Nacque a Luzzara (Reggio Emilia), da Francesco e Flaminia e venne ivi battezzato il 1°marzo 1616. Non sappiamo nulla sulla sua formazione musicale, né si conosce dove abbia compiuto gli studi di seminario per conseguire la consacrazione sacerdotale. Nel 1641, pubblicando la sua opera prima, si dichiara organista e maestro di cappella della basilica di S. Andrea a Mantova; poco dopo, nel 1647-48, risulta maestro della musica di camera del duca di Sabbioneta e Bozzolo. Alla fine del 1648 veniva nominato maestro di cappella dell'Accademia della Morte a Ferrara, dove rimase fino al 1652, per assumere l'analoga carica a S. Maria Maggiore a Bergamo; vi rimase fino al 25 apr. 1657, per tornare a Ferrara soltanto per pochi mesi, poiché il 31 ag. 1657 era eletto maestro di cappella a S. Petronio a Bologna.
Durante quest'ultimo incarico, il più lungo della sua carriera (essendo durato quattordici anni), egli svolse un'intensa attività creativa, dando alle stampe numerosissime composizioni (dall'op. XIX alla LVIII) e incidendo profondamente sulla struttura e l'attività della cappella petroniana; poco dopo la sua elezione infatti egli otteneva di avocare a sé la scelta del vicemaestro e faceva contemporaneamente licenziare tutti i membri della cappella (ad eccezione dei due organisti); sette giorni più tardi faceva stabilire di non prendere più a prestito i musici di palazzo, per il malvezzo che avevano di abbandonare innanzi tempo le funzioni nella basilica. All'inizio dell'anno successivo, stabiliti, il 16 gennaio 1658, i capitoli da osservarsi, i musicisti vennero via via riassunti, evidentemente secondo una selezione ed un programma voluti dal Cazzati, per giungere il 6 sett. 1658 alla riorganizzazione definitiva della cappella, il cui organico venne fissato in quattro soprani, sei contralti, sei tenori, sei bassi, due violini, due alto-viola, due tenor-viola, due tromboni, un violoncino, un contrabasso violone grosso, un tiorba, due organisti.
Particolarmente significativo dell'impulso recato dal Cazzati all'attività della cappella è l'eccezionale incremento subito dall'allestimento, musicale per l'annuale festa patronale di S. Petronio (4 ottobre): prima del suo arrivo, la partecipazione di musicisti forestieri o straordinari oscillava nel numero dai dieci ai venti con una spesa di regola inferiore alle cinquanta lire; già nel 1657, quindi a pochi mesi dalla nomina, tali esecutori avventizi assommano a ventiquattro per la spesa di lire 109, ma nel 1658diventano ben sessantotto (per lire 756,15), mentre nei due anni successivi cresce a dismisura la spesa motivata in larga misura dall'ingaggio di solisti e relative spese di viaggio, vitto e alloggio. Dal 1661 e fino alla fine del suo mandato la spesa si manterrà all'incirca nei limiti toccati nel 1658.
Da tutto quanto precede risulta evidente il proposito attuato dal Cazzati di avere a disposizione un organismo musicale qualificato e disciplinato, capace di rendere lustro al rituale della basilica che era, va ricordato, la chiesa di rappresentanza della Comunità bolognese e, di riflesso, dell'oligarchia nobiliare senatoria che la dominava. Tutte le innovazioni, però, oltre al fatto che il Cazzati era forestiero, dovettero urtare le abitudini e la ristretta mentalità dell'ambiente musicale cittadino; il risentimento trovò sfogo nell'aspra polemica suscitata da Giulio Cesare Arresti soprattutto e Lorenzo Perti contro il Cazzati, che presero lo spunto da alcune improprietà contrappuntistiche del primo Kyrie della Missa I Tomi (op. XVII)per sferrare un attacco non sempre mantenuto entro conveniente correttezza verbale. Il P. ebbe buon gioco nel ribattere le censure dell'avversario, ritorcendo - con abbondanza di esempi tratti dalle composizioni dell'Arresti - gli errori e le improprietà contestatigli. Lo stesso Cazzati coglieva sostanzialmente nel segno quando osservava che la polemica "non hebbe per fondamento altro che una poca simpatia verso di me". Contrariamente poi alle incontrollate affermazioni degli storiografi musicali, tale polemica non minò affatto la posizione del Cazzati a S. Petronio; fu invece l'Arresti ad essere "escluso dall'offitio" di organista nel dicembre 1661. Il Cazzati non omise, tuttavia, di cercare appoggi in alto loco: per l'intermediario del conte Ercolani egli fece interporre i buoni uffici del cardinale Rinaldo d'Este senior vescovo di Reggio presso alcuni fabbriceri di S. Petronio "per potere giustifficare le false imposture datelli da suoi emolli". L'ostilità dell'ambiente musicale rimase e trovò, per così dire, sanzione nella fondazione dell'Accademia filarmonica nel 1666, della quale il Cazzati non fece mai parte, mentre tra i fondatori figurava il suo antagonista, l'Arresti.
