martedì 17 ottobre 2023

Richard Frede: Il metalmeccanico e sua moglie, 1976


Horowitz, metalmeccanico, viveva con la moglie in un piccolo appartamento di Forest Hill. Non avevano figli e, date le scarse entrate del marito, secondo Betsy era una fortuna. Horowitz non era nemmeno capace di procurare loro un tetto decente sulla testa, diceva Betsy, senza chiarire se con quel “loro” alludesse a se stessa ed Horowitz o ai figli che non erano nati. Durante l’estate l’impianto di condizionamento si fermava di solito a metà pomeriggio, e per l’ora di cena l’appartamento era un forno, e restava un forno per tutta la sera. In inverno il riscaldamento bastava unicamente a mettere in risalto la sua insufficienza.
— Un giorno o l’altro morirai — diceva Betsy, — ed io incasserò i soldi dell’assicurazione ed andrò a vivere in un appartamento migliore.
In quelle occasioni Horowitz si chiedeva se Betsy avesse veramente capito il concetto di matrimonio. Quando l’aveva sposata, Horowitz aveva fantasticato di toglierla dal piedistallo di ferro per metterla su uno d’oro, ma se quella era davvero la sua intenzione, sicuramente fu anche l’ultimo progetto di una qualche significativa importanza sul piano personale che lui pensò di realizzare.
Horowitz lavorava a Long Island, in una ditta che fabbricava parti di automobili, ed era noto fra i compagni di lavoro per tre motivi: la sua docilità, la sua mancanza di ambizioni e la sua pazienza con Betsy.

Durante la settimana Horowitz andava avanti e indietro tra la sua casa di Forest Hill e la fabbrica di Long Island. La domenica lui e Betsy andavano a trovare la madre vedova di Betsy, che viveva nell’appartamento di Manhattan dove Betsy era cresciuta. L’appartamento era sulla Novantunesima Strada Ovest che, diceva Betsy, non era certo nell’elenco delle zone più ambite, ma se non altro era in città.
Il sabato Horowitz lo teneva per sé. — Il sabato — diceva Horowitz, — io rinasco. — Il sabato Horowitz andava a pescare. Non c’erano condizioni atmosferiche che avrebbero impedito a Horowitz di andare a pescare se era sabato e il battello funzionava. Aveva un abbonamento permanente su un battello che si chiamava “Tanti Felici Ritorni”, e tutti i sabato mattina presto Horowitz andava all’estremità di Brooklyn, sulla Sheepshead Bay, ed aspettava sul molo che il capitano del “Tanti Felici Ritorni” arrivasse con la provvista giornaliera di panini e birra.
Un sabato, all’inizio della primavera, Horowitz lasciò l’appartamento di Forest Hill e si mise ad aspettare, sul molo ancora prima che sorgesse il sole. Non era più andato a pescare da mesi, dal giorno in cui, in autunno, il “Tanti Felici Ritorni” aveva cessato il servizio, ed era così impaziente che il capitano lo prese in giro. Poi, per farsi perdonare, offrì ad Horowitz una birra, e questo, considerata l’ora, e considerato che Horowitz non era un gran bevitore, può spiegare perché i fatti della giornata acquistarono più importanza in seguito di quanto non ne ebbero al momento.
Il sole spuntò caldo e luminoso, ed il battello puntò verso l’orizzonte con pochi altri pescatori oltre Horowitz. I pescatori lanciavano gli ami, e cambiavano le esche, e controllavano con cura i mulinelli, ma nessuno fu tanto fortunato o tanto abile da far abboccare un pesce. Al momento in cui il sole era quasi a mezzogiorno, i pescatori, che avevano già bevuto parecchia birra, erano intenti più che altro a parlare tra loro. Il capitano spense le macchine lasciando andare il battello alla deriva, e si unì agli ospiti.
Horowitz prese una dirlindana con i piombi ed andò sul ponte di prua, lontano da tutti. Non ci aveva mai pensato, ma stare da solo gli piaceva. Si distese sul ponte a pancia in giù e lasciò cadere l’amo lungo il fianco del battello facendolo scendere in profondità. Rimase lì disteso godendo il calore delle assi del ponte. Teneva il braccio sinistro penzoloni lungo la fiancata, e il filo arrotolato intorno al dito indice. Gli sembrò di poter toccare attraverso il filo il fondo dell’oceano. Accanto a lui, sul ponte, c’era un barattolo di birra. L’aria era immobile e calda, l’acqua tranquilla e lucente, ed Horowitz si sentiva insonnolito e felice, e non desiderava nient’altro al mondo più di quello che il mondo gli offriva in quel momento.
