venerdì 20 giugno 2025

Phyllis MacLennan: Conversione religiosa



Murdoch McMurdoch aprì il boccaporto e non credette ai suoi occhi. Invece del
chiassoso ed affaccendato spazioporto che aveva tutti i motivi di aspettarsi, vide una
scura e silenziosa foresta primordiale, avvolta nella foschia. Richiuse il boccaporto
con un colpo e si girò di scatto verso il computer.
— Questo non è Caritas — accusò indignato.
— Non ho detto che lo fosse — ribatté il computer. La sua monotona voce metallica
riuscì ad esprimere una vena di malumore. — Non è colpa mia se non sai leggere.
— Come, non so leggere! — Raccolse il suo diario, lo sfogliò rapidamente finché
trovò un foglio di carta con una lunga lista di numeri, e li lesse velocemente, trionfante.
— Ed è qui che siamo: sul pianeta di tipo Terra, più vicino a quelle coordinate —
disse il computer.
Murdoch deglutì.
— Li ho forse copiati male?
Il computer rispose: — Sì. — Non aggiunse, come avrebbe fatto certamente il suo
superiore alla Missione PanGalattica della Fratellanza di tutti gli Esseri Senzienti,
che sarebbe stata una sorpresa se lui li avesse copiati bene.
— Oh, no! Non di nuovo! — gemette Murdoch. — Sono stato così attento! — Ma
nonostante tutta la sua attenzione sbagliava quasi sempre, e questa volta l’aveva fatta
proprio bella. Era riuscito a smarrire non solo se stesso (poca cosa), ma una grande
astronave costosa, piena di materiale didattico per la Missione su Caritas. Se il
Quartier Generale l’avesse saputo! Ma forse non l’avrebbero scoperto se non fosse
stato costretto a tornare a Zolta per ricontrollare le coordinate.
— Puoi progettare da qui un viaggio fino a Caritas? — chiese con ansia al computer,
la faccia, di solito rosata, ora pallida per la preoccupazione.
— Sì. Ci vorranno circa tre ore per esaminare le carte stellari di questa zona, per
identificare la nostra posizione...
— Bene. Fallo — interruppe lui, risollevato. Si sarebbe preoccupato di Caritas al
suo arrivo. Nel frattempo, sapere che non avrebbe dovuto affrontare Padre Bordelas
era una consolazione sufficiente. Avanzò verso il visore d’osservazione e contemplò
il panorama Giurassico. Dopo un mese nello spazio, sarebbe stato bello fare una
passeggiata sulla terraferma, benché lo scenario fosse un po’ torvo: felceti paludosi,
primitivi e giganteschi, gimnosperme sconosciute, e rampicanti che salivano tra di
essi come serpenti... là fuori ci sarebbe potuto essere qualunque cosa.
— Paese di dinosauri — disse a se stesso, ridacchiando, affascinato dalla sua
vivace immaginazione, perché pensò di aver visto tre creature simili che avanzavano
lentamente verso la nave.
— Dinosauri?
Premette la faccia contro lo schermo.
Non se li era immaginati. Erano proprio là, sembravano fratelli minori del
Tyrannosaurus Rex: grandi quasi quanto lui, grigi, simili a lucertole, con un numero
impressionante di denti ben visibili mentre parlavano fra di loro, proprio così, e con
gli arti anteriori coperti di pelle avvizzita portavano ceste di foraggio. Nessun dubbio
che fossero creature senzienti. Li guardò con aria intenta, mentre il suo zelo
missionario saliva a galla. Pensò di uscire ad incontrarli, per dir loro qualche parola
sulla Fratellanza,.. forse avrebbe potuto persino convertirne uno. La bellezza di
quest’idea lo rapì. Si immaginò di fronte a un pubblico di lucertole affascinate,
mentre conquistava i loro cuori con la sua eloquenza ispirata; giungendo poi a
Caritas, con molto ritardo e grande spreco di carburante, è vero, ma portando con sé il
tesoro inestimabile di un nuovo intero pianeta risvegliato alla Fede.
Allora non sarebbero stati certo duri con lui. Fino a quel momento non gli avevano
ancora permesso di fare proselitismo, ma lì non c’era nessuno a dirgli di non farlo.
