da Sky, e se la qualità sarà quella vista nelle altre produzioni firmate dalla rete satellitare (cose tipo Boris e Romanzo Criminale) ci sono tutti i presupposti che si tratterà di una vera gemma. Al momento la rete televisiva non ha fatto trapelare nulla riguardo il cast, le ambientazioni e il regista al lavoro sulla serie, limitandosi ad annunciare che si tratterà di un serial in 13 episodi."
Nel 2021 diretto dai Manetti Bros, è stato realizzato l'adattamento cinematografico che pone l'attenzione sul primo incontro tra il celebre ladro e la sua compagna e complice Eva Kant, avvenuto nel terzo albo della serie originale, L'arresto di Diabolik. Il protagonista Diabolik è interpretato da Luca Marinelli, mentre Miriam Leone e Valerio Mastandrea sono rispettivamente Eva Kant e l'ispettore Ginko.
Nell'aprile 2021, ancora prima della distribuzione dell'opera, la 01 Distribution ha annunciato la messa in cantiere di due sequel, le cui riprese hanno avuto inizio nell'ottobre dello stesso anno; il personaggio di Diabolik sarà però interpretato da Giacomo Gianniotti.
Oltre alle sorelle Giussani, hanno contribuito al successo di questo personaggio numerosi sceneggiatori e disegnatori. Tra i primi vogliamo ricordare almeno Patricia Martinelli, Luigi Locatelli, Alfredo Castelli, Alberto Ongaro e Angelo Saccarello.
Ai disegni sono invece via via succeduti Enzo Facciolo, Edgardo dell'Acqua, Lino Jeva, Sergio Zaniboni, Giorgio Montorio
Studiò a Oxford col Wood e al Royal College of Music di Londra con lo Stanford e col Williams. Compositore vivacissimo e spregiudicato, ha avuto un momento di grande notorietà, soprattutto per merito di Rout, composizione per voce (su di un seguito di sillabe prive di significato) e orchestra da camera, di una Colour Symphony per orchestra, che ha dato luogo a infinite discussioni fra i critici, e di una Rhapsody per due voci e pochi strumenti (premio Carnegie 1923). Meritano poi menzione una Mêlée fantasque per orchestra, un Concerto per tenore e pianoforte, con accompagnamento di archi e batteria, e un Concertino per oboe e piccola orchestra.
"A Colour Symphony" di Bliss, composta tra il 1921 e il 1922, è stata la prima grande opera orchestrale del compositore e il suo successo in patria e negli Stati Uniti d'America ha fatto molto per affermarlo come un compositore importante sia nazionale che internazionale. Fu commissionato dal Gloucester Three Choirs Festival su istigazione di Elgar, che aveva incoraggiato Bliss nel decennio precedente.
Bliss nella sua affascinante autobiografia, "As I Remember", ha ricordato come è nato l'invito: "[Elgar] aveva chiesto a diversi musicisti di pranzare con lui... Non avevo idea di chi altro potesse essere stato invitato... Quando sono arrivato Ho trovato Adrian Boult, Anthony Bernard, Eugene Goossens, John Ireland e W. H. Reed, che a quel tempo era il leader della London Symphony Orchestra. Il pranzo è andato un po' imbarazzato con Elgar nel suo momento più nervoso; poi, quando è arrivato il caffè , all'improvviso ci disse il motivo del nostro raduno lì. Voleva che Howells... Goossens e io scrivessimo un nuovo lavoro per il Festival di Gloucester del 1922."
Per qualche tempo Bliss è rimasto perplesso su quale forma potesse assumere il suo nuovo pezzo, e scrivendo di questa pausa nella sua autobiografia ha toccato un aspetto chiave della sua sensibilità artistica che ha segnato tutta la sua carriera: "Ho sempre trovato più facile scrivere" musica drammatica" che musica "pura". Mi piace lo stimolo delle parole, o un'ambientazione teatrale, un'occasione colorata o la collaborazione di un grande musicista. C'è solo un po' del ragno in me, che tesse la propria tela dal suo interno essere. Sono più un tipo da gazza. Ho bisogno di ciò che Henry James ha definito un "trouvaille" o un "donnee"."