E fu proprio in quel momento che arrivò lo strattone talmente rabbioso che Horowitz temette di perdere il dito. Poi, altrettanto all’improvviso, la lenza si allentò. Ma guardando nell’acqua, oltre il bordo dell’imbarcazione, Horowitz vide affiorare accanto alla lenza un rombo due volte più grande di qualsiasi altro rombo che lui avesse mai pescato. Il pesce aveva l’amo e il filo in bocca, e sembrò guardare Horowitz come per giudicarlo. Dopo pochi secondo il pesce disse: — Vuoi essere tanto gentile da togliermi l’amo dalla bocca?
Horowitz, o perché la birra e la sonnolenza e la felicità lo avevano immunizzato contro ogni fenomeno per quanto incredibile, o semplicemente per la sua docilità e cortesia naturali, non fece commenti sul pesce che parlava, ma disse soltanto: — Certo. Ma non sarebbe meglio tagliare semplicemente il filo?
— Se mi lasci dentro l’amo — disse il pesce, — corro il grosso rischio di un’infezione.
Così Horowitz prese il bastone con la reticella e tolse il pesce dall’acqua. — Fai piano — disse il pesce. — Non sopporto il dolore fisico.
In un attimo Horowitz tolse l’amo, e fatto questo cominciò ad apprezzare l’inverosimile esperienza che stava vivendo. Guardò il pesce, ed il pesce guardò lui.
— Sono un uomo d’affari vittima di un incantesimo — disse il pesce.
— Mi spiace — disse Horowitz. — Posso fare niente per aiutarti?
— Lasciami andare — disse il pesce. — Ti procurerei soltanto un’indisposizione di stomaco o peggio.
Horowitz sospirò. — D’accordo, ti lascio andare. Probabilmente faccio bene. Tra l’altro a mia moglie non piace che io porti a casa il pesce. Però, prima di rimetterti in acqua, posso farti una domanda?
Il pesce si fece circospetto.
— Una soltanto — disse. — E non prometto di risponderti.
— Ecco — fece Horowitz — tu sei chiaramente un pesce furbo, e molto intelligente. Non capisco quindi perché ti sei lasciato ingannare dalla mia esca.
— Credevo di poterla strappare — disse il pesce. — È così che ho sempre fatto. Ora, se non ti spiace...
— Certo — disse Horowitz, e rimise il pesce nell’acqua. Il pesce saltò fuori dalla reticella, ma invece di immergersi, o allontanarsi, si girò a guardare Horowitz.
— Senti — disse il pesce, — credo di doverti qualcosa.
Horowitz si strinse nelle spalle. — Come ho detto, a mia moglie non piace il pesce.
— Comunque sono in debito con te — disse il pesce.
— D’accordo — disse Horowitz. — Un giorno o l’altro farai qualcosa per me. Nel frattempo abbi cura di te.
— Certo — disse il pesce. — Anche tu — e scomparve sott’acqua lasciandosi dietro piccole bollicine rosse di sangue.
— E fatti curare la ferita — gridò Horowitz all’acqua.
La giornata rimase calda, ma presto si fece nuvolo e si levò il vento, e il capitano disse: — Incredibile, ma pare che ci sia un temporale in arrivo — e in lontananza si senti il fragore di un tuono. I pescatori ritirarono le lenze, si riunirono dietro il capitano che si era messo al timone per riportarli velocemente a terra, e continuarono a bere birra.
Quando Horowitz arrivò a casa, sua moglie era al telefono a lamentarsi con la madre di quanto fosse caldo l’appartamento e sì che non era ancora estate. Quando vide Horowitz entrare lasciò il telefono e cominciò a lamentarsi con lui di quanto fosse caldo l’appartamento e sì che non era ancora estate. Per quanto lo riguardava, Horowitz, a causa delle avversità del mare durante il ritorno a Brooklyn, era felice che l’appartamento non rollasse e non beccheggiasse.
