(Torino, 13 settembre 1971 – Bologna, 14 maggio 2020)
Direttore d’orchestra, compositore, contrabbassista e pianista all’occorrenza, come amava definirsi, Ezio Bosso nasce a Torino il 13 settembre 1971 in una famiglia operaia.
Sin dai precoci esordi dimostra quella bramosia di superare i confini nazionali che ha caratterizzato tutta la sua lunga carriera. Debutta a 16 anni in Francia come solista a Lyon, compie gli studi di contrabbasso, composizione e direzione d’orchestra all’Accademia di Vienna e collabora con diverse orchestre europee.
Eclettismo, versatilità e generosità sono i tratti distintivi del suo percorso artistico ed è ricca la lista delle collaborazioni con prestigiose istituzioni musicali e con stagioni concertistiche dove si è esibito come compositore o esecutore, come direttore d’orchestra o membro di formazioni cameristiche.
Nel 2005 un incidente alla mano sinistra lo spinge a concentrarsi principalmente su direzione e composizione. Nello stesso anno fonda con elementi del Quartetto di Torino, dell’ex Quartetto Borciani e giovani musicisti europei, il Buxusconsort.
Sempre nel 2005 durante l’incisione del suo quartetto per sassofoni e la colonna sonora del film “Quo Vadis Baby?” a New York, incontra Philip Glass che lo inviterà presso i suoi studi per collaborare con produttori e tecnici di fama mondiale.
Negli anni seguenti, la curiosità nei confronti delle diverse forme di espressione musicale e artistica, nonché la sua ben nota ossessione verso la comprensione delle modalità di espressione dell’essere umano, lo hanno portato a collaborare con i musicisti e gli artisti più svariati. L’impegno sociale diventa una costante della sua produzione e negli anni collabora e dedica composizioni ad associazioni.
Nel 2009 gli viene commissionata dal Festival Suoni delle Dolomiti la sua seconda sinfonia dal titolo “Under The Tree’s Voices”, dedicata agli Abeti di risonanza della Val di Fiemme. Dopo la prima esecuzione al Festival Suoni delle Dolomiti nel luglio 2010, la comunità gli dedica un Albero all’interno del Bosco che Suona, onorificenza data a musicisti di spicco del panorama mondiale.
Nel 2010 per la chiusura della stagione sinfonica del Teatro Regio di Torino, dirige la prima mondiale della sua Prima Sinfonia “Oceans”: un successo enorme con un tutto esaurito, standing ovation e quindici minuti di applausi. Sempre nel 2010 dirige anche la prima Italiana di “Icarus on The Edge of time”, un evento di Philip Glass e Bryan Green al Teatro Carlo Felice di Genova, alla testa dell’orchestra Filarmonica ‘900, di cui è “consulente per i progetti speciali” e a cui è legato da un affetto e una stima particolari.
Nel Marzo 2011 viene nominato Direttore Principale e Direttore Artistico dell'orchestra inglese The London Strings. Nello stesso anno subì un intervento per l'asportazione di una neoplasia cerebrale e fu anche colpito da una sindrome autoimmune neuropatica. Le patologie inizialmente non gli impedirono di continuare a suonare, comporre e dirigere. Successivamente, il peggioramento della malattia neurodegenerativa, verificatasi in quello stesso anno e all'inizio erroneamente indicata dai media come SLA, lo costrinse nel settembre 2019 alla cessazione dell'attività di pianista, avendo compromesso l'uso delle mani.
Il 2016 è l’anno che ha consacrato Bosso fra gli artisti più attivi in Italia e di maggior successo: il suo primo disco di piano solo “The 12th Room” viene premiato Disco D’oro con oltre 50.000 copie vendute e la relativa tournee conta oltre 100.000 spettatori: un unanime plauso di critica e un entusiasmo sempre caloroso anche a fronte di programmi “colti”, pensati appositamente per coinvolgere lo spettatore in un percorso conoscitivo ed emotivo attraverso alcune fra le massime espressioni della musica.
A ottobre 2016, dopo 6 anni di assenza dal podio, Ezio Bosso è tornato ad uno dei capisaldi della sua visione musicale: la direzione d’orchestra, con un clamoroso e attesissimo debutto al Teatro La Fenice di Venezia in qualità di direttore, con l’impegnativo programma impaginato con il terzo concerto Brandeburghese di Bach, la sinfonia n.4 “Italiana” di Mendelssohn e il virtuosistico quanto affascinante Concerto per violino “Esoconcerto”, composto da Bosso e con la partecipazione Sergej Krylov funambolico solista.
I suoi ultimi anni di carriera lo vedono calcare i podi di molte delle orchestre più importanti d’Europa. Il 20 gennaio 2019 ha diretto a Bologna l’evento di Associazione Mozart14 “Grazie Claudio!”
Si spegne a soli 48 anni nella sua casa di Bologna, il 14 maggio 2020 a causa dell'aggravarsi della malattia. I funerali si sono svolti in forma strettamente privata, per volere dei familiari; il suo corpo venne cremato e le ceneri, dopo un anno, sono state tumulate nel Cimitero Monumentale di Torino.
