(Colonia, 6 gennaio 1838 – Friedenau, 2 ottobre 1920)
Dopo aver ricevuto un'ottima educazione musicale nei piu importanti centri musicali della Germania, svolse attività di insegnante e di direttore d'orchestra stabilendosi dopo il 1870 a Berlino senza peraltro abbandonare l'attività direttoriale, che lo portò anzi per alcuni anni anche in Inghilterra, in America e in Russia. Fu infine, dal 1891, insegnante alla Hochschule di Berlino, acquistandosi notevole fama di didatta: qui ebbe tra gli altri come allievo Ottorino Respighi.
Raggiunse in vita notevole rinomanza soprattutto coi suoi lavori corali: oggi è peraltro noto quasi esclusivamente per il Concerto in sol minore per violino e orchestra, una delle pochissime sue composizioni che ancora si conservino nel repertorio.
La sua musica è caratteristica del tardo romanticismo tedesco, e rivela in molti punti l'influenza di Brahms, di cui il Bruch fu amico e grande ammiratore. Essa conserva comunque una facile comunicativa, e nelle pagine migliori è caratterizzata da uno slancio fresco e spontaneo che permette di considerarla tra i frutti piu tipici dell'ultimo periodo del secolo scorso.
La produzione di Bruch è vastissima: oltre ai tre concerti per violino e orchestra, vanno ricordate alcune opere teatrali, 3 sinfonie, molti pezzi per coro e orchestra, per voci soliste, coro e orchestra, e per coro a cappella, oltre a vari pezzi per strumento solo e orchestra (come Kol Nidrei per violoncello e la Romanza per violino) e molta musica da camera.
È curioso che di tutta la vasta produzione di Bruch sia rimasta oggi in repertorio quasi esclusivamente una composizione che, come questo Concerto per violino, fu composta quando l'autore aveva solo ventotto anni: segno che la maturità e l'esperienza successiva non arricchirono particolarmente la sua ispirazione, che in questo lavoro si presenta amabile e sostenuta da un giovanile e fresco vigore. Dedicato al grande violinista Joseph Joachim (1831-1907), esecutore ammiratissimo da tutti i compositori romantici tedeschi della seconda metà dell'Ottocento - Brahms in testa -, questo lavoro risente l'influsso di Brahms e di Mendelssohn, e non può certo pretendere di essere considerato sullo stesso piano dei più famosi concerti per violino e orchestra del secolo scorso. Nonostante questo è un lavoro gradevole, privo di contrasti drammatici, imperniato su una fluente discorsività melodica in cui lo strumento solista svolge compiti ora eminentemente cantabili, ora elegantemente virtuosistici.
Il primo tempo è intitolato "Preludio," forse proprio per il carattere libero del suo inizio (con le cadenze del violino solista, analogamente a quanto avviene nel Quinto Concerto per pianoforte e orchestra di Beethoven) e per il suo andamento quasi rapsodico.
Il breve "Preludio" sfocia direttamente nell"'Adagio," dove il violino si libra in un canto delicato ed espressivo, ricco anche di passaggi agilmente virtuosistici, finché il "Finale" funge da vero pezzo forte del Concerto, con i suoi temi slanciati, il suo piglio vigoroso e ricco di idee melodiche, oltre che pieno di risorse per il solista che vi trova modo di mettere in mostra tutte le proprie qualità di suono, di tecnica dell'arco e di agilità.
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