lunedì 5 febbraio 2024

Gianluigi Zuddas: Stella di Gondwana


Nell'Oasi di Al Kwantara sorgeva il turrito palazzo di Sua Eccellenza 
Hatay Balbèk, detto il Giusto, Khajman dell'arida terra di Bad Yazira e 
prediletto del Dio Marduk. La lussuosa residenza era illegiadrita da laghet-
ti e da palmizi, all'ombra dei quali si tenevano i banchetti e gli spettacoli di 
tortura per cui Hatay Balbèk andava famoso in tutto il Golfo di Bandai. Al 
di fuori dell'Oasi, dove il deserto spingeva lingue di terreno sabbioso a 
lambire le polle d'acqua, c'era invece la città di Al Kwantara vera e pro-
pria, una distesa di catapecchie in sassi e fango pressato dove sopravvive-
va, più che vivere, la popolazione. Davanti al palazzo s'apriva un grande 
circolo di colonne marmoree pavimentato in piastrelle, dove il Khajman 
teneva udienza a vantaggio dei possidenti, degli stranieri, degli sciamani e 
dei mercanti che viaggiavano lungo la strada carovaniera. Lì egli faceva 
eseguire le condanne a morte, fungeva da giudice per le cause penali, 
dirimeva le controversie, e distribuiva dietro congruo pagamento la sua 
personale e indiscutibile versione della giustizia. 

Come tutti sapevano, ma nessuno osava dire apertamente, la vera padro-
na di Al Kwantara era in realtà Dama Luria, l'amante ormai non più giova-
ne di Hatay Balbèk, la quale reggeva fra le sue mani ogni trama occulta 
della politica nel territorio di Bad Yazira. Mosse politiche alla luce del sole 
non se ne svolgevano molte, dato il carattere abitualmente subdolo di cui 
facevano sfoggio i cortigiani e gli ufficiali dell'esercito, e per questa ragio-
ne Dama Luria era l'eminenza grigia attraverso la quale gli avvenimenti di 
qualche importanza finivano per tradursi in conclusioni di vario genere. 

La preoccupazione maggiore della donna, e quindi il suo più vasto cam-
po d'intervento, era però costituita da una quantità di piccoli intrighi desti-
nati a tener lontano dagli occhi del Khajman ogni femmina appena passibi-
le d'esser considerata graziosa, ed in questo compito Dama Luria era 
senz'altro un'esperta: chiunque, in Al Kwantara, osasse per calcolo o per 
eccesso di zelo condurre nelle vicinanze del Palazzo ragazze troppo avve-
nenti, scopriva a sue spese che Hatay Balbèk era circondato da una sorta di 
sbarramento difensivo costruito da Dama Luria col passar degli anni. 
Alcuni mercanti di schiavi s'erano vista piombare sul collo la spada di 
Sadducin il Nero, il Maestro Carnefice, mentre le fanciulle che essi aveva-
no sperato di far acquistare al Khajman venivano dirottate altrove. Un paio 
di Reggitori di Palazzo miopi o incauti che avevano assunto abili camerie-
re, sfortunatamente troppo carine, erano andati incontro a una sorte non 
meno spiacevole. 

L'ultimo eunuco salito a quella carica, Rothaar, era però abbastanza sot-
tile da saper intuire e prevenire le necessità di Dama Luria in modo davve-
ro acconcio. Ultimamente s'era spinto fino a presentare ad Hatay Balbèk 
un gruppo di carnose danzatrici nomadi tutte ben oltre la menopausa, 
spacciandogliele per giovinette ovunque osannate per la loro bellezza. Ed 
il Khajman, il quale da quindici anni non riusciva a posare gli occhi su 
un'autentica ventenne, s'era lasciato menare per il naso da quella manovra, 
ordita allo scopo d'alterare sempre più i suoi già collassati canoni estetici, 
mentre la truccatissima Dama Luria era uscita ancora una volta vittoriosa 
dal paragone fra lei ed altre femmine. 

Si può quindi immaginare a quale tipo d'esame era stata sottoposta Ba-
beeri, allorché un paio d'incaricati di Rothaar l'avevano condotta a palazzo 
con altri schiavi destinati ai mestieri più umili. La fanciulla era stata messa 
in vendita una decina di giorni addietro al mercato di Cranach, nella Terra 
di Junghad, lo stesso nel quale due anni prima era stata acquistata dal 
Sacerdote Ianos. Essendo deceduto il suo vecchio padrone ella s'era vista 
rimettere all'asta, ma come la volta precedente il suo soggiorno lì era stato 
brevissimo, perché le schiave più belle trovavano immediatamente com-
pratori malgrado il loro prezzo elevato. Subito dopo era partita verso la 
desertica terra di Bad Yazira, diretta ad un futuro che non aveva neppure 
provato a figurarsi. Durante il viaggio sul carro non era stata trattata male, 
ma aveva faticato molto per riprendersi dallo scoramento. Ianos era stato 
come un secondo padre per lei, e degli avvenimenti terribili culminati con la sua tragica morte, al tempio di Eleuse, conservava solo ricordi da incubo 
e assai confusi. Ora cosa le sarebbe accaduto? Non lo sapeva. La sua vita 
s'era stravolta del tutto, ed ella accettava quella sorte con la rassegnazione 
caratteristica dei miseri e dei diseredati, non potendo far diversamente. 