Chiesta e ottenuta licenza il 27 giugno 1671 dai fabbriceri della basilica bolognese, il Cazzati tornò a Mantova per assumere la direzione della musica di cappella e di camera della duchessa Anna Isabella; in questo ufficio chiuse la sua esistenza alla fine di settembre 1678 (come risulta dalla lettera del suo esecutore testamentario, Giovanni Furlani, ai fabbriceri di S. Petronio in data 20 genn. 1679, nella quale egli comunicava il lascito alla stessa basilica di "dodeci libri alla Palest[r]ina grandi di cuoio").
Non si può dire che la figura del Cazzati abbia finora incontrato molto favore presso gli studiosi di storia musicale dell'età barocca. La difficoltà principale per realizzare una sufficiente visione complessiva della sua opera risiede senza dubbio, da una parte, nella quantità davvero inconsueta e, dall'altra, nella grande varietà di generi, forme e compagini sonore. E se la grande quantità di solito predispone sfavorevolmente per un giudizio qualitativo, sull'opera del Cazzati sembra per di piùancora pesare l'eco dell'infelice polemica suscitata contro di lui da Giulio Cesare Arresti. Sarebbe comunque augurabile vedere presto intrapreso un accurato studio su questo musicista, la cui indubbia importanza storica - soprattutto nei riguardi della scuola bolognese - è già stata intuita da più di uno storico.
Per quanto oggi si conosce, si deve ammettere che le censure dell'Arresti non erano del tutto infondate e che in genere la scrittura del Cazzati non brilla per castigatezza, sembrando le sue composizioni redatte quasi in fretta e con approssimazione, senza un rigoroso senso dello stile e senza troppe preoccupazioni di qualità. Occorrerà riflettere tuttavia come la sua formazione sia avvenuta in un ambiente (come quello mantovano gonzaghesco) funestato da gravi calamità (la guerra di successione del Monferrato 1628-31, il sacco di Mantova 1630, la peste) e in una situazione di decadenza culturale e musicale inarrestabile dopo la partenza di Monteverdi da Mantova per Venezia. Mancò in particolare al Cazzati quello stimolo (che tanta parte ha avuto nel mirabile rigoglio artistico e culturale dell'Italia durante il Rinascimento e il Barocco) che sarebbe potuto venirgli da un principe illuminato o da un ambiente di corte esigente per gusto e per cultura, Del resto la sua prevalente attività si svolse in campo sacro, cioè a contatto con ambienti per i quali la musica era principalmente atto devozionale, giusto quando l'interesse generale si stava concentrando sul nuovo genere emergente: il melodramma. Persino a S. Petronio - dove lo sviluppo da lui impresso alla cappella musicale fu evidentemente assecondato dai nobili fabbriceri all'insegna dell'orgoglio cittadino - egli si trovava materialmente ad operare in un ambiente la cui vastità non era certo la più idonea ad esaltare le finezze di una scrittura contrappuntistica severa o gli "affetti" dello stile concertato. Il fenomeno tuttavia della scarsa attenzione prestata alle norme dello stile contrappuntistico e di una certa trasandatezza della forma non è peculiare al Cazzati, potendosi osservare in numerosi altri compositori dell'ambiente bolognese e persino in Giuseppe Ottavio Pitoni; occorrerà quindi chiedersi se il giudizio non debba estendersi a considerare l'effetto sonoro risultante nelle particolari condizioni acustiche ed ambientali in cui essi operarono. La riesumazione di alcune composizioni strumentali ha permesso di accertare il suo orientamento verso la conquista di una struttura melodico-armonica decisamente tonale, abbandonando le ambiguità tra modalità e tonalità proprie dello stile concertato della prima metà del secolo. È significativo, a questo proposito, come l'anonimo estensore del Catalogo delli Sig.ri Mastri di capella dell'Ill.ma Accademia della Morte di Ferrara annotando il nome del Cazzati lo qualificasse "il primo che introdusse in Ferrara il bel modo di medulare".
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