Betsy gli disse: — Qui nel pomeriggio ha continuato a fare sempre più caldo. Mentre tu te ne stavi sul mare, al fresco, qui in casa faceva sempre più caldo, e siamo soltanto in aprile. Ho pensato a tutti quelli che abitavano in questa casa e che se ne sono andati. Lo sai che tutti gli altri inquilini che abbiamo conosciuto hanno cambiato casa? Tutti quelli che conoscevamo bene? C’erano i McNally — disse. — Tanto per cominciare, i McNally. — I McNally erano gli inquilini che abitavano nell’appartamento di fronte quando lui e sua moglie si erano trasferiti in quell’edificio appena sposati. — Adesso stanno in Park Avenue — disse Betsy. — Verso l’Ottantesima. — McNally, quando era loro vicino, lavorava a part-time e aveva studiato tre anni, per diventare ragioniere, poi aveva studiato per altri tre anni e si era laureato in legge. La signora McNally lavorava a tempo pieno, e aveva avuto anche due figli. In tutti i momenti liberi dal lavoro, McNally o studiava o andava a scuola o badava ai figli. « È vivere questo? », aveva detto Betsy, allora. Ma in quel momento disse: — McNally ha grandi ambizioni. Ecco perché sono arrivati in Park Avenue.
Poi c’erano stati i Fostor e i Silverberger e i Simonetta e i Deuchness. Harry
Fostor si era messo a commerciare in materiale fotografico, e anche lui e sua moglie, una donna che Betsy non aveva mai potuto soffrire perché portava pantaloni attillati, erano andati ad abitare in Park Avenue. — Harry Fostor — disse Betsy, — non si preoccupava di calpestare gli altri pur di arrivare. — Il suo tono, nel parlare di Fostor, era pieno di rispetto. — E oggi è arrivato in Park Avenue — disse Betsy. — Anche lui all’altezza dell’Ottantesima, capisci?
Frank Silverberger, quando l’avevano conosciuto, era un giovane fisico che faceva ricerche. Poi aveva scoperto qualcosa a proposito del passaggio dell’aria sulle superfici irregolari, ed una grossa compagnia aerea l’aveva mandato in California. Gli avevano dato una casa in cima a una collina ed un calcolatore con cui lavorare tutto il giorno, e sua moglie aveva scritto a Betsy che nelle due ville di fianco alla loro abitavano due attori del cinema. Enrico Simonetta aveva fatto i soldi con la stampa in quadricromia, e si era trasferito con la famiglia in una villa del Connecticut. Carl Deuchness si era messo a importare televisori giapponesi, e adesso viveva con la moglie nella Quinta Avenue. — All’altezza della Sessantesima — disse Betsy.
Horowitz ci pensò un attimo, poi disse: — C’è gente che viveva in questa casa e di cui non abbiamo più saputo niente dopo che se n’è andata. Cosa c’è per cena?
— Credevo che tu portassi qualche pesce.
— Credevo che il pesce non ti piacesse — disse Horowitz.
— L’ho mai buttato via? — disse Betsy.
Horowitz non seppe cosa rispondere, perciò non disse niente.
— Cosa vuoi? — chiese Betsy. — Devo ordinare qualcosa al cinese?
Mentre aspettavano che il cinese portasse la cena, Horowitz disse: — A proposito di pesce, oggi sul battello mi è capitata una cosa strana. — E raccontò alla moglie del pesce che aveva pescato e di quello che si erano detti.
Horowitz pensava che probabilmente la moglie gli avrebbe detto che era matto, o che avrebbe per lo meno cercato in qualche modo di ridicolizzare la sua storia. Invece, quando lui ebbe finito, Betsy rimase a riflettere su quello che lui le aveva detto. Quando arrivò il cinese, lei ci stava ancora pensando, e poi non mangiò niente. Rimase seduta a fumare e a guardare Horowitz che mangiava. Alla fine disse:
— Il pesce ha detto che ti è debitore, vero?
— È quello che ha detto —disse Horowitz.
— Bene, visto che l’ha detto, lo prenderemo in parola — disse Betsy. — Domani tu torni da lui, e gli parli.
— Non ho niente da dirgli.
— Te lo dirò io quello che devi dire.
— Ma come faccio a trovarlo?
— Prendi lo stesso battello, vai nello stesso posto, e cali la stessa dirlindana. Oppure credi che il pesce intenda trasferirsi in Florida durante la notte?
E così, il giorno dopo Horowitz uscì di nuovo col battello e disse al capitano di andare nella stessa zona del giorno prima. Anche questa volta c’erano pochissimi pescatori a bordo, e Horowitz, un po’ a disagio per quello che doveva fare, ne fu contento. La giornata fu quasi come la precedente, serena e tranquilla, ed i pescatori, che non erano riusciti a pescare niente in tutta la mattinata, quando arrivò il momento, si raccolsero allegramente intorno al capitano a raccontare storie, mentre il battello andava alla deriva.
