Molti di voi mi conoscono nelle vesti di Blogger, su
https://mariacristinabuoso.blogspot.com
oppure su
https://mcbuoso.wordpress.com
che io chiamo Collettivi, dove condivido collaborazioni con altri autori e con rubriche, da me ideate, diverse dal solito e che incontrano il vostro apprezzamento di lettori.
Ma mi conoscete anche come autrice, perché leggete i miei libri e per fortuna li amate.
In questi anni mi sono avventurata anche nei social, ma con una frequentazione diversa, perché cerco di ottimizzare il tempo tra un impegno e un altro... ve ne elenco alcuni... ma se andate in internet mi troverete facilmente...
Detective privato di San Diego (ha un piccolo alloggio all'angolo della Union con la Ivy Street e un ufficio al quarto piano del Moulton Building, con la scritta «Investigatore privato» sulla porta a vetri) Max Thursday è sulla trentina e ha gli occhi azzurri, il viso asciutto e scarno e il naso aquilino. Essendo molto impulsivo, preferisce andare in giro disarmato per evitare di combinare qualche guaio.
Coraggioso e profondamente onesto quanto disilluso dalle cose che vede e che sente facendo il proprio mestiere, Max Thursday ha una storia d'amore con una giornalista del San Diego Sentinel, Mara Osborns, e un amico fedele nel tranquillo capo della squadra omicidi della polizia cittadina, Austin Clapp.
Compiuti gli studi prima a Graz e Klagenfurt poi, dal 1904 al 1908, a Vienna con Arnold Schönberg (come condiscepolo di Alban Berg), studiò anche musicologia all'Università e nel 1908 iniziò un'intensa carriera di direttore d'orchestra in patria, in Germania e in Cecoslovacchia, ma dal 1914 al '18 dovette arruolarsi nell'esercito abbandonando ogni attività.
Nel 1918 inizia a insegnare e riprende saltuariamente a dirigere: dirige i concerti dell'Orchestra Sinfonica Operaia di Vienna e per dieci anni una corale pure di operai, contribuendo alla diffusione di composizioni contemporanee. Nel 1927 viene nominato direttore di Radio Vienna, ma nel 1934 deve abbandonare ogni attività pubblica, dedicandosi all'insegnamento e dopo il 1939, in seguito all'Anschluss, esclusivamente alla composizione.
Fu ucciso per puro caso da un soldato americano, pochi mesi dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Pochi musicisti come Webern ebbero forse nella storia la ventura di essere sottovalutati in vita e riconosciuti in tutta la loro statura solo dopo la morte. Allievo di Schönberg, Webern imboccò ben presto una strada che, partendo da presupposti comuni, doveva ben presto allontanarsi considerevolmente da quella battuta dal maestro. Se Schönberg era stato conscio dell'esigenza di un rinnovamento del linguaggio, Webern non solo fece propria quest'esigenza, ma la condusse alle conseguenze più radicali. Mentre il primo aveva puntualizzato con la dodecafonia una tecnica che poteva servire a sostituire quella della tonalità, ferme restando in genere le categorie di "melodia," "accompagnamento" e costruzione formale (dal rondò alla forma-sonata), il secondo individuò nella stessa serie dodecafonica la possibilità di una costruzione musicale che prescindesse da ogni compromesso col passato, sia formale sia strumentale: egli ricavò infatti dalla stessa conformazione della
serie e dal rapporto tra gli undici intervalli di essa i presupposti di una rigorosa costruzione musicale, che solo dall'interna struttura seriale trae le ragioni del suo essere e del suo divenire.
Webern, e non solo nelle composizioni dodecafoniche, si cala nel materiale musicale per farne vibrare i più reconditi legami interiori, per costringerlo insomma a un'espressione diretta.
