giovedì 17 ottobre 2024

Riccardo Parigi / Massimo Sozzi: Il guanto di volpe


Scrivo queste righe mentre cala la sera e la malinconia entra nella mia camera, per tormentarmi. Sarà la calura di questa estate opprimente, saranno i fatti convulsi che funestano la Patria, ma davvero non riesco a prender sonno. Ho letto e riletto sul “Corriere” la notizia ferale ed ancora non mi capacito. Il nostro Sovrano, l’amato “Re Buono”, Umberto I, è morto per mano di un abbietto, di un anarchico! Gabriele D’Annunzio ha intinto nell’inchiostro la sua penna straordinaria e ha scritto, sulla “Tribuna”, un epicedio che rimarrà nella storia. Ancora fremo pensando a quelle parole vibranti e le vorrei fissare qui, in modo che rimanessero, indelebili, sul mio diario, ma la troppa emozione non mi permette di farlo.
Purtroppo non sono solo questi fatti orribili che mi opprimono. È dal mattino che sperimento una sorta di inquietudine sottile, un filo che mi trapassa il petto… Forse sarà stata la visita inaspettata di Giacomo, in fondo erano tre anni che non lo incontravo.
Certo, sapevo che era tornato a Parma da qualche tempo (così mi aveva riferito mamma), ma vedermelo davanti all’improvviso…
Elegante come sempre, indossava un completo di lino bianco: col pizzo e qualche filo d’argento tra i capelli è ancor più charmant di quanto non fosse ai tempi in cui frequentava – da studente modello – la facoltà d’ingegneria.
«Qual buon vento vi mena tra di noi» gli ho detto «vi ricordate ancora del vostro paese, dei vostri amici affezionati? So che ormai la carriera vi ha condotto lontano. Avete responsabilità grandi, dovete sempre viaggiare… Fate venire alla mente qualche personaggio del Verne, affetto da moto perpetuo!» Lui ha riso. «Avete ragione, Rachele» mi ha risposto «il lavoro è un grande tiranno ma ormai sembra che in Europa costruire ferrovie sia diventata questione di vita o di morte. La locomotiva deve inoltrarsi ovunque e ci vogliono gli ingegneri per farle toccare anche i luoghi più negletti. Così sono stato inviato ai quattro angoli del mondo: ho seguito lavori a Budapest, a
Sofia, a Varna, a Mosca. Pensate: l’impresa che mi ha ingaggiato avrebbe voluto spedirmi anche a Pechino, ma con quello che sta succedendo… ho rifiutato e mi sono licenziato.»
«Licenziato?»
«Sì, ero stufo di fare e disfar valigie. Penso che sia giunto il momento di vivere una vita più quieta, più raccolta… di costruir qualcosa di solido…
Ho trovato un’altra buona occupazione presso i cantieri Malvezzi. Credo proprio che non mi allontanerò più da Parma, è qui che deve prosperare la mia famiglia.»
«La vostra famiglia!» ho esclamato, e sentivo che la voce tremava impercettibilmente. «La vostra famiglia! Volete dire che uno scapolone come voi vuole rinunciare alla libertà e sposarsi, allevare dei bambini?»
«Precisamente» ha detto con un lieve sorriso.
Ho rivolto lo sguardo verso mia madre che se ne stava seduta nella grande poltrona del salotto. Sentivo che le mie guance si erano arrossate, il cuore batteva forte…
«E chi sarebbe» ho chiesto «la fortunata persona che dovrà restare unita a voi, nella buona e nella cattiva sorte?» Ho asciugato macchinalmente la fronte imperlata di sudore… Egli mi ha fissato con i suoi occhi chiari ed ha proferito un nome: «Maria Baroni! So che è stata ed è vostra ottima ami ca. Sono venuto appunto ad invitarvi alle nostre nozze che si celebreranno tra due settimane. È superfluo dire che non mancherete…».
È stata una stretta allo stomaco quella che ho provato? O una fitta? Non saprei dire.