Del resto, che male ci sarebbe stato? D’altra parte, c’erano tutte quelle storie su
missionari e cannibali...
— Mmm... quelle creature là — disse al computer, — potresti farmi un sondaggio
su di loro?
— I miei sensori esterni sono stati accesi dal momento del nostro arrivo — rispose
il cervello elettronico. — Ho saputo che sono vegetariani, pacifici, di intelligenza
rudimentale, pari probabilmente alla tua. Si chiamano Snith, e parlano una lingua
semplice, facile da analizzare. L’ho inserita nel VoCoder, che è pronto per l’uso, se
deciderai di uscire mentre io lavoro,
— Vegetariani, eh?
I denti suggerivano il contrario, ma l’erba nei cesti lo faceva sembrare plausibile.
Inoltre là fuori l’aria era fresca, e c’era la possibilità di sgranchirsi le gambe. Ne valeva
la pena. Impulsivamente, staccò il VoCoder dal suo angolo, se lo allacciò al
fianco, aprì il boccaporto e scese coraggiosamente la scala fino a terra.
La reazione degli indigeni alla sua improvvisa apparizione fu insolita. Perplessi,
ma non spaventati, lo osservarono brevemente e discussero tra di loro. Il VoCoder gli
sussurrò all’orecchio una traduzione in galattico delle loro parole.
— Avete mai mangiato una roba del genere? — chiese uno di loro.
— Nessuno ha mai mangiato cose del genere. Non c’è niente del genere.
— Se non l’abbiamo mangiato, non esiste. Lo sapete. Avanti, avanti, arriveremo in
ritardo se non ci affrettiamo.
Tutti insieme si girarono e corsero via.
— Aspettate, amici! Voglio parlarvi! — gridò Murdoch, ma quelli non gli prestarono
attenzione. La loro indifferenza fu una sfida che lui non poteva ignorare. Così li
rincorse. Loro uscirono al galoppo dalla foresta paludosa, arrivarono fino a una
pianura verde e si diressero verso un curioso villaggio indigeno, sempre seguiti da
Murdoch.
Capanne di fango e fronde circondavano una specie di piazza centrale dove la folla
si stava riunendo preparandosi per qualche Grande Avvenimento. Lui rallentò,
avvicinandosi con cautela, non conoscendo i costumi locali, e si mise a gironzolare
intorno alla folla. Mentre arrivavano altri Snith, Murdoch notò con disapprovazione
che, benché portassero con sé i loro piccoli, li trattavano con durezza, spingendoli
avanti con molti sibili di ammonizione e schiaffi. Il suo cuore fu mosso a
compassione per quei piccoli, e quando uno di loro gli corse vicino, guardandolo con
i grandi occhi innocenti dei bambini di tutto l’universo, lui tese la mano per
accarezzargli dolcemente la testa.
Rapido, il piccolo gli addentò la mano.
Uno dei genitori accorse, sibilando come un radiatore a vapore che stia per esplodere,
lo strappò da lui, e riempì la bocca del piccolo con una manciata di sabbia.
— Cattivo, cattivo, cattivo! — lo rimproverò facendogli girare la testa con uno
schiaffo.
Adesso Murdoch provava meno compassione per il piccolo. Osservava attento la
sua ferita e pensava ad un pericolo di infezione, tipo idrofobia. Lo Snith però non si
scusò per il comportamento del figlio. Rimproverò invece la vittima.
— Come osi tentarlo così! Dovresti vergognarti. Portare un cucciolo fuori strada
prima del suo primo Pasto dell’Anziano, quando sai benissimo che scatta per
qualsiasi cosa che gli si metta davanti!
— Il Pasto dell’Anziano! Che bel pensiero! — esclamò Murdoch, rapito. Aveva
dimenticato completamente la mano ferita. — Cosi è questa la cerimonia? Posso
assistere?
— Accomodati — disse lo Snith in tono irritato. — Direi che non ti farebbe male
parteciparvi.
Quel idea gentile gli fece sembrare la scena avvolta in una luce dorata e romantica.