Horowitz raggiunse il ponte di prua, si distese sullo stomaco, e lasciò calare la lenza lungo la fiancata. Non credeva più con molta convinzione a quello che gli era successo il giorno prima, e dal momento che tutto era come il giorno prima, pensò che forse quello era proprio il giorno prima, e che lui si fosse svegliato da un breve sonno. Ma poi il pesce spuntò dall’acqua e guardò Horowitz.
— Così presto? — disse il pesce. — Mi sembravi il tipo che non saresti mai tornato.
— Mi ha mandato mia moglie — disse Horowitz.
— Bene — fece il pesce. — Perché ti ha mandato?
— Per chiederti un favore.
— Quale sarebbe?
— Ecco, in un primo momento ha pensato di chiederti di far funzionare il condizionamento dell’aria. Poi ci ha ripensato e ha deciso di chiedere un appartamento nuovo.
— D’accordo — disse il pesce, — Io...
— Un momento — disse Horowitz, — non ho finito. Vuole che l’appartamento sia in Park Avenue.
— Va bene — disse il pesce.
— Verso la Settantesima — disse Horowitz.
— È tutto? — disse il pesce.
— Completamente arredato con mobili moderni e con la cameriera fissa — disse Horowitz. — È tutto.
— Vai a casa — disse il pesce. — Lo riceverai con la posta. — Poi il pesce sparì sott’acqua, il cielo divenne scuro, il mare si fece increspato, e il capitano riportò velocemente il battello a riva.
— Con la posta? — disse Betsy quando Horowitz arrivò a casa. — Non riesci nemmeno a capire quando ti prendono in giro? — Non parlò più a Horowitz per tutta la serata, tranne che per lamentarsi di quanto facesse caldo in quell’appartamento.
Ma il lunedì chiamò Horowitz in ufficio e gli disse: — Sono scesa a prendere la posta, e non indovinerai mai cosa c’era. Ricordi che ho compilato quella cartolina arrivata per posta, quella che non metteva l’obbligo di abbonarsi alla rivista e bastava rispedire per vedere se si vinceva un premio? Bene, quando arrivi a casa dovrai fare i bagagli perché ho appena vinto un appartamento in Park Avenue angolo Settantaduesima Strada. È arredato con mobili moderni, e c’è la cameriera.
Così Horowitz traslocò in Park Avenue angolo Settantaduesima Strada, e dopo un paio di settimane non riusciva ancora a vedere che differenza ci fosse col vecchio appartamento, a parte il viaggio più lungo e più scomodo per arrivare a Long Island. E comunque, se l’appartamento era diverso, Betsy era sempre la stessa. Park Avenue non era quello che lei si era aspettato. Insomma, fu una delusione, un tradimento. E la cameriera rispondeva male, ed i mobili moderni non erano esattamente di suo gusto.
Un giorno Horowitz rientrò dalla fabbrica di ricambi d’auto, e Betsy lo stava aspettando.
— Domani è il tuo giorno di pesca — disse. — Secondo me dovresti andare a fare quattro chiacchiere col tuo amico pesce.
— Perché? — chiese Horowjtz.
— Ho incontrato Sally Simonetta. Ha una grande villa nel Connecticut. Dice che è molto meglio di un appartamento in città. C’è spazio per far crescere i bambini...
— Noi non abbiamo bambini.
— ... e si può coltivare il giardino e guardare le stagioni che cambiano. Il suo vicino poi è un famoso scrittore. Così domani tu chiedi al tuo amico pesce una villa nel Connecticut. E degli ottimi vicini. Delle celebrità.
— Ha già fatto parecchio — disse Horowitz.
— Tu gli hai salvato la vita — disse Betsy. — Secondo me non farà mai abbastanza.
Il giorno dopo, quando il capitano di Horowitz, per una lauta mancia, portò il battello nella zona del pesce, le nuvole si stavano già ammassando, minacciose.
Non appena Horowitz si distese sul ponte di prua e guardò l’acqua, il pesce venne alla superficie. — Dovresti vergognarti — disse il pesce.
— Infatti — disse Horowitz. — È quello che faccio.
— Dovresti vergognarti — ripeté il pesce. — Un uomo fatto che parla con un pesce. E se qualcuno ti vede? Allora, cosa c’è?
— Mia moglie vuole una villa nel Connecticut — disse Horowitz. — Con dei vicini famosi.
— Vai a casa — disse il pesce. — La riceverai con la posta.