Maria? E perché ieri non mi ha detto niente la santarellina, la buona Maria? Forse voleva farmi una sorpresa… a me, alla sua migliore amica.
Perfida!
È dai tempi del collegio che sopporto le sue angherie da brava ragazza. Lei
è sempre stata la migliore in tutte le cose che abbiamo fatto: nello studio, nel gioco, in amore. Ha sempre conquistato il cuore di tutti mentre io ho sempre faticato per ottenere le simpatie altrui. È talmente buona e comprensiva nei miei confronti che a volte mi dà ai nervi. Ho sempre provato per lei sentimenti contrastanti. Ma ora? Giacomo, il mio Giacomo… ho aspettato tutto questo tempo il suo ritorno, non mi sono sposata per lui, per quelle frasi e quel bacio che tre anni fa mi avevano convinto del suo amore. Ho persino rinunciato alle profferte del Conte Rinaldi che si è subito rivolto alla buona Maria, tant’è che mi è venuto il dubbio che mi frequentasse per arrivare ai favori della santarellina. A proposito, come farà Maria a dare la notizia al Conte? Quando Rinaldi saprà del matrimonio succederà una tragedia.
La brava Maria non ha perso tempo a dire sì a Giacomo. Eppure lo sapeva che anch’io sono innamorata di lui, anzi forse proprio il nostro amore per quest’uomo ci ha unite ancora di più.
Non oso pensare a come reagirà il Rinaldi.
Sento che potrebbe succedere qualcosa di imponderabile.

«Tra due settimane, mi raccomando!» ha ribadito Giacomo congedandosi da casa nostra. Una pugnalata avrebbe fatto minor danno!
Ecco cosa nascondeva questo silenzio di tre anni… quelle insulse ed inespressive cartoline…
Ora sono sola, e l’emicrania stringe il cerchio intorno alla mia testa. Re Umberto trucidato e Giacomo che si sposa con Maria! Che bailamme è diventato il mondo.
Caro diario mi fermo qui, devo chiamare Claretta e dirle che scenda in cucina a prepararmi il solito infuso di valeriana: è l’unica cosa che plachi i miei nervi indeboliti e mi disponga al sonno. agosto, sera Caro diario, oggi ho trascorso una giornata d’inferno. Ho cercato di distrarmi occupandomi delle cose che più mi piacciono, ma la mia mente e il mio cuore non hanno smesso di pensare un attimo a quanto più li assilla.
Un po’ di distrazione, anche se fugace, l’ho avuta quando ho ritrovato nella biblioteca di papà i due volumi dello Schoedler che mi furono di enorme aiuto nell’apprendimento delle Scienze Naturali in collegio.
Ho sempre manifestato una particolare passione e propensione per lo studio della Botanica. Le mie piante preferite sono quelle che Jussieu definisce dicotiledoni monopetale, perché spesso hanno fiori poco appariscenti ma non per questo meno belli delle polipetale. Ne trovo sempre una gran quantità durante le mie passeggiate in campagna: sono le piante da fiore più selvagge, le più restìe a lasciarsi addomesticare ma anche le più generose verso l’uomo… In un certo senso mi assomigliano.
Ho riletto An Account of the Foxglove di Withering. Abbiamo piantate queste bellissime monopetale solo due anni fa ed ora il giardino è pieno di racemi porporini.
“Ché si diceva: il fiore ha come miele! Che inebria l’aria; un suo vapor che bagna/ L’anima d’un oblio dolce e crudele”. Forse anche il mio povero cuore ferito, come quello malato di mamma, avrebbe bisogno dell’afflato caldo del “guanto” purpureo. Ecco, mi riprende la depressione o meglio la disperazione.
Per oggi non ho più voglia di scrivere e inoltre non ci vedo più: ho gli occhi pieni di lacrime. Vorrei morire! Agosto Caro diario, riprendo a confidarmi con te dopo un giorno di pausa – ieri – passato a cercare di evitare in tutti i modi possibili gli attacchi di angoscia.
Stamane mi sono svegliata stranamente più riposata e serena: sarà forse merito di alcuni pensieri che mi stanno balenando per la testa e che mi hanno accompagnato per tutta la scorsa giornata.
Mi è venuta voglia di reagire al fato per cui mi sono letteralmente buttata tutto il giorno nelle occupazioni domestiche. Con i tempi che corrono occorre guidare con polso le servitù: non passa giorno che Claretta non debba essere sgridata; Mariele è un’ottima cuoca però, talvolta, s’abbandona al puntiglio ed è bene ricordarle chi è la padrona. Il giardino, poi, è il mio regno, la mia “ultima Thule” (direbbe l’immaginifico Gabriele): perciò esigo che Arturo esegua a puntino i miei ordini.
Oggi ho fatto collocare alcuni vasi di armeria, di digitale e uno splendido orcioletto di lavandula sul grande balcone che dà sulla piazza: una gioia per gli occhi!
Il lavoro di giardinaggio mi ha un po’ ritemprata e svagata, per cui nel pomeriggio ho deciso di recarmi a far visita a Maria. Naturalmente le ho fatto una bella lavata di testa…
«Ci siamo o non ci siamo confidate sempre tutto?» gridavo.
«In collegio non eravamo state ribattezzate “le sorelle”? E allora perché questo segreto, queste reticenze? Non mi ritieni più degna di essere l’amica di un tempo, quella che svegliavi di soprassalto per supplicare un consiglio?»
Maria sembrava sconvolta da questa sequela di domande pressanti, balbettava e quasi piangeva. Poi finalmente ha abbozzato una spiegazione: «È successo così tutto in fretta…» ha detto pallidissima «sapevo che anche tu provavi della simpatia per Giacomo e… il mio timore era quello di ferirti. Credimi: avrei desiderato confessarti tutto, ma a volte riesci a mettermi in un tale stato di soggezione…»
La santarellina!
Ho smorzato un po’ il tono, le ho confermata, tutta integra, specchiata, adamantina, la mia amicizia nei suoi confronti e ci siamo abbracciate e baciate.
Le mie ultime parole, prima di lasciarla, sono state: «Per farti perdonare devi tenermi al corrente di tutti i preparativi e, soprattutto, permettermi di offrire aiuto: sei sempre stata fragilina, bastava un nonnulla ed ecco le palpitazioni, l’affanno! Allestire un matrimonio in poco tempo richiede spirito ed energia».