In Al Kwantara il carro aveva percorso un dedalo di viuzze strette fino a 
un ingresso secondario dietro il Palazzo. Qui gli schiavi erano stati fatti 
scendere ed esaminati uno per uno da un colosso calvo. L'uomo, un eunuco 
riccamente vestito e unto di olii profumati, nel vedere Babeeri l'aveva 
squadrata con tale disapprovazione e ostilità che ella s'era sentita tremare 
le gambe. Poi s'era rivolto a uno dei due individui che l'avevano comprata 
all'asta: 

«Molto bene, Zobull. Vedo che i tuoi gusti in fatto di femmine sono so-
praffini. Quanto l'hai pagata?». 

«Cinquanta piastre, Eccellenza. Un vero affare, credimi. Questa biondi-
na dagli occhi cerulei sarebbe il fiore d'ogni harem, anche vestita d'un 
cencio e coperta di fango. È una fata». 

Gli occhi dell'eunuco s'erano fatti di ghiaccio. «Sono d'accordo, e non 
dubito che sia stata la tua lascivia a suggerirti un tale acquisto. Ora dimmi, 
Zobull: quale mano sei solito usare per accarezzarti nelle tue parti più 
sporche?». 

L'uomo era impallidito spaventosamente. «La destra, Eccellenza...». 

«Guardie, scortate il nostro amico Zobull in prigione», aveva ordinato 
l'individuo a un paio di militi presenti. «Darò istruzioni a Sadducin di 
mozzarti per l'appunto la mano destra, affinché tu impari ad usare il cervel-
lo invece dei tuoi stupidi istinti bestiali, quando ti affido una commissione. 
Come vedi, so essere pietoso». 

Zobull era stato condotto via, e Rothaar s'era rivolto all'altro, con un 
sospiro. «Suppongo di conoscere il motivo per cui tu non hai messo sul-
l'avviso il tuo compare. Non è vero, Ekren? Va bene, d'ora in poi sarai tu 
l'addetto all'acquisto del personale, Ma attento: se la tua ambizione finisse 
con l'infastidirmi sai cosa ti accadrà». 

Ekren s'era inchinato. «Eccellenza, non vi è stato alcun rischio. Sapevo 
che questa schiava non avrebbe oltrepassato la soglia del Palazzo, grazie ai 
tuoi controlli. Zobull era uno sciocco, ed è giusto che le sue delicate man-
sioni siano svolte da chi meglio saprà accontentarti. Devo farla accludere 
alla prossima carovana diretta in Sumer? Nella Terra dei Due Fiumi una 
ragazza così bella potrà fruttare almeno trecento piastre d'oro». 

«Va bene. Nel frattempo conducila alle lavanderie, e disponi che non 
venga mai fatta uscire dai cortili del retro». 

«Certo, Eccellenza». Lo sguardo dell'uomo aveva assunto una luce di 
complicità. «Vuoi che mi occupi allo stesso modo dell'Amazzone?». 

«Cosa? Non sapevo che qui ci fosse un'Amazzone!» s'era stupito l'eunu-
co. «Chi l'ha catturata? È per caso una femmina giovane e attraente?». 

«Immaginavo che quell'incauto di Serpin non ti avesse informato. Sì, è 
una rossa di belle fattezze, anche se troppo robusta e selvaggia per il gusto 
comune. Tuttavia è assai più piacente di... di quella persona che noi cono-
sciamo come assai gelosa. Sukadvar, il Comandante della guarnigione, l'ha 
catturata nel deserto, mentre viaggiava da sola, proveniente forse da Mi-
tanni. Mi hanno detto che è stata stupidamente messa nelle prigioni». 

«Che idiozia colossale!» aveva ringhiato Rothaar. «Qualcuno pagherà 
per questo. Ti ringrazio d'avermi avvertito». 

«Conosco il mio dovere. E tutti sanno che il Khajman, Marduk rimeriti 
la sua bontà d'animo, visita giornalmente le prigioni. Ho giudicato alta-
mente inopportuna l'eventualità di fargli trovare laggiù una femmina 
troppo fresca e ben fatta. Mi si dice che andrà presto nelle mani di Saddu-
cin il Nero». 