Cade completamente, nella sua musica, il concetto di "melodia" tradizionale, e il discorso si realizza in virtù di una costante variazione di piccole costellazioni sonore, che si distribuiscono ai diversi strumenti dell'orchestra formando una vera e propria "melodia di timbri," per usare l'espressione individuata da Schönberg nel 1911 e pienamente attuata poco più tardi da Webern. Dalla strumentazione di Webern trae pertanto origine il cosiddetto "puntillismo," cioè la frantumazione dell'idea musicale tra i diversi strumenti, che nei continuatori di Webern fu portato all'estremo per venir poi a sua volta superato.
Sinfonia per orchestra da camera op. 21 (1928)
"Sinfonia" in un senso assai lato, naturalmente, non in quello della forma classica che è completamente abbandonata. Il processo di rarefazione strumentale viene qui portato ancora avanti (ben quindici anni sono passati dal precedente lavoro orchestrale, e lo stile di Webern si è ulteriormente maturato), e la trasparenza della scrittura polifonica è senza precedenti. Tale processo di rarefazione si può osservare soprattutto nel primo tempo ("Andamento tranquillo"), mentre nel tema e sette variazioni che costituiscono il secondo e ultimo pezzo della composizione si nota una maggiore condensazione di suoni e di ritmi, che nella quinta variazione raggiunge effetti quasi drammatici.
La partitura è scritta per quattro fiati (clarinetto, clarinetto basso e due corni), arpa e quattro archi (due violini, viola e violoncello): anche gli archi dovrebbero essere impiegati solisticamente, ma nelle esecuzioni odierne si impiega per lo più il normale raddoppio dell'orchestra da camera.
Il giovane Alex, per completare la sua tesi di laurea in Archeologia Industriale, si reca a Schio per fare un sopralluogo alla Fabbrica Alta dell'ex Lanificio Rossi. Tra i ruderi di quel grande edificio abbandonato scopre vivere la Betina, una bambina di un'altra epoca, vittima di un incantesimo. È l'inizio di un'avventura che travalica il tempo, tra la seconda metà dell'Ottocento e i giorni nostri, a cui prendono parte personaggi alquanto bizzarri. Tutti sembrano avere identità e ruoli mutevoli, che cambiano da un piano temporale all'altro. Tutti nascondono dei segreti e sono in cerca di qualcosa, ma per trovarlo devono fare i conti con quello che accadde a Schio in un giorno ben preciso del passato. Un mistero impalpabile aleggia nell'aria, e i pezzi che compongo il puzzle sembrano ricondurre a un enigmatico giaguaro di pietra, dagli occhi di un verde fosforescente e messo a guardia di una grotta.
«Quando ho concepito Matt Scudder - ha detto Lawrence Block, - la prima cosa che mi è venuta in mente è stata di farne un membro della polizia. Poi mi sono reso conto che non mi sarei sentito a mio agio a scrivere su qualcuno che lavora all'interno di una organizzazione... » Comparve nel 1976 in The Sins of the Fathers (Le colpe dei padri). E così Matt Scudder fa l'investigatore privato, anche se non ama considerarsi tale: «lo non sono un investigatore privato ... diciamo che a volte faccio delle cose per gli amici. A titolo di favore. E loro, a volte, mi ricompensano con dei soldi. Sempre a titolo di favore».
Prima era stato una quindicina d'anni nella polizia di New York. Ma un giorno si è trovato per caso in un bar di Washington Heights, quando un paio di balordi assaltano il locale e uccidono il barista prima di darsi alla fuga. Lui li insegue, uccidendone uno e ferendone un altro. Purtroppo una pallottola raggiunge una bambina di sette anni, che muore sul colpo.
Assolto da un'inchiesta dipartimentale e proposto per un encomio, Matt Scudder preferisce dimettersi dalla polizia. Distrutto dall'accaduto, si separa dalla moglie, cambia casa e abitudini.
Ora tira tardi nei bar ed è sempre pronto a fare qualche favore agli amici. Non è più un poliziotto, anche se talvolta si comporta come se lo fosse. Ha un passato che preferirebbe dimenticare e un futuro precario. Fa l'investigatore
privato, anche se non ha la licenza e se non ama assolutamente considerarsi
o essere considerato tale.