«Ma anche tu hai impicci, responsabilità… tua madre in quelle condizioni…» mi ha detto a fil di voce.
«Non preoccuparti: la parola “affetto” conterà pur qualcosa!» e me ne sono andata.
Caro diario, sono una sciocca propensa al sacrificio? Non porto già una soma pesante da quando è morto babbo? Eppure l’impulso mi ha dettato di far qualcosa per quella testolina, e all’impulso non si comanda.
“Vedono. Sorgere nell’azzurro intenso/ Del ciel di maggio il loro monastero,/ Pieno di litanie, pieno d’incenso./ Vedono; e si profuma il lor pensiero/ d’odor di rose e di viole a ciocche, di sentor d’innocenza e di mistero”. agosto 1900 (ore tre del meriggio) Le mie due cugine, Rosanna e Valesca, non hanno voluto sentir ragione: stasera dovrò accompagnarle al “Regio”, per assistere ad una rappresentazione del Ballo Excelsior che, ormai da molti anni, impazza sui palcoscenici d’Italia. Certo, mai avrei creduto che venisse allestito, anche qui, a Parma. Lo dico apertamente: ho una qualche idiosincrasia per questi spettacoli moderni e per questi autori nuovi che credono di rubare il mestiere ad Orfeo: il Wagner, ad esempio, non lo tollero, i suoi muggiti teutonici mi riempiono di tedio e di sonno. Per me, la musica è Verdi! Intanto attendo Maria che ha promesso di portarmi a far vedere il modellino del vestito nuziale: non ha mai avuto un gusto particolarmente eletto quella ragazza, e necessita di una persona che le offra qualche cura appropriata… Poi discorreremo dell’arredo. Mariele ha preparato la crostata al limone e i sorbetti, ma sarà difficile che Maria mangi qualcosa: in questi giorni è in preda alla disappetenza, frutto evidentemente della sua spaventosa debolezza di nervi, ed ha in orrore il cibo. Speriamo almeno che voglia assaggiare il ratafià: è un dono speciale di mio zio Carlo, me l’ha inviato appositamente da Torino… ma sento che hanno suonato al portone.
Caro Diario, mi fermo qui: la sposina è arrivata. Agosto Non posso far altro che ricredermi: lo spettacolo di ieri sera mi è straordinariamente piaciuto. La musica è trascinante e la coreografia un’autentica girandola di rutilanti invenzioni.
La lotta tra le tenebre dell’ignoranza e la luce del progresso, il can can delle Nazioni, l’Italia regina tra i popoli civili: tutti questi quadri mi hanno letteralmente affascinata… Il Ballo è davvero opera geniale, un tripudio di note e di colori che glorificano la nostra Santa Patria e la sua sana operosità: tutti dovrebbero apprezzarla per intero, anche quei pecoroni disfattisti che, nelle nostre campagne, incitano i contadini al mugugno, alla protesta… allo sciopero!
Con Rosanna e Valesca torneremo al “Regio” dopodomani; la stagione estiva non poteva concludersi meglio, danno il mio dramma prediletto, il capolavoro del Verdi: Il Trovatore! Verrà nel nostro palco anche Donna Olga Baroni, la madre di Maria. Oggi mi ha fatto recapitare una lettera in cui alludeva a certe sue apprensioni e diceva che avrebbe desiderato parlarmi in maniera strettamente confidenziale. Così le ho fatto sapere che potremmo appartarci e discorrere tranquillamente durante gli intervalli dell’opera: ha gradito la proposta… Certo, non so cosa pensare: timori, apprensioni? Agosto 1900