Una tale reverenza per l’età era una cosa rara e preziosa, ed il suo cuore provò gioia
nell’immaginare tutti quei monelli che s’inchinavano a donare assaggi prelibati ai
loro anziani, imparando in tal modo a comportarsi meglio.
Frutta e ghirlande di fiori raccolte al centro della piazza segnavano il luogo delle
festività, e lui si fece temerariamente strada tra la folla, sino a trovare posto davanti,
dove poteva vedere tutto.
Non dovette aspettare molto. Ben presto gli Snith più vecchi si tirarono indietro ed
i giovani furono spinti avanti. Una voce gridò: — Avanti l’Anziano!
Una lucertola decrepita, dalla pelle squamosa verde muschio, uscì strisciando da
una capanna vicina ed avanzò vacillando fino al centro della piazza. Si guardò
attentamente intorno con occhi cisposi e la stessa voce riprese a dire:
— Oh Atlatl, il più vecchio e saggio tra gli Anziani, tu che stai per comunicare la
tua sapienza e conoscenza a questi piccoli appena nati ed ignoranti, noi ti salutiamo,
cantiamo le tue lodi e ti esprimiamo la nostra profonda gratitudine!
La folla acclamò con entusiasmo. L’Anziano scosse la testa. — Sono pronto.
Cominciamo — borbottò, e si stese a terra.
— Via!
I piccoli Snith si lanciarono verso di lui, gridando come demoni, e si gettarono sul
corpo supino della vecchia lucertola. Attonito, Murdoch capì che, con il permesso, o
addirittura l’approvazione completa dei genitori, le orribili piccole bestie stavano
divorando un anziano indifeso!
— Basta! — urlò. — Quest’usanza barbara deve finire immediatamente!
Gli Snith restarono a bocca aperta, sbalorditi. C’era qualcosa nel modo in cui lo
guardavano che rendeva Murdoch estremamente nervoso, ma lui conosceva il suo
dovere, ed era indubbiamente suo dovere illuminare la mente di quei cannibali meno
che primitivi.
Ma fu altrettanto ovvio che loro non volevano essere illuminati.
— Eresia! — gridò, uno di loro. — Ammazzate il blasfemo!
Le scaglie di quelli che gli stavano accanto cominciarono a diventare rosse.
Murdoch pensò che avrebbe fatto bene ad andarsene senza perdere tempo. Scegliendo
rapidamente la via d’uscita più accessibile, si tuffò in avanti, saltò oltre il corpo
immobile dell’anziano, si infilò tra le capanne sull’altro lato della piazza, sempre
correndo raggiunse la savana.
Gli Snith infuriati lo rincorsero, e le grida di: — Fate a pezzi il blasfemo — lo incitarono
ad accelerare. Siccome faceva più attenzione a quello che gli stava dietro che a
quanto aveva di fronte, sbatté la testa contro un ostacolo solido che gli bloccò la
strada. Scoperto che si trattava di un albero, ci si arrampicò su come uno scoiattolo,
nella speranza che gli Snith non potessero salire.
Fortunatamente, non erano fatti per arrampicarsi. Potevano solo girare intorno,
sotto di lui, guardando fissi in alto con ira, fischiando.
Uno Snith si fece portavoce di tutto il gruppo ed avanzò.
— Perché sei cosi irragionevole? — gridò, adirato. — Vieni giù a farti fare a pezzi!
— Perché? — gemette Murdoch. — Cos’ho fatto?
— Hai parlato contro il Pasto dell’Anziano! È un’eresia! I blasfemi vanno fatti in
mille pezzi, ed ogni pezzo dev’essere sepolto separatamente in un luogo isolato, così
che nessuno potrà mai mangiare le tue idee repellenti. Pensa che cosa succederebbe
se un piccolo, inavvertitamente, ti mordesse per sbaglio, staccandoti un pezzo, e
inghiottisse una simile eresia. Fermare il Pasto dell’Anziano, addirittura! Questo
distruggerebbe tutta la nostra civiltà! Come potrebbero imparare, i bambini, se non
assimilando la carne di quelli che sono più vecchi e più saggi di loro?