Per settimane Bliss rimase a fissare un foglio bianco di manoscritto, poi "un giorno, guardando la biblioteca di un amico, presi un libro di araldica e iniziai a leggere i significati simbolici associati ai colori primari. Immediatamente ho visto la possibilità di così caratterizzando i quattro movimenti di una sinfonia, che ciascuno dovrebbe esprimere un colore come l'ho percepito personalmente...
Da qui il suo titolo Color Symphony con i sottotitoli ai movimenti di Purple, Red, Blue, Green."
"Viola", suggerì Bliss, rifletteva "Il colore delle ametiste, spettacolo, regalità e morte". Con i suoi tre temi che portano a un climax che poi riappare in ordine inverso, la musica suggerisce una lenta marcia processionale che si avvicina e poi si allontana dalla vista. Regal fanfare di tromba, che eruttano dalla trama come fasci di luce da un prisma, inaugurano il culmine del movimento.
Uno scherzo focoso ed esplosivo caratterizza "Red: the Color of Rubies, Wine, Revelry, Furnaces, Courage and Magic". Ci sono due trii: il primo in un ritmo 6/8 fluido; il secondo caratterizzato da ritmi incrociati irregolari ha anche armonie "blues", a ricordare che il jazz era la musica popolare dell'epoca. Bliss ha suggerito che il movimento si conclude con "un tripudio di fiamme scarlatte".
"Blue: the Colour of Sapphires, Deep Water, Skies, Loyalty and Melancholy", è un movimento pensieroso con arabeschi a fiato che suonano come zefiri su un ritmo ripetuto che Bliss ha paragonato allo "sciaboro dell'acqua contro una barca ormeggiata o un molo di pietra". Più avanti nel movimento il ritmo assume un carattere sincopato e jazz quasi ironico e nel mezzo del movimento il cor anglais ha un tema malinconico contrapposto a flauti trillanti.
Bliss ha coronato la sinfonia con un tour-de-force compositivo, una doppia fuga che ritrae "il verde: il colore degli smeraldi, della speranza, della giovinezza, della gioia, della primavera e della vittoria". Il primo soggetto della fuga è un tema d'archi angolare, snello e nerboruto, che conduce a una marcia maestosa che afferma la vita (un parallelo in termini strutturali alla marcia funebre del movimento di apertura). Il secondo soggetto della fuga è volubile e inizia con il vento. La tensione sale mentre il soggetto della fuga sembra intrappolato da un punto di pedale su cui le trombe ardono interiezioni bi-tonali. Entrambi i soggetti vengono infine combinati e portano a un climax gigantesco quando sei timpani martellano il ritmo del secondo soggetto della fuga contro un'armonizzazione dissonante del primo. Alla fine le discordie cadenti lasciano il posto a un esultante, splendente accordo di sesta aggiunta.
(Sydney, 18 settembre 1893 – Londra, 10 aprile 1960)
E' stato un compositore, pianista e direttore d'orchestra australiano, conosciuto maggiormente per la sua Storm Clouds Cantata, contenuta nel film di Alfred Hitchcock L'uomo che sapeva troppo.
La sua prima apparizione in pubblico come pianista risale al 1899, quando Benjamin aveva solo 6 anni. Solo tre anni dopo cominciò lo studio vero e proprio della musica e nel 1911 ebbe la possibilità di entrare nel prestigioso Royal College of Music di Londra, dove studiò con maestri quali Charles Villiers Stanford, Thomas F Dunhill e Frederick Cliffe. Dopo aver combattuto nell'aviazione reale durante la Prima guerra mondiale tornò in Australia, dove insegnò pianoforte presso il New South Wales State Conservatorium of Music, per ritornare poi, con la medesima cattedra presso il Royal College of Music di Londra. Fra i suoi migliori alunni dell'epoca possiamo ritrovare artisti quali Muir Mathieson, Peggy Glanville-Hicks, Miriam Hyde, Joan Trimble, Stanley Bate, Bernard Stevens, Lamar Crowson, Alun Hoddinott e Benjamin Britten, il cui "Holiday Diary" (suite per piano solo) è per l'appunto dedicata a Benjamin, poiché cerca di imitare la parte "manierista" del compositore australiano. Sull'onda del suo crescente successo nel 1926 eseguì la prima nazionale della Rapsodia in blu di George Gershwin.