Superba l’Antonietta Budriesi Favaro nella parte di Azucena: il suo Stride la vampa ha mandato in visibilio il teatro, suscitando ovazioni e non finire; fiacco e deludente il tenore Poletti.
Purtroppo ho potuto assaporare assai poco le arie verdiane, dopo le confidenze ricevute da Donna Olga durante l’intervallo tra il primo e secondo atto del magnifico dramma. Ella è preoccupatissima per la salute della figlia e per ciò che può nascere da questo matrimonio. Qualche giorno addietro– Maria mi aveva tenuto all’oscuro di tutto – ha fatto praticamente irruzione, nella loro casa, il Conte Rinaldi, il quale si è abbandonato ad una violenta sfuriata: non è mia abitudine essere insolentito in questo modo – pare abbia detto – non sono un burattino che può essere manovrato a piacimento, esigo una spiegazione!
Donna Olga è intervenuta con fermezza dicendo che non erano questi i modi di un gentiluomo e che non consentiva simili eccessi: praticamente lo ha messo alla porta! Maria è stata incapace di frenare l’emozione: poveretta… è svenuta ed ha ripreso a stento conoscenza. Quando Giacomo è stato messo a parte del fatto, ha dato in escandescenza.
«Una furia!» mi assicurava Donna Olga «una furia… voleva sfidare a duello il Conte, ucciderlo… sono riuscita a trattenerlo con grande fatica, implorando che si calmasse e pensasse alle condizioni in cui si trovava la sua futura moglie. Maria era affranta e respirava con affanno, tanto che ho dovuto mandare a chiamare il Dottor Passoni.»
«Adesso pare ristabilita» ho subito osservato «in questi giorni mi è sembrata vivace, piena di attenzioni…»
«Sì, per fortuna la crisi è passata. Ogni pomeriggio, però, un’infermiera le prepara una leggera dose di laudano. Passoni, per cautela, le ha imposto questa piccola cura. Ma non è solo questo che mi preoccupa, cara Rachele…»
«Cosa intendete dire?» le ho chiesto incuriosita.
«È qualcosa che riguarda Giacomo…» ha sussurrato Donna Olga mentre venivamo richiamate nel palco: il sipario stava per aprirsi nuovamente e gli orchestrali avevano già preso il loro posto nel Golfo Mistico…
Durante il secondo intervallo sono finalmente venuta a conoscenza del fatto: pare che, proprio ieri, Giacomo abbia condotto Maria allo studio del notaio Brugnati e qui l’ha convinta a sottoscrivere un rogito in cui viene ben definita la dote di matrimonio e i meccanismi dell’eredità qualora che, malauguratamente, succeda qualcosa a uno dei due coniugi. Maria è maggiorenne e può disporre già di una parte del suo consistente patrimonio…
Caro Diario, a Donna Olga questa sollecitudine da parte del futuro genero è parsa di cattivo gusto ed è rimasta profondamente contrariata «Cosa ne pensa, Rachele?» mi ha alla fine domandato.
L’ho rassicurata decantando il carattere di Giacomo: un’indole retta, una mente sagace, farà la felicità di sua figlia eccetera, eccetera…
In realtà sono rimasta colpita anch’io dal comportamento dell’Ingegnere: lui che, in passato, si diceva così idealista, non pare poi così indifferente alle questioni economiche! Non v’è dubbio: questa genia di uomini riserva sempre grandi sorprese.
“Piangono, un poco, nel tramonto d’oro,/ Senza perché. Quante fanciulle sono/ Nell’orto, bianco qua e là di loro!” Agosto (ore nove di Sera) Caro Diario, sono giornate cariche di frenesia, queste, e posso ben poco attardarmi sulle tue pagine. Mancano tre giorni al matrimonio, che verrà celebrato in Duomo, e deve ancora essere migliorata – e di parecchio! – la foggia del vestito di Maria.
Durante questa Settimana mi sono recata praticamente ogni giorno dalla mia amica ed abbiamo studiato con puntiglio il modello.
La sarta aveva strambe idee e frastornava la poveretta disegnando nappi e fiocchi: alla fine, dopo un’accanita battaglia, l’ho spuntata e Maria ha accettato tutti i miei consigli! Anche oggi abbiamo trascorso ore e ore a provare, fare e disfare. Solo una breve pausa per bere un bicchierino di rosolio e mangiare due pasticcini allo zabaione… mi sento sfinita. agosto Tutto è a posto: la casa, l’arredamento, il mobilio. Maria, nel suo abito da sposa, è straordinaria: pare una graziosa bomboniera di tulle!
Dovrà ringraziarmi finché vive. agosto È tale l’emozione che il respiro mi viene a mancare, la mano trema. Dopo quello che è accaduto riesco a malapena a tenere la penna tra le dita. Ritaglio l’articolo che è stato pubblicato stamane sul “Gazzettino” e lo inserisco tra le tue pagine, caro, Diario.