Qualcosa che Murdoch ricordava vagamente da un corso di biologia riaffiorò alla
sua memoria: — L’ingestione come modo di trasmettere la conoscenza! — disse
ansando, tenendosi ancora più stretto al ramo. Di solito riguardava organismi semplici
come i vermi. A lui non era mai venuto in mente che un animale più complesso
potesse assimilare informazioni allo stesso modo... Ma l’Universo è grande, e la sua
varietà è infinita.
Guardò le lucertole sotto di sé, che lo fissavano con aspettativa. Come ne sarebbe
venuto fuori? Chiuse gli occhi preparandosi a pregare per un miracolo, ma la sua
concentrazione venne interrotta bruscamente da un grido simile al fischio di una
vaporiera.
— Il dragone!
Gli Snith si immobilizzarono istantaneamente, come bambini che giocano alle
belle statuine, e dal sottobosco uscì, con una serie di tonfi, una creatura che sembrava
il secondogenito della famiglia Tyrannosaurus Rex: circa il doppio in statura degli
Snith, a cui rassomigliava molto. Il mostro avanzò verso la folla immobile, guardò in
su e vide Murdoch.
— Santo Cielo! — gridò, stringendosi al petto i relativamente corti arti anteriori.
— Che roba è quella?
Gli Snith non batterono ciglio. Sembravano creature scolpite nella pietra. Murdoch
si arrampicò più in alto.
— Sono Murdoch McMurdoch, della Missione PanGalattica della Fratellanza di
tutti gli Esseri Senzienti, e vorrei parlarti dell’amore fraterno — disse tremando.
— Non ho mai mangiato niente che ti assomigli.
Il mostro si rizzò il più possibile per annusare gli stivali di Murdoch, e appoggiandosi
all’albero lo fece ondeggiare sotto il suo peso.
— Immagino che anche tu impari per ingestione — commentò amaramente Murdoch,
tirando più su i piedi.
— Non è così per tutti? — chiese l’altro, perplesso.
— Ci sono altri modi.
— Oh, lo so, ma l’ingestione è il più facile. E già che ci penso, stavo proprio
andando a pranzo. Non è bello trovare sul posto una selezione così prelibata? Mi
risparmia una camminata.
Lasciò l’albero e cominciò ad ispezionare gli Snith che continuavano a fingere di
far parte del paesaggio.
— Aspetta! Non mangerai uno di loro, vero? Sono tuoi fratelli!
— Stai scherzando? Ne ho digeriti abbastanza per sapere il fatto mio. — Fece il
gesto di addentarne uno alle costole, lo annusò, e passò ad ispezionare un altro. Gli
Snith continuavano a fingersi statue.
— Stanno sempre così fermi a lasciarti scegliere uno di loro? — chiese Murdoch.
— Certo. Pensano che, se loro non si muovono, io non posso vederli. Che stupidi!
Per me è una gran comodità.
— Ma possono sentirti! Stanno ascoltandoti, ora! Non hai paura che si rivoltino
contro di te per difendersi?
— Non ci crederebbero. Credono solo a quello che mangiano, e in proposito hanno
idee molto ristrette: nient’altro che vegetali ed Anziani, non scopriranno mai niente di
diverso. Gli unici a rendersi conto che io li vedo benissimo sono gli Snith che
mangio, e quelli non riescono a diventare Anziani. — Rise, e riprese ad ispezionare il
menu.
Murdoch era sgomentato.
— Tu sei un senziente dotato di intelligenza. Come puoi mangiare un tuo simile,
una creatura con la quale puoi sederti a conversare? Guardali! Sono esattamente
come te, soltanto più piccoli! Perché non puoi essere loro amico?
— È vero che la mia è una vita di solitudine — sospirò il dragone, — però è una
vita facile. E gli Snith sono così limitati intellettualmente... Un essere come te, per
esempio, è diverso: posso capire fare una bella chiacchierata con te. Infatti, stiamo facendo
una bella chiacchierata. Perché non fai uno spuntino con me?
— Mai! — gridò Murdoch con impeto. — Ascoltami! Lascia che io intenerisca il
tuo cuore. Ama gli Snith! impara a preoccuparti per loro! Non è giusto approfittarsi
così della loro ignoranza. È... è indegno di te. Tu sei più forte e più intelligente di
loro. Non hai compassione?... E voi, Snith, imparate a credere a quello che i vostri
occhi vi mostrano. Credete a quello che sentite dire dalla bocca stessa del dragone!
