venerdì 26 gennaio 2024

Capitolo 1: Mercoledì 10 maggio 2017


Mercoledì 10 maggio 2017

«Ciao Stefano, scusa l’orario, ma poco fa una mia vicina di casa mi ha avvicinato mentre caricavo il campionario in auto, per chiedermi se mi ricordavo dell’Iside, alla quale avevo procurato alcuni cappottini colorati per il suo cane lo scorso anno, beh, sembra che il marito della sua dirimpettaia sia volato giù dal nono piano del palazzo... Vedi tu, magari facci un salto, è al Villaggio Giardino... aspetta... ecco, via Pasteur, il numero non lo ricordo, ma per te non sarà certo un problema.»
«Grazie mille Luca, prendo la bici e volo là, speriamo che questa notizia faccia un bel botto. Ho bisogno di qualcosa di forte, sono stufo di gatti sugli alberi o di tartarughe in amore che scappano. Se così è, domani leggerete il mio articolo sul giornale, grazie ancora.»

La giornata è assolata, ma non calda, per fortuna, Stefano pedala di gran carriera per raggiungere la metà più in fretta possibile. Maledice il non possedere un’automobile, ma si ripromette che, se riesce a mantenere il posto, prima o poi un catorcio usato se lo regala. Con una molletta ha fissato il lembo inferiore del calzone destro per evitare che nella foga si infili nel carter e si inzaccheri di morcia. Non poggia quasi mai il sedere sul sellino, pedala a testa bassa, neanche stesse facendo una volata con Cipollini. Imbocca Carlo Sigonio dopo essersi bevuto la rotondina di Medaglie d’Oro, quasi in fondo ecco Guarino Guarini, meglio evitare le ciclabili, si fa prima. Al semaforo a destra fino a quello dopo, leggermente in salita sulla Giardini, per fortuna è verde e non deve né fermarsi né ripartire, così di slancio imbocca via Gaddi e al semaforo, stavolta sì, imbocca la ciclabile a sinistra lungo via Luosi, prosegue per via Marconi fino alla rotonda dell’OK AMIGO e poi giù, per Corassori, verso la Formigina, sempre sulla ciclabile, qui bella larga, veloce e sempre vuota. Al secondo semaforo Leonardo da Vinci, la seconda a sinistra e finalmente via Pasteur... 

Non è difficile capire dove stia il problema, la via è chiusa. Appena girato l’angolo scorge, a una cinquantina di metri, un capannello di persone che invade la carreggiata, auto della polizia con lampeggianti accesi e almeno un paio di ambulanze. Approfittando della sua prestanza giovanile per lui è un gioco da ragazzi infiltrarsi. Dopo pochi minuti è già quasi padrone della situazione. Conosce nomi, fatti, tempi. Tutto però va vagliato, approfondito, controllato e meditato. Polizia, infermieri e scientifica vanno avanti e indietro, ognuno con i colori delle proprie divise, sembra quasi Carnevale; il corpo è già coperto da un lenzuolo, la caduta così dall’alto potrebbe averlo deturpato ben a modo. Mentre cerca di scattare qualche foto di nascosto, una mano pesante si posa sulla sua spalla destra.
«Figurati se non ti trovavo qui, chissà chi è stato il boccalone che ti ha imbeccato...»
Stefano si gira di scatto, stringe la mano a Cataldo, gli strizza l’occhio e sussurra la parola magica «DOMANI» che vale un Ci vediamo domani sera, solito posto, solita ora.
Poi sgattaiola via, attraversando il nugolo di curiosi che è andato sempre più assiepandosi. Ha già parlato con alcune persone, ha già captato informazioni utili, si è già fatto un’idea dell’accaduto, ma solo un’idea, la sua idea. Non ha bisogno di altro per il momento, la situazione è sotto controllo, il corpo sta per essere portato all’obitorio, lui ha in tasca quello che gli serve, il block notes e il cellulare, poche righe stenografate e alcune foto insignificanti, per il momento.
Domattina si scopriranno le carte, uscirà il suo pezzo con le sue conclusioni e, forse, quelle degli organi competenti. Nel pomeriggio si metterà in contatto con la questura per avere ragguagli su come prevede di proseguire nelle indagini il questore Dott. Pisquano, sempre molto ligio e in contrasto con le idee sovversive del sottoposto Guicciardi, che, a suo dire, capta il male dappertutto, anche negando a volte l’evidenza.
Rientra al giornale, stavolta non trafelato, ha pedalato con calma, come se ogni colpo di pedale corrispondesse a un pensiero, e pedalando piano ha fatto sì di non perderli per la strada, tutti memorizzati. Passando davanti al Duomo ha buttato d’istinto lo sguardo sul rosone della facciata e dentro di sé è nato un tetro pensiero “Giorgio ora ha bisogno di te, ma anche di me per dire ai modenesi come è morto.” Entrato in ufficio si mette subito all’opera, raccoglie le sue parche informazioni, copia sul PC le foto e le apre contemporaneamente sul desktop, per averle in bella mostra e tutte sott’occhio, poi prende un foglio bianco e comincia la stesura del pezzo, tassativamente a mano con lapis nero, prima imbastendo lo scheletro per poi unire tutti i punti in un unico corpo.

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