“Muor giovine colui che al cielo è caro. Ieri, giorno consacrato alla festa dell’Assunta, questa massima ha travato, purtroppo, una ben triste realizzazione. L’Ingegner Giacomo Donzillatti e la Signorina Maria Baroni
hanno celebrato il loro matrimonio in Duomo, davanti a parenti, amici e al
Vescovo, Mansignor Paolucci. La cerimonia si è svolta in un clima di straordinaria letizia e fervore religioso; al termine della funzione i due novelli sposi si sono avviati all’uscita, accompagnati dalle note solenni della marcia di Cherpentier. Sul sagrato della chiesa una folla tripudiante, che li ha accolti con grida festose. I raggi del sole illuminavano il grande portale, le campane sembravano accompagnare col loro suono la gioia di tutti.
Una carrozza lucente stava attendendo sulla piazza: Maria vi è salita per prima, ha rivolto il suo sguardo verso la Chiesa, quindi si è repentinamente accasciata, esanime! Tutto si è consumato in pochi attimi terribili, davanti alla gente allibita e sconcertata. Il Dottor Passoni, che era tra gli invitati, si è precipitato a dar aiuto, ma non ha potuto far altro che scuotere mestamente la testa, ad indicare che era accaduto l’irreparabile. L’emozione, o forse l’eccesso di felicità, è stata evidentemente fatale alla poveretta, che era da tempo sofferente di cuore. Ci riteniamo incapaci di riferire lo strazio della madre, Donna Olga Baroni , e del marito nel vedere la loro Maria priva di vita.
Porgiamo alla famiglia della defunta le nostre…”. Agosto 1900