Lui può vedervi. L’ha detto! Scappate! Salvatevi, e salvate lui dal peccato!
Loro non si mossero, e Murdoch perse la pazienza.
— Volete starvene lì come cretini e lasciare che quel poco di buono impastato di
pigrizia vi mangi senza nemmeno fare fatica? — gridò.
Queste parole roventi provocarono una reazione. Una pelle squamosa diventò
rossa, si sentì un sibilo represso, in qualche sguardo cominciò a risplendere una luce
fiera. Il dragone notò quelle manifestazioni insolite e ne fu indignato.
— Che cosa stai facendo? Stai cercando di rovinarmi tutto?
— Non sto rovinandoti niente, sto solo mostrandoti una vita migliore. Mangiare gli
Snith è sbagliato! Pensa a quanto avete in comune! Pensa a quanto sarebbe meraviglioso
vivere in armonia con loro, avere dei cari amici con i quali condividere le tue
gioie ed i tuoi dolori, con i quali percorrere il cammino della vita, servendo l’uno di
sostegno all’altro!
— E mangiando verdura lungo tutta la strada, immagino — brontolò il dragone,
amareggiato. — Guarda come gli hai già montato la testa!
Gli Snith erano infatti molto eccitati. Molti di loro sussultavano visibilmente, forse
per le parole di Murdoch o forse per la tensione derivata dalla lunga immobilità,
durata molto più del solito, e i tenui sibili aumentavano di intensità fino a sembrare
un geyser in ebollizione.
— Ehi! — esclamò il dragone allarmato. — Non mi piace questa faccenda. — Me
ne vado!
Giusto in tempo. Mentre si voltava per correre via, gli Snith abbandonarono la loro
posizione di rigidità e si lanciarono al suo inseguimento. Lui era grande, pesante e
letargico d’abitudine, ma le sue gambe erano lunghe ed i suoi passi giganteschi gli
consentirono un buon vantaggio. Murdoch li seguì con lo sguardo finché furono
lontani, poi scese dall’albero ed appena toccò terra si mise a correre. Via, verso la
sicurezza offerta dalla sua astronave.
Schizzò attraverso la savana e la foresta. Superando un cespuglio dopo l’altro attraverso
la palude, si congratulò con se stesso: la sua abilità gli aveva permesso quella
fuga per il rotto della cuffia... ma era davvero salvo? Il silenzio fu rotto da lontani
rumori di inseguimento. E sembravano avvicinarsi. Il terreno gelatinoso della palude
cominciò a tremare sotto il galoppo del dragone. Murdoch si guardò alle spalle. Terrificato,
vide che il gruppo in caccia lo stava rapidamente raggiungendo. Il dragone era
sempre in testa, gli occhi sporgenti, sbuffante per lo sforzo. Ma gli Snith lo tallonavano
da vicino e sembravano più in forma di lui.
— Oh no! — ansimò Murdoch. Aveva creduto di scappare con la sua velocità massima,
ma adesso scoprì risorse che non avrebbe mai pensato di avere. Percorse in un
volo l’ultimo tratto fino alla nave, si precipitò su per la scaletta, superò il boccaporto,
si gettò sulla poltroncina di accelerazione e gridò: — Si parte! Emergenza!
— Non posso — lo informò il computer. — C’è una parte di un senziente che
blocca il boccaporto.
Saltò su e si girò di scatto. Il drago, spinto dalle sue stesse motivazioni, era stato
più vicino di quanto lui avesse pensato. Lo aveva seguito su per la scaletta, aveva
infilato a forza il muso attraverso l’apertura mentre il portello si chiudeva, come un
pendolare che sta per perdere la metropolitana, e stava raspando freneticamente per
allargare la fessura.
— Non lasciarlo entrare!
— UffUffUff! — ansimò il drago. — Perché... uff... no? — Raspò più forte e
riuscì ad infilare testa e spalle nella cabina, ma la sua forma a pera gli impediva di entrare
del tutto, e rimase bloccato là, appoggiato ai gomiti e cercando di prendere fiato.
