Eutin [Lubecca] 18-Xll-1786 - Londra 5-VI-1826
Cugino di Constanze Weber, la moglie di Mozart, fu avviato ben presto alla carriera musicale, studiando con Michael Haydn (il fratello di Franz Joseph) a Salisburgo e poi a Monaco. Nel 1803 si stabili a Vienna con la famiglia, perfezionandosi con l'Abbé Vogler e trasferendosi poi al servizio del principe Eugenio a Karlsruhe. Nel 1810 è a Stoccarda, poi a Darmstadt, facendosi intanto applaudire in vari centri come pianista e direttore d'orchestra; dal 1813 al '16 soggiorna a Praga come direttore d'orchestra all'Opera e nel 1817 assume la direzione dell'Opera tedesca di Dresda, da lui stesso esemplarmente organizzata. Ma l'attività instancabile di organizzatore, compositore e direttore fiacca il suo fisico, e nel 1824 deve ritirarsi a Marienbad, passando poi a Londra dove si spegne due mesi dopo il grande successo della sua ultima opera, Oberon.
I suoi resti furono traslati a Dresda nel 1844, e Wagner tenne in quell'occasione un discorso in memoria di un maestro a cui tanto doveva tutta la sua concezione teatrale.
Weber è giustamente considerato l'iniziatore del romanticismo musicale tedesco. Questo vale essenzialmente per la sua produzione operistica, ché nella sua vita breve ed operosa egli compose soprattutto per il teatro, recando un contributo insostituibile alla definizione dell'opera germanica: continuò la via già iniziata da Mozart con le opere tedesche e da Beethoven con Fidelio, trovando una forma ormai completamente libera da influenze italiane, ispirata a soggetti germanici, rinnovata nelle forme e nel linguaggio melodico che deriva più dal Lied tedesco che dall'aria italiana. La sua orchestra, anche nelle
opere di teatro, è arricchita e duttile, e partecipa attivamente allo svolgimento drammatico, tanto che lo stesso Wagner imparò moltissimo da lui.
Concerto in fa maggiore per fagotto e orchestra op. 75 (1811)
L'esempio eloquente della straordinaria bravura di strumentatore di Weber si può ravvisare nel Concerto in fa maggiore per fagotto e orchestra, scritto nel 1811 e pubblicato come op. 75. Tale Concerto è considerato a giusta ragione una prova di grande impegno per il solista e in ragione delle squisitezze timbriche e coloristiche sparse nella partitura presenta molte affinità di gusto con l'Andante e Rondò ongarese in do minore op. 35 per fagotto e pianoforte dello stesso compositore. Il Concerto è articolato in tre tempi nel rispetto più ortodosso della forma classica. L'Allegro ma non troppo del primo movimento si apre con una introduzione orchestrale (40 misure), in cui sono contenuti i due temi del primo tempo. Il primo tema è spigliato e dal ritmo puntato, tanto amato da Weber. Ad esso fa seguito, dopo una serie di brevi scale, il secondo tema particolarmente cantabile e dal largo fraseggio espressivo. Ecco quindi il fagotto solista che ripropone tutti e due i temi, imponendo il suo ruolo di protagonista con una scrittura sia di tipo virtuosistico (il gruppetto di scale in "staccato") che caldamente melodica. Una coda caratterizzata da arpeggi e scale del fagotto sorrette da tutta l'orchestra conclude il primo movimento. L'Adagio del secondo tempo in si bemolle maggiore è riservato praticamente al canto dolce e cullante del fagotto, sulle morbide armonie degli archi. L'orchestra tende ogni tanto ad alzare la testa e a mettersi alla pari con lo strumento solista, che non può mancare all'appuntamento con la cadenza prima della chiusura dell'Adagio dalla forma a metà di recitativo e a metà di arioso. Il Rondò finale attacca subito e offre al fagotto solista tutte le possibilità tecniche ed espressive per poter brillare come una prima donna sul palcoscenico. Scale ascendenti e discendenti, salti ritmici e frasi cantabili si alternano con disinvolta scorrevolezza nella parte del fagotto, mentre l'orchestra accompagna con discrezione e puntualità la vivace sortita di questo strumento dal suono così estroso e familiare, opportunamente valorizzato nella grande stagione romantica ed anche nella produzione musicale moderna e contemporanea.
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