Caro Diario, mi par di vivere in sogno, ben lontana dalla realtà. È come se fossi precipitata in un’altra dimensione e attuassi l’esperienze che – dicono – sono proprie dei bramini del lontano Oriente.
Due giorni fa sono entrata nel Duomo magnificamente addobbato a festa; stamane ho ripercorso la navata in ben altra atmosfera: i crisantemi si erano sostituiti, come per incanto, alle composizioni di gigli e di rose…
Donna Olga non è stata in grado di assistere alla funzione, per cui vicino al feretro vi era solo Giacomo: mi è sembrato– ma era un’impressione? – ingobbito ed invecchiato di dieci anni, non ha comunque versato una lacrima. La Chiesa straripava di un numero infinito di persone, una folla ben superiore a quella che si era stipata nel Duomo il giorno dell’Assunta.
Nella Cappella vicina al transetto torreggiava la figura del Conte Rinaldi.
Accigliatissimo, non ha mai rivolto lo sguardo alla bara collocata vicino all’altare: durante la Messa – l’ho osservato con attenzione – non ha fatto che fissare insistentemente Giacomo: sembrava la statua dell’Angelo Vendicatore.
Sono tornata a casa e già quella pettegola di Mariele era all’opera.
Riferiva a Claretta le voci che corrono sulla tragica scomparsa della mia amica. Le ho sorprese mentre confabulavano e, praticamente, ho costretto la cuoca a farmi un “rapporto” dettagliato. Parma è una città prospera ma, per certi versi, è ancora un piccolo paese dove il “si dice” fa presto a divenire “verità”.
Sono già in molti (secondo quanto riferisce Mariele) che malignano sull’improvviso decesso della giovane e sull’eccessivo interessamento del precoce vedovo alle sostanze della famiglia Baroni.
“Pare”, “sembra”, “si mormora” che l’ingegnere sia corso dal Notaio Brugnoli ed abbia preteso il pagamento della dote e l’erogazione di parte del patrimonio. “Si sussurra” altresì – e neanche tanto a bassa voce – che le dosi del laudano potrebbero essere state, per così dire, aumentate durante quest’ultima settimana: e il laudano, anziché far bene, avrebbe fatto male alla sfortunata Maria.
Così “si dice”, caro Diario, così “si vocifera…”. Agosto 1900

Ore tredici: stamattina è scoppiato un violentissimo temporale che ha fatto bruscamente abbassare l’opprimente temperatura imperversante in queste giornate crudeli. Le nebbie irrespirabili e la caligine spessa che mi avevano fiaccato, sono scomparse d’improvviso.

La tempesta (come quella che fa da sfondo all’ultimo atto del Rigoletto) ha incorniciato un dramma che era nell’aria da tempo.
Mi ha raccontato tutto Arturo che è stato spettatore casuale della scena: verso le dieci Giacomo e il Rinaldi si sono incrociati nei pressi del Battistero. Donzillotti stava affrettando il passo per mettersi a riparo dall’acquazzone, quando il Conte gli si è parato dinanzi e, alzando i pugni, ha gridato
«Assassino!»
Giacomo è sbiancato in volto, poi ha ribattuto sdegnato:
«Siete impazzito, come vi permettete?»
«Sei tu che hai avvelenato quella poveretta, non è vero?» sbraitava Rinaldi «Non è vero?»
«Miserabile!» ha inveito l’ingegnere «Avete il coraggio di proferire codesta infamia? Se esiste qualcuno che deve fare i conti con la propria coscienza, quello siete voi! Voi e la vostra insana, malata gelosia!
Credete che non sia venuto a saperlo? L’infermiera di Maria ha lavorato per anni in casa vostra, presso vostro padre: quanto l’avete pagata perché eccedesse col laudano?»
Il Conte ha sferrato uno schiaffo ma Donzillotti gli ha afferrato il braccio e gliel’ha stretto in una morsa. Arturo è sicuro che si sarebbero azzuffati a sangue se non fossero intervenuti dei passanti a dividerli.
«Vi aspetto stasera nel parco» sembra che abbia urlato Rinaldi «scegliete voi l’arma!»
Per quanto ne so, non sono state seguite le ortodosse modalità di un duello, ma lo scontro ci sarà… I due dovranno stare attenti a non farsi sorprendere insieme ai loro padrini: da quando l’ateo Cavallotti è stato infilzato ed ha trovato una giusta morte, la polizia è meno disposta e chiudere un occhio… Staremo a vedere.

Ore undici di sera: è giunta trafelata Donna Olga, butto giù due righe prima di accompagnarla all’ospedale.
Usata sciabola; colpi durissimi; Rinaldi trafitto, soccorso da Passoni (padrino di Giacomo): Conte giace tra vita e morte. Ferito di striscio pure Donzillotti: andiamo ad assisterlo. Agosto 1900