— Per prima cosa, io me ne vado da qui appena posso chiudere il boccaporto —
gli disse Murdoch duramente. — Se vieni dentro, non rivedrai più casa tua.
— Se gli Snith mi raggiungono, non la rivedrò più lo stesso!
— Dove sono? — chiese Murdoch, allungando il collo oltre la testa del drago. —
L’ultima volta che li ho visti erano proprio dietro di te.
— Sabbie mobili — spiegò il drago, compiaciuto. — Io ci ho girato attorno, loro
no.
— È terribile! — esclamò Murdoch, travolto dai suoi istinti samaritani. — Bisogna
salvarli!
— Salvarli? — strillò il drago, oltraggiato. — Ed io? Sono io quello che deve
essere salvato! Se si mettono le zampe addosso mi fanno a pezzi! Quel mucchio di
fango non li fermerà, li rallenterà e basta... — Chinò la testa, ascoltando. — Infatti
posso già sentirli! Stanno già arrivando! E, nel caso che te ne sia dimenticato,
vogliono prendere anche te!
Se ne era dimenticato. Una volta entrato nell’astronave si era sentito al sicuro, ma
adesso che il drago bloccava il boccaporto...
— Fuori — urlò. — Fuori! — Senza badare ai denti del drago, gli mise le mani sul
muso e spinse. Sfortunatamente, mentre spingeva la testa, si trovò a portata degli arti
anteriori. Il drago lo afferrò alle gambe.
— Se io esco, esci anche tu! — gli disse.
— Questo è un ricatto! — gridò Murdoch che, appoggiato alla testa del drago, cercava
di liberarsi a calci.
— Non so che cosa sia un ricatto — disse il drago tenendolo stretto, — io la
chiamo semplicemente giustizia. È tutta colpa tua. Se ti fossi fatto gli affari tuoi,
questo non sarebbe mai successo!
Murdoch fu tentato, per un momento, di ribattere, ma un “dalli, dalli” in lontananza
dimostrò che il drago aveva ragione, e che almeno alcuni inseguitori erano riusciti a
liberarsi dal fango ed erano di nuovo sulle loro tracce.
Esitò. Prendere a bordo un infedele era contro le regole, ma la spiegazione che
avrebbe dovuto dare su Caritas era cosa lontana, mentre gli Snith erano lì. Proprio lì;
infatti, mentre lui rifletteva uno di loro sbucò dai cespugli, intravide il nascondiglio
del drago e lanciò uno squillante “eccolo!”, lanciandosi verso di lui. Murdoch esitò
ancora.
— Non posso farti entrare, non appartieni alla Fratellanza!
Altri due Snith comparvero e cominciarono a discutere con il primo.
— Mi unisco! Mi unisco! — assicurò il drago con fervore.
— Farai il giuramento?
Uno degli Snith fece un salto di prova verso la coda che pendeva su di lui. Staccò
un paio di scaglie e si preparò a ritentare. Il drago mandò un guaito e strinse ancora
più forte le gambe di Murdoch.
— Se mi prendono, verrai con me! — urlò.
Murdoch decise in fretta.
— Giuridicrederechetuttigliesseriviventisonocreatidaglistessielementiegiuriditrattarlitutticonildebitoamorecometuoifratelli?
— farfugliò.
— Lo giuro, fammi entrare!
— Apri il boccaporto! — ordinò Murdoch al computer.
Il portello si aprì ed il drago lo superò in fretta con un balzo. Disteso a terra, Murdoch
ordinò: — Chiudi il boccaporto! — poi si rialzò, gemendo, toccandosi le ossa
per sentire se erano ancora intatte.
— Rotta tracciata — annunciò il computer. — Ma non posso partire con una forma
di vita abusiva a bordo.
Murdoch guardò il drago che, accucciato sul pavimento, guardava a bocca aperta
quell’ambiente sconosciuto, ed un ampio sorriso gli illuminò la faccia.
— Non è una forma di vita abusiva — disse, raggiante di gioia e gonfio di
orgoglio. — È il mio primo convertito! E, adesso, a Caritas!

 

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