lunedì 6 maggio 2024

Valerio Massimo Manfredi: Le paludi di Hesperia


Amici, se disertando la guerra a noi prossima
voi ed io fossimo destinati a vivere per sempre
senza conoscere alcun decadimento, lo faremmo,
non sarei fra i primi a combattere, non vi manderei
nella battaglia che porta la gloria.
Ma ora, così stando le cose, con i ministri della morte
pronti attorno a noi a migliaia, che nessun uomo nato
per morire può sfuggire e nemmeno evadere, andiamo.

OMERO, Iliade.


1

Si fece silenzio nella sala, tutti guardavano l'ospite, il naufrago abbandonato
dal mare fra gli scogli e la rena. Le sue mani erano ancora ferite e graffiate,
i suoi occhi arrossati e i capelli secchi come l'erba al finire dell'estate. Ma
la sua voce era bella, d'un timbro fondo e sonoro e, quando narrava, il suo
volto si trasfigurava, gli occhi si accendevano di una febbre misteriosa,
sembravano riflettere un fuoco interno e nascosto, più ardente che le fiamme del
focolare.
Capivamo la sua lingua perché noi abitavamo vicino al paese degli Achei e un
tempo avevamo con loro rapporti commerciali ma benché io sia un cantore fra la
mia gente e conosca storie bellissime e lunghe tanto da occupare una notte
intera d'inverno, quando gli uomini hanno piacere di starsene su a bere vino e
ad ascoltare fino a tardi, tuttavia non avevo mai udito nella mia vita una
storia più bella e terribile. Era la storia della fine di un'era, la storia del
tramonto degli eroi...
Triste, quindi, soprattutto per un cantore quale io sono, perché se gli eroi
scompaiono anche i poeti muoiono non avendo più materia per il loro canto.
Io sono vecchio ora e non ho alcun desiderio di vivere di più. Ho visto città
fiorenti divorate dalle fiamme e ridotte in cenere, ho visto pirati feroci
battere i mari e saccheggiare le coste, ho visto fanciulle intatte violate da
barbari sanguinari e ho visto morire tutti coloro che amavo... E tuttavia di
quei lontani giorni della mia fanciullezza nessun ricordo è più vivo in me del
racconto di quello straniero.
Egli aveva assistito all'impresa più famosa che fosse stata portata a termine in
quei giorni, la conquista della più forte città dell'Asia, ed aveva seguito in
battaglia e poi in una interminabile avventura uno degli uomini più forti della
terra, un guerriero indomito e generoso che aveva osato opporsi in duello agli
stessi dèi ferendo a una mano Afrodite e squarciando il ventre ad Ares, il nume
della guerra, furia oscura e tremenda, che non rinuncia mai a vendicarsi.
Ora voi ascolterete la mia storia seduti sul fieno bevendo latte di capra e
forse non crederete alle mie parole, lo so, penserete che siano racconti che ho
inventato per intrattenere il mio uditorio e per ricevere alla fine un'elemosina
di cibo e di alloggio ma vi sbagliate. Prima di questo mondo rozzo e miserabile
esistette un'epoca in cui gli uomini abitavano città di pietra, vestivano di
bisso e di lino, bevevano, in calici d'oro e d'argento, vino inebriante,
navigavano su agili navi fino ai confini della terra, combattevano su cocchi di
bronzo e impugnavano armi splendenti. In quel tempo i poeti erano accolti nelle
case dei re e dei principi, erano onorati come numi.
Ciò che sto per dirvi è tutto vero.


L'ospite straniero rimase a palazzo per alcuni mesi poi un giorno, sul finire
dell'inverno, sparì senza dire nulla e di lui non sentimmo più parlare. Io però
non avevo perso una parola di quello che lui narrava la sera, dopo la cena,
nella sala delle adunanze. L'eco della grande guerra sulla sponda dell'Asia era
giunta fino a noi ma quella era la prima volta che avevamo l'opportunità di
ascoltare la testimonianza di un uomo che vi aveva preso parte.
Più volte il capo della nostra gente e i nobili gli chiesero di raccontare la
storia della guerra ma egli sempre si rifiutò. Disse che non voleva ricordare
quei giorni amari. E quando finalmente cominciò a narrare egli iniziò il suo
racconto dalla notte della caduta della città di Prìamo.
Così come l'appresi dalle sue labbra, io ora vi narrerò la storia che seguì la
caduta della città e di come una guerra tanto lunga ed estenuante fosse stata
combattuta per nulla.
Prima di scomparire per sempre quell'uomo mi rivelò un segreto: il vero motivo
per cui Ilio fu rasa al suolo e la sua popolazione distrutta o ridotta in
schiavitù. No... non fu Elena la causa. Potrei dire anzi che, in un certo senso,
lei fu uno dei combattenti e forse il più temibile. E in ogni caso perché
Menelao l'avrebbe ripresa senza farle pagare in alcun modo il tradimento?
Qualcuno raccontò che lei gli mostrò il seno nudo, facendogli cadere la spada di
mano. La causa fu un'altra, una causa tanto forte da spingere un re a mettere la
sua regina nel letto di un altro uomo... per anni. Se pure anche questa non sia
una verità incompleta e non nasconda un enigma dentro l'enigma.
Tuttavia quello sconosciuto, gettato dal mare sulle nostre spiagge, volle
rivelarla a me... a un ragazzo, in parte raccontando ciò che personalmente aveva
veduto, in parte ciò che aveva udito dire e in parte, io credo, ciò che gli
stessi dèi gli avevano ispirato.
Forse pensava che nessuno mi avrebbe creduto o forse desiderava scaricare il suo
cuore da un peso che non poteva più sopportare.
Ecco dunque ciò che egli raccontò. Che la dea ispiri il mio racconto e sostenga
la mia memoria. Voi state per udire una storia quale non avete mai udito e che
tramanderete ai vostri figli e ai figli dei vostri figli.

 

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