giovedì 4 agosto 2022

Arrigo Boito


(Padova, 24 febbraio 1842 – Milano, 10 giugno 1918)


Figlio di Silvestro Boito e Giuseppina Radolinska, fratello minore di Camillo, è noto soprattutto per i suoi libretti d'opera, considerati tra i massimi capolavori del genere, e per il suo melodramma Mefistofele.

Dall'età di 12 anni studia violino, pianoforte e composizione al Conservatorio di Milano e, terminati gli studi, con l'amico Franco Faccio si reca a Parigi dove prende contatto con Gioacchino Rossini , per poi visitare la Polonia, la Germania, il Belgio e Inghilterra. Tornato a Milano, dopo un periodo nel quale si adatta a vari lavori, nel 1862 scrive i versi per l'"Inno delle Nazioni" che successivamente viene musicato da Giuseppe Verdi per l'Esposizione Universale di Londra. Dopo vari anni di lavoro (interrotto solo per due mesi "guerreschi" nel 1866 nei quali, con Faccio ed Emilio Praga, segue Giuseppe Garibaldi nella sua azione nel Trentino) nel 1868 fa rappresentare alla Scala di Milano la sua opera "Mefistofele" basata sul Faust di Goethe. Al suo debutto l'opera viene accolta dal pubblico poco benevolmente, tanto da provocare disordini e scontri per il suo supposto "Wagnerismo". Dopo due rappresentazioni la polizia decide di fare interrompere le esecuzioni. Boito, successivamente, rivede e riduce drasticamente l'opera (la parte di Faust, scritta per un baritono, viene riscritta in chiave tenorile).
La nuova versione, rappresentata nel 1876 al Teatro Comunale di Bologna, ottiene un grande successo e, unica fra le composizioni di Arrigo Boito, entra nel repertorio delle opere ancor oggi rappresentate e registrate con maggiore frequenza.


Appartenendo al movimento della Scapigliatura, Boito compone anche poesie, novelle che trattano spesso il tema disperato e romantico del conflitto fra il bene e il male. Scrive una seconda opera intitolata "Ero e Leandro", ma insoddisfatto la distrugge. Successivamente inizia la composizione di un'opera che lo impegna per anni, il "Nerone".
Nel 1901 Arrigo Boito ne pubblica il testo letterario, senza riuscire a portarla a termine. Per questo viene ripresa e completata da Arturo Toscanini e Vincenzo Tommasini e rappresentata per la prima volta al Teatro alla Scala il 1 maggio 1924.

Boito ebbe una lunga relazione sentimentale con la famosa attrice Eleonora Duse, più giovane di lui di 15 anni, lasciandoci un fitto carteggio pubblicato da Mondadori nel 1979.
Direttore del Conservatorio di Parma dal 1889 al 1897, Arrigo Boito trascorre gli ultimi anni di vita a Milano lavorando alla sua opera incompiuta "Nerone" ed è sepolto nel Cimitero monumentale di Milano.


Gli argomenti più macabri e tetri costituiscono l'ossatura della sua lirica (Re Orso, 1865; Libro dei versi, 1877), che insiste quasi sempre su un romantico, disperato conflitto tra bene e male, riconoscendo in sé ora l'angelo, ora la bestia; tali caratteri si ritrovano soprattutto nel Boito librettista (La Gioconda di A. Ponchielli, l'Amleto di F. Faccio, il Simon Boccanegra, l'Otello e il Falstaff di G. Verdi, ecc.). L'atteggiamento rivoluzionario, iconoclastico, da poeta "maudit" è spesso solo effetto di melodrammatica amplificazione, tuttavia un tenue ma saldo nucleo poetico basta a farci riconoscere in lui uno dei maggiori esponenti della Scapigliatura milanese. Gli è vicino, per alcuni aspetti, il Praga, ma dai modi di quest'ultimo il Boito - che gli era stato assai vicino negli anni della giovinezza - ben presto si distaccò per seguire strade diverse di vita e di poesia. Importanza il Boito ha anche come musicista: dopo aver scritto, con F. Faccio, una cantata, Quattro giugno (1860), e un "mistero", Le sorelle d'Italia (1861), si pose alla composizione del Mefistofele, su libretto proprio, che riportò insuccesso alla Scala (1868), dopo di che Boito rielaborò l'opera, presentandola con fortuna a Bologna (1875). Durante la lunga attività librettistica, venne preparando il suo Nerone, del quale pubblicò il testo nel 1901, mentre ne lasciò incompiuta la partitura, poi ultimata da A. Toscanini e rappresentata con buon esito alla Scala (1924). Nella sua musica, in confronto con la poesia, si nota una maggiore semplicità di stesura, in un quadro stilistico assai composito ma non privo di tratti personali e di momenti felici. Il Boito, specie nel Mefistofele, riesce talvolta, con sostanze e mezzi modesti, a evocare ambienti e a delineare complessi stati d'animo.

 

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