Basato sulla serie di romanzi gialli best seller di Lawrence Block, "La preda perfetta" vede protagonista Liam Neeson nel ruolo di Matt Scudder, un ex poliziotto del Dipartimento di Polizia di New York che ora lavora come investigatore privato senza licenza, operando al di fuori della legge. Quando Scudder accetta con riluttanza di aiutare un trafficante di eroina (Dan Stevens) a dare la caccia agli uomini che hanno rapito e poi brutalmente assassinato la moglie, l'investigatore privato scopre che non si tratta della prima volta che questi uomini hanno commesso lo stesso tipo di perverso reato ...né sarà l'ultima. Sul confine indecifrabile tra giusto e sbagliato, Scudder intraprende una ricerca tra vicoli di New York per rintracciare i brutali killer prima che possano uccidere di nuovo.
I romanzi con Matt Scudder sono pubblicati in Italia da Mondadori.
Si è spento il 24 dicembre scorso, Rosario Castronuovo, poeta e scrittore lucano di Teana (PZ), che da molti anni viveva a Fiorano in provincia di Modena. Vogliamo ricordarlo con una poesia che abbiamo pubblicato come Associazione Culturale nelle plaquette di LucaniArt a tiratura limitata dal titolo “Il vangelo secondo Rosario”.
Creato da Donald Hamilton come protagonista di una serie di romanzi di spionaggio pubblicati in Italia su Segretissimo.
Portato sul grande schermo da Dean Martin in quattro film di un certo successo - Matt Helm il silenziatore (The Silencers, 1966), Matt Helm non perdona (Murderer's row, 1966), L'imboscata (The ambushers, 1967) e Missione compiuta stop bacioni, Matt Helm (The wrecking crew, 1968) - Matt Helm, che qualcuno ha definito la risposta americana al personaggio di James Bond, l'agente segreto 007, è uno scanzonato agente della Cia amante della bella vita, delle belle donne e delle belle macchine più che interessato a entrare in azione.
Quando approda in televisione, interpretato da Tony Franciosa, è però un ex agente della Cia, diventato investigatore privato a Los Angeles. Elegante e simpatico, ma forse troppo preoccupato di fare il verso a Dean Martin (che, a quanto si disse, lo aveva imposto alla produzione non essendo interessato a riprendere sul piccolo schermo il ruolo cinematografico) senza possederne
l'innata ironia, Tony Franciosa è protagonista di storie curate nei particolari scenici ma piuttosto banali negli intrecci.
Accanto a Matt Helm troviamo l'avvocatessa Claire Kronski (Laraine Stephens), il sergente Hanrahan' (Gene Evans) e l'efficiente segretaria-centralinista Ethel (Jeff Donnell).
Dopo un film pilota di 75 minuti, scritto da Sam Rolfe e diretto da Buzz Kulik, questa serie da 50 minuti andò in onda per tredici settimane, dal 20 settembre 1975 al 3 gennaio 1976.
Stabilitosi a Dresda con la madre in tenera età, passò nel 1826 a Lipsia dove studiò per breve tempo alla Thomasschule e poi con Weinlig e frequentò contemporaneamente l'Università. Fu poi a Vienna e a Praga e nel 1833 era maestro di coro e sostituto al teatro di Wiirzburg; passò a Magdeburg e a Konigsberg, dove sposò Minna Planer, e nel 1837 era a Riga come direttore d'orchestra a quel teatro. Dal 1839 visse stentatamente a Parigi, entrando peraltro in proficuo contatto con quell'ambiente musicale, e nel 1842 ritornava in Germania, dove incominciavano ad essere apprezzate le sue opere. Dal 1843 al '49 fu maestro di cappella alla corte di Dresda, ma dovette poi rifugiarsi a Weimar avendo preso parte ai moti rivoluzionari del maggio '49. A Weimar trovò l'amicizia e la protezione di Liszt, con cui rimase legato per tutta la vita da una profonda amicizia e venerazione, e nello stesso anno si stabili in Svizzera presso Zurigo, assentandosi ripetutamente per viaggiare in Italia e Francia e per dirigere una serie di concerti a Londra. Dal 1857 al '58 fu ospite della famiglia Wesendonk, ma in seguito all'idillio sbocciato tra lui e
Mathilde e alle conseguenti ire della moglie Minna, lasciò la Svizzera per
Venezia, poi fu a Lucerna e nel 1859 a Parigi dove rimase fino al 1862.