Nel 1941, dopo essersi trasferito a Vancouver in Canada fu designato direttore della CBC Orchestra, posto che mantenne fino al 1946 e che gli fu donò fama in tutto il Nuovo Continente, diventando egli praticamente il punto di riferimento musicale per tutto il Canada e non solo. In questo stesso periodo ebbe modo di eseguire centinaia di concerti, oltre che di suonare per la radio e di insegnare in diversi prestigiosi istituti canadesi e statunitensi.
Continuando nella sua opera compositiva e nel suo insegnamento, ritornò in Inghilterra, per riprendere il suo posto al Royal College of Music (1946). A questi anni risalgono alcuni dei suoi lavori più importanti, quali l'Harmonica Concerto (1953), il balletto ‘Orlando's Silver Wedding' (1951), ‘Tombeau de Ravel' per clarinetto e piano, il secondo quartetto d'archi (1959) e il quintetto di fiati (1960). Ebbe una profonda ammirazione per Maurice Ravel, la cui influenza è molto chiara in ‘Tombeau de Ravel' e nella più precedente ‘Suite' del 1926 per piano solo.
Rispetto alle sinfonie più o meno contemporanee - Sesta di Vaughan Williams, Settima di Bax, Sinfonia da Requiem di Britten, Sinfonia in do maggiore di Stravinsky, Terza di Copland, Sinfonia in mi bemolle maggiore di Hindemith, ad esempio - la musica di Benjamin difficilmente fa sussultare o sorprende. Ma si sente. L'idioma si avvicina a Bax più di chiunque altro. Il movimento di apertura dovrebbe abbassarsi come un cielo pieno di nubi temporalesche e tuoni. Lyndon-Gee sembra anche avere poca comprensione dell'architettura del pezzo. Un recensore ha descritto questo lavoro motivato come "rapsodico". Non era un complimento.
Morì nel 1960 per complicazioni di una malattia (forse epatite) contratta mentre era in vacanza con la moglie nello Sri Lanka.
Commissario De Vincenzi, Italia 1936 / Augusto De Angelis
"Era giovane, neppure trentacinque anni, eppure si sentiva vecchio.
Aveva fatto la guerra. Ed era uno spirito contemplativo. Qualche suo compagno, in collegio, lo chiamava poeta, per riderne, naturalmente. E lui era tanto poeta che si era messo a fare il commissario di polizia".
Ecco come Augusto De Angelis presenta in uno dei suoi romanzi il commissario Carlo De Vincenzi, solerte e sempre disponibile funzionario della questura di Milano. Veste in modo semplice e con eleganza.
Non conosciamo quasi nulla del suo aspetto fisico né della sua vita privata, ma sappiamo che è affascinato dal mistero dell'anima umana e che, come ha scritto Loris Rambelli, "ha scelto di fare il poliziotto per poter avvicinare quei congegni delicati e sottili che sono il cuore e il cervello degli uomini".
Carlo De Vincenzi è nato in una casa di campagna della Val d'Ossola. Ha compiuto gli studi scolastici in un collegio e gli studi universitari nella facoltà di giurisprudenza. È stato militare nell'esercito, congedandosi con il grado di tenente. Entrato nella polizia, è diventato capo della squadra mobile di Milano. De Vincenzi è scapolo e abita a Milano in una casa di corso Sempione insieme alla domestica Antonietta, che è stata la sua balia. Ha un carattere riservato e taciturno. Uomo di discreta cultura (legge Platone, Freud, Oscar Wilde, Lawrence e le Lettere di San Paolo), è un solitario pessimista che appena può ama recarsi alla Scala. Anche se dopo lo spettacolo è costretto a chiudersi nel suo ufficio a studiare qualche incartamento per recuperare il tempo "perduto".