Durante il rientro a casa scoppiò un temporale da fine del mondo.
Il lunedì Betsy telefonò a Horowitz in fabbrica e disse: — Quello sì che è un pesce. Quando vieni a casa questa sera traslocheremo ad Old Greenwich, nel Connecticut.
Nel Connecticut, Horowitz scoprì di avere molto di più di quanto desiderasse. Tra l’altro, fare la spola con Long Island era un’impresa, perché non c’erano linee dirette per andare da Old Greenwich a Long Island. Tuttavia, se Betsy aveva finalmente trovato una casa in cui poteva sentirsi a suo agio, Horowitz non voleva fare difficoltà per il viaggio di andata e ritorno dal lavoro.
Poi la sera di un venerdì, dopo qualche settimana di permanenza ad Old Greenwich, Betsy disse: — Domani devi portare al tuo pesce un messaggio da parte mia.
— Ma hai questa bellissima casa e...
— Mi sono stancata.
— Qui puoi vedere le stagioni che cambiano.
— Siamo qui da settimane e non ho ancora visto cambiare la stagione.
— Hai quei vicini famosi che volevi.
— Quali vicini? Sono tutti talmente famosi che non sono mai a casa. Sono sempre in giro su questo o quell’aereo.
Esattamente quello che Horowitz aveva temuto. Era stato un incubo ricorrente. Nell’incubo Betsy incontrava Gloria Silverberger, una vicina della loro vecchia casa, quella che aveva sposato il fisico e con la casa in cima a una collina della California. Horowitz era terrorizzato dall’idea di dover fare la spola dalla California a Long Island, cosa che poteva andare benissimo per un magnate, ma. non per un povero metalmeccanico che prima e dopo il lavoro desiderava soltanto starsene tranquillo.
Betsy disse: — Ieri stavo girando in centro e ho incontrato Olive Deuchneas davanti alla sua casa sulla Quinta Avenue angolo Sessantatreesima Strada. Dice che stare sulla Quinta Avenue angolo con la Sessantatreesima Strada è molto comodo.
Horowitz pensò che se non altro la Quinta Avenue era molto più vicina a Long Island che non Old Greenwich. O la California.
— Il pesce è già stato più che generoso — disse Horowitz. — Non posso chiedergli ancora qualcosa.
— Puoi e lo farai — disse Betsy, e quando il giorno dopo Horowitz andò a pescare col capitano, le acque del mare erano già agitate. Non c’erano altri pescatori a bordo, e Horowitz, per convincere il capitano a uscire, fu costretto a dargli quasi due mesi del suo misero stipendio di metalmeccanico.
Sballottato dalle onde, col ventre bianco che scivolava sull’acqua, il pesce guardò Horowitz e disse: — Dobbiamo finirla d’incontrarci tanto spesso.
— Non posso farci niente —disse Horowitz. — Tu non conosci mia moglie.
— Cosa vuole questa volta? — chiese il pesce.
— Quinta Avenue angolo Sessantaduesima. Appartamento su due piani. I servitori dovrebbero vivere nell’appartamento, dovrebbero essere sposati, e non dovrebbero rispondere quando vengono ripresi. Magari potresti anche fare in modo che Betsy diventi Presidente degli Stati Uniti, dato che comincia a interessarsi di politica.
— La farò senatore — disse il pesce. — La nazione non è ancora pronta per una donna alla presidenza. Dovrà farsi la campagna elettorale come tutti gli altri, ma assicurale che per il resto riceverà tutto con la posta.
Il viaggio di ritorno avvenne in condizioni tali, a causa delle acque infuriate della Sheepshead Bay, che il capitano, il quale aveva cominciato a imprecare contro Horowitz per il cattivo tempo che ultimamente imperversava ad ogni sua uscita, disse a Horowitz che non l’avrebbe mai più portato da nessuna parte, nemmeno se gli avesse chiesto di fargli attraversare una strada.
Per me va bene — disse Horowitz. — Io non voglio più andare da nessuna parte.
Così Horowitz tornò a casa. Il lunedì mattina sua moglie lo chiamò in ufficio e disse: — Questa sera vieni nella Quinta Avenue angolo Sessantaduesima. Il portiere ti dirà in quale appartamento viviamo adesso. Il governatore mi ha fatto sapere di presentarmi alle elezioni per il Senato degli Stati Uniti, così l’ho invitato a cena per questa sera. Ti raccomando di non fare tardi.