“Oh! quale vi sorrise oggi, alle grate,/ ospite caro? onde più rosse e liete/ tornaste alle sonanti camerate…”.
Insieme a mamma, alla cui salute ha giovato moltissimo la fine della stagione afosa, abbiamo visitato l’Asilo degli Innocenti. Siamo felici di fare, ogni anno, un po’ di beneficenza e di essere d’aiuto ai poveri.
Basta poco ed essi si abituano a vederci, fin da bambini, come persone caritatevoli, amici in cui poter confidare: e certo da grandi non sfileranno in corteo col fazzoletto rosso intorno al collo!
Mentre facevamo ritorno a casa, abbiamo incontrato l’Avvocato Donzillotti, cugino di Giacomo. Gli ho chiesto nuove ed egli mi ha spiegato che il Conte Rinaldi si era ormai ristabilito.
«Una fibra forte» ha detto «è partito proprio oggi per la sua villa sui Laghi.»
«E Giacomo? Qualche giorno fa Donna Olga mi ha fatto un discorso piuttosto confuso…»
L’Avvocato è parso assai in imbarazzo, poi ha confessato:
«È sparito… È venuto a salutarmi tre giorni fa e poi è sparito! Capirà certe mormorazioni, certe crudeli illazioni fanno più male della sciabola… Credo che sia tornato alla sua vecchia occupazione e stia girovagando per l’Europa.»
«E si farà vivo presto?» ho domandato. L’Avvocato ha allargato le braccia.
È vero, caro Diario, crudeli illazioni. Una settimana fa il Dottor Passoni ha ufficialmente reso noto il referto sul decesso di Maria: morte naturale, angina pectoris.
Ora tutti saranno soddisfatti? Agosto 1901

“Maria” “Rachele!” Un poco più le mani si premono. In quell’ore hanno veduto la fanciullezza, i cari anni lontani.

Caro Diario, riprendo a scrivere dopo un anno. Ci sono impressioni che non si possono fissare facilmente e occorre parecchio tempo perché le parole si dispongano con ordine ed acquistino significato.
Ha meditato a lungo la pagine che ho vergato dodici mesi fa, in occasione del fatto che ha scosso la nostra cittadina e mi pare che ciò che conta veramente, il filum labirinti, siano quei versi sparsi, quelle poche strofe che ho riportato quasi in uno stato di semicoscienza.
Sì, tutto è partito da lì, dalla poesiola del Pascoli: essa mi ha accompagnato, come una cantilena ossessiva, in quei giorni esasperanti di delusione ed umiliazione, quando i due piccioncini volevano convolare a nozze!
Naturalmente lo scrittore che prediligo è il Divino Gabriele, ma non posso negare che il flaccido Giovannino, con quel suo “primo poemetto”, mi abbia ammaliata. Forse perché lo strano componimento parla di una Rachele e di una Maria, o forse perché è intitolato a uno dei miei fiori più ca ri, la pianta dalle purpuree dita: sta di fatto che, dentro di me, ha acceso un richiamo, ha fatto sbocciare l’idea…

In disparte da loro agili e sane, una spiga di fiori, anzi di dita spruzzolate di sangue, dita umane, l’alito ignota spande di sua vita

Sì, caro Pascoli, di “vita”… o di morte!
Le piante (e segnatamente il fiore di cui parli) sono come gli uomini, mescolano bontà e cattiveria, possono essere benevoli o malevolenti.
L’estratto del tuo fiore, ad esempio, somministrato in dosi appropriate aiuta coloro che hanno problemi di cuore come mamma, ma assunto in misura eccessiva provoca scompensi cardiaci, effetti mortali in tutto simili all’angina. Certo, l’estratto a un sapore vagamente asprigno, piuttosto sgradevole: se però è bevuto con succhi liquorosi (che so: il ratafià e il rosolio, ad esempio…) non risulta percepibile neppure dal palato più esercitato.
Eh già… è una pianta amica e ha fatto giustizia di tante ingiustizie. Il bel Giacomo, in questo momento, sarà ad effettuare rilievi topografici in qualche sperduta regione polacca; e Maria, la brava, la buona Maria si è guadagnata una bella porzioncina di terra. Riposi in pace.
Oggi, verso mezzogiorno, sono andata a trovarla e le ho portato un piccolo ricordo. La mattina vi erano stati i parenti e la sua tomba era coperta di mazzi di gladioli e crisantemi. A quell’ora il cimitero era pressoché deserto e nessuno mi ha scorta mentre sgombravo la pietra e collocavo, al centro del riparo, il vaso che mi ero portata da casa.
Un colpo d’occhio suggestivo! Sul lucente marmo bianco, facevano un magnifico effetto i colori della Digitalis purpurea…
 

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