venerdì 14 aprile 2023

Edvard Grieg


Bergen [Norvegia] 15-VI-1843 - ivi 4-IX-1907

Dopo un incontro decisivo col violinista Ole Bull, Grieg decise nel 1858 di dedicarsi interamente alla musica, perfezionandosi fino al 1862 al Conservatorio di Lipsia. Tornò poi in Norvegia, legandosi d'amicizia con i circoli letterari e artistici nazionali, e qualche anno dopo faceva a Roma la conoscenza di Ibsen, entrando nel 1868 in proficuo rapporto d'amicizia con Bjornson. Nel 1867 fondò a Oslo un'accademia di musica, dal 1871 all'80  diresse una società musicale, e ben presto ottenne dal governo norvegese una pensione a vita che gli permise, a partire dal 1873, di dedicarsi esclusivamente alla composizione. Continuò peraltro anche l'attività di concertista di pianoforte e di direttore d'orchestra, facendo conoscere la sua produzione in patria e all'estero. Fu nel 1898 l'organizzatore del primo festival di musica norvegese che si svolse a Bergen, e mori in età non ancor tarda circondato dalla stima e dall'affetto di rutta la nazione, che nel 1903 aveva celebrato il suo sessantesimo compleanno con manifestazioni commoventi e solenni.

Concerto in la minore per pianoforte e orchestra op. 16 (1868)
È la composizione più popolare di Grieg: non solo perché è entrata stabilmente nel repertorio dei più grandi pianisti, ma anche perché, nell'ambito della produzione sinfonica del maestro norvegese, si tratta indubbiamente di un lavoro riuscito anche dal punto di vista formale e costruttivo, che ci fa dimenticare per un momento i limiti di Grieg, che sono quelli del sentimentale quadretto di genere.
Si suole notare in questo Concerto un legame col mondo espressivo di Schumann e in particolare col suo Concerto per pianoforte, che è pure in la minore. Di fatto, di Schumann troviamo qui una certa scrittura pianistica, un empito lirico che si serve del pianoforte veramente come del più "romantico" degli strumenti. D'altra parte c'è anche da dire che il conio dei motivi è personalissimo, seppure un po' retorico, e che anzi Grieg ha profuso qui alcune delle sue idee più originali: si vedano i due temi principali del primo tempo e infine i ritmi dell'ultimo, che richiamano senza possibilità d'errore il folclore musicale scandinavo, elaborato e rivissuto dal compositore. Il rapporto tra pianoforte e orchestra è abbastanza equilibrato, e il reboante virtuosismo del solista - che peraltro non è mai trascendentale - non soverchia in nessun caso le esigenze di costruzione formale, che sono rispettate e pongono questo Concerto tra i "classici" della letteratura pianistica.
Al primo tempo "Allegro molto moderato" segue un "Adagio" di assai libero andamento lirico e infine un "Allegro moderato molto e marcato" che è la sezione più elaborata del Concerto e degnamente lo conclude. 

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