Pur essendo un rigoroso ragionatore, De Vincenzi non è un investigatore deduttivo alla Sherlock Holmes; per scoprire il colpevole, non si basa troppo su indizi materiali e perizie balistiche, subendo a volte le critiche dei suoi superiori. Il commissario cerca prima di tutto di capire il contesto esistenziale in cui matura il crimine, perciò si muove lentamente tra vari ambienti (bar, portinerie, circoli, case private) osservando, interrogando e cercando d'immedesimarsi nella psicologia dei personaggi; il suo intuito lo porta prima o poi sulla pista giusta, che segue con pazienza e tenacia, fino a trovare la soluzione del crimine ed arrestare il colpevole. Il suo metodo presenta analogie con quello del commissario Maigret, ma De Vincenzi possiede una maggiore cultura, di cui però non fa sfoggio a differenza di Philo Vance, altro investigatore colto nella letteratura gialla.
Carlo De Vincenzi è protagonista di quindici romanzi, ambientati per la maggior parte nella Milano degli anni trenta. Il commissario ha come principali collaboratori il vice commissario Sani e il maresciallo Cruni. Un paio di romanzi sono ambientati a Roma, dove De Vincenzi viene trasferito per un periodo; nella capitale ha come collaboratore il vice commissario D'Angelo.
Negli anni settanta è stata trasmessa dalla RAI la serie televisiva Il commissario De Vincenzi, in cui il personaggio del commissario è stato interpretato da Paolo Stoppa. La serie è stata trasmessa in due stagioni, la prima ambientata a Milano, la seconda a Roma. L'episodio della seconda serie La barchetta di cristallo è ambientato a Roma, mentre l'omonimo romanzo di De Angelis è ambientato a Milano.
I gialli di Augusto De Angelis sono stati pubblicati da vari editori (Mondadori, Feltrinelli, Sonzogno e Garzanti), mentre Paolo Stoppa ha interpretato il commissario Carlo De Vincenzi in alcuni sceneggiati trasmessi dalla Rai nel 1974.
De Angelis (1888 - 1944), è considerato uno dei padri del poliziesco italiano, ovvero di un genere che solo negli anni '60 ha trovato una propria robusta dignità in un panorama letterario dominato da giganti, ma anche da snobismi smisurati nei confronti di chi "si abbassava" a scrivere gialli. Scrive negli anni dell'apoteosi del fascismo e riesce abilmente a disimpegnarsi dalla retorica che veniva imposta a tutta la produzione artistica autarchica. Fino a un certo punto, comunque, perché la censura lo colpì con decisione: non era bello che negli anni fascistissimi si raccontasse di ladri e puttane.
De Angelis fu anche arrestato, nel 1943, perchè aveva chiaramente manifestato opinioni contrarie al regime, e i mesi trascorsi in prigione minarono la sua salute, tanto che morì qualche mese dopo essere tornato in libertà.
Il suo commissario De Vincenzi si muove a fatica tra le ortodossie burocratiche e i trionfi patriottici, ma è abbastanza scaltro (a vederlo, però, non si direbbe) per evitare le trappole che continuamente vengono preparate da qualche funzionario ambizioso o da profittatori di vario genere. Un "Maigret italiano", dunque?
Ci fa proprio inquietare questo continuo ricorrere a Maigret (cosa che comunque è significativa: evidentemente Simenon impone ovunque la propria formidabile autorità) non appena ci si trova di fronte a un poliziotto che invece di sparare e tirare cazzotti cerca di capire, ma forse in questo caso si può fare un'eccezione. In realtà fra i due commissari c'è un abisso (fisico, ambientale, familiare), ma li accomunano senz'altro una pazienza fatta di tenacia, un riservato senso dell'umorismo e buona memoria.
(Padova, 24 febbraio 1842 – Milano, 10 giugno 1918)
Figlio di Silvestro Boito e Giuseppina Radolinska, fratello minore di Camillo, è noto soprattutto per i suoi libretti d'opera, considerati tra i massimi capolavori del genere, e per il suo melodramma Mefistofele.