La Sinfonia Oceans da cui trae origine il Concerto per violoncello e orchestra Oceani si componeva di cinque movimenti, ognuno dedicato a uno degli oceani del globo; già nella sinfonia spiccava il ruolo del violoncello concertante, affidato anche allora all’amico Relja Lukic, e quindi in essa vi era in nuce il futuro sviluppo in forma di concerto che ridà oggi corpo e respiro a un lavoro scritto da Bosso a 40 anni, nel pieno della sua vita londinese ed errante, tanto che divenne presto un lodatissimo balletto della Sydney Dance Company, We Unfold. Dedicata ai migranti o meglio alla condizione ontologica di migrante insita in ogni uomo, anche nella persona più stanziale, il testo che Bosso scrisse anni fa a presentazione del suo lavoro, dimostra oggi un’attualità stringente e rivela i solidi legami tra il direttore d’orchestra di oggi e il compositore del 2010, nei contenuti, nelle relazioni artistiche, nel rapporto obbligato con la musica come esigenza esistenziale prima ancora che mestiere da onorare.
Vale dunque la pena di leggere i ricordi di Ezio Bosso, in un illuminante salto nel passato rivisto per l’occasione dall’artista:
«A proposito di oceani…
La prima immagine è stata l’oceano. O meglio, un uomo seduto di fronte a un oceano che cresce. Le onde che si infrangono violentemente sugli scogli, la schiuma. La relazione tra l’uomo e il mare. Avevo appena finito un ciclo di brani dedicati all’uomo e al mare intitolati Sea-songs 1-8, ed evidentemente l’oceano doveva chiudere un periodo della mia vita di compositore. A quel tempo soffrivo di più di sinestesia, quando cioè ogni immagine o colore diventava un suono (e viceversa), che diventa a sua volta un’ossessione, che non mi abbandona fino a che non la “incido” sul pentagramma. E quell’immagine, e dolore, che occupavano così tanto spazio, mi hanno spinto ad approfondire come sempre anche l’aspetto scientifico e quindi a farmi diventare oceanografo per un po’, ma ad indagare anche tutto il principio di metafora che deriva dal significato della parola, a partire dall’etimo stesso. Ed è così che è iniziato il mio “viaggio” di scrittore di musica. La mia trance, come la chiamo.
Gran parte degli oceanografi classificano cinque oceani che governano la terra: Atlantico, Pacifico, Indiano, Artico e Antartico. Ogni movimento della sinfonia è dedicato a uno di essi, ma allo stesso tempo quella prima immagine imponeva il percorso che dovevo seguire. Anche per questo c’è la presenza atipica di un violoncello concertante con un’orchestra di grandi proporzioni. L’uomo e l’oceano… L’oceano è anche un pretesto. Una metafora. È il viaggio per eccellenza, il passaggio da uno stato umano a un altro, gli alti e i bassi del viaggio e della vita, le speranze, il confronto tra l’uomo e gli eventi. Quindi ecco che quell’uomo, che osserva l’oceano, decide di buttarsi, come io mi butto nelle note, nelle partiture, nella storia degli scrittori di musica per “bucare le onde”, come dicono gli inglesi.
E iniziare un nuovo percorso.
E oggi, a 10 anni dalla scrittura di questo brano, mi rendo conto che era preludio di un altro oceano da attraversare. Che persino l’immensità di una partitura da affrontare parte proprio da quell’esigenza, appunto, di bucare le onde. Che è un misto di accettazione dell’imponenza della vita, della musica e di tutte le sue sfumature, dalla bellezza alla forza, e del bisogno che abbiamo per vivere di essere immersi in ogni istante e di assaporarlo. Di cercare un posto nuovo e nuovi oceani da cercare e attraversare. In quella continua mutazione che è la vita, così simile al migrare. Un musicista, poi, migrante lo è per natura. Migriamo da bambini a giovani, da giovani ad adulti, da adulti ad anziani. Migriamo da amori e lavori.
Tutti alla ricerca di un approdo migliore, di una vita migliore di un suono che ci appartenga. Perché infine ti rendi conto che l’oceano siamo noi.
Ma queste sono opinioni, sono le cose che ci sono dietro allo scrittore di musica, alle sue esigenze di uomo. Stasera ascolterete “solo” della musica. La musica tra le altre cose ha un potere meraviglioso: è in grado di far vivere storie senza raccontarle. Me lo ha ricordato Čajkovskij. Noi scrittori di musica possiamo suggerire, dare indizi attraverso i titoli. O parlarvi dei colori che vediamo. Ma sarete voi, se volete, a vivere la storia, a vedere i vostri, di colori, e a compiere così il vostro viaggio.
I musicisti di questa sera, i miei fratelli di musica, mi hanno fatto il grande
onore di suonarla con me dopo 8 anni dalla prima in Italia e 10 dalla sua nascita. E tra loro un solista meraviglioso come Relja Lukic. È una partitura difficile da governare, dove ogni membro è fondamentale come in un vascello che appunto deve attraversare un oceano, ed è tutta la suaforza, con insidie e bellezze. Ecco, stasera loro saranno il vostro equipaggio. Potete fidarvi, sono il migliore equipaggio che esista, sono veri capitani coraggiosi e di lungo corso.
Ci vediamo all’approdo».
Ezio Bosso