«Falla legare presso la stalla, Ekron. Resterà là provvisoriamente, e poi 
mi occuperò io di lei». 

L'eunuco li aveva congedati, e Babeeri era stata condotta lungo una serie 
di cortili già invasi dall'oscurità fino ad una rustica costruzione vicino ai 
pollai. Dal mattino dopo ella s'era vista adibita ai compiti più infimi e 
faticosi, sia nelle lavanderie che nei pollai, ed aveva subito scoperto che 
fra le sue incombenze ce n'era una ancor meno piacevole delle altre: 
doveva infatti recare il cibo all'Amazzone che i soldati avevano fatta 
prigioniera e sistemata in uno dei cortili posteriori, e vuotare il bugliolo nel 
quale ella espletava le sue necessità corporali. Ben conscio delle sue 
responsabilità, Rothaar l'aveva tolta dai sotterranei fin dal primo giorno, 
facendola incatenare ad uno degli anelli del muro ai quali si legavano i 
cavalli. 
Il retro del Palazzo era una specie di zona franca, per quanto riguardava 
il soggiorno e lo smistamento di donzelle troppo avvenenti, perché il 
Khajman era convinto che i cattivi odori che vi stagnavano provocassero 
una prematura vecchiaia e molte malattie, e non vi metteva mai piede. 
Dalle manovre di Dama Luria e dell'eunuco venivano quindi a trarne 
fugaci godimenti i servi e gli schiavi che lavoravano in quei cortili, e ad 
otto giorni dall'inizio della sua nuova vita Babeeri era stata edotta nel 
modo più rude su quella situazione. Occuparsi dell'Amazzone s'era infine 
rivelato il meno ingrato dei suoi compiti, grazie ai momenti di relativa 
liberta che ciò le procurava, benché ella non avesse ancora superato la 
paura che le dava la vicinanza di quella femmina imponente dai verdi 
occhi di felino. 

«Ecco a te», brontolò Sirrush, il secondo assistente del Maestro Cuoco. 
«Una scodella di buona zuppa sprecata per quella carogna di un'Amazzo-
ne. Portagliela, e augurale da parte mia che si possa strozzare con una 
scheggia d'osso». 

Ad occhi bassi Babeeri scivolò fra la mole lardosa del cuoco e il banco-
ne e, mentre prendeva la scodella, le mani avide dell'individuo la palpeg-
giarono lascivamente attraverso il vestito. Sirrush rise, ma poi la lasciò 
filar via senza pretendere altro da lei. Fra i tanti membri della servitù il 
cuoco era pur sempre quello che si prendeva meno libertà con lei, tanto 
che ella aveva fatto l'abitudine a rifugiarglisi accanto quando uno degli 
altri la insidiava troppo. Dopo intere nottate trascorse a difendersi affanno-
samente da uomini puzzolenti di sudore, nel dormitorio degli schiavi, era 
giunta al punto di considerare un amico quello che le si mostrava appena 
meno crudele degli altri, ed era convinta di aver ormai pianto tutte le sue 
lacrime. 
Uscì nei cortili, oltrepassò il vasto pollaio e si diresse alle scuderie reg-
gendo con cautela la scodella in cui nuotavano frammenti di osso. Qui 
s'avvide, con sorpresa e un po' di timore, che due persone riccamente 
vestite stavano interrogando l'Amazzone incatenata al muro. Uno di essi 
era il Reggitore di Palazzo, l'eunuco dagli occhi duri che l'aveva accolta il 
primo giorno. L'altra era una donna molto truccata, avvolta in un abito di 
seta ricamato in oro, e per averla già vista una volta da lontano ella sapeva 
che si trattava della perversa amante del Khajman, la subdola e temutissi-
ma Dama Luria. 
S'avvicinò timidamente, e notò che Rothaar sottolineava le domande 
poste all'Amazzone con maligni colpetti del suo frustino fornito di aculei. 
La ragazza aveva trecce rosse spettinate, stava seduta a terra nella polvere 
e rispondeva a monosillabi con aria sfottente, ignorando orgogliosamente 
le sevizie dell'eunuco. Quando Dama Luria si volse e vide Babeeri, i suoi 
crudeli occhi neri ebbero uno scintillio d'interesse. Diede di gomito a 
Rothaar. «È questa la schiava di cui mi hai parlato?». 

«Sì, mia Signora. Ho già preso accordi con Vilas el Moluk perché sia 
unita alla prossima carovana di schiavi diretta in Sumer. Nel frattempo è 
mia cura tenerla nascosta nei cortili interni, come l'Amazzone». 

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