A questo punto Horowitz cominciò a bere. Spesso, a tarda sera, dopo che Betsy era andata a letto, lui faceva lunghe conversazioni silenziose con il pesce per parlargli di sé e per chiedergli scusa di avere preteso tanto, e per dirgli che in fondo lui era una brava persona. Il mattino, con o senza mal di testa, era sempre un piacere per Horowitz prendere la metropolitana e raggiungere Long Island. La sera, quando tornava nella casa della Quinta Avenue, Horowitz si sentiva talmente a disagio che usava l’ingresso di servizio.
La sera in cui venne eletta, dopo che gli avversari ebbero fatto il loro discorso alla televisione e mentre i suoi sostenitori l’aspettavano nel salone dell’hotel per il discorso di vittoria, Betsy rimase seduta nella camera da letto del loro appartamento su due piani a fumare e a guardare, oltre Central Park, le luci dei grattacieli lontani. Non aveva ancora indossato l’abito che si era fatta fare per celebrare la vittoria. Dopo un certo numero di sigarette, disse a Horowitz — È tutto meraviglioso, certo, ma è già una noia. Voglio che tu domani veda il pesce.
— Domani è mercoledì — disse Horowitz.
— Hanno forse un calendario sott’acqua? Devi dire al pesce che ho cambiato idea. Ho deciso di essere Presidente. E digli che me lo faccia arrivare per posta.
Horowitz cercò di far ragionare la moglie, ma la collera di Betsy, quando lui si oppose, lo fece desistere, e così acconsentì ad andare dal pesce il giorno dopo.
Poi uscì e andò a ubriacarsi. L’uomo seduto al bar accanto a Horowitz era ubriaco almeno quanto lui, ed Horowitz decise che poteva anche raccontare all’uomo del pesce. Era da un po’ che desiderava confidarsi con qualcuno. Ascoltando Horowitz, all’uomo passò la sbornia, e quando Horowitz raccontò di essere sposato ad una donna che era appena stata eletta al Senato e che il tutto era stato combinato dal pesce attraverso la posta, l’ex ubriaco pagò il suo conto ed uscì.
Il giorno dopo diluviava, il vento sferzava la costa, onde enormi s’infrangevano sui moli, ed Horowitz impiegò quasi tutta la mattina a trovare un capitano sufficientemente ubriaco da accettare di portarlo fuori.
Dopo avere guidato il capitano più o meno nel punto giusto, Horowitz si distese sul ponte e scoprì che il pesce lo stava già aspettando.
— Dille che se l’è cercata — urlò il pesce. — Dille che da lunedì mattina si ritroverà nell’appartamento di Forest Hill, e di ringraziare il Cielo.
— Senti, pesce — disse Horowitz, — fino a questo momento non ti ho ancora chiesto niente per me, vero?
— Hai il diritto di chiedere — disse il pesce. — Poi potrai anche venirmi a cercare con un peschereccio russo attrezzato con apparecchiature elettroniche ma non mi troverai. Allora, cosa desideri?
— Mi piacerebbe tornare nel mio appartamento in Forest Hill.
— Come ho detto, l’avrai con la posta — disse il pesce.
— Però, mia moglie... sarebbe bello se lei potesse rimanere nell’appartamento della Quinta Avenue. Come per una specie di divorzio — disse Horowitz.
— Oh, certo — disse il pesce. — Sei molto generoso. Lasciamole pure l’appartamento della Quinta Avenue, che te ne importa? Non devi pagare l’affitto. — Il pesce guardò Horowitz. — Senti, ti dirò io che cosa farò. Tu tornerai nell’appartamento di Forest Hill, ed io penserò al divorzio e a degli alimenti ragionevoli, considerato che non ci sono figli. Se lei va a vivere con la madre sulla Novantunesima Strada Ovest può tirare avanti bene — disse il pesce. — Faccio tutto questo a patto che non ci si veda più. Chiaro?
Horowitz fece un cenno affermativo. Sulla sua faccia le lacrime erano ben distinte dalle gocce di pioggia.
— D’accordo — disse il pesce. — Ti arriverà tutto con la posta.
Così Horowitz e la moglie ottennero il divorzio, e la signora Horowitz andò a vivere con la madre nella Novantunesima Strada Ovest, proprio come sarebbe successo se Horowitz fosse morto e avesse lasciato alla moglie i soldi dell’assicurazione, solo che Horowitz era vivo e lavorava come metalmeccanico a Long Island, e tutte le sere tornava felice a casa, nel piccolo appartamento di Forest Hill.
 

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