lunedì 6 novembre 2023

Capitolo 73: A sciare, Sestola, 28 dicembre 1968

Quest'anno nostro padre ha deciso che era ora che imparassimo a sciare, e per questo motivo ci ha portati a Sestola.
Qui, approfittando delle vacanze di Natale, staremo qualche giorno. Per l'occasione ha prenotato in un bell'alberghetto un po' fuori dal paese, Il Capriolo, anche perchè Carletto, il figlio dei titolari, è maestro di sci e ci può insegnare. Siamo arrivati ieri e oggi abbiamo appuntamento a Pian del Falco al campo scuola. Noi non possediamo gli sci, per cui li noleggeremo di sicuro lassù. Ci svegliamo presto, per la prima volta senza fare storie perchè siamo emozionati e carichi per questa nuova avventura. Ci vestiamo di tutto punto, la mamma ci aiuta, fuori siamo sotto zero, per fortuna non nevica, e c'è il sole. Teniamo addosso il pigiama pesante, sopra ci mettiamo una dolce vita di lana e un paio di maglioni, sotto, sopra ai calzoni del pigiama, una calzamaglia e sopra ancora i calzoni elasticizzati con la talloniera, un paio di calzettoni pesanti che rimbocchiamo sulla caviglia e poi ci mettiamo gli scarponi di cuoio nero con lacci rossi, che la mamma ci aiuta ad allacciare, non stringendo troppo sennò non camminiamo, poi una volta su verranno stretti come si deve. Indossiamo la giacca a vento, la mia è bianco sporco e quella di Giorgio verde militare. Appena fuori indossiamo il passamontagna, il mio è di uno schifosissimo color giallo ocra con pompon in cima, che io odio perché ogni volta che respiro mi si appannano gli occhiali! Indossiamo inoltre due paia di guanti di lana, fuori c'è un freddo birichino.

Così bardati partiamo per raggiungere Pian del Falco ma essendoci un sacco di neve anche qui in paese, ci tocca di andare con la seggiovia. C'è già una discreta coda di persone che salgono, tutte con i loro sci in spalla, solo noi senza, per fortuna, non avrei saputo come fare a portarmeli lì sopra. Prendiamo al volo la seggiovia, uno per volta, letteralmente al volo, ci aiutano a posizionarci, poi il sedile arriva da dietro e ci raccoglie come fosse un cucchiaio, bisogna essere svelti a tirare su le gambe sennò si rischia il ribaltamento. Poi bisogna abbassare una barra che ci protegge e tiene posizionati sul sedile, e pian piano la corda della seggiovia scorre trascinandosi i sedili verso l'alto. Sono quasi atterrito, è la prima volta che salgo qua sopra e ho un po' di paura. Dappertutto ci sono cartelli che dicono di non molleggiarsi perché è pericoloso, il silenzio è spettrale, tra un sedile e l'altro ci sarà una decina di metri. Quando si raggiunge un pilone si sobbalza e io tengo le dita incrociate, non si sa mai. Passiamo tra boschi innevati, dove ogni tanto un blocco di neve casca dalle cime e piomba sulla neve sottostante facendo un sordo rumore ovattato. La salita è lunga, ci sono tratti di leggera pendenza ed altri più ripidi, qualcuno parla ogni tanto e si riescono a cogliere poche parole, perchè le parole si allontanano, come i sedili.
Poi all'improvviso, dopo un'erta dentro un bosco, apriti cielo, Pian del Falco!
Un'enorme distesa di neve senza alberi, tanti puntini colorati che si muovono lungo i pendii bianchi. Siamo arrivati, la discesa è più pericolosa della salita, dobbiamo scendere velocemente in un punto preciso, in lieve discesa e spostarci di lato immediatamente, il rischio è quello di beccarsi il sedile sulla nuca.

Ci siamo, davanti alla baracchina degli sci, il noleggiatore ci mette in piedi, ci fa alzare il braccio destro e poi a occhio decide quale lunghezza di sci fa al nostro caso... 
Fuori ci sediamo su una panca, gli sci sono sotto di noi perpendicolari. La mamma si china e ci stringe i lacci degli scarponi, se non sono stretti è un problema, hanno detto. Poi mettiamo ciascun scarpone nell'alloggiamento sullo sci, la punta infilata sotto due miniganasce fisse ma mobili, e dietro viene tirato un cordone semi elastico a spirale di ferro che va ad alloggiarsi in una scanalatura posteriore degli scarponi; agganciati, la mamma spinge la leva che c'è davanti alla mini ganascia e con forza la sposta sullo sci verso la punta per tirare la molla agganciata dietro agli scarponi, bloccandoli all'interno di questo spazio denominato "attacco".
Clack Clack, ho gli sci ai piedi. Ora dovrei alzarmi!
Con le mani inforco le maniglie dei bastoncini, che sono due aste di materiale rigido ma leggerissimi, da una parte il manico e dall'altra la punta con una rondella per non farli penetrare totalmente nella neve. Puntandomi su questi due mi alzo con una certa titubanza. Le gambe tremano, i piedi scivolano con gli sci avanti e indietro, ho paura di cadere da un momento all'altro. Carletto si presenta, parlotta con mia madre, le spiega alcune cose, il papà intanto ritorna e segue quello che facciamo... meglio avere il medico vicino, non si sa mai. 
Con una gran fatica cominciamo a spostarci facendo scivolare in avanti i piedi/sci, con molta cautela, qui cadere è un attimo, ci aiutiamo con i bastoncini e dopo qualche minuto riusciamo a spingerci, perfino, tenendo le gambe piegate come suggeriva il papà.  A un certo punto perdo l'equilibrio, ho urtato qualcosa, e mi trovo per terra, ma non mi sono fatto male, anzi, la caduta è stata dolce, le neve attutisce. Prendo di nuovo coraggio, con uno sforzo tremendo, gli sci slittano di qua e di là, e con qualche aiuto, riesco a rimettermi in piedi. Scivoliamo per tutta la mattina io e Giorgio, avanti e indietro, indietro e avanti, ogni tanto voliamo giù, ma ogni volta riusciamo a rialzarci con sempre meno aiuto. Lo sguardo vigile di Carletto ci controlla. 
Quando finalmente si accorge che siamo sicuri sulla nostre gambe, che riusciamo a rialzarci senza aiuto alcuno, scia verso di noi e dopo una pacca sulle spalle ci dà appuntamento per la mattina dopo, ci vuole insegnare lo spazzaneve!


 

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