In quell'anno poté finalmente rientrare in Germania e si stabili a Biebrich dove trovò nuove amicizie femminili in Mathilde Maier e Friederike Meyer. Diresse l'anno seguente a Pietroburgo, Budapest e Praga, e nel 1864 Luigi II di Baviera lo invitò a Monaco regalandogli una villa. Qui fece venire come direttore d'orchestra al Teatro di Corte l'amico Hans von Biilow, ma dopo due anni, in
Stefano Frigieri si addentra in una dimensione del terrore che non è fatta di paura, ma di ombre e ambiguità, di coincidenze inquietanti e misteri irrisolvibili. Si serve del fascino dell'anormale e del misterioso per avvincere il lettore e tenerlo inchiodato alla pagina, all'erta e pronto a reagire se alzando lo sguardo incontra quello di uno sconosciuto che lo osserva a sua volta... È il fascino proprio di un evento bizzarro, di quel qualcosa di indefinito che pare essere in procinto di verificarsi facendosi beffa della nostra razionalità. Un fascino a cui sottrarsi è impossibile perché in ognuno di noi c'è il mostro cattivo relegato al sicuro in una stanzetta a tenuta stagna che ambisce a confrontarsi coi suoi simili. E solo noi ne siamo la chiave. Lo scrittore ci offre le indicazioni per trovare la porta. Oltre quella porta, creature che si nutrono di cellule umane, di sudari, che sopravvivono grazie a trasfusioni di sangue giovane, in agguato per vendicarsi di un torto, spiriti che ritornano dall'aldilà, che non riescono ad abbandonare i propri affetti, in gioco le nostre più ataviche paure e ci invita a prudenti riflessioni su quella realtà oltre il visibile a cui si può decidere di prestare attenzione oppure no.
Funzionario di un'importante società radio-televisiva statunitense, la Network lnternational, che ha la propria sede in uno spettacolare grattacielo di pietra e cristallo di New York, che la gente chiama Torre di Babele, Mattew Cobb, detto
Matt, è il giovane capo del settore Progetti Speciali e i suoi compiti consistono soprattutto nell'evitare incidenti o scandali di qualsiasi tipo che possano comprometterne la reputazione.
«La Network non parla mai del reparto Progetti Speciali - ricorda questo personaggio nella sua prima avventura, Indice di tradimento (Killed in the rating, 1978), riassumendo i suoi molteplici compiti a beneficio dei lettori. - Progetti Speciali è il reparto guerrigliero della rete televisiva. Aspettiamo nell'ombra finché non salta fuori un incidente che potrebbe danneggiare, o
mettere in imbarazzo la società. ( ... ) Ci occupiamo di tutto quello che è troppo scottante per le Pubbliche relazioni e troppo equivoco per l'ufficio legale».
Anche di delitti, naturalmente, e Matt Cobb, le cui avventure sono pubblicate in Italia da Mondadori, se l'è certo cavata molto bene visto che nel giro di
qualche anno è diventato addirittura vicepresidente della società.
