sabato 17 agosto 2024

Rhapsody of Fire: Challenge the Wind, 2024

 

recensione di Federico Orano per metalitalia.com

Il luogo comune che afferma che “invecchiando ci si rammollisce” non è certo applicabile ai Rhapsody Of Fire, che con questo nuovo lavoro “Challenge The Wind” pubblicano probabilmente il loro disco più possente, veloce e tumultuoso della loro lunga carriera.
Lo si intuisce fin dalla partenza: nessuna classica introduzione sinfonica, ma un avvio deciso e dirompente che si apre sulle onde sonore della title-track, power song esaltante. In generale il disco si muove su sonorità spedite con dieci pezzi perlopiù compatti che seguono il concept “Nephilim’s Empire Saga”, che il gruppo triestino porta avanti da un paio di release e che in questa fase della storia racconta situazioni maggiormente intense – con il protagonista Kreel che è costretto ad intraprendere un viaggio nel tempo – seguite quindi da un trend musicale molto più prorompente; da notare come, nelle composizioni, appaia più decisivo l’apporto di Roberto De Micheli, chitarrista della band che per l’occasione ha composto delle partiture di chitarra sicuramente molto robuste, in linea con il mood generale. Non attendetevi alcun pezzo da lacrimoni come in passato abbiamo incontrato con brani come “Magic Signs” o “The Wind, The Rain And The Moon”, e neppure i momenti ariosi e festosi con influenze folk com’era ad esempio “Terial The Hawk”, tutti brani invece presenti nei precedenti dischi in studio “The Eighth Mountain” e “Glory For Salvation”.
Qui troviamo dieci pezzi che tirano dritto senza troppi indugi o momenti di riflessione e che, se volessimo collegare al più recente passato, potremmo citare composizioni energiche come “Chains Of Destiny” e  “Son on Of Vengeance”: “Whispers Of Doom” presenta riff decisi ed atmosfere oscure in accompagno ad un cantato teatrale – che forse ricorda maggiormente l’era Lione – con cambi di ritmo che portano ad un ritornello tutto in doppia cassa, lasciando un segno profondo, mentre l’assolo di stampo neoclassico da parte di Roberto De Micheli è la ciliegina sulle torta di quella che a nostro parere è una delle hit del disco.
Il terzetto iniziale si conclude con “The Bloody Pariah”, altro pezzo tonante dove arrangiamenti folk aprono la strada a tappeti di tastiere e ad un incedere che porta ad un bel refrain.
Il cielo si copre quindi di oscurità ed il basso di Alessandro Sala rimbomba sulle atmosfere cupe di “Vanquished By Shadows”, complessa composizione che mostra una faccia nuova nel sound del gruppo triestino, un pezzo di oltre sedici minuti dove la voce di Giacomo Voli sperimenta sonorità tenebrose, quasi growl; un brano che cambia atmosfere ma che si eleva durante la lunga fase strumentale, prima acustica con un gran lavoro di Roby Di Micheli, e poi orchestrale.
E se è evidente che la formula utilizzata da Staropoli e soci a tratti diventa forse ripetitiva – ed il fatto di non inserire alcuna ballata o momento ‘riflessivo’ non aiuta – essa riesce ancora a funzionare a dovere, in particolare in alcune occasioni: il midtempo sinfonico “Kreel’s Magic” colpisce con un coro a mo’ di filastrocca, la più ariosa “A Brave New Hope” è un’altra classica canzone power che risplende su un bel ritornello ricco di pathos, spinto dalle marce alte innescate da Giacomo e dal lavoro dietro le pelli con una chiara dimostrazione di tecnica e personalità da parte di Paolo Marchesich, mentre l’impetuosa “Holy Downfall” conquista con melodie immediate ed esalta con un assolo furioso suonato dal solito De Micheli.
Con “Challenge The Wind” i Rhapsody Of Fire continuano il loro percorso iniziato nel 2019 con l’ingresso di Giacomo Voli e la pubblicazione di “The Eighth Mountain” prima e “ Glory For Salvation” poi, senza grosse novità ma con maggior vigore e nessun tentennamento. Un disco che tira dritto salvo rare eccezioni e che – solamente a tratti – pecca un po’ di una limitata varietà compositiva.

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