Dall'età di 12 anni studia violino, pianoforte e composizione al Conservatorio di Milano e, terminati gli studi, con l'amico Franco Faccio si reca a Parigi dove prende contatto con Gioacchino Rossini , per poi visitare la Polonia, la Germania, il Belgio e Inghilterra. Tornato a Milano, dopo un periodo nel quale si adatta a vari lavori, nel 1862 scrive i versi per l'"Inno delle Nazioni" che successivamente viene musicato da Giuseppe Verdi per l'Esposizione Universale di Londra. Dopo vari anni di lavoro (interrotto solo per due mesi "guerreschi" nel 1866 nei quali, con Faccio ed Emilio Praga, segue Giuseppe Garibaldi nella sua azione nel Trentino) nel 1868 fa rappresentare alla Scala di Milano la sua opera "Mefistofele" basata sul Faust di Goethe. Al suo debutto l'opera viene accolta dal pubblico poco benevolmente, tanto da provocare disordini e scontri per il suo supposto "Wagnerismo". Dopo due rappresentazioni la polizia decide di fare interrompere le esecuzioni. Boito, successivamente, rivede e riduce drasticamente l'opera (la parte di Faust, scritta per un baritono, viene riscritta in chiave tenorile).
La nuova versione, rappresentata nel 1876 al Teatro Comunale di Bologna, ottiene un grande successo e, unica fra le composizioni di Arrigo Boito, entra nel repertorio delle opere ancor oggi rappresentate e registrate con maggiore frequenza.
Appartenendo al movimento della Scapigliatura, Boito compone anche poesie, novelle che trattano spesso il tema disperato e romantico del conflitto fra il bene e il male. Scrive una seconda opera intitolata "Ero e Leandro", ma insoddisfatto la distrugge. Successivamente inizia la composizione di un'opera che lo impegna per anni, il "Nerone".
Nel 1901 Arrigo Boito ne pubblica il testo letterario, senza riuscire a portarla a termine. Per questo viene ripresa e completata da Arturo Toscanini e Vincenzo Tommasini e rappresentata per la prima volta al Teatro alla Scala il 1 maggio 1924.
Boito ebbe una lunga relazione sentimentale con la famosa attrice Eleonora Duse, più giovane di lui di 15 anni, lasciandoci un fitto carteggio pubblicato da Mondadori nel 1979.
Direttore del Conservatorio di Parma dal 1889 al 1897, Arrigo Boito trascorre gli ultimi anni di vita a Milano lavorando alla sua opera incompiuta "Nerone" ed è sepolto nel Cimitero monumentale di Milano.
Gli argomenti più macabri e tetri costituiscono l'ossatura della sua lirica (Re Orso, 1865; Libro dei versi, 1877), che insiste quasi sempre su un romantico, disperato conflitto tra bene e male, riconoscendo in sé ora l'angelo, ora la bestia; tali caratteri si ritrovano soprattutto nel Boito librettista (La Gioconda di A. Ponchielli, l'Amleto di F. Faccio, il Simon Boccanegra, l'Otello e il Falstaff di G. Verdi, ecc.). L'atteggiamento rivoluzionario, iconoclastico, da poeta "maudit" è spesso solo effetto di melodrammatica amplificazione, tuttavia un tenue ma saldo nucleo poetico basta a farci riconoscere in lui uno dei maggiori esponenti della Scapigliatura milanese. Gli è vicino, per alcuni aspetti, il Praga, ma dai modi di quest'ultimo il Boito - che gli era stato assai vicino negli anni della giovinezza - ben presto si distaccò per seguire strade diverse di vita e di poesia. Importanza il Boito ha anche come musicista: dopo aver scritto, con F. Faccio, una cantata, Quattro giugno (1860), e un "mistero", Le sorelle d'Italia (1861), si pose alla composizione del Mefistofele, su libretto proprio, che riportò insuccesso alla Scala (1868), dopo di che Boito rielaborò l'opera, presentandola con fortuna a Bologna (1875). Durante la lunga attività librettistica, venne preparando il suo Nerone, del quale pubblicò il testo nel 1901, mentre ne lasciò incompiuta la partitura, poi ultimata da A. Toscanini e rappresentata con buon esito alla Scala (1924). Nella sua musica, in confronto con la poesia, si nota una maggiore semplicità di stesura, in un quadro stilistico assai composito ma non privo di tratti personali e di momenti felici. Il Boito, specie nel Mefistofele, riesce talvolta, con sostanze e mezzi modesti, a evocare ambienti e a delineare complessi stati d'animo.