Simpatico, disponibile e con un buon senso dell'humour, questo personaggio dimostra un notevole sangue freddo e non si è mai tirato indietro di fronte al pericolo. Da giovane avrebbe voluto diventare giocatore di basket, ma non era cresciuto abbastanza, e ha quindi dovuto "accontentarsi ' di questo strano
lavoro che l'ha trasformato in una specie di investigatore privato anche se ha un discreto stipendio mensile e un solo cliente, la Network International, appunto, che qualche anno prima l'aveva assunto come semplice segretario.
Fontanetto Po [Vercelli] 12-V-1755 - Londra 3-III-1824
Di umili origini, poté studiare a Torino in casa di una nobile, e a vent'anni entrava nell'orchestra di corte. Nel 1780 iniziò, col suo maestro di violino Pugnani, un giro di concerti in Europa , spingendosi fino a Varsavia e Pietroburgo, e arrivando a Parigi nel 1782. Qui fu attivo anche presso la corte, facendosi apprezzare non solo come concertista di abilità straordinaria, ma anche come compositore. Dal 1788 si dedicò all'attività di impresario, organizzando spettacoli lirici e costruendo nel 1791 un teatro in via Feydeau; ma dovette poi trasferirsi a Londra, dove assunse la gestione del King's Theatre.
Accusato nel 1798 di connivenza coi rivoluzionari francesi, si rifugiò in un paese vicino ad Amburgo, rimanendovi per tre anni: tornato a Londra nel 1801, dovette mettersi a fare il mercante di vini, e solo nel 1813 poté riprendere l'attività di organizzatore musicale, fondando la Philharmonic Society. Ma ancora una volta non ebbe fortuna, e nel 1819 si recava a Parigi dove otteneva per un anno la direzione dell'Opera Italiana.
Rientrato a Londra, vi moriva in miseria.
Continuatore della tradizione violinistica italiana, Viotti ha un posto di primo piano tra i fondatori della scuola moderna.
Strabiliò mezza Europa con le sue esecuzioni, e i suoi 29 concerti per violino costituiscono il primo repertorio veramente virtuosistico in senso moderno. Dal punto di vista musicale questi concerti non rappresentano già più il gusto aristocratico e fronzuto di tanta musica di fine '700, ma ricercano un'espressione individuale, romanticamente colorita: ne consegue che la
tecnica acquista movenze trascendentali, e che il solista diventa veramente il protagonista dei pezzi, eseguiti davanti a platee gremite ed entusiastiche. La sua produzione ebbe influenza non trascurabile sulla musica del tempo, e non è privo d'importanza notare che lo stesso Beethoven la conosceva e apprezzava a fondo. Oltre ai concerti per violino, compose anche concerti per pianoforte e orchestra, due sinfonie concertanti, una gran quantità di quartetti e altra musica da camera.
Concerto n°22 in la minore per violino e orchestra (1793)
Chi non conosce il giudizio che di questo Concerto viottiano ha dato più di 80 anni or sono Johannes Brahms? « Questo Concerto. . . è un pezzo magnifico, di mirabile libertà d'invenzione; sembra che sia improvvisato e invece è tutto magistralmente pensato e realizzato. »
A popolarizzare ancor più la composizione pensò il grande violinista Joachim, che lo prediligeva. Di fatto questo pezzo rappresenta nell'evoluzione del
concerto per violino una vera e propria pietra miliare, che ebbe non poco influsso sullo stesso Beethoven e su Brahms. In esso convergono le esperienze della migliore tradizione italiana e di certo acceso sinfonismo cherubiniano (specie nell'ultimo tempo), ma la sensibilità vi è tutta romantica, tutta protesa
verso orizzonti e sonorità nuove, pur con una melodia talmente tersa da far pensare a volte (si veda il secondo tempo) a Mozart. Il violino non è trattato come strumento di puro virtuosismo (a una tecnica assai brillante Viotti era peraltro stato propenso nella maggior parte dei precedenti concerti), ma come
veicolo d'espressione che alle esigenze interiori del musicista piega una tecnica forbita e scaltrita come poche altre.
I tempi del Concerto sono: "Moderato," "Adagio